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La massoneria di Palazzo Giustiniani e le altre "famiglie" massoniche
by gaetano saya Monday, Apr. 21, 2003 at 4:30 PM mail: corpopolitico@hotmail.com

Nell'ambito del quadro sinora sinteticamente tracciato va vista e studiata l'attività di Licio Gelli e della Loggia Propaganda 2,mirando ad accertare quanto di tale fenomeno sia addebitabile all'impulso organizzativo e intraprendenza personale del Gelli, ed in tal ...

L'organizzazione ispirata e guidata da Licio Gelli, denominata Loggia Propaganda Due, nasce e si sviluppa nell'ambito della maggiore comunione massonica esistente in Italia: il Grande Oriente di Italia di Palazzo Giustiniani. Si rende pertanto necessaria una breve disamina della presenza massonica nel nostro paese e delle sue strutture al fine di comprendere e valutare nella sua esatta dimensione il fenomeno della Loggia massonica P2, oggetto di un apposito provvedimento di scioglimento votato dal Parlamento.
La massoneria italiana si compone di due maggiori organizzazioni o "famiglie", comunemente indicate con il sintetico riferimento alla sede storicamente occupata, come di Palazzo Giustiniani e di Piazza del Gesù; questa si configura a sua volta come promanazione della prima a seguito di una scissione intervenuta nel 1908, in ragione di contrasti attinenti l'atteggiamento da assumere
sulla legislazione concernente l'insegnamento religioso nelle scuole.
Accanto a questi due gruppi di rilievo nazionale - la cui consistenza è valutabile tra i 15-20 mila iscritti per Palazzo Giustiniani e tra i 5-10 mila per Piazza del Gesù - sono presenti altri minori gruppi locali con una consistenza valutabile, per ognuno di essi, nell'ordine di alcune centinaia di iscritti.
Prendendo in esame le due organizzazioni principali. va messo in rilievo, ai fini che qui interessano, che il modello strutturale assunto è quello di una distribuzione degli iscritti secondo una scala gerarchica modulata per gradi. Questa scala gerarchica conosce una divisione fondamentale tra Ordine, comprendente i primi tre gradi, e Rito, comprendente i gradi dal quarto al trentatreesimo, talché, mentre tutti coloro che fanno parte del Rito sono necessariamente membri dell'Ordine, non necessariamente vale l'assunto contrario. Trattasi in altri termini di due livelli collegati ma non coincidenti, l'uno sopraordinato all'altro secondo un modello di struttura
verticalizzata che presiede a tutta l'organizzazione massonica, all'interno della quale poi la mobilità degli iscritti nella gerarchia è regolata dalla stretta applicazione del principio di cooptazione che determina ogni passaggio di grado, nonché l'ingresso nell'Ordine e poi nel Rito.
Gli iscritti, a loro volta, sono raggruppati in logge aventi base territoriale; e la domanda di iscrizione ad una loggia è requisito fondamentale per l'ingresso di un "profano" nella massoneria, per cui, in linea di principio, non si può appartenere alla massoneria se non attraverso il momento comunitario della iscrizione ad una loggia. La massoneria di Palazzo Giustiniani con altre "famiglie" contemplava, oltre a tale situazione, la possibilità di accedere all'Ordine per iniziazione operata direttamente dal responsabile supremo - il Gran Maestro - senza pertanto sottostare alla votazione che sancisce l'ingresso dell'iniziando nell'organizzazione. I "fratelli" che venivano iniziati "sul filo della spada" si venivano pertanto a trovare in una posizione particolare ("all'orecchio" del Gran Maestro) sia per non avere una loggia di appartenenza, sia per il carattere riservato della loro iniziazione, intervenuta al di fuori delle ordinarie forme di pubblicità statutariamente previste; essendo pertanto la loro iniziazione nota solo all'organo procedente, il Gran Maestro, tali iscritti venivano designati come "coperti" ed inseriti d'ufficio in una loggia anch’essa "coperta" comprendente, per l'appunto, la lista degli iscritti noti solo al Gran Maestro.
Tale loggia veniva designata come loggia "Propaganda"; ogni loggia poi essendo contrassegnata da un numero oltre che da un nome, la loggia "Propaganda" avrebbe avuto in sorteggio il numero due. Tale almeno è la spiegazione fornita dai responsabili massonici sull'origine di questa denominazione.
Dalla vasta documentazione acquisita dalla Commissione nell'ambito di operazioni di perquisizione e di sequestro di documenti, secondo i poteri attribuiti dalla legge, è emerso che il fenomeno della "copertura" era comune alle altre famiglie ed interessava sia singoli iscritti che intere logge, rivestendo portata più ampia di quanto non rappresentato in questa prima schematica descrizione.
E’ accertato che, sia in sede centrale che in sede periferica, era assai frequente l'uso di denominazioni fittizie per mascherare verso l'esterno, verso il mondo "profano", la presenza di strutture massoniche. Così ad esempio era prassi consueta intitolare a generici Centri studi i contratti dì affitto per i locali necessari all'attività della loggia; ed è dato rilevare come gli statuti di tali organismi non contenessero alcun riferimento alla massoneria e alle attività massoniche nel designare l'oggetto dell'attività dell'ente, salvo poi riscontrare una perfetta identità personale tra gli iscritti al Centro studi ed i membri della loggia. Nella linea del fenomeno descritto si poneva pertanto il Gelli quando intestava le varie sedi successivamente occupate dalla Loggia P2 ad un Centro studi di storia contemporanea che fungeva, anche a fini di corrispondenza tra gli iscritti, da copertura per l'organismo massonico da lui guidato. La tecnica impiegata realizzava una forma di copertura rivolta verso l'esterno, verso il mondo "profano", accanto alla quale deve essere
esaminata una seconda forma di copertura rivolta in tutto od in parte all'interno della stessa organizzazione. Sono stati infatti rinvenuti documenti che fanno riferimento a logge coperte periferiche, ad una loggia coperta nazionale numero uno (presso l'organizzazione di Piazza del Gesù), ad un Capitolo nazionale riservato (presso il Rito Scozzese Antico ed Accettato di
Palazzo Giustiniani).
Sono stati inoltre acquisiti registri di appartenenti a logge (piedilista) nei quali gli iscritti venivano elencati invece che con il proprio nome, con soprannomi o pseudonimi di copertura. La documentazione in possesso della Commissione, ancorché frammentaria, testimonia in modo certo un modus procedendi all'interno delle organizzazioni massoniche improntato a connotazioni di riservatezza volte a salvaguardare le attività degli iscritti, o di alcuni settori, dall'indiscrezione e dall'interessamento non solo degli estranei all'istituzione, ma anche a parte, maggiore o minore, degli stessi affiliati alla comunione. Tale costume di vita associativa è stato dai massimi responsabili della massoneria rivendicato come una forma di riservatezza propria dell'istituzione, motivata dal rinvio ai contenuti esoterici che sarebbero propri della dottrina massonica, nonché dal richiamo a situazioni storiche di persecuzione degli affiliati. Ai fini che interessano nella presente relazione, va posto in rilievo che i fenomeni di copertura indicati erano comunque largamente invalsi nella vita delle varie famiglie massoniche con riferimento al periodo anteriore alla legge di scioglimento della loggia P2 e traevano alimento, oltre che nelle ragioni storiche addotte, largamente superate al presente, nell'assenza di un preciso quadro di riferimento normativo che desse attuazione alla norma costituzionale in materia di libertà di associazione. E’ sintomatico peraltro che, posteriormente all'approvazione della legge di scioglimento della Loggia P2, gli elementi più sensibili della massoneria si siano posti il problema della ortodossia di tali modelli organizzativi, risolvendolo nel senso di alcune modifiche statutarie, con la conseguente soppressione di organismi quali il Capitolo riservato e la Loggia nazionale coperta numero uno, come avvenuto presso la comunione di Piazza del Gesù.
Accanto alla connotazione della riservatezza altra peculiarità dell'organizzazione massonica generalmente considerata, sulla quale soffermare l'indagine, è quella dello spiccato interessamento delle varie comunità massoniche verso le attività del mondo "profano". Se è pur vero che uno dei Iandmarks fondamentali della originaria massoneria inglese, che fungono da pietra miliare per le comunità massoniche di tutto il mondo, contiene il divieto di occuparsi di questioni politiche, una abbondante documentazione in possesso della Commissione dimostra che l'attività delle logge non è volta soltanto allo studio ed all'approfondimento di questioni esoteriche, ma abbraccia un vasto campo di interessi che trovano il loro momento di unificazione nella pratica massonica della solidarietà tra fratelli. La solidarietà esplica la sua funzione per le attività dell'affiliato nel mondo "profano", giungendo sino all'appoggio esplicito per i fratelli candidati, formalizzato in circolari tra gli iscritti, in occasione di consultazioni elettorali. Particolarmente significativo al riguardo è l'esempio di un modello organizzativo verificato presso la comunione di Piazza del Gesù: le camere tecniche professionali. Si tratta di organismi settoriali che, su iniziativa e propulsione del centro, raccolgono gli iscritti in ragione della professione esercitata. Viene pertanto affiancato al modello delle logge, che funzionano su base territoriale ed interprofessionale, un sistema di raggruppamento degli affiliati parallelo alla struttura delle logge ed organizzato su base nazionale, avente quale momento unificativo gli interessi e le attività "profane".
Secondo tale schema troviamo così raggruppati i medici, i professori universitari e i militari, esempio questo degno di particolare attenzione, ove si consideri che la relativa "camera" rivestiva carattere di riservatezza. Va peraltro posto in rilievo che una ragione non ultima della pluralità di famiglie massoniche esistenti va probabilmente ricercata - oltre che in ragioni dì ordine puramente teorico - in una diversa consonanza di opinioni e di interessi in materie estranee alle questioni di esclusivo profilo esoterico. La stessa massoneria d'altronde rivendica a proprio merito l'aver rivestito un ruolo importante in vicende storiche del nostro paese, anche se, purtroppo, osta ad una esatta valutazione di tali affermazioni il carattere di riservatezza della istituzione, di cui si è trattato.
Nasce da questa propensione all'intervento nelle attività "profane" ed in essa trova ragione di esistere, l'istituto tipicamente massonico della "solidarietà" tra gli affiliati, ovvero della mutua assistenza che essi si garantiscono nell'esercizio delle loro attività professionali e comunque delle vicende personali estranee alla vita associativa. La solidarietà tra fratelli rappresenta l'estensione al
di fuori della comunione del vincolo associativo, che viene di tal guisa ad esplicare una efficacia di rilevante portata e nel contempo di difficile valutazione, attesa la riservatezza che gli affiliati mantengono nel mondo "profano" sull'esistenza del rapporto di reciproco affratellamento. La solidarietà massonica sanzionata in forma solenne al momento dell'iniziazione, costituisce infatti un elemento che potrebbe in sé considerarsi non solo legittimo ma perfettamente naturale, poiché appare. logico che individui che dichiarino di condividere i medesimi convincimenti morali ed esistenziali in ordine ai problemi fondamentali dell'uomo si sentano legati da un forte vincolo che per l'appunto viene chiamato "fraterno".
Quello che induce non poche perplessiità nell'osservatore esterno l'accentuata riduzione in termini pratici e concreti di tale affratellamento e la sua coniugazione con un radicato costume di riservatezza. Non è in altri termini la solidarietà in sé e per sé considerata a destare legittime riserve, quanto piuttosto la sua non avvertibilità sociale. Una avvertibilità che tanto più dovrebbe
essere consentita quanto più chi ne è protagonista attribuisce ad essa effetti, di immediato rilievo terreno.
In definitiva e per concludere sembra doversi rilevare il rischio che la solidarietà massonica, quando si traduca in una occulta agevolazione di successi personali, possa rendersi incompatibile con non poche regole della società civile, specie quando tale forma di solidarietà operi all'interno di carriere pubbliche.
Ultima connotazione di ordine generale utile ai nostri fini è la rilevanza dell'aspetto internazionale della massoneria, che si pone come un contesto di organizzazioni nazionali fortemente legate tra di loro secondo due schieramenti, che, per quanto concerne l'Europa, possono identificarsi in una parte a primazia britannica verso la quale è orientata la comunione di Palazzo Giustiniani, ed una parte di orientamento cosiddetto latino egemonizzata dalla massoneria francese, alla quale si ispira la famiglia di Piazza del Gesù. In un più ampio contesto argomentativo si può dire che la massoneria vive sotto l’egida del mondo anglosassone, nell'ambito del quale il primato attribuito agli inglesi per motivi di tradizione è confrontato dalla grande potenza organizzativa della massoneria nord americana.
Ai nostri fini il dato che viene particolarmente in luce è la connessione tra la massoneria statunitense e la comunione di Palazzo Giustiniani. Traccia di questi legami si rinviene nella presenza di tale Frank Gigliotti in momenti particolarmente qualificati nella storia recente della comunione di Palazzo Giustiniani.
L'artefice del primo riconoscimento del Grande Oriente da parte della prestigiosa Circoscrizione del Nord degli USA (il iconoscimento da parte della Gran Loggia Unita di Inghilterra verrà soltanto nel 1982) fu infatti nel 1947 Frank Gigliotti, già agente della Sezione italiana dell'OSS dal 1941 al 1945, e quindi agente della CIA.
Più tardi Gigliotti fu presidente del "Comitato di agitazione" costituitosi negli Stati Uniti per rispondere all'appello lanciato dai fratelli del Grande Oriente impegnati nella contestata opera di riappropriazione della casa massonica di Palazzo Giustiniani confiscata durante il periodo fascista, a seguito dello scioglimento autoritario dell'istituzione. Il compromesso tra il Grande Oriente e lo
Stato italiano, patrocinato dai fratelli americani, fu siglato il 7 luglio 1960. L'atto di transazione fu sottoscritto dal ministro delle finanze Trabucchi e dall'allora Gran Maestro Publio Cortini, e vedeva presenti, al tavolo della firma di una stipula tutta italiana, l'ambasciatore americano, J. Zellerbach, e Frank Giglíotti.
Sempre nel 1960 i fratelli americani intervennero attraverso il Gigliotti nell'operazione di unificazione del Supremo Consiglio della Serenissima Gran Loggia degli ALAM del principe siciliano Giovanni Alliata di Montereale (il cui nome sarà legato alle vicende del golpe Borghese, a quelle della Rosa dei Venti, alle organizzazioni mafiose), poi finito nella Loggia P2, con il Grande Oriente. Sembra che quella dell'unificazione del Grande Oriente con la massoneria di Alliata, di forte accentuazione conservatrice, sia stata la condizione posta da Gigliotti in cambio dell'intervento americano nelle trattative con il Governo italiano concernenti il Palazzo Giustiniani.
L'unificazione comportò l'estensione al Grande Oriente del riconoscimento che aveva già dato alla Serenissima Gran Loggia di Alliata la Circoscrizione Sud degli USA, nonché numerosi elementi di prestigio nell'ambiente massonico. Non solo si deve rilevare, secondo quanto emerge da queste vicende, che il progetto di unificazione della massoneria italiana sembra corrispondere ad interessi non esclusivamente autoctoni, ma risalta altresì alla nostra attenzione la comparsa di Gelli sulla scena quando Gigliotti scompare, secondo una successione di tempi ed una identità di funzioni che non può non colpire significativamente. Si deve infine sottolineare come la denegata giustizia - nella quale sostanzialmente si concretò la mancata restituzione del palazzo confiscato dal fascismo - ebbe l'effetto di rendere la massoneria italiana indebitamente debitrice di quella nord americana.
Nell'ambito del quadro sinora sinteticamente tracciato va vista e studiata l'attività di Licio Gelli e della Loggia Propaganda Due, mirando ad accertare quanto di tale fenomeno sia addebitabile all'impulso organizzativo ed alla intraprendenza personale del Gelli, ed in tal caso con la protezione e l'appoggio di quali organi e di quali personaggi nell'ambito dell'ambiente massonico o eventualmente estranei ad esso. Quanto qui preme riassuntivamente segnalare è che l'organizzazione e l'attività massonica sembrano contrassegnate, ai fini che al nostro studio interessano, dall'adozione di forme di riservatezza, interne come esterne, sia della vita associativa, che dell'appartenenza individuale. Tale riservatezza si appalesa poi come posta a tutela, oltre che dell'attività di indagine esoterica propria dell'istituzione, di attività volte eminentemente ad intervenire in vario modo nella vita extra-associativa degli iscritti, in applicazione della pratica della solidarietà tra fratelli.
I RAPPORTI CON LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Una trattazione sull'argomento - svolta nel più ampio contesto della disamina dei mezzi di penetrazione impiegati dalla Loggia P2 per l'attuazione dei suoi fini - richiede una preliminare chiarificazione relativa alla mancanza di un piano operativo elaborato dalla loggia medesima con riferimento alla pubblica amministrazione nel suo complesso: si vuol cioè dire che nei documentiprogrammatici acquisiti e segnatamente nel piano di rinascita democratica non si rinvengono enunciazioni di principio o proposte di riforma circa il ruolo che avrebbe dovuto ricoprire l'amministrazione dello Stato. Vi è al riguardo soltanto un accenno quando si auspica, con un
riferimento poco chiaro, una riforma di quel settore dello Stato "fondata sulla teoria dell'atto pubblico non amministrativo"; ed inoltre si formulano generiche indicazioni sulla necessità di tener separata la responsabilità politica da quella amministrativa e di sostituire il sistema del silenzio-rifiuto con quello del silenzio-consenso.
Queste due ultime prospettazioni possono verosimilmente interpretarsi la prima come esigenza di affermazione di una classe di tecnocrati in contrapposizione alla categoria degli esponenti politici - secondo un'idea ricorrente nei documenti della loggia - e la seconda come potenziamento dei diritti e delle facoltà dei privati in confronto alle prerogative della pubblica amministrazione.
Trattasi dunque di formulazioni programmatiche generiche e di segno non univoco, talché è lecito desumerne che ai fini della attuazione del disegno politico della Loggia P2 - e della definizione della sua strategia di intervento - alla pubblica amministrazione non viene sostanzialmente riconosciuto un ruolo particolare, né si delineano ipotetici cambiamenti della struttura, della funzione e dei meccanismi operativi della medesima, contrariamente a quanto risulta documentato per il Parlamento, il Governo, la magistratura e altre istituzioni dello Stato. Vedremo in seguito il valore da attribuire alla proposta di reintrodurre l'ufficio dei segretari generali dei ministeri.
Risulta quindi più interessante e significativo cercare la risposta al quesito che i due termini (Loggia P2 e pubblica amministrazione) sottendono, con l'analisi degli elenchi, per meglio approfondire il collegamento con le singole persone degli iscritti alla loggia appartenenti alla pubblica amministrazione e le ragioni della loro affiliazione, verificando, se ed in che modo, le attività di costoro e gli uffici ricoperti, siano rilevanti ai fini dell'indagine che l'articolo 1 della legge istitutiva ha devoluto a questa Commissione.
Per meglio delimitare il campo dell'analisi strutturale dell'elenco, deve poi chiarirsi che la locuzione "pubblica amministrazione" viene qui intesa nel suo più estensivo significato fino a ricomprendere non solo le amministrazioni centrali e periferiche dello Stato e gli enti pubblici, ma anche le società gli istituti e le aziende a partecipazione statale e le banche, con la sola esclusione dei ministri e sottosegretari per i quali si valuta come prevalente la qualificazione politica e dei quali si fa perciò menzione in altro luogo della relazione.
Considerando i ministeri, si rileva che quello dell'interno ha un organico di diciannove iscritti tra i quali quattro questori (Palermo, Cagliari, Salerno, Treviso), tre prefetti (Brescia, Pavia, Commissario governativo per la regione veneta), tre vice questori (Trapani, Genova, Arezzo), un ispettore di Pubblica Sicurezza (per il Piemonte e la Valle d'Aosta), un direttore dei servizi di polizia di frontiera, un direttore della squadra mobile di Palermo, tre commissari di Pubblica Sicurezza (Roma, Arezzo, Montevarchi).
Per il Ministero degli Affari Esteri si contano quattro affiliati di cui un ambasciatore a capo della segreteria generale e un direttore della ragioneria centrale; per il Ministero dei Lavori Pubblici e per quello della pubblica istruzione, rispettivamente, quattro e trentaquattro elementi; per il ministero delle Partecipazioni Statali ventuno iscritti così divisi: diciassette dipendenti IRI e quattro dipendenti ENI; il ministero del Tesoro, ivi comprese le banche, può contare un organico di sessantasette unità; del ministero della Sanità si rinvengono tre iscritti, tra cui i primi dirigenti della divisione I (affari generali) e della divisione VI (professioni sanitarie); per il ministero dell'Industria e Commercio risultano affiliati tredici elementi, di cui il vice presidente del CNEN, un direttore generale, l'amministratore delegato dell'INA e il primo dirigente del ruolo di personale dell'energia nucleare NATO a Bruxelles; nel ministero delle Finanze si contano cinquantadue affiliati, mentre per quello di Grazia e Giustizia ve ne sono ventuno (compresi i magistrati).
Seguono poi i ministeri con scarsa rappresentatività di iscritti tra i loro dipendenti, quali quello dell'Agricoltura con uno, quello dei Trasporti con due, quello del Lavoro con uno, quello del Commercio con l'Estero con due (tra cui il direttore della SACE), quello dei Beni Culturali con quattro, quello per il coordinamento della Ricerca Scientifica e Tecnologica con tre (tra cui il direttore del CNR), quello per gli Interventi Straordinari nel Mezzogiorno con uno, quello della Marina Mercantile con due, quello per gli Affari Regionali con uno.
Con riferimento agli altri enti o istituti diversi dai ministeri, si rilevano i seguenti dati: l'INPS conta tre iscritti, come pure la Corte dei Conti, mentre l'Avvocatura generale dello Stato e il Consiglio di Stato vantano un iscritto ciascuno. Per la Presidenza della Repubblica si annoverano tre affiliati.
Riepilogando, l'organigramma complessivo della infiltrazione dalla loggia negli apparati pubblici ammonta a ben quattrocentoventidue effettivi, divisi nelle varie amministrazioni e situati ai diversi livelli gerarchici, onde poter garantire la riuscita degli interventi di Galli o di altri affiliati nei settori di rispettiva competenza.
Dagli elementi sopra menzionati emerge dunque una presenza penetrante e capillare di uomini della Loggia P2 in praticamente tutti i settori della pubblica amministrazione, diretta ed indiretta, compresi gli enti a partecipazione statale. Si osserva però come Gelli e la Loggia P2 curassero in modo particolare la penetrazione in alcuni settori maggiormente determinanti per la vita e la politica dello Stato.
Già in altra parte della relazione si è descritta la penetrazione nelle forze armate e nei Servizi segreti e di conseguenza nei ministeri che avevano competenza in questi settori. Così pure va ricordato che nel settore di competenza del ministero delle Finanze, oltre a numerosi e importanti militari, compresi i comandanti della Guardia di Finanza, dei quali si è parlato pure in altra parte della relazione, risultano appartenere alla loggia un numero non irrilevante di funzionari civili.
Restando sempre nel campo dei ministeri che governano l'attività economica e finanziaria dello Stato, un cenno particolare merita la penetrazione nei ministeri del Tesoro e del Commercio con l'Estero.
Emerge che nelle liste della Loggia P2 sono inclusi sia alti dirigenti del ministero del Tesoro, sia importanti personaggi posti in istituti come la SACE e come la Banca d'Italia, che hanno funzioni decisive anche in tema di rapporti finanziari con l'estero, nonché esponenti di numerosa banche pubbliche e private.
Per completare il quadro può essere opportuno ricordare quanto riferiscono Angelo Rizzoli e Bruno Tassan Din e cioè che, quando Gaetano Stammati si presentò candidato ad un seggio senatoriale, Gelli ed Ortolani davano per certa la sua nomina a ministro del Tesoro, cosa che puntualmente avvenne. Inoltre Gelli ed Ortolani gli indicarono quale persona che si occupasse della sua campagna elettorale Giuseppe Battista che era - a dire di Rizzoli - un loro factotum, al quale essi affidarono diversi incarichi importanti. Battista, anch'egli iscritto alla Loggia P2, divenne poi segretario particolare di Stammati, il quale affidò inoltre l'incarico di suo addetto stampa a Luigi Bisignani, anch'egli affiliato alla loggia. Quando poi Stammati - dopo una parentesi al ministero dei Lavori Pubblici - passò al ministero del Commercio con l'Estero, Battista e Bisignani lo seguirono e Stammati aggiunse a loro, con l'incarico per la segreteria tecnica, Lorenzo Davoli, pure figurante nelle elenchi. Davoli - sempre a dire di Rizzoli - fu fatto assumere da Gelli e Ortolani alla società Rizzoli per poi essere distaccato presso Stammati.
Va aggiunto ancora che al Commercio con l'Estero operava anche Ruggero Firrao, allora direttore generale delle valute, che Ortolani e Gelli indicavano - sempre a dire di Rizzoli - come un loro uomo.
Il Firrao figura anche come dirigente della SACE (Società di Assicurazione per i Crediti nell'Esportazione) ed è compreso negli elenchi della Loggia P2.
Non sembra inutile sottolineare come in tal modo Gelli ed Ortolani possano aver conseguito un controllo in un settore chiave dell'amministrazione statale dalla quale passano tutte le operazioni di natura valutaria.
Si ricordi infine che presso il ministero del Commercio con l'Estero funziona pure un Comitato interministeriale composto dai rappresentanti dei ministeri degli Esteri, dell'Industria, della Difesa, delle Finanze e del Commercio con l'Estero, nonché del SISMI (in precedenza del SID) che esercita il controllo sulla vendita delle armi a paesi terzi.
Ad ulteriore conferma dell'interesse che un qualche potere non istituzionale aveva per il ministero del Commercio con l'Estero si può ricordare quanto riferito nella sua audizione in Commissione il 24 gennaio 1984 dall'onorevole Zanone. Nel 1979, in occasione della formazione del primo Governo dell’VIII legislatura, il ministero del Commercio con l'Estero, anziché essere affidato, come sembrava in base agli accordi di Governo, all'onorevole Altissimo, fu assegnato di nuovo a Stammati: Zanone afferma che egli ebbe l'impressione che forti pressioni fossero state esercitate perché si addivenisse ad una soluzione del genere. Riscontriamo tra l'altro che successivamente venne attribuito all'onorevole Enrico Manca, elenchi della Loggia P2.
Le interferenze sul ministero del Commercio con l'Estero da parte di Gelli trovano ulteriore illuminazione dal fatto che copia dei documenti più rilevanti dell'affare ENI-Petromin, ivi compresa la copia di una memoria in proposito redatta personalmente da Stammati, furono rinvenute presso Gelli nella perquisizione del 17 marzo 1981.
L'accenno ai rapporti internazionali induce ad esaminare la penetrante azione della loggia in un altro ministero-chiave, come quello degli Affari Esteri Francesco Malfatti, da lunghi anni segretario generale di quel ministero e quindi in posizione di rilievo centrale e determinante, risulta anch'egli negli elenchi della Loggia P2.
Al di là però di tale iscrizione non possono ignorarsi gli intensi rapporti di Gelli con paesi esteri, in particolare con quelli dell'America latina, rapporti che non potevano non ricevere appoggi e facilitazioni da parte del ministero suindicato, in considerazione della posizione che Gelli raggiunse in tali paesi e delle sue relazioni con alte personalità di Governo e della pubblica amministrazione civile e militare dei paesi stessi: si ricordino in proposito i suoi rapporti con il generale Peron, il generale Massera ed altri per menzionare solo un paese come l'Argentina, di cui Gelli era anche consigliere economico presso l'ambasciata a Roma.
A questo proposito dagli atti della Commissione sembra potersi derivare come da parte degli organi centrali e periferici del ministero degli Esteri sia stata stesa quasi una cortina protettiva nei confronti di Gelli e delle sue attività all'estero. Tra l'altro, allorché il ministero degli Esteri richiese il 6 marzo 1982 alle nostre rappresentanze diplomatiche, su sollecitazione di questa Commissione,
di trasmettere documenti e notizie relativi alla Loggia P2 a Licio Gelli, a Umberto Ortolani e a Francesco Pazienza, l'ambasciata di Buenos Aires, cioè della capitale di un paese dove la presenza di Gelli non poteva essere passata inosservata, rispose in maniera del tutto negativa. Per contro, a parte ogni altra considerazione, da una informativa del SISDE in data 17 febbraio 1982 risulta che
Gelli svolgeva attività economiche e finanziarie in Argentina, oltre che in Brasile, in Uruguay e in Paraguay.
Altro ministero importante nel quale va segnalata una penetrante presenza della Loggia P2 è quello dell'interno. Già si è ricordato come molti questori e commissari di Pubblica Sicurezza, oltre ad ufficiali di Polizia, figuravano iscritti alla loggia. Dagli atti e in particolare dall'audizione del dottor Luongo in Commissione si deriva come Gelli ricevesse una particolare protezione da parte
della questura di Arezzo: Luongo parla in proposito di una "combutta" all'interno della questura; era quella evidentemente una sede particolarmente importante perché vi si trovavano la residenza di Gelli e uno dei centri della sua attività.
Una particolare menzione richiede, ai fini della penetrazione di cui si parla, la figura di Federico Umberto D'Amato, iscritto alla Loggia P2, la cui presenza emerge in tante vicende della vita italiana in questi anni e che figura in rapporti stretti e costanti con molti degli uomini in qualche modo coinvolti nella storia e nell'attività della loggia, da Roberto Calvi a Francesco Pazienza, da Angelo Rizzoli a Mino Pecorelli, oltre che con Licio Gelli.
Informazioni su D'Amato o raccolte dal D'Amato si rinvengono anche presso l'archivio di Gelli di provenienza uruguaiana. Sugli stretti rapporti tra D'Amato e Calvi, fino agli ultimi giorni di vita di quest'ultimo, riferiscono ampiamente i familiari di Calvi.
Gli elementi forniti vanno letti unitamente alla raccomandazione rivolta dal Venerabile Maestro agli affiliati nella già citata "Sintesi delle norme" che delucida sufficientemente il rilievo del proselitismo gelliano: "Al fine di poter conservare la continuità della copertura dei punti di interesse previsti dall'organigramma per i vari settori delle attività pubbliche e private, è necessario che ogni iscritto - prima di un suo eventuale avvicendamento, da qualsiasi causa determinato, nella sfera delle sue competenze - segnali la persona che ritenga più idonea e capace a sostituirlo".
Emerge così dal quadro delineato una attenzione rivolta agli apparati amministrativi che supera qualitativamente la tradizionale infiltrazione massonica, di tipo erratico e non programmata, nella burocrazia statale. Analogamente a quanto riscontrato con riferimento agli apparati militari, ci troviamo di fronte ad un reclutamento che si qualifica, oltre che per il livello al quale si pone, per
la mirata individuazione di alcuni settori chiave, come ad esempio i dicasteri economici.
Estremamente rivelatrice in proposito è l'affermazione esplicita dell'esistenza di un organigramma che prevedeva precisi "punti di interesse", denotando un reclutamento ragionato che mira prima ancora che all'acquisizione di individui all'occupazione di centri di potere amministrativo determinati.
Esempio di questa logica è la penetrazione nel ministero del Commercio con l'Estero, nel ministero del Tesoro e nel ministero degli Affari Esteri, che poneva la Loggia P2 in posizione di assoluto privilegio nella gestione degli affari, molti dei quali comportavano rilevanti manovre finanziarie con l'Estero, secondo l'analisi che verrà svolta nella sezione successiva. Concludendo su questo
argomento, la Commissione rileva che, non tanto e non solo deve costituire motivo di riflessione il dato quantitativo delle affiliazioni, comunque già di per sé allarmante, quanto piuttosto la logica conseguenziale che attraverso di esso si lascia intravedere.
IL MONDO DEGLI AFFARI E DELL'EDITORIA

Un primo approccio per una disamina dei collegamenti e della influenza della P2 nel mondo degli affari va effettuato, tenendo presente, al momento del ritrovamento delle "liste", la elevata consistenza numerica, sessantasette, degli iscritti appartenenti al ministero del Tesoro, a banche e ad ambienti finanziari in senso stretto.
In particolare, per quanto riguarda il ministero del Tesoro (dodici iscritti), l’esame delle funzioni espletate dalle persone che compaiono negli elenchi rinvenuti a Castiglion Fibocchi permette di identificare la natura e l'importanza dei collegamenti instaurati, finalizzati ad assicurare contatti con dirigenti situati in punti chiave della amministrazione, sì da far conseguire al gruppo stabili
agganci con ambienti di rilevante influenza sia nell'ambito nazionale sia, soprattutto, in quello internazionale. Sotto quest'ultimo profilo, in effetti, assume estrema rilevanza l'inclusione nelle liste dì alti dirigenti del ministero del Tesoro e di altri personaggi situati in delicati istituti come la SACE (organismo che dà sostanzialmente sostegno finanziario nell'assicurazione degli interventi commerciali) e come la, Banca d'Italia, aventi funzioni decisive in tema di rapporti finanziari con l'estero.
A completare il quadro concorrevano, inoltre, i contatti emergenti con esponenti di numerose banche pubbliche e private per alcune delle quali le presenze erano particolarmente significative per qualità e rappresentatività, come per la Banca nazionale del lavoro (quattro membri del Consiglio di amministrazione, il direttore generale, tre direttori centrali di cui uno segretario del Consiglio), il Monte dei Paschi di Siena (il Provveditore), la Banca Toscana (il direttore centrale), l'Istituto centrale delle casse rurali ed artigiane (il presidente ed il direttore generale), l'Interbanca (il presidente e due membri del Consiglio), il Banco di Roma (due amministratori delegati e due membri del Consiglio di amministrazione) ed il Banco Ambrosiano (il presidente ed un consigliere di amministrazione).
Le indagini effettuate solo da alcuni degli istituti citati si sono in genere limitate al mero riscontro dell'appartenenza o meno alla Loggia massonica P2 e non hanno consentito di acquisire elementi di rilievo in ordine all'attività svolta da ciascuno dei cennati esponenti ed al segno di interferenza che la loro appartenenza alla loggia può aver rappresentato nella ordinata gestione degli affari.
Solo il Collegio sindacale del Monte dei Paschi di Siena risulta aver condotto una inchiesta attenta e dettagliata per valutare gli effetti dei collegamenti piduisti sull'operatività aziendale. L'inchiesta si è conclusa ponendo in evidenza "casi di possibile trattamento di favore, casi di perdite avute o temute dall’Istituto (frequenti i casi di trasferimento di posizioni a contenzioso con perdite già previste e/o definite)".
L'attività della Commissione appena si è delineato il quadro operativo della Loggia P2 si è quindi concentrata sull'esame del disegno complessivo e sull'azione svolta da alcuni gruppi, non solo finanziari, fin dagli inizi degli anni settanta, collegandosi con le risultanze della Commissione d'inchiesta sul caso, Sindona che ha messo chiaramente in evidenza come gli interventi operati a favore del banchiere siciliano si erano sviluppati nell'ambito di solidarietà ed accordi, che esistevano nel mondo finanziario e bancario tra alcuni esponenti di primo piano e che contribuivano ad agevolare l'attuazione di operazioni speculative, finalizzate ad estendere il potere di determinati gruppi economici.
Quali fossero la matrice, il metodo, l'obiettivo di tali gruppi non appare sempre con chiarezza, ma indubbiamente la loro azione non può essere ristretta ad un fenomeno di mera criminalità economica o ad accordi diretti ad accrescere la ricchezza dei singoli. In effetti "intorno alla mobilitazione in difesa di Sindona accade qualcosa di più di una semplice accanita gestione di interessi da
proteggere magari con l'omertà e l'uso della forza: si rafforza e si espande il potere del sistema P2 che collega ed unifica tanti personaggi operanti in diverse collocazioni"(1).
Il momento più significativo a livello documentale di tali azioni è collegato alla presentazione di affidavit a favore di Sìndona (rilasciati negli ultimi mesi del 1976), quando Gelli ed altri personaggi (Francesco Bellantonio, Carmelo Spagnuolo, Edgardo Sogno, Flavio Orlandi, John Mc Caffery, Stefano Gullo, Philip Guarino, Anna Bonomi) si espongono in modo chiaro e scoperto per effettuare uno sforzo ritenuto decisivo per il salvataggio di Michele Sìndona.
Alcuni dei firmatari, oltre al Bellantonio, sono in termini di intrinseca dimestichezza con Licio Gelli; ciò vale sia per Carmelo Spagnuolo, sia per Philip Guarino che, secondo una corrispondenza in possesso della Commissione, ha con Gelli un rapporto di mutua ed operante amicizia. Appare dagli atti il ruolo centrale assunto da Licio Gelli che è il regista attivo di questa operazione, segno concreto di un non effimero legame tra i due personaggi, che prosegue sino al sequestro di Castiglion Fibocchi nel quale Michele Sindona, come abbiamo visto nel capitolo secondo, gioca un ruolo non secondario.
I contatti ed i legami tra questi ambienti si intrecciano in un contesto che assume, a motivazione delle malversazioni e delle attività economiche fraudolente poste in essere, finalità politiche di ordine più elevato. Così ad esempio le dichiarazioni di John Me Caffery senior (già capo del controspionaggio inglese in Italia e membro dei Consiglio di amministrazione della Banca privata italiana) quando dichiara che esisteva un più nobile collegamento tra i gruppi che "condividevano le sane idee occidentali nel tentativo di opporsi alla diffusione del comunismo in Europa" e di conseguenza erano orientati a favorire l'ascesa di personaggi aventi la medesima ideologia, da situare nei punti chiave dei settori economici per influenzare, per questa via, l'andamento politico generale.
Quando si pensi ai corposi collegamenti tra tali settori ed ambienti di malavita comune a livello internazionale, non si può non rilevare che l'identificazione delle "sane idee occidentali" con questi ambienti risulta quanto meno problematica e che il sistema capitalista occidentale, quando fisiologicamente funzionante, dispone di ben altri strumenti per garantire la propria autonomia.
E’ comunque avendo riguardo a questi ambienti che deve essere vista e spiegata l'ascesa di Sindona e l'azione da questi esplicata per acquisire sia la finanziaria La Centrale sia, unitamente al generale Sory Smith - già capo del gruppo consultivo di assistenza militare USA in Italia - la proprietà del Roine Daily American.
Nella stessa prospettiva va quindi collocato il mutamento operativo che si determinò allor quando il fallimento dell'offerta pubblica di acquisto per il controllo della Bastogi (13.9.1971/8.11.1971) fece emergere una resistenza a queste operazioni di infiltrazione più estesa di quanto fosse stato possibile immaginare e rese necessaria una loro più accurata preparazione. Quando Sindona, in
conseguenza di tali eventi trasferisce la sua attività nei paesi al di là dell'Atlantico, in Italia cresce e si afferma Roberto Calvi, nominato direttore generale del Banco Ambrosiano nel 1971, che ne acquisisce l'eredità, oltre che la tutela condizionante di Gelli e Ortolani.
La nuova strategia prende il via con il trasferimento (1972) della quota di controllo de La Centrale alla Compendium S.A. Holding, finanziaria del Banco Ambrosiano, che nel 1976 muterà nome in Banco Ambrosiano Holding - Lussemburgo. Si viene così a realizzare tra Calvi e Sindona un modulo operativo che, all'estero, era gestito unitamente a Sindona e che in Italia era articolato in
diversi comparti (bancari, assicurativi, finanziari) sempre più complessi ed intrecciati man mano che si accresceva la fiducia in Calvi dei più importanti gruppi economici.
Per quest'ultimo aspetto un ruolo di rilevante importanza è stato svolto da Umberto Ortolani il cui ingresso nella Loggia P2 rappresentò l'acquisizione all'organizzazione di un elemento dotato di una vasta rete di relazioni personali di grande prestigio, sia nel mondo politico che negli ambienti della curia vaticana e di quella competenza nel campo finanziario che si rivelerà necessaria nella
seconda fase di sviluppo delle attività gelliane e della Loggia Propaganda.
In effetti proprio mentre Sindona viene estromesso definitivamente dall'Italia, e poi arrestato, si estende e si rafforza la rete P2 nel settore degli affari e Calvi diventa il principale braccio operativo nel settore finanziario per tutte le necessità previste dai programmi della loggia. Il gruppo Ambrosiano assume così una struttura particolarmente funzionale per far da tramite ad ogni tipo di transazione, articolandosi in Italia ed all'estero in una serie di società bancarie e finanziarie i cui principali affari erano ordinati e seguiti da un univoco centro, ma parcellizzati in diversi segmenti operativi in modo da impedire spesso agli stessi esecutori materiali la percezione del quadro complessivo.
Non è ancora disponibile (e forse non lo sarà mai) una visione completa delle operazioni poste in essere da tale struttura ma possono comunque essere identificate due grandi linee direttrici di intervento che attengono, da un lato, alla necessità di conservare saldamente il controllo dello strumento così predisposto e, dall'altro, all'utilizzo, per ben precisi fini, dello strumento stesso.
Per quanto riguarda il primo aspetto, il dissesto del Banco Ambrosiano ha messo chiaramente in evidenza le coperture, gli accordi, gli interventi effettuati per mantenere e rafforzare le posizioni di comando in questa banca. La rilevante quantità di azioni Ambrosiano risultate in Italia ed all'estero di pertinenza del Banco stesso, è la testimonianza di un'attenta acquisizione che consentiva di spostare dall'Italia all'estero, e viceversa, ingenti disponibilità, mascherando tali movimenti come operazioni di compravendita di titoli per le quali ignoti intermediari fruivano di consistenti provvigioni. L'azione così sviluppata permetteva anche di conseguire l'effetto non
secondario di coinvolgere in traffici illeciti numerosi operatori che, una volta intervenuti a fare da schermo a tali irregolari transazioni, si ponevano nelle condizioni idonee per essere ricattati ed utilizzati.
L'esempio tipico di intrecci di transazioni improntate a tali finalità è costituito dagli interventi effettuati per l'acquisizione della maggioranza delle azioni del Credito Varesino, un istituto di credito che il gruppo Bonomi aveva ceduto parte in Italia a La
Centrale e parte all'estero alla CIMAFIN (società appartenente al gruppo Sindona) che a sua volta le avrebbe poi cedute a finanziarie gestite dalla Banca del Gottardo, controllata dall'Ambrosiano.
Tutte queste operazioni vengono seguite da vicino dalla Loggia P2, poiché presso Gelli viene poi rinvenuta copia dell'accordo stipulato all'estero tra il gruppo Bonomi e la CIMAFIN con la descrizione di tutti i passaggi effettuati tramite apposite società strumento (Zitropo e la Pacchetti), nonché dei collegamenti esistenti fra Calvi e Sindona e dei movimenti finanziari verificatisi nella
circostanza.
In questo contesto i massimi esponenti della loggia, come si evince dalla documentazione rinvenuta a Castiglion Fibocchi, potevano svolgere un ruolo di mediazione tra i diversi interessi e di composizione degli eventuali contrasti (esemplari appaiono i documenti concernenti i patti stipulati tra Calvi, il gruppo Bonomi ed il gruppo Pesenti), indirizzando nel contempo gli interventi finanziari degli operatori che dovevano fornire i mezzi per "permettere ad uomini di buona fede e ben selezionati di conquistare della Rizzoli le posizioni chiave necessarie"(2) per il controllo delle formazioni politiche in cui ognuno militava.
L'azione di Gelli ed Ortolani, quindi, di pari passo con il potenziamento della struttura strumentale rappresentata dal gruppo Ambrosiano, acquista connotazioni più precise e, all'estero, favorisce l'espansione di istituzioni finanziarie collegate alla loggia nei paesi del Sudamerica caratterizzati da regimi a spiccato orientamento conservatore, mentre in Italia viene pilotato, con Gelli in posizione centrale, il tentativo di salvataggio di Sindona, evitando peraltro il coinvolgimento in questa operazione della struttura Ambrosiano. Scelta questa che costituisce il segno più evidente di come gli ambienti che gravitano intorno alla loggia, già collegati con il finanziere siciliano, ritenessero la struttura costituita intorno all'Ambrosiano destinata ad altre finalità. In effetti era in pieno sviluppo l'operazione più importante, sia per valenza politica, sia per coinvolgimento di vari gruppi, che la Loggia P2 avesse posto in essere: l'acquisizione e la gestione del gruppo Rizzoli, di cui viene effettuata un'analisi a parte. Il ruolo di Calvi, in tale vicenda, appare infatti fondamentale poiché, a fronte del deteriorarsi della situazione generale e del progressivo ridimensionamento del sostegno creditizio fornito a quel gruppo da altre banche, il gruppo Ambrosiano risulta infine assumere il ruolo di unico ed insostituibile appoggio.
Non vanno peraltro trascurati anche altri interventi con identici fini, anche se di portata minore, che la Loggia P2 pone in essere sia tramite il Banco Ambrosiano, sia tramite altre banche ove alcuni operatori (Genghini, Fabbri, Berlusconi, ecc.), trovano appoggi e finanziamenti al di là di ogni merito creditizio. Molti degli istituti bancari, ai cui vertici risultavano essere personaggi inclusi nelle liste P2, non hanno effettuato in merito opportune indagini, ma l'esistenza di una vasta rete di sostegno creditizio per le operazioni interessanti la loggia risulta provata dalla già citata inchiesta portata a termine dal Collegio sindacale dei Monte dei Paschi di Siena. Ovviamente i cointeressati a questa rete di collegamenti e complicità al momento opportuno dovranno offrire adeguato aiuto, come risulta evidente dai movimenti finanziari che l'ENI (dove alcuni iscritti avevano posizioni di assoluto dominio operativo) effettua a partire dal 1978 tramite la sua struttura estera (Tradinvest, Hidrocarbons, ecc.), per evitare che gli accertamenti ispettivi presso il
Banco Ambrosiano rivelassero gli oscuri e significativi travasi di fondi avvenuti dall'Italia verso l'estero.
Sono dello stesso segno, del resto, i misteriosi passaggi concernenti una parte dei titoli Credito Varesino, a cui abbiamo già accennato, per evidenziare accordi che hanno visto una partecipazione corale di alcuni protagonisti P2. Si fa qui riferimento all'intervento della Bafisud Corporation S.A. di Panama (finanziaria legata al Banco Financeiro Sudamericano di Montevideo, facente capo alla famiglia Ortolani), che acquista, con un finanziamento dell'Ambrosiano Group Commercial, n. 4.500.000 azioni del Credito Varesino di proprietà de La Centrale, consentendole di realizzare 26,6 miliardi di lire ed un'utile di oltre 10 miliardi rispetto all'esborso a suo tempo sostenuto per l'acquisto.
Tutta l'operazione viene effettuata tramite il Banco Ambrosiano in Italia - dove i titoli rimangono in deposito - e quando gli stessi verranno rivenduti (1982) procureranno a misteriosi beneficiari utili all'estero per circa 45 miliardi.
La sostanziale strumentalità del gruppo Ambrosiano risulta infine evidente allorquando Gelli ed Ortolani sono costretti ad abbandonare le scene della finanza italiana: Calvi, eccessivamente compromesso, viene abbandonato dai suoi protettori ed il gruppo è avviato al tracollo.
Nel contesto della nuova tattica adottata dalla Loggia P2 a partire dalla seconda metà degli anni Settanta, un posto di rilievo occupa l'operazione di infiltrazione e di controllo del gruppo Rizzoli, emblematica delle modalità operative della loggia.In presenza di una impresa che il presidente della Montedison, Eugenio Cefis, aveva coinvolto nell'acquisizione della società editoriale del Corriere della Sera - nel quadro delle lotte di potere sviluppatesi in quegli anni tra diversi gruppi politici ed economici - la Loggia P2 intravede la
possibilità di mettere in atto una operazione che la nuova situazione politica rendeva opportuna e che s'inquadra nelle previsioni del piano di rinascita democratica a proposito della stampa. E' infatti disponibile una struttura da utilizzare per il "coordinamento di tutta la stampa provinciale e locale" ... "in modo da controllare la pubblica opinione media nel vivo del paese"; e le condizioni sono ideali in quanto il gruppo Rizzoli:

è gestito come azienda a carattere familiare, con esponenti non sempre all'altezza del loro ruolo imprenditoriale;
risulta proprietario di un quotidiano di grandi tradizioni ma appesantito da una difficile situazione finanziaria;
si trova sotto la morsa dei finanziamenti - tra i quali, di particolare rilievo alcuni concessi dalla Banca Commerciale Italiana alla cui guida era Gaetano Stammati (iscritto alla Loggia P2) - che erano stati necessari per l'acquisto dell'editoriale del Corriere della Sera; acquisto che risultava per certi versi ancora, solo formale in quanto erano saldamente nelle mani dei finanziatori i
pacchetti di controllo delle società figuranti proprietarie della testata.
La P2, quindi, verso la fine del 1975 si serve di Calvi per coinvolgere il gruppo Rizzoli anche in operazioni di sostegno dell'assetto proprietario del Banco Ambrosiano e da quel momento utilizza per le proprie finalità il gruppo editoriale indirizzandone le scelte operative e le iniziative imprenditoriali mediante una manovra di condizionamento finanziario destinata a diventare sempre più soffocante e senza uscita in relazione al crescere dei debiti e dei costi.
Si sviluppano così le operazioni Savoia, Globo Assicurazioni, Rizzoli Finanziaria, Banca Mercantile, Finrex e molte transazioni finanziarie dai risvolti oscuri, in merito alle quali sono in corso indagini, a cura dell'autorità giudiziaria, per accertare i definitivi beneficiari di "premi" e "tangenti" distribuiti, attraverso il gruppo Rizzoli, sotto la regia Gelli ed Ortolani.
Nello stesso tempo vengono effettuati interventi di sostegno o di acquisizione di numerose testate a carattere locale (Il Mattino, Sport Sud, Il Piccolo, L'Eco di Padova, Il Giornale di Sicilia, Alto Adige, L'Adige, Il Lavoro) nell'ambito di un processo di collegamento con il Corriere della Sera, teso a costituire un compatto mezzo di pressione, destinato a raggiungere il maggior numero di lettori
ed influenzare così, in senso moderato e centrista, l'opinione pubblica.
Nel progetto della loggia le imprese Rizzoli assolvono quindi una duplice funzione: da un lato sono utilizzate quali strumenti operativi per fare da sponda ad operazioni finanziarie condotte nell'interesse di affiliati unitamente ad esborsi corruttivi; dall'altro rappresentano il polo aggregativo di un sempre maggior numero di testate che, facendo perno sul Corriere della Sera, si sviluppa con interventi partecipativi in imprese editrici di quotidiani a carattere locale.
I mezzi finanziari per entrambi tali funzioni non mancano, in quanto la rilevante presenza nel mondo delle banche consente di non lesinare gli appoggi per superare ogni problema contingente e per consolidare la posizione di comando all'interno del gruppo Rizzoli.
Un passaggio significativo a tale riguardo è costituito dall'intervento operato nel 1977 per far fronte all'impegno assunto nei confronti del gruppo Agnelli all'atto dell'acquisto del Corriere della Sera, nonché per rimborsare alla Montedison e alla Banca Commerciale Italiana (alla cui guida non erano più rispettivamente Eugenio Cefis e Gaetano Stammati) gran parte dei fondi che a suo tempo erano stati messi a disposizione per la stessa finalità.
La Commissione ha in proposito effettuato una approfondita operazione di polizia giudiziaria, condotta con la collaborazione del nucleo operativo della Guardia di Finanza di Milano, volta ad accertare la reale situazione proprietaria della Rizzoli e la natura della presenza in essa della Loggia P2. E' stata così accertata una convergenza di interventi che, sotto la regia di Gelli e di Ortolani, coinvolgono il banchiere Calvi, le banche dei gruppo Pesenti ed altre istituzioni, per la realizzazione di un meccanismo teso a stabilizzare il completo controllo del gruppo, mantenendo fermo lo schermo costituito dagli esponenti della famiglia Rizzoli.
La struttura estera del Banco Ambrosiano fornisce infatti gli ingenti capitali (11,8 milioni di dollari) necessari per rimborsare una parte dei finanziamenti concessi dalla Banca Commerciale Italiana, mentre in Italia si realizza quel collegamento Banco Ambrosiano-IOR, destinato a fornire alla Rizzoli Editore i fondi per completare l'operazione Corriere della Sera.
Le banche del gruppo Ambrosiano concedono infatti un finanziamento per 22,5 miliardi di lire alla Rizzoli Editore che utilizza i fondi ricevuti per estinguere il predetto debito nei confronti del gruppo Agnelli. Le banche finanziatrici, a fronte del loro intervento, acquisicono in pegno sia il 51 per cento del capitale della "Rizzoli", sia l'intero pacchetto azionario della società (Viburnum S.p.A.) proprietaria di un terzo della "Editoriale del Corriere della Sera S.a.s.".
Nello stesso tempo si realizza l'aumento di capitale della Rizzoli editore S.p.A. con il quale vengono resi disponibili fondi per 20,4 miliardi di lire, utilizzati per rimborsare in gran parte i finanziamenti erogati dal gruppo Ambrosiano.
Giusta la ricostruzione effettuata, a seguito degli accertamenti posti in atto dalla Commissione, tutta l'operazione di aumento di capitale si concretizza:

con fondi provenienti dall'Istituto Opere di Religione (IOR) che utilizza a tal fine disponibilità esistenti a suo nome presso diverse banche;
con l'intestazione meramente formale ad Andrea Rizzoli di tali nuove azioni nel libro soci della Rizzoli Editore S.p.A.; in realtà le azioni stesse erano state già girate a favore dello IOR ed al momento della seconda operazione di ricapitalizzazione della Rizzoli (1981) una delle condizioni previste sarà proprio la lacerazione dei titoli che riportavano le tracce di questo passaggio di proprietà;
con il deposito di tali azioni presso una commissionaria di borsa (Giammei & C. S.p.A. di Roma) avente palesemente funzioni fiduciarie;
con un impegno - formalmente assunto da una banca (Credito Commerciale S.p.A.) appartenente all'epoca al gruppo Pesenti - di trasferire ad appartenenti alla famiglia Rizzoli le, dette azioni al realizzarsi di determinate condizioni. Tra queste le più significative risultavano essere l'impossibilità di procedere a tale trasferimento prima del luglio 1980 e la variabilità del prezzo da corrispondere per il riscatto.
Dalla disamina della complessa articolazione degli accordi viene così in evidenza la funzione meramente di facciata della famiglia Rizzoli che, da un punto di vista regolamentare, viene sancita con la previsione, per ogni decisione assunta nell'ambito del Consiglio di amministrazione della Rizzoli, di un diritto di veto a favore dei consiglieri entrati dopo l'attuazione dell'aumento di capitale. Utilizzando Calvi come supporto bancario e sfruttando bene l'influenza esercitata su Angelo Rizzoli e Bruno Tassan Din, Gelli ed Ortolani (quest'ultimo entra nel 1978 nel consiglio di amministrazione della Rizzoli) cominciano quindi dal 1977 a gestire il
gruppo editoriale.
Per quanto riguarda più specificamente il Corriere della Sera, diventa più stretto il controllo con la nomina a direttore del dottor Di Bella, voluta esplicitamente da Gelli ed Ortolani in sostituzione del dimissionario Ottone. Si sviluppa da questo momento un sottile e continuo condizionamento della linea seguita dal quotidiano come posto in evidenza dal Comitato di redazione e di fabbrica che, attraverso una esamina degli articoli pubblicati in quegli anni, ha sottolineato come possa essere difficilmente contestabile un'influenza esplicata con l'emarginazione di giornalisti scomodi, con servizi agiografici ben mirati e con l'attribuzione di scelti incarichi a persone appartenenti alla loggia.
L'ampia analisi effettuata in proposito dal comitato evidenzia una linea di tendenza che si sviluppa con una pressione continua la quale, pur contrastata sempre dalla professionalità dei giornalisti, riesce spesso ad orientare alcuni servizi per dare spazio a persone di "area" o per lanciare oscuri messaggi o per evitare inchieste approfondite su alcune vicende, come risulterà evidente per i servizi concernenti i paesi sudamericani. In America Latina, del resto, con il sostegno finanziario di Calvi e con l'intervento di Ortolani e di Gelli (quest'ultimo formalmente rappresentante del gruppo Rizzoli presso le autorità governative dei paesi esteri) la Loggia P2 stava estendendo la propria rete d'influenza, acquisendo dal gruppo editoriale Avril, e con l'appoggio dei generali in carica in Argentina, una catena di giornali a larga diffusione.
Per quanto riguarda più specificatamente la linea seguita dal gruppo in ordine alle vicende politiche italiane, l'attenzione va riportata con particolare rilievo al 1979, allorquando uomini della loggia tentano di utilizzare le tangenti connesse con il contratto di fornitura di petrolio tra l'ENI e la Petromin per acquisire adeguati mezzi finanziari destinati a colmare il deficit della gestione del gruppo Rizzoli.
In ordine alla cennata vicenda sono ancora in corso le indagini a cura di una apposita Commissione parlamentare, ma è indubbio che Gelli ed Ortolani erano perfettamente a conoscenza di tutti i risvolti della transazione. A Castiglion Fibocchi è stata infatti rinvenuta copia del contratto stipulato tra l'AGIP e la Petromin, la richiesta avanzata dall'AGIP al ministero del Commercio Estero per ottenere l'autorizzazione a pagare la tangente alla Sophilau, il diario predisposto dal ministro Stammati per puntualizzare fino al 21 agosto 1979 gli sviluppi della vicenda nonché un appunto su tutte le circostanze rilevate, predisposto sotto forma di un articolo da pubblicare. Ortolani, del resto, il 14 luglio 1979 aveva prospettato al segretario amministrativo del PSI, senatore Formica - il quale denunciò il fatto ai ministri competenti - la possibilità di erogazione di fondi, in connessione degli acquisti di petrolio da parte dell'ENI, per interventi nel settore dei mass-media. Segno evidente dell'interessamento della loggia alla vicenda fu poi l'attacco a fondo condotto contro il ministro per le Partecipazioni statali Siro Lombardini, per il quale il Corriere della Sera arrivò a chiedere le dimissioni, con un fondo in prima pagina che si distingueva per la violenza dei toni, oltre che per la richiesta in sé, certo non usuale rispetto alla misurata prudenza propria della testata milanese.
L'insuccesso del tentativo, anche per la ferma opposizione di alcuni esponenti socialisti, determina la ricerca di nuove soluzioni, mentre lo schermo Rizzoli viene utilizzato per patti con altri gruppi (accordo Rizzoli-Caracciolo) o per tentativi di acquisizione di altre testate (giornali del gruppo Monti) con l'intervento di Francesco Cosentino.
Questa situazione induce ad un tentativo impostato alla finalità di allentare la dipendenza del gruppo editoriale da una sola banca che non può fronteggiare, senza pericolosi contraccolpi, oneri così elevati ed evidenti.
Sin dai primi mesi del 1980 Gelli, Ortolani e Tassan Din cominciano quindi a studiare le varie possibilità per reperire nuovi fondi sotto forma di partecipazione al capitale, senza comunque far perdere alla loggia il controllo del gruppo. I vari progetti che vengono via via studiati ruotano sempre, come ampiamente rilevabile dalla documentazione rinvenuta presso Gelli, intorno a questi principi fondamentali e si concretizzano, nel giugno del 1980, per essere formalmente esposti in una "convenzione" firmata da Angelo Rizzoli, Bruno Tassan Din, Roberto Calvi, Umberto Ortolani e Licio Gelli.
E' questo il documento più rappresentativo dell'intera vicenda che consente la identificazione delle finalità del progetto e dei diversi ruoli svolti da ciascuno dei protagonisti. Il documento ritrovato tra le carte di Castiglion Fibocchi consta di otto cartelle, ognuna siglata dai protagonisti dell'operazione. La Commissione, attesa l'importanza, ha verificato tramite apposita perizia, che ha dato esito positivo, l'autenticità delle sigle, riconosciute peraltro anche da Rizzoli e Tassan Din.
Alla base di tutta la costruzione finanziaria viene innanzitutto posta la necessità che solo il più vulnerabile dei rappresentanti di facciata (i componenti della famiglia Rizzoli) partecipi alla fase operativa. Ad Angelo Rizzoli è quindi fatto carico, con adeguato compenso, di concentrare a suo nome tutti i diritti concernenti la parte di azioni dell'azienda capo-gruppo (20 per cento del capitale) che, pur soggetta a vincoli e condizionamenti attuati tramite l'interposizione fittizia di banche estere, figurava ancora di pertinenza della famiglia Rizzoli.
Il successivo passaggio prevede poi la suddivisione del capitale azionario in quattro pacchetti di cui due assorbenti ciascuno il 40 per cento del totale, mentre il residuo capitale era ripartito in altre due quote diseguali (10,2 per cento e 9,8 per cento). Per ognuna delle suddette parti erano stabilite diverse modalità di gestione con l'intervento di Angelo Rizzoli per una di esse (40 per cento) e con
l'interposizione di società-schermo per le altre tre. A questa fase avrebbe forse dovuto far seguito, almeno secondo quanto si può evincere dalla qualifica di intermediarie attribuita alle società schenno, un ulteriore passaggio di azioni incentrato sulla successiva cessione di una parte del capitale (49,8 per cento), mentre la quota di maggioranza (50,2 per cento) rimaneva di pertinenza di una struttura che legava tra loro stabilmente (almeno per dieci anni) sia la quota intestata ad Angelo Rizzoli che il pacchetto di azioni pari al 10,2 per cento del capitale: in questa struttura pertanto la quota del 10,2 per cento veniva ad assumere valore determinante ai fini del controllo della società.
La schematica rappresentazione degli accordi stilati tra gli esponenti della loggia relativamente all'assetto della proprietà del gruppo Rizzoli - articolato su interventi finanziari comportanti in Italia ed all'estero complesse trasformazioni di ragioni creditorie in proprietà azionarie e che prevedevano la erogazione di una "tangente" (in contanti e/o in azioni) pari a lire 180 miliardi – consente comunque di far risaltare la funzione della loggia, che si pone come elemento centrale e determinante per ogni singolo passaggio della operazione.
Non risulta infatti tanto rilevante l'azione svolta dai vari protagonisti, ma si afferma ed emerge piuttosto in tutto il suo ruolo l'Istituzione, così indicata nel documento, in rappresentanza della quale alcuni dei partecipanti firmano il "pattone". E' l'Istituzione la sola arbitra dell'attuazione delle varie fasi operative "tenuto conto delle alte finalità del progetto", è l'Istituzione che sceglie le società intermediarie, è l'Istituzione che, con la interposizione fittizia di apposita società, acquisisce la proprietà della quota cardine, pari al 10,2% del capitale, che domina anche la parte (40%) figurante a nome di Angelo Rizzoli.
Questa vicenda segna forse il punto più alto toccato dalla loggia che ritiene opportuna una adeguata pubblicizzazione del ruolo assunto e dell'importanza raggiunta: ed in questa ottica possono essere valutati i proclami, le valutazioni, agli avvertimenti che Gelli esprime nella intervista rilascia il 5 ottobre 1980 al Corriere della Sera ("Il fascino discreto del potere nascosto") che viene adeguatamente divulgata a cura dei "fratelli" operanti nel settore della carta stampata, suscitando nuove adesioni e qualche preoccupazione.
Da un punto di vista operativo, il progetto delineato procede con l'intervento di Calvi, che dalla struttura estera del Banco Ambrosiano attinge gli strumenti finanziari

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