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Processo G8, Fini testimone
by carlo Wednesday, Mar. 17, 2004 at 11:00 AM mail:

da il secolo xix 17.03.04

Processo G8, Fini testimone
Decisione a sorpresa alla terza udienza a carico dei 25 no global accusati di devastazione e saccheggio
Per il tribunale inammissibile l'esame di Berlusconi «E' irrilevante rispetto all'oggetto del giudizio»

Genova. Silvio Berlusconi è stato dichiarato un teste inammissibile dal tribunale, presieduto da Marco Devoto, davanti al quale, tutti i martedì, si svolge il processo contro i venticinque no global accusati di devastazione e saccheggio durante il G8 genovese. Invece, secondo i giudici, è ammissibile l'ascolto, sempre come teste, di Gianfranco Fini e di alti funzionari della polizia. L'elenco dei testi è stato valutato ieri durante una lunga udienza, estremamente tecnica che, iniziata nell'aula bunker alle 9 del mattino, si è conclusa alle 15,30 con l'ordinanza emessa dal tribunale. Ascoltare come testimone il presidente del Consiglio è stato giudicato inammissibile in quanto le motivazioni per le quali era stato chiesto il suo esame «appaiono non rilevanti rispetto all'oggetto del processo». Tra l'altro quando si è fatto il nome di Berlusconi in aula, il rappresentante dell'avvocatura dello Stato, ha sottolioneato: «Il premier ha diritto ad essere ascoltato a Roma e visti i suoi numerosi impegni, si rischia di far scivolare il processo di almeno sei mesi». La deposizione del presidente del Consiglio, parte civile nel processo, chiesta da alcuni difensori, non era stata contestata dalla pubblica accusa Anna Canepa e Andrea Canciani perchè avrebbe potuto rendere noto il danno morale che hanno causato al nostro Paese le azioni di devastazione durante il vertice genovese. Danno - è stato detto dai pm - che Berlusconi ha certamente potuto raccogliere durante i suoi viaggi all'estero. La presidenza del Consiglio, essendosi costituita parte civile, potrebbe comunque essere chiamata a deporre sui motivi che l'hanno portata ad entrare nel processo, anche se non obbligata. Insieme a Silvio Berlusconi sono stati dichiarati testi inammissibili l'allora procuratore capo Francesco Meloni e l'attuale Francesco Lalla perchè hanno preso parte all'inchiesta in qualità di magistrati. Tra i nomi più risonanti che si notano nel lungo elenco dei testimoni indicati dagli avvocati difensori, che sono stati ammessi ci sono, oltre al vicepremier Gianfranco Fini, il sindaco Giuseppe Pericu, i parlamentari Filippo Ascierto, Francesco Martone, Graziella Mascia, il capo della polizia Gianni De Gennaro, l'ex questore di Genova Francesco Colucci, e poi Luca Casarini e Vittorio Agnoletto. La difesa, con la citazione di Fini - a Genova durante le calde giornate del luglio del 2001 - e dei responsabili delle forze armate, intende chiarire come e da chi venne gestito l'ordine pubblico nei giorni del G8 e soprattutto da chi fu ordinata la carica contro il corteo autorizzato in via Tolemaide. Per contestare la citazione di tali testi la pubblica accusa ha sottolieato in aula: «Questo non è un processo contro le forze dell'ordine». Nel corso dell'udienza l'avvocato Simonetta Crisci del Foro di Napoli, difensore del manifestante romano Alberto Funaro, ha sollevato anche una eccezione di legittimità costituzionale per la richiesta, avanzata dall'accusa, di acquisire atti, contenuti in un fascicolo dei pm contro ignoti, a cui la difesa non aveva potuto accedere. L'eccezione di incostituzionalitàè stata respinta dai giudici in quanto definata "superata". Martedì prossimo è prevista la proiezione di un video girato dai vigili urbani della durata di tre ore.
Elisabetta Vassallo


L' avvocato
«Il vicepremier c'era e in aula non potrà mentire»
Genova. A Milano lo conoscono come "l'avvocato dei centri sociali". Ha 42 anni, Mirko Mazzali. Ieri, sull'incandescente terreno di sfida del processo G8, dei 25 alla sbarra imputati di devastazione e saccheggio, ha messo a segno un colpo magistrale. Ha calato un atout e ha fatto suo il piatto e nessuno, fino a qualche ora prima, l'avrebbe pronosticato. Mirko Mazzali, l'avvocato che costringe Gianfranco Fini, il vicepremier, a venire in aula. A testimoniare, in un ruolo che non gli consente dinieghi e rifiuti. «E chiamiamola pure una vittoria», spiega lui rincantucciandosi nelle spalle. Doppia vittoria: perché anche Silvio Berlusconi, pur scartato dall'elenco dei testi, può ora esser chiamato davanti ai giudici. Per spiegare i perché della costituzione parte civile della presidenza del Consiglio: potrà rifiutare, ma non sarà certo una vittoria. Mazzali: qual è la prima domanda che rivolgerà a Gianfranco Fini? «Gli chiederò quello che da tre anni, ormai, stiamo chiedendo. Qual era il significato della sua presenza, insieme all'onorevole Filippo Ascierto, nelle sale operative delle forze dell'ordine quel giorno». E se Fini risponderà usando le stesse argomentazioni illustrate qualche giorno fa nella sua visita a Genova? Che la sua visita era solo di conforto e di stima? «Io ho convocato Fini come testimone perché tale è. E' stato in quelle sale operative, ha visto che cosa stava succedendo. E siccome è un testimone e non può mentire davanti ai magistrati, credo che non potrà negare di aver visto, attraverso i monitor, che poliziotti e carabinieri picchiavano manifestanti inermi. Non lo potrà fare». Così parte il conto alla rovescia. Sbaglia chi si illude, chi pensa che i tempi della giustizia rendano imminente la testimonianza di Fini e con lui quella del capo della polizia Gianni De Gennaro. La scansione dei
ritmi processuali dice che vanno ascoltati prima i testi dell'accusa e sono quasi centocinquanta. Risultato? «Passerà almeno un anno e magari Fini non sarà nemmeno più vicepremier», sorride Mazzali e par quasi di vederlo mentre incrocia le dita. Via libera a una valanga di testimonianze. Una decisione, quella del tribunale, che finirà inevitabilmente per cambiare il significato di questo processo. Con un rischio ormai difficilmente evitabile, per le
forze dell'ordine: che anche questo procedimento (così come quelli che verranno, per le vicende della Diaz e di Bolzaneto) divenga un pubblico processo all'operato di polizia e carabinieri. E' quello che la procura non voleva. Ma profetiche, qualche settimana fa, sono state le parole del procuratore aggiunto Giancarlo Pellegrino: «Inevitabilmente finiranno in aula le testimonianze sulla carica in via Tolemaide, sugli scontri nelle strade, sulla disposizione e sugli ordini agli uomini in divisa». Perché gli imputati hanno scelto da tempo, per non dire da sempre, la linea di difesa: «Ci siamo solo difesi da attacchi gratuiti e immotivati». Ora testimonierà in aula chi è stato nelle strade della paura, nei terribili giorni del luglio 2001. C'era anche il vicepresidente del Consiglio.
Marco Menduni

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