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A Vienna una guerra poco visibile
by Il manifesto (by way of FaUsT) Thursday, Apr. 10, 2003 at 12:57 AM mail:

[Il manifesto di martedì 8 Aprile] di Vittorio Agnoletto e Paolo La Marca (LILA-Cedius)

Immersi come siamo nel recente precipitare degli eventi in Iraq, il prossimo summit Onu, che si svolgerà a Vienna dal 12 al 17 aprile, sulle strategie internazionali di lotta alle droghe (lanciate nel 1998 da Pino Arlacchi con lo slogan: «Un mondo libero dalla droga: possiamo farcela») rischia di passare in secondo piano.Eppure molte sono le ragioni per le quali è necessario prestarvi la massima attenzione:

1) - Nonostante sia meno visibile di una guerra vera, l'attuale approccio internazionale sulle droghe configura una guerra a tutti gli effetti. Una guerra dove, anche in questo caso, ci sono «paesi canaglia» da redimere a suon di azioni militari che non fanno altro che destabilizzare situazioni già economicamente e socialmente compromesse a danno delle popolazioni civili. Una guerra dove, sulle prime pagine dei giornali si inneggia alla liberazione di intere popolazioni schiave dei narcos e ad un mondo libero dalle droghe, mentre in realtà si prepara l'irrorazione su larga scala di agenti micotici (è il caso del Plan Colombia), geneticamente modificati, in grado di attaccare le piante da cui si ricava la Cocaina (Erythroxylum coca). L'analogia con le «bombe intelligenti» e gli «effetti collaterali» è evidente: questi Ogm distruggono qualunque forma di vita vegetale incontrino, ponendo le basi per una catastrofe alimentare senza precedenti (qualcuno si ricorda dell'Agent Orange, in Vietnam?). E che dire degli aiuti (leggi elicotteri da guerra e consulenze dei servizi segreti) inclusi nel «pacchetto»?

2) - E' evidente il clamoroso fallimento delle politiche basate sulla semplice repressione: stando ai dati che la stessa Onu (Un Global Illicit Trends report on 2002) ha elaborato, la produzione delle droghe continua a crescere, insieme con il numero dei consumatori. La produzione di eroina ha subito una flessione sul finire degli anni `90 (anche a causa del bando della produzione di oppio in Afghanistan, imposto dal regime talebano), ma oggi è oramai in netta ripresa e le stime dicono che tornerà presto ai livelli della metà degli anni `90. Nulla di fatto anche sul fronte cocaina: anni di fumigazioni aeree sulle coltivazioni clandestine hanno ottenuto solo di far spostare e rifiorire le coltivazioni ai confini del paese.

3) - Anche negli Usa le cose non vanno meglio: a fronte di una spesa superiore ai 17 miliardi di dollari, durante i mandati Reagan - Bush padre, si è ottenuto un decremento del consumo di cocaina (e crack) dell'1%. In nome della guerra alle droghe si è permessa l'approvazione di leggi che vanno contro qualsiasi concetto di «diritto umano»: ad esempio, se durante un esame del sangue per accertamenti diagnostici è rilevata la presenza di uno stupefacente illegale si viene immediatamente segnalati all'autorità giudiziaria, con il risultato di allontanare chi fa uso di sostanze illecite dal servizio sanitario.

4) - Torniamo nel nostro continente: recentemente un rappresentante dell'Oedt, cioè dell'agenzia della comunità europea che svolge un lavoro di monitoraggio sulle droghe, ha fatto notare che il 50% delle persone incarcerate nell'Unione europea lo è per vicende connesse alla droga, la metà di costoro (cioè il 25% del totale) è detenuta per reati collegati alla cannabis: la sostanza meno pericolosa in termini di impatto sulla salute e pericolosità sociale è la più sanzionata.

5) - In Italia le cose non sembrano andare meglio: l'on. Fini, annunciando la prossima riforma della legge sulle droghe ha definito il risultato del referendum popolare del 1993, che sanciva la non punibilità del consumo, come «un vuoto legislativo». Tutto il centrodestra, o quasi, tuona contro il metadone (e quindi contro i Ser.T. che hanno il compito istituzionale di proporre, erogare e gestire il percorso terapeutico) e contro le strategie di riduzione del danno, accusati di essere «strumenti per protrarre la dipendenza», dimenticando che proprio grazie anche a questi interventi la percentuale dei tossicodipendenti fra i malati di Aids è passata in dieci anni dal 67% al 37,1%.
Bush parla di guerra sociale, militare ed economica; il movimento deve essere in grado cogliere tutte le connessioni economiche e sociali esistenti tra le guerre guerreggiate, quelle economiche, più silenti ma non meno pericolose, responsabili ad esempio delle morti par fame o per Aids, ed in questo caso la «War on Drugs». Le vittime sono sempre le stesse: popolazioni civili di interi continenti da sottomettere alla logica dei profitti comunque camuffata. Ma c'è una ragione in più per restare vigili di fronte a queste tematiche: non possiamo ignorare la distruzione continua dell'intervento pubblico che, coperto dal rumore assordante della guerra, anche a casa nostra coinvolge quotidianamente il settore delle tossicodipendenze, come più in generale tutte le politiche sociali.

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