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http://italy.indymedia.org/news/2002/09/85240_comment.php#125001
Alla Procura della Repubblica di Perugia (Per Conoscenza) Al Comune di Gualdo Tadino. Alla Regione Umbria Al Comando Regionale Carabinieri Umbria. Al Comando Carbinieri di Gualdo Tadino.
Oggetto : Pubblica Diffida e Denuncia.
In relazione all’articolo pubblicato a pag. 39 del “Corriere dell’Umbria”di oggi giovedì 11 marzo 2004 e riguardante l’estrazione idrica della Rocchetta s.p.a. Vorrei far notare che non si fa il minimo riferimento alla pericolosità di estrarre grandi quantitativi d’acqua dal sottosuolo(La Rocchetta dichiara di prelevare in media 500.000 metri cubi annui d’acqua ;in pratica l’equivalente di una collina;per forza il terreno in superfice cede molto di più in caso di terremoto!) Questa pericolosità è documentata da autorevoli opinioni di esperti in campo idrogeologico(vedere allegato) e consiste nell’amplificazione dei fenomeni sismici collegati all’intenso sfruttamento delle acque sotterranee. Per quanto riguarda i permessi di ricerca che il sig.********(sindaco di Gualdo Tadino) si vanta di aver già”preparato”anche nella zona di Rigali.
Sporgo denuncia per abuso di potere(e per favoreggiamento dovuto a mancata adozione di cautela normalmente ed obbligatoriamente dettata da un ragionevole indizio sulla concausa umana di un devastante fenomeno naturale )contro il ******** medesimo e contro ogni altro soggetto,(intenzionato ad interferire tramite le menzionate attività di ricerca ed estrazione idrica arrecando danno oltre che alle zone globalmente intese,anche alle proprietà site in Rigali e luoghi limitrofi ,sulle quali ho responsabilità sia possessorie che di custodia )dell’Amministrazione Comunale Gualdese e Regionale Umbra. A causa del recente terremoto(che ora sappiamo con ragionevole certezza essere stato molto più intenso del solito proprio per lo stress idrogeologico provocato dall’eccessivo sfruttamento della falda acquifera);sto vivendo in una casa semidistrutta da molti anni insieme a due persone ultraottantenni ed invalide. Pertanto diffido chiunque,Rocchetta compresa(nella persona del Legale Rappresentante p.t. sig.******** *******) dall’ interferire ulteriormente con l’equilibrio idrogeologico del posto in cui viviamo tra numerosissime difficoltà e disagi. Attribuirò la responsabilità di ogni danno (materiale e morale); personale,familiare,economico e sociale derivante dall’amplificazione delle onde sismiche a chi continuerà ad estrarre acqua indiscriminatamente ed a coloro che lo agevoleranno in qualunque modo. Mi riservo il diritto di agire in caso di ulteriore inerzia della Magistratura con idonee azioni di legittima difesa commisurate all’offesa attuale e potenziale che stiamo subendo. Dott.Angelo Gaudenzi.
(Tratto dalla rivista”Attenzione rivista wwf per l’ambiente ed il territorio” n°16 del Giugno 2002)
IL CONSUMO DELLE RISORSE DIFFUSE PROFONDE
di Andrea Dignani
La riflessione sul concetto di consumo delle risorse diffuse profonde abbisogna di alcune premesse di ordine tecnico-formale. In tale riflessione escludiamo, pur essendo presenti in profondità (da svariate centinaia a qualche migliaio di metri dalla superficie terrestre) le risorse minerarie propriamente dette (idrocarburi, metalli, pietre preziose,etc.) classificate da un punto di vista formale secondo quanto prescritto nell'articolo 2, comma 2, del r.d. 29 luglio 1927, n. 1443, tali risorse sono caratterizzate da particolari impatti ambientali soprattutto in fase di prima lavorazione successiva all’estrazione mentre da un punto di vista geologico si caratterizzano dal fatto che generalmente tali stesse risorse sono presenti nello spazio sotterraneo in modo confinato, circoscritto, geometricamente delimitato rispetto a delle formazioni geologiche circostanti. In tale riflessione escludiamo pure quelle risorse, che pur presenti sulla superficie terrestre in maniera diffusa, sono localizzate in superficie od al più a poca profondità (qualche decina di metri) rispetto alla superficie terrestre: le acque di sorgente ed i materiali lapidei di cava (articolo 2, comma 3, del r.d. 29 luglio 1927, n. 1443: p.es. calcari e ghiaie) coltivati superficialmente. La riflessione in oggetto riguarderà il consumo di due tipi di risorse diffuse: la prima che possiamo definire formalmente secondo quanto abbiamo descritto per i materiali di cava, in special modo i calcari, ad opera di coltivazioni sotterranee ed ad opera della realizzazione di opere infrastrutturali come tunnel e gallerie, il secondo tipo di risorsa diffusa sono le acque dei complessi ideologici profondi (da svariate centinaia a qualche migliaio di metri dalla superficie terrestre). Nella recente nuova tipologia di coltivazione di cave in sotterraneo, già sperimentate in alcune regioni del nord d’Italia ed in Toscana, si inserisce, almeno a livello di dibattito, anche la Regione Marche con il proprio Piano Cave, recentemente approvato, nel quale le coltivazioni in sotterraneo di calcari sono previste in una apposita direttiva. Tali opere sono delle grandi cavità o cameroni (p.es. 150 m di altezza x 500 m. di lunghezza x 50 m. di larghezza) affiancati e paralleli tra loro presenti in numero di 3-5 per coltivazione totale. Le ragioni di tale nuovo approccio industriale muovono essenzialmente da due precise esigenze: la prima di ordine economico in quanto tali coltivazioni si caratterizzano per i notevoli quantitativi di materiale estratto (nell’ordine di qualche milione di metri cubi), la seconda di ordine “sociale”, infatti la resistenza da parte dei cittadini all’apertura di nuove cave nasce da una prima valutazione visiva, paesaggistica dell’impatto della stessa cava, nella coltivazione in sotterraneo si rimuoverebbe (si presume) questo primo fattore di resistenza. Gli impatti delle coltivazioni in sotterraneo sono di ordine ambientale e sulla sicurezza degli addetti. Gli impatti ambientali sono principalmente connessi con il sistema di circolazione e di vulnerabilità delle acque profonde, sia in fase di ricarica della falda da parte delle acque superficiali meteoriche che di scioglimento delle nevi, e sia in fase di esposizione delle falda profonda a potenziali eventi di inquinamento. Il problema della esatta definizione di tali impatti consiste, in considerazione della complessità delle circolazioni idriche sotterranee soprattutto in ambienti carsici come quelli calcarei, nel mancato immediato riscontro tra le cause e gli effetti che potrebbero essere rilevati dopo diversi anni. Gli altri principali impatti, riguardanti ora anche la sicurezza degli addetti, sono rappresentati dalla stabilità dei fronti di escavazione, anche in considerazione che tali coltivazioni si realizzerebbero in 10-20 anni di attività, sia per le caratteristiche geomeccaniche dei calcari che a causa degli eventi sismici che caratterizzano una regione come le Marche o comunque tutto l’Appennino. La seconda tipologia di consumo di risorsa diffusa profonda lapidea come detto, è rappresentata dalla realizzazione di opere infrastrutturali come tunnel e gallerie, queste sono delle opere lineari funzionali per l’attraversamento o l’accesso di complessi montuosi. In queste opere l’impatto maggiore si realizza in fase di realizzazione sia sul sistema idrogeologico che sulla stabilità dei fronti di avanzamento, ma la vera peculiarità di tali opere, che le distinguono dalle cave in sotterraneo, consiste nel fatto la loro localizzazione è principalmente imposta dal progetto complessivo nel quale sono inserite, p.es. il percorso di una autostrada o linea ferroviaria, e non quindi (o comunque non in maniera prioritaria) dalle caratteristiche ambientali del sito. Il caso”esemplare” per questo tipo di impatto è rappresentato dalle gallerie sotto il massiccio del Gran Sasso in Abruzzo, con l’impatto di aver abbattuto la falda idrica dei calcari di qualche centinaio di metri rispetto alla condizioni preesistenti, comunque gli impatti non dovrebbero essere terminati, in quanto a fianco di queste stesse gallerie se ne costruirà addirittura una terza. Nelle Marche si ipotizza di realizzare il raddoppio della linea ferroviaria Ancona Orte in galleria nella Gola della Rossa, anche in questo caso potremmo ipotizzare di affrontare le simili problematiche ambientali di analoghe opere. Il consumo della risorsa diffusa delle acque dei complessi ideologici profondi (da svariate centinaia a qualche migliaio di metri dalla superficie terrestre) è rappresentato dal prelievo di acque di ottima qualità per scopo commerciali, per le acque minerali per il consumo umano ed acque industriali per l’industria della carta. Occorre premettere che attualmente non esistono conferme e sicuri riscontri sull’utilizzo commerciale di tali acque, ma da diversi anni la questione è dibattuta almeno all’interno della comunità scientifica anche marchigiana. Le acque profonde sono quelle da considerarsi non influenzate dallo stagionale o decennale ciclo idrologico, se non in minima parte, e devono la propria formazione ad eventi climatici passati come i periodi glaciale e perigraciale del quaternario. Un tale sfruttamento si realizzerebbe solo attraverso la tecnologia di perforazione tipica della ricerca di idrocarburi a qualche migliaio di metri di profondità con il conseguente irreversibile impoverimento della risorsa idrica profonda oltre che l’aumentata vulnerabilità per la nuova esposizione rispetto all’ambiente esterno. In questo caso, possiamo anche aggiungere, serve ricordare lo stato della non evoluta conoscenza dei sistemi idrogeologici profondi sia a livello locale che regionale anche in riferimento all’interazione con i terremoti o quantomeno con le amplificazioni associate alle inevitabili crisi sismiche. A conclusione di questa discussione si impongono alcune riflessioni: legislative, ambientali e culturali. La legislazione sulla tutela ambientale risulterebbe inadeguata per la salvaguardia degli ambienti profondi, si impone quindi una verifica approfondita e finalizzata ai singoli casi sulla necessità di dotarsi, anche a livello regionale, di normative per questi nuovi casi di impatto. Nel considerare gli impatti ambientali, come precedentemente discusso, risulterà estremamente importante dotarsi di strumenti per la previsione di scenari temporalmente proiettati per la gestione e la correlazione tra cause ed effetti. Dal punto di vista culturale ed etico dobbiamo considerare di consumare risorse non rinnovabili, come le acque profonde, le grotte carsiche, i calcari triassici, di realizzare quindi impatti irreversibili, senza prima aver attuato tutte quelle politiche e strategie di risparmio e tutela delle risorse come l’acqua, il suolo, i materiali inerti, senza valutare in definitiva fino in fondo le responsabilità di operare scelte forti e drastiche anche per le generazioni future. 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