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tanotte in tv la Palestina di Oliver Stone
by un palestinese Saturday, Sep. 13, 2003 at 8:34 PM mail:

Su RAI3 alle 23.35 il film di Oliver Stone sulla Palestina. Se qualcuno riuscisse a registrarlo...

tanotte in tv la Pal...
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VENEZIA. I tre combattenti palestinesi delle Brigate dei martiri di Al Alqsa hanno il volto coperto col passamontagna e i fucili in mano. «Queste armi? Sì, le abbiamo comprate dalle guardie di sicurezza di Sharon. Se volessimo i carri armati potremmo avere anche quelli, ma non abbiamo abbastanza soldi». Voci e volti dal conflitto mediorientale arrivano al Lido. E sono il primo pugno nello stomaco di questa Mostra. Dopo le dichiarazioni di Woody Allen su Israele, la questione israelo-palestinese torna prepotentemente di scena al festival e anche stavolta grazie a una grande firma del cinema americano, quella di Oliver Stone - assente, però, per motivi di lavoro. Il regista di Platoon ha presentato fuori concorso, nella sezione Nuovi Territori, il suo documentario, Persona non grata - formula internazionale utilizzata sui fogli di espulsione - che segue all'altro straordinario ritratto di Fidel Castro visto allo scorso festival di Berlino.

Sono sessanta minuti di immagini folgoranti che valgono più di un libro di storia per capire uno dei nodi cruciali dei drammi del nostro presente. In onda su Raitre il prossimo 13 settembre, Persona non grata, è stato girato da Stone, tra Israele e Palestina, nel marzo 2002 durante l'assedio di Arafat nel suo quartier generale di Ramallah, seguito al sanguinoso attentato di Netanja il giorno della Pasqua ebraica. Cinque giornate di riprese terminate poche ore prima che i carri di Sharon bombardassero la Muqata. Tanto che lo stesso regista racconta di essere ripartito su decisione «collettiva» della troupe, della quale faceva parte anche suo figlio Sean.
Ed è proprio per la situazione esplosiva di quel momento che dal suo film manca la «voce» di Arafat. Mentre quella di Sharon gli è stata negata in partenza: il premier israeliano, infatti, non ha voluto concedersi alle telecamere del regista. L'attesa dell'intervista al leader palestinese, che non arriverà mai, fa quasi da contrappunto al film. Telefonate continue, contatti, poi giusto il tempo per una foto di gruppo - Arafat, Stone e la troupe - con la promessa di un nuovo appuntamento. Fino all'immagine finale in cui il leader palestinese appare nel suo rifugio sventrato dai cannoni israeliani. Ma intanto, aspettando Arafat, il regista raccoglie le testimonianze degli ex primi ministri di Israele: Shimon Peres, Ehud Barak, Benjamin Netanyahu, ognuno interprete di un pezzo di storia, ognuno protagonista a suo modo di negoziati o di trattative fallite, ancora oggi, lontani anni luce da un futuro di pace.
«Il Medioriente è una terra di tante lingue e di poche orecchie» dice Peres, mentre mostra dalla finestra del suo ufficio il luogo dell'ultimo attentato kamikaze. E alle dichiarazioni degli ex premier, alle «ragioni d'Israele», fanno eco quelle del popolo palestinese. Dalla gente che si è vista portare via la casa, ai lavoratori, agli studenti in fila per giornate intere ai checkpoint, fino a chi combatte per il diritto a riavere la propria dignità. C'è poi il portavoce di Hamas, Hasan Yosef che parla dei tantissimi giovani pronti a farsi martiri per la causa. «Avete un elenco, dei nomi?» chiede Oliver Stone. «No, certamente - risponde Yosef - ma non può neanche immaginare quanti siano disposti a farlo». Si parla del pesante ruolo degli Stati Uniti nella questione mediorientale. «Il novanta per cento degli israeliani residenti a Gaza e in Cisgiordania - prosegue il portavoce di Hamas - hanno la cittadinanza americana».

Con i volti coperti e i fucili in mano, poi, è la volta delle Brigate dei martiri di Al Alqsa che denunciano il commercio di armi con gli stessi uomini di Sharon. Uno scandalo venuto alla luce qualche tempo fa e che portò all'arresto di alcuni militari, responsabili anche dello «smercio» di divise israeliane destinate agli attentati dei kamikaze. Sui tanti «martiri» palestinesi Oliver Stone interroga anche i combattenti di Al Alqsa. «Noi non facciamo niente per spingerli a questo - risponde uno di loro - anzi cerchiamo di disincentivarli». Le domande diventano sempre più dirette, mentre le immagini ci rimandano i manifesti appesi nelle strade dove troneggiano i volti dei tanti kamikaze che hanno «esploso» le loro vite. «Ecco sono degli eroi popolari - commenta il regista -, guardate questa - prosegue, avvicinandosi alla foto di una ragazza - è anche molto bella». Stone continua a fare domande, a interrogarsi e lo spettatore con lui. Chiede ai militanti di Al Alqsa com'è la loro vita da «civili». «Abbiamo un lavoro, una famiglia, ma vorremmo poter vivere nel nostro paese», rispondono. Per questo dicono di non «essere contro Sharon o l'esistenza di Israele», ma semplicemente di combattere per avere anche loro uno stato. «Se venissero da te - chiede stavolta un combattente ad Oliver Stone - e ti portassero via la casa, i tuoi figli, tu che faresti?». «Quello che fate voi», risponde il regista.
Prodotto dalla rete televisiva Hbo, Persona non grata ha trovato vita difficile negli Usa. «Troppo filo palestinese» è stato il giudizio. Tanto che la stessa produzione ha imposto ad Oliver Stone un nuovo montaggio. Eppure la forza del film è proprio nel tentativo di cercare le ragioni del conflitto, al di là dell'esasperazione e dell'odio di entrambe le parti. Per ritrovare il punto di partenza: l'occupazione della Palestina che, come spiega con disinvoltura uno storico israeliano «abbiamo deciso di prendere in prestito per 500 anni, a garanzia della nostra sopravvivenza. Poi saremo anche disposti a restituirla».

da L'Unità

La sinossi del film, presentato all'ultimo Festival del Cinema di Venezia:
http://www.labiennale.org/it/cinema/60mostra/catalogo/index.php?titolo=72®ista=103

Il sito della HBO, casa di produzione del film di Stne:
http://www.hbo.com/docs/programs/persona/




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