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"Dopo che gli americani hanno distrutto i nostri villaggi e ucciso molti di noi, siamo anche rimasti senza le nostre case e non abbiamo niente per sfamarci. In ogni caso, noi avremmo superato queste sofferenze e perfino le avremmo accettate, se gli americani non ci avessero tutti condannati a morte". Questa frase non è facile da leggere, specialmente per chi ha proiettato il male fuori dal proprio cuore, all'interno di qualche grotta in Afghanistan o in un buco nascosto in Iraq, e ha ridotto la vecchia domanda, che ciò ispira, a: "Come si fa a cacciarlo a suon di bombe fuori dalla faccia della terra?". Prima che il danno diventi ancor più grande, prima che il giudizio della storia diventi peggiore, prima che noi contaminiamo tutto il mondo – perfino prima di votare per le prossime elezioni – noi dobbiamo fermare quello che stiamo facendo. Dobbiamo fermarlo ora.
E' ora di ascoltare non gli analisti della difesa, i sondaggi o gli esperti, ma la gente come Jooma Khan, un nonno che vive in un villaggio nella provincia di Laghman, nell'Afganistan nord-orientale, che dice quello che abbiamo scritto sopra.
Certamente egli merita 30 secondi della nostra attenzione.
"Quando vidi mio nipote, deforme," ha detto in un'intervista nel mese di marzo 2003, "mi resi conto che le mie speranze per il futuro erano scomparse. Ciò è differente dalla disperazione provata per le barbarie russe, anche se a quel tempo persi mio figlio più grande, Shafiqullah. Questa volta, invece, sento che noi siamo parte dell'invisibile genocidio che l'America ci ha buttato addosso, una morte silenziosa da cui non potremo fuggire".
Noi stiamo conducendo più guerre, in Afghanistan e in Iraq – in pratica, guerre nucleari, dato il nostro largo uso di corazze e missili all'uranio impoverito. Questo non è un segreto. L'uranio impoverito, con il suo straordinario potere di penetrazione e la sua capacità di esplodere all'impatto, ci ha fornito l'aiuto per assicurarci il nostro dominio militare dovunque andiamo. Ma le persone come Jooma Khan e suo nipote raccolgono solo i suoi effetti tossici.
Così, naturalmente succede anche alle nostre stesse truppe.
Le parole di Kahn sono solo un frammento della agghiacciante testimonianza raccolta nei documenti del Tribunale Internazionale per l'Afghanistan, una iniziativa di cittadini giapponesi che recentemente ha concluso la sua inchiesta durata due anni, relativa alla prima fase della guerra al terrorismo. Ma essi, nei loro documenti, dicono tutto, solo che noi non possiamo ascoltarli. Se noi potessimo ascoltare Jooma Khan, e gli altri che suonano l'allarme riguardo l'uranio impoverito, come ad esempio l'ex geologo del laboratorio Livermore, Leuren Moret, che ha testimoniato presso il tribunale, non ci sarebbero solo migliaia di persone nelle strade americane a chiedere di fermare la guerra, ma centinaia di migliaia, o milioni – la stessa cifra che scende in piazza in altre parti del mondo. L'impiego delle armi all'uranio non è il solo atto nella nostra irresponsabilità criminale in Afghanistan e in Iraq, che ha portato il tribunale ha emettere il verdetto di colpevolezza contro Gorge Bush, accusato di crimini di guerra, ma è sicuramente il più rabbrividente. (Il pieno resoconto del lavoro del tribunale si può leggere a http://www.mindfully.org/Reform/2004/Afghanistan-Criminal-Tribunal10mar04.htm)
Come ha testimoniato Moret, l'uranio impoverito si trasforma in polvere estremamente fine dopo la sua esplosione; le singole particelle sono più piccole di un batterio o di un virus. E "si stima che l'accumulo di un milionesimo di grammo in una persona possa essere fatale. Non ci sono metodi conosciuti di trattamento".
E la polvere di uranio è dappertutto. Un minimo stimato tra le 500 e le 600 tonnellate è ora sparso sull'Afghanistan, e parecchie volte quella quantità si trova sul suolo iracheno. In termini di inquinamento atmosferico globale, è come se noi avessimo fatto esplodere l'equivalente di 400.000 bombe di Nagasaki, afferma Moret. I numeri sono vertiginosi, ma i potenziali orrori sono cosa molto peggiore.
La polvere all'uranio impoverito fa molto di più che distruggere il sistema immunitario di chi lo tocca o lo respira; essa altera il nostro codice genetico.
Così, i difetti alla nascita sono in continua crescita in Afghanistan dal momento dell'invasione "nati senza occhi, senza braccia, con tumori che protrudono dalla bocca… genitali deformi" secondo il rapporto del tribunale.
Questa spaventosa ipoteca sulle generazioni future – sul nostro futuro – ha portato gli investigatori a coniare il termine di "genocidio silente" per descrivere gli effetti di questa orribile arma.
La risposta del Pentagono a tali accuse è negare, negare, negare. E i mezzi d'informazione americani lavorano come co-cospiratori morali.
Ma parlare di colpa non è il punto della questione. Perché anche coloro i quali aspettano ancora una "prova conclusiva" che dimostri che la polvere di uranio impoverito sia la causa, o un fattore, della malattia misteriosa e dei difetti nei neonati di coloro che tornano dalle zone di guerra, avrebbero tutte le buone ragioni per fermare il suo uso già da adesso.
Terrorismo globale? Ascolta Jooma Khan. Poi guardati allo specchio.
© 2004 Tribune Media Services
Traduzione comedonchisciotte.net
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