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Ghinaglia e Dax
by gc Tuesday, Apr. 22, 2003 at 11:07 AM mail:

24 aprile 2003, ore 21, piazza Vittoria, Pavia manifa per ricordare Ferruccio Ghinaglia e Dax, una delle prime e ultima vittima di una lunga scia di sangue lasciata dai fascisti.

Biblioteca Popolare Ferruccio Ghinaglia Pavia

21 aprile 1921 Ferruccio Ghinaglia, primo segretario della federazione pavese del nascente partito comunista, viene ucciso dai fascisti, a colpi di pistola, sul piazzale del ponte coperto in Borgo Ticino a Pavia. Il 16 marzo 2003, Davide Cesari (Dax), militante di un centro sociale attivo contro il fascismo e in lotta per il diritto alla casa, viene ucciso a coltellate dai fascisti in una via di Milano. In mezzo una lunga scia di sangue e di lutti che scandisce quasi novant'anni di lotte antifasciste.
Ai caduti di questa lunga, e non conclusa lotta antifascista, dedichiamo lo scritto di Ferruccio Ghinaglia che risuona di una attualità sconvolgente.


SANTA CANAGLIA F. Ghinaglia (da Falce e Martello 19 marzo 1921)

Giorni tristi questi, pel canagliume proletario. Il borghese sogghigna beffardo. Passano dei funerali, si scavano delle tombe. Si leva al cielo il pianto delle mamme e l'imprecazione dei detenuti. Corre sangue per le strade, si versano cocenti lacrime nelle case, si logorano mille polmoni nelle galere. E' sangue plebeo, son lacrime proletarie, sono i polmoni della canaglia.
Migliaia di turpi ceffi ghignano di un ghigno macabro e malvagio. La patria è salva, la cassaforte è sicura, la rivoluzione è domata, la canaglia è rinchiusa in carcere, la terra copre il cadavere dei suoi capi. Si può respirare, si può continuare la crapula oscena col denaro mal accumulato. La legge sui profitti di guerra è addomesticata. Resta ancor tanto oro per pagare gli incendiari, per pagare gli assassini. Basta che la canaglia taccia e la crapula continui.
No. Canaglia non tace. Di fronte alla fabbrica "serrata", al campo incoltivato, urla la fame e la miseria. Urlan l'odio e il dolore. Crepitano le rivoltelle, le mitragliatrici spazzano il terreno. Il fragore delle armi non copre l'urlo della ribellione. Cadono i fiori della miseria, i fiori scarlatti della ribellione, sotto i colpi omicidi. Giovani vite rigogliose spezzate con violenza bruta. Non importa, accanto al fratello morto il ragazzo di Firenze raccoglie per terra una bomba, la respinge contro chi l'ha tirata. Dietro la barricata si combatte fino all'ultima cartuccia, a costo di tutto, senza nessuna speranza, nell'animo il ricordo del compagno assassinato, nel cuore il desiderio di vendicarlo. Di fronte ai giudici il bersagliere d'Ancona pronuncia il suo atto di fede, il suo grido di ribellione, il suo impegno di solidarietà. A Pola, nell'ospedale, la fanciulla diciassettenne, cui un moschetto omicida ha mozzato la gamba, incita i compagni che piangono la giovinezza stroncata. Altrove un giovanetto generoso riceve una pugnalata nel ventre, perché non vuol rinnegare la sua fede, sputacchiare la sua tessera. Dovunque c'è chi affronta sorridente la morte, chi offre ai colpi spietati la sua gagliarda giovinezza e il braccio robusto. Sale al cielo l'inno della ribellione, l'invocazione d'una nuova Era, l'esaltazione della nostra Idea. Fra le mille voci della Plebe sofferente, della giovinezza animosa proletaria echeggia più squillante quella dei morituri, campeggia la figura radiosa dei morti. La canaglia continua a morire né si stanca mai. Moltitudine senza nome che scendi nelle piazze, moltitudine umile e grande di combattenti e di morituri, esercito smisurato di militi della nuova idea, sii benedetta, santa canaglia. Santa canaglia che scendi brandelli della tua carne nella lotta impari ed irridi alla morte mentre cerchi una vita più umana, tu non puoi morire, l'Avvenire è tuo.
“G”

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