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Oltre il Wsf, è Mumbai Resistance
by dal manifesto Wednesday, Jan. 21, 2004 at 12:12 PM mail:

Chiuso ieri il «forum alternativo» dei più radicali. Nume tutelare, Mao.

Mumbai Resistance e Social forum ufficiale: pochi minuti a piedi, tra le due diverse piattaforme del movimento indiano, entrambe lungo la stessa trafficatissima autostrada. Ma la distanza non potrebbe essere più enorme. Per linguaggio, icone e ideologie di riferimento, stile di comunicazione. Al posto di Gandhi, con il suo bagaglio di opposizione non violenta, ecco l'immagine di Bhagat Singh, il martire del movimento di liberazione anti-coloniale, impiccato dagli inglesi. Invece della straordinaria inclusività da tutti respirata in questi giorni nella cittadella del Forum, la circospezione della militanza. «Di là si parla, si discute e si dibatte, persino troppo. Chi veramente lotta ha aderito a Mumbai Resistance», mi assicura uno degli organizzatori. Arrivare a parlare con i «capi», Darshan Pal o il suo luogotenente Sai Baba, si rivela in effetti un'impresa: ci sono filtri da oltrepassare, procedure informali di scrutinio, scorte che si succedono ad accompagnarmi anche se il tutto sembra più dettato da esigenze di messa in scena (o forse dalla scarsa organizzazione) che da reali necessità di sicurezza. Ma il tenore e i contenuti dell'interscambio sono all'altezza delle premesse. La globalizzazione è frutto della logica del profitto e del capitale e quindi non è curabile, inutile dibattere di misure di correzione. Il capitalismo (è chiaro) si abbatte, non si cambia. L'obiettivo è la rivoluzione. E la rivoluzione, nella visione di Mumbai Resistance, dovrà essere anzitutto contro lo Stato indiano. «Prima si abbatte il sistema che ci opprime dentro casa nostra e poi si combatte contro Bush & Co. Prima la localizzazione dei conflitti e poi l'internazionalizzazione della resistenza... La coalizione internazionale tra movimenti di resistenza nelle varie aree continuerà a crescere. Ma strategicamente la priorità è acutizzare lo scontro in tutti i suoi punti. E in India i punti sono molti: nelle aree rurali la resistenza armata sta guadagnando terreno...».

Quindi perché impegnare tante energie per organizzare un Forum alternativo? «Perché era giusto smascherare la natura socialdemocratica e superflua di eventi come il Forum sociale: smascherare l'immanenza implicita nella nozione di `società civile', che annulla quella ben più produttiva di `lotta fra le classi', in India oltretutto fra caste; denunciare il ruolo di cooptazione, di palliativo, se non di aperta corruzione, delle troppe ong, che di fatto espropriano il movimento dei suoi obiettivi e strumenti di lotta. Infine era giusto contarci, testarci come organizzazione...». Oltre 300 le organizzazioni aderenti, fra esse l'enorme movimento di piccoli contadini guidato dal prof. Najundaswamy e i rappresentanti dei molti «Liberation Front» dell'arco himalayano: Kashmir, Assam, Nagaland. Molti cantieri sociali, intellettuali, mediattivisti.

Non suoni un tuffo nel passato: per molti di loro, sicuramente per la «base», il punto di riferimento è Mao, per tutti loro la «Lunga marcia» è solo cominciata, ma è una certezza, anzi una necessità, dettata dalle circostanze. Dettata da condizioni di abusi e sfruttamento spaventose e feudali (del resto profusamente documentate in questi giorni anche dal Forum ufficiale) che le spinte della globalizzazione vorrebbero «regolare» e invece riusciranno solo ad aggravare.

Qual è dunque il disegno - chiedo ancora a Sai Baba? «Un disegno c'è e certo non siamo qui per discuterne con i media. Ma dal Nepal a tutto il nord dell'India la militanza armata sta crescendo. In Andhra Pradesh altrettanto... Recentemente è stato grazie a molti nostri compagni se un progetto di miniera di uranio a Nalgonda è stato congelato, speriamo per sempre». «E' bello dire che vogliamo vincere», aveva detto Arundhati Roy all'oceanica cerimonia di inaugurazione del Forum ufficiale. Significativamente due giorni dopo la Roy era ospite anche di Mumbai Resistance: con lo stesso intervento, pronunciato integralmente invece che a brandelli. Diversa e più dimessa l'atmosfera (niente riflettori, assalto di cameramen e paparazzi) ma più genuinamente sentita e partecipata.

Peccato che al di là della trafficata autostrada, «Mumbai Resistance» non si sia ricavato un suo spazio (magari ugualmente «contro», in dissonanza) dentro la cittadella del Forum invece che fuori. La marcia di protesta contro il consolato americano che era stata programmata a mo' di cerimonia di chiusura è infatti saltata perché le autorità del Maharashtra non hanno dato il permesso. Chissà che non decidano di sfilare tutti insieme oggi nel corteo conclusivo del Forum ufficiale.

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