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Giorgio Nebbia a proposito di Scanzano
by quindicidieci Sunday, Nov. 23, 2003 at 3:14 PM mail:

il contributo di Giorgio Nebbia è, come sempre, illuminante, ne seguono due, molto recenti, sulla vicenda delle scorie radioattive a Scanzano Jonico

Giorgio Nebbia a pro...
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Scanzano J. - Scorie nucleari:due contributi di Giorgio Nebbia

Intervento apparso sul quotidiano "La Gazzetta del Mezzogiorno" il 14.11.2003

Chi è l'ultimo a bruciarsi le dita con il fiammifero acceso, passato di mano in mano ? Il Mezzogiorno, naturalmente; la Basilicata, naturalmente, la zona considerata più fragile, più disposta ad accettare qualsiasi cosa per pochi soldi.
Questa volta, dopo decenni di scelte insediative e produttive sbagliate, dopo decenni di delusioni di progresso e di occupazione mancati, il governo non trova di meglio che rifilare alla Basilicata un deposito delle scorie radioattive più pericolose e tossiche, quelle cosiddette di seconda a terza categoria.
Val forse la pena ricordare che esistono in Italia 200.000 metri cubi di tali rifiuti che devono essere tenuti segregati dall'ambiente per 20.000 anni (quelli di seconda categoria) e per 150.000 anni quelli di terza categoria, altamente tossici e pericolosi. La loro radioattività corrisponde a quella di 200.000 curie.
I dettagli sul volume e sulla radioattività delle scorie da sistemare si trovano nel sito Internet http://www.casaccia.enea.it/taskforce/ nella sezione "inventaro".

Il referendum del 1987 ha fermato, di fatto, la costruzione delle centrali nucleari in Italia, ma è rimasta la coda velenosa di quell'avventura che ha visto in funzione, fra il 1960 e il 1985, quattro centrali; alla fine della loro vita "utile" (si fa per dire) sono rimasti residui e scorie.
Materiali e scorie radioattivi simili si sono formati, nei decenni passati, nei reattori sperimentali, universitari, in quello segreto militare (ex-Camen, ora Cisam) vicino Pisa.
Si aggiunga che l'Italia, nel 1969, con la sua mania di grandezza, si è offerta di trattare il combustibile irraggiato di un reattore americano sbagliato, quello di Elk River, che funzionava usando torio, chiuso dopo pochi anni; del reattore ci siamo così tenuti a Trisaia le scorie radioattive.

Una parte del combustibile delle centrali nucleari italiane abbandonate è stata inviata in Inghilterra per un primo trattamento, ma per contratto le scorie devono tornare in Italia; in Italia devono tornare anche le scorie dell'infelice reattore francese Superphenix, chiuso dopo alcuni anni, alla cui costruzione l'Italia aveva partecipato per un terzo del capitale e che quindi è condannata a riprendersi un terzo delle scorie generate.
Ma per tutte queste sconsiderate avventure nessuno paga mai ? Solo i cittadini con le loro tasse, i cittadini di oggi e quelli del futuro perché le scorie dei reattori rappresentano una eredità che lasciamo alle generazioni future.

Dove metterle ? Una risposta non sono riusciti a trovarla né gli Stati uniti né la Germania, che pure hanno nel sottosuolo rocce e giacimenti geologicamente sicuri; i residui radioattivi, infatti, devono essere sepolti in modo da non venire a contatto con acque sotterranee e con nessuna forma di vita presente e futura per decine o centinaia di secoli; dopo 100.000 anni il plutonio, uno degli elementi presenti nel "combustibile" nucleare, emette ancora il 10 % della radioattività che aveva quando è stato estratto da un reattore.

Ed ecco che salta fuori la proposta di seppellire le scorie nucleari italiane più radioattive e più pericolose, proprio a Scanzano, in riva al Mare Jonio, in quella Basilicata, che, dopo essere stata inquinata dall'industria chimica, dalle discariche e dal centro nucleare di Trisaia, viene condannata ad accogliere lì vicino il "deposito nazionale" di tali scorie.

La scelta è sbagliata da tutti i punti di vista: la zona è interessata a grandi vie di comunicazioni ferroviarie e stradali, che uniscono la Puglia, la Basilicata e la Calabria all'Italia settentrionale, cioè all'Europa. La costa Jonica sta avviandosi faticosamente ad un futuro di sviluppo turistico, sfruttando le uniche risorse che possiede, delle spiagge ancora (abbastanza) in buono stato, un clima e un mare che potrebbero fare della riviera lucana un centro di attrazione turistica di valore europeo per metà dell'anno, grazie anche alle vicine risorse storiche e artistiche. Ma questi sono solo gli aspetti "economici" che verrebbero vanificati dal nuovo insediamento, la cui proposta è sbagliata anche dal punto di vista tecnico e scientifico.

Nel sottosuolo di Scanzano dovrebbe essere scavata una caverna della superficie di un ettaro, alta venti metri, in un giacimento di sale che si trova fra due strati di argilla: in via di principio se esiste un giacimento di sale, sostanza molto solubile in acqua, significa che esso dovrebbe offrire garanzia di isolamento dalle acque e dalla vita. Ma non è necessariamente così. I progetti di deposito permanente di scorie radioattive previsti per Yucca Mountain nel Nevada, negli Stati uniti (una caverna da scavare in un giacimento di rocce vulcaniche), e di Gorleben, in Germania (una caverna da scavare in un giacimento di sale), sono stati sottoposti per anni a lunghe inchieste pubbliche che li hanno bocciati. Nessuna informazione e controllo della popolazione è stato fatto per la decisione del cimitero radioattivo di Scanzano.

Credo che la gente di Basilicata, ma, direi, tutti gli italiani debbano chiedere con fermezza che non venga mossa neanche una scavatrice, neanche una matita, senza una vasta e dettagliata informazione della popolazione su quello che sta per arrivare, sul dissesto territoriale provocato da un cantiere che deve scavare una enorme caverna a ottocento metri di profondità, sulla movimentazione di centinaia di migliaia di tonnellate di materiale radioattivo, senza un accurato confronto su quello che è stato messo in evidenza nelle inchieste su Yucca Mountain e su Gorleben. E' necessario per evitare altri errori e dolori e costi futuri --- e per ricuperare democrazia. E si vedrà anche che del deposito di Scanzano non è proprio il caso di parlare.

Giorgio Nebbia



Intervento apparso sul quotidiano "Liberazione" il 14.11.2003

La decisione di fissare, per decreto, la collocazione del deposito nazionale delle scorie radioattive a Scanzano Jonico, in Basilicata è stato un errore da tutti i punti di vista: tecnico scientifico, ambientale territoriale e politico.

Intanto sul termine "scorie" c'è grande confusione. I reattori nucleari forniscono il calore alle centrali elettriche in seguito alla fissione, per irraggiamento con neutroni, di nuclei di uranio e plutonio contenuti entro speciali tubi metallici, gli "elementi di combustibile"; nel corso di alcuni mesi l'uranio e poi il plutonio si frantumano, se così si può dire in atomi radioattivi di elementi noti: cesio, iodio, stronzio, cerio, eccetera. Quando nel tubo di combustibile non c'è sufficiente materiale fissile, il tubo viene estratto e sostituito. Nell'elemento di combustibile irraggiato, come si chiama, si trovano uranio, plutonio, altri elementi transuranici, e "frammenti" radioattivi che emettono, insieme alla "camicia" metallica, radioattività per tempi lunghissimi. I principali prodotti di fissione perdono la metà della radioattività dopo circa 30 anni; il plutonio perde metà della sua radioattività dopo 24.000 anni. Questo significa che il plutoniouno dei nuclei radioattivi che dovrebbero essere sepolti nel sottosuolo di Scanzano, dopo 100.000 anni --- dopo mille secoli, venti volte il tempo trascorso dai Faraoni d'Egitto ad oggi --- emetterebbe ancora il 10 % della radioattività che aveva quando è stato estratto dai reattori.

I quattro reattori nucleari che hanno funzionato per alcuni anni in Italia hanno lasciato come code avvelenate questi elementi di combustibile che in parte esistono ancora come tali, in parte sono stati mandati in Inghilterra con l'impegno di riprenderci in Italia le scorie radioattive. In Italia inoltre ci sono i residui radioattivi dei reattori sperimentali, di quelli universitari, del reattore segreto militare del Camen, ora Cisam, vicino Pisa. Ma non è finita: l'Italia partecipò con una quota di un terzo alla costruzione del reattore "veloce" autofertilizzante francese Superphenix, avventura fallimentare, chiuso dopo vari incidenti e ora definitivamente abbandonato. Adesso per contratto l'Italia "deve" ritirare un terzo delle scorie e residui contenenti plutonio e prodotti di fissione vari che arriveranno in futuro che il governo vorrebbe seppellire anch'essi a Scanzano. Ma di tutti questi errori non paga mai nessuno ? Solo i lavoratori con le loro tasse e i pensionati ?

E ancora: nel 1968 l'Italia, per la sua mania di grandezza, si offerse di importare e di trattare gli elementi di combustibile del reattore di Elk River, negli Stati uniti, che funzionava col ciclo torio-uranio e che fu chiuso dopo pochi anni. Così ci siamo trovati a dover sistemare le scorie radioattive di questo reattore che si trovano ancora a Trisaia, in Basilicata, proprio vicino a dove il governo vorrebbe realizzare il deposito "nazionale" delle scorie nucleari. Ma la nazione e la patria valgono solo quando si tratta di danneggiare il Mezzogiorno e la fragile Basilicata ?

E infine: durante il funzionamento dei reattori nucleari la struttura interna e i materiali da costruzione della centrale diventano radioattivi e, quando le centrali saranno del tutto smantellate, anche tali "prodotti di attivazione" dovranno essere sistemati da qualche parte, non si sa quando, non si sa come.

Per farla breve, nel cimitero di Scanzano il governo vorrebbe seppellire scorie, sparse in varie località, essenzialmente di due tipi: quelle di seconda categoria, contenenti nuclei radioattivi che devono essere isolati dalle acque e da qualsiasi contatto con essere viventi per almeno 10 o 15 mila anni, sono 70.000 metri cubi con una attività di oltre 10.000 curie (la radioattività di un curie corrisponde a quella emanata da un grammo di radio puro). Poi ci sono i rifiuti di terza categoria contenenti nuclei radioattivi che devono essere sepolti e isolati per almeno 150.000 anni; si tratta di 8.600 metri cubi con una attività di 190.000 curie. I dettagli delle quantità, della radioattività e della attuale localizzazione di tali scorie si trovano nel sito Internet

Il problema della sepoltura delle scorie radioattive riguarda tutti i paesi che hanno affrontato l'avventura nucleare, sia per la costruzione di bombe atomiche, sia per produrre elettricità commerciale. Per i tempi lunghissimi ricordati, le scorie nucleari devono essere poste in zone sotterranee costituite da rocce geologicamente stabili, non esposte a terremoti, senza circolazione di acqua e nessun possibile contatto con esseri viventi. Negli Stati Uniti uno dei sito candidati è stato Carlsbad, nel New Mexico, una zona isolata che ha nel sottosuolo un grande giacimento di sale. Dopo venti anni di controverse inchieste è stata appena avviata la costruzione delle caverne per ospitare, a fini sperimentali, una parte delle scorie. La storia e le relative contestazioni si trovano nel sito Internet

Un secondo sito proposto si trova in un grande giacimento di rocce vulcaniche nella zona desertica di Yucca Mountain, nel Nevada. Ci sono voluti anche qui venti anni di inchieste parlamentari e di confronto con le popolazioni e ancora tutto è fermo. Per la sistemazione dei residui radioattivi tedeschi è stata proposta la miniera di sale di Gorleben e anche li le inchieste hanno fermato la costruzione della caverna. Nel sito Internet si trovano notizie su queste iniziative e sulla difficoltà di trovare adeguate sistemazioni delle scorie.

Per Scanzano non sono state fatte inchieste pubbliche, non è stata neanche informata la popolazione; per il governo basta fidarsi dei tecnici "ufficiali" che dicono che non c'è posto migliore al mondo per il cimitero delle scorie. La lotta al cimitero nucleare va fatta spiegando alla popolazione e agli amministratori che cosa li aspetta, gli aspetti ambientali e i pericoli di un deposito così grande di scorie radioattive, i fondati motivi per dire "no".

Scanzano si trova sulla costa ionica, e la zona prevista per il cimitero delle scorie è attraversata dalla ferrovia e da strade di grande comunicazione che collegano la costa ionica pugliese, lucana e calabrese con il Nord e quindi con l'Europa.

Il cimitero delle scorie dovrebbe essere posto in una caverna della superficie di un ettaro e alta 20 metri, posta a 800 metri di profondità in un sottile giacimento di sale posto fra due strati di argilla; il giacimento era stato usato per alcuni anni per estrarre il sale e poi era stato abbandonato. E' facile immaginare lo sconvolgimento, la violenza ambientale provocati dai cantieri, dalla movimentazione dei materiali e dal trasporto, per anni, dei pericolosi materiali radioattivi dalle vartie zone d'Italia dove oggi si trovano.

Non basta: le scorie sepolte emettono continuamente calore che deve essere ventilato all'esterno, con sistemi che devono funzionare per centinaia di secoli; devono essere vigilate contro l'invasione delle acque e contro azioni terroristiche da una forza militare di vigilanza.

La Basilicata, dopo avere pagato un alto prezzo per le scelte industriali sbagliate dei decenni passati, con le loro code di inquinamento, dopo essere stata esposta a gravi fenomeni di erosione del suolo e privata delle sue acque, si sta avviando ad uno sviluppo turistico basato sulla valorizzazione della riviera ionica e su un clima che potrebbe assicurare presenze turistiche per molti mesi all'anno. La costruzione, il funzionamento, la protezione del cimitero delle scorie, la militarizzazione del territorio, sono sicure condizioni per vanificare questo avvio di nuovo sviluppo civile e di rinascita della Basilicata.

Una forte e coraggiosa opposizione al cimitero delle scorie e al governo che l'ha imposto presuppone l'avvio di una campagna di contro informazione rispetto alle notizie che i tecnici "ufficiali" fanno circolare e di sostegno anche tecnico-scientifico alle popolazioni in lotta. Non si tratta soltanto di chiedere una valutazione di impatto ambientale che viene spesso fatta con furbesca compiacenza alle scelte già decise dai centri di potere. Si tratta di avviare la crescita di una consapevolezza scientifica e cultuale, dell'esame critico dei documenti "ufficiali", riga per riga, di una corretta motivazione del rifiuto.

Negli anni settanta e ottanta del Novecento facemmo così e abbiamo sventato la diffusione delle centrali nucleari e abbiamo battuto i governi che li imponevano. Riproviamoci adesso.

Giorgio Nebbia

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