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Come si ferma il calcio mc'donalds
by afrogrifo Monday, Oct. 27, 2003 at 6:02 PM mail:

NO AL CENTRO COMMERCIALE RENATO CURI questo era il titolo di uno striscione appeso per tutta una partita della scorsa stagione in curva nord a Perugia, uno striscione del genere ha un significato oscuro per molti che stanno iniziando a leggere questo articolo, ma a Perugia colpisce fin dall'inizio.


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Renato Curi infatti era un giocatore deceduto durante una partita di calcio, in una giornata che nessun perugino scorderà facilmente perché costituisce un pezzo della storia della città.
Dopo l'evento tragico fù una decisione naturale quella di intitolare lo stadio pubblico di Perugia con il nome dello sfortunato giocatore.
Da quel momento di acqua sotto i ponti né è passata, lo stadio da nuovo che era è diventato un po' acciaccato, per cui una ristrutturazione si rendeva e si rende necessaria.
La società del A.C. Perugia pensò che forse era venuto il momento di fare una proposta di ristrutturazione dell'impianto, una proposta di stadio che potremmo definire all'inglese, non si parlava di privatizzazione ma di concessione di uno spazio pubblico per circa 70 anni ad un privato…
Oltre a ciò, lo stesso concetto di stadio subiva una sostanziale modifica, non si parlava più di una semplice copertura, ma di spazi da destinare a centri commerciali, palestre, multisale, e, in un futuro più o meno prossimo perché non farci un macdonald?
Il progetto almeno inizialmente prevedeva anche zone per i tifosi, poi visto che la nuova legge impone alle società di non avere rapporti con gli ultras anche quelle zone sono state tolte.
Fin da subito una parte dei tifosi di Perugia ( Associazione Afro Grifo e gli Ingrifati) si sono mossi contro quella che ritenevano essere l'inizio della fine degli ultras contestando l'idea di stadio commerciale, la prima puntata logicamente è stata l'idea dello striscione, poi i tifosi hanno pensato bene di non rimanere isolati in questa battaglia e di coinvolgere in un comitato altri soggetti, gli ambulanti, gli abitanti dei quartieri vicini allo stadio, i pensionati che si aggregavano vicino lo stadio durante la settimana.ecc.ecc.
Ma anche questo era poco, il comitato infatti riteneva che la ristrutturazione di una zona pubblica della città fosse necessaria, ma esso si batteva chiaramente con quel tipo d'intervento che trasformava il tifoso da soggetto partecipante ed attivo in un soggetto passivo, ovvero in un consumatore tout court.
Il comitato insieme ad AFRO GRIFO organizzò un incontro denominato "uno stadio mille idee" al quale parteciparono la UISP, l'associazione Oria D'aria dell'arci che si occupa di carcere, le unità di strada che si occupano di tossicodipendenza, un consorzio di cooperative che si occupano d'intervento sociale.
In questo incontro si gettarono le basi per organizzare un altro concetto di stadio, molto più popolare e legato al territorio, in cui si sarebbero potuti svolgere mercati e in cui si sarebbero potuti ottenere degli spazi da dare agli abitanti dei quartieri vicini, e perché no all'intera città.
La considerazione che emerse fù la creazione di un luogo in cui tutti i bisogni fossero soddisfatti, dai cittadini, che non guardano il calcio ma magari mandano il figlio alla sala prove dentro lo stadio, agli ultras che non vivono lo stadio durante la settimana ma che lo sentono loro la domenica. Insomma nel convegno si pensò ad uno stadio pensato in forma dinamica, "uno scrigno in cui ognumo poteva trovare qualcosa e di cui nessuno custodiva le chiavi".
Il timore espresso dagli ultras era abbastanza chiaro, " uno stadio pensato come luogo di consumo impone a noi un comportamento che non ci appartiene", emerse la preoccupazione poi rivelatasi fondata che gli ultras cominciavano a diventare scomodi rispetto al riassetto economico che il calcio stava subendo. Gli ultras che si definivano " soggetto sociale perdente", erano destinati se non avessero cambiato strategia e comportamento o a diventare una S.P.A del tifo completamente inserita nella gestione dei futuri stadi commerciali o un'esercito di diffidati che avrebbero trascorso le domeniche a fare firme in questura.
Fortunatamente ed incredibilmente (per ora ) la strategia usata a Perugia di spezzare le rappresentazioni sociali, ovvero di non far vedere gli ultras sempre come "scemi", ha funzionato, il progetto è stato fortemente ridimensionato dal comune provocando il ritiro stesso della famiglia Gaucci, proprietaria dell'A.C. Perugia.
Perugia rappresenta senza dubbio la prima concreta risposta messa in campo dai tifosi di uno stadio contro le politiche di privatizzazione che sfruttano la demonizzazione del fenomeno ultrà. Essa senza dubbio può e deve essere ripresa anche in altri stadi, per ora però, al di là dei colori delle sciarpe, diamo il giusto riconoscimento a chi ha fermato il calcio macdonald.

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