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CHIAPAS: 125 famiglie sfollate
by La Jornada Tuesday, Apr. 13, 2004 at 2:30 PM mail:

La Jornada 13 aprile 2004 Osservatori: Continua la strategia di guerra contro le comunità autonome ALMENO 125 FAMIGLIE ZAPATISTE CACCIATE DALLE PROPRIE CASE DALL'ATTACCO PERREDISTA



- Attivisti visitano le comunità colpite e
testimoniano I danni causati dall'aggressione

HERMANN BELLINGHAUSEN Inviato
San Cristobal de las Casas, Chiapas 12 aprile. Oltre
ai danni materiali di cui ancora non si ha una stima
esatta, in questo momento ci sono 125 famiglie
zapatiste profughe a Zinacantán, "e questo rappresenta
un'emergenza umanitaria e la prova che continua la
strategia di guerra contro le comunità indigene che
lottano per il riconoscimento della loro autonomia",
ha dichiarato oggi la delegazione di osservazione per
i diritti umani che ieri pomeriggio ha raggiunto
Jech'vó, Elambó Alto y Elambó Bajo.

In una conferenza stampa, Blanca Martínez Bustos, del
Centro per i Diritti Umani Fray Bartolomé de las
Casas, ha smentito che il problema sia stato risolto.
Nei giornali di oggi il segretario di Governo locale,
Rubén Velázquez, garantiva che a Zinacantán regna "la
normalità abituale", il che fa pensare, perchè non
smettono di andar e venire in direzione di Pasté e
Jech'vó numerosi contingenti di polizia e non si sa se
sia sia trovata una sola arma da fuoco. Circa 500
persone sono state espulse violentemente dalle loro
case dalla sera alla mattina. Di molte non si conosce
ancora il rifugio. Ciò nonostante, il segretario di
Governo ha parlato oggi, eufemisticamente, di
"auto-sfollamento".

L'avvocato Miguel Angel de los Santos ha sottolineato
che "il presidente municipale, Martín Sánchez, avrebbe
potuto prevenire gli eventi", che sono stati
"un'aggressione, non 'una baruffa tra indigeni', come
dichiara la versione ufficiale". Ha aggiunto che "non
c'erano pretesti" per l'attacco, perché le basi
dell'EZLN dal 15 marzo scorso avevano accettato di
partecipare nelle collaborazioni volontarie delle loro
comunità". Secondo De los Santos "è chiara
l'intenzione del governo di impedire ed ostacolare il
diritto all'autonomia".

La delegazione ufficiale che avrebbe accompagnato
l'incaricato governativo Luis H. Alvarez (ma che non è
stato così), era composta da Red de Defensores
Comunitarios por los Derechos Humanos, CIEPAC, Enlace
Civil, Estación Libre, Comité Civil de Diálogo Pejel
Balumil, Promedios, Sipaz y K'inal Antzetik, e da
rappresentanti della socità civile nazionale ed
internazionale.

La relazione informa che "all'altezza di Nachig
abbiamo visto quattro camionette della Pubblica
Sicurezza. Nel parco di Pasté abbiamo trovato 500
persone e due camion della Polizia Settoriale
(statale). Lì ci ha intercettato il funzionario
municipale che ci ha interrogato e ci ha informato che
stava aspettando il delegato del governo 'per vedere
che tutto era tranquillo'. Da questo momento il
funzionario municipale ha seguito la carovana su un
auto bianca. Su vari tratti del percorso abbiamo visto
pietre, bastoni e vetri rotti".

Alle 15:00 sono arrivati a Jech'vó dove si trovavano
riunite nel campo di basket circa 200 persone e due
camionette della Polizia Settoriale. "Ci siamo diretti
alla casa di Mateo Ruiz Hernández, dove si vedevano
bottiglie di bibite rotte ed una serie di danni nel
negozio. Il deposito di acqua rimepito il giorno prima
era rotto e 22 botti erano per terra e vuote. La casa
era completamente distrutta: porta, tetto, finestra,
distrutte dalle pietre, abiti e coprte sparpagliati
per terra".

Poi, gli osservatori civili hanno visitato una seconda
costruzione, apparentemente un magazzino, ""in cui
abbiamo trovato le tegole, le due porte ed il tetto
rotti dalle pietre. All'interno, un deposito di acqua
riempito recentemente, era distrutto; inoltre,
contenitori d'acqua rotti ed utensili sparsi per
terra. Abbiamo trovato altre cinque case nelle stesse
condizioni ma non abbiamo potuto visitarle".

Hanno poi raggiunto l'abitazione di una donna lì
rinchiusa con i suoi cinque figli dal 10 aprile "per
la paura di essere aggredita del PRD". Fuori della
casa c'era, rotto, un serbatoio d'acqua di 2500 litri
di capacità. La donna, "molto spaventata", ha poi
deciso di uscire con la delegazione. Nella comunità di
Jech'vó si calcola ci siano 60 famiglie sfollate.

Poco prima di Elambó Alto, "abbiamo trovato una strada
bloccata. Abiamo visitato la clinica autonoma e poi i
servizi (cucina, dormitorio, spaccio); tutto
abbandonato. La luce accesa, i vestiti sparsi per
terra, gli animali liberi ed i serbatoi rovesciati
indicavano che le strutture erano state abbandonate in
tutta fretta". In questa comunità si contano 25
famiglie sfollate.

Ad Elambó Bajo, la delegazione civile ha visitato
alcune case con segni che indicavano che gli abitanti
erano scappati di corsa. L' si sono contate 40
famiglie sfollate.

"Questa delegazione esprime la sua preoccupazione per
quello che consideriamo l'escalation di un conflitto
di cui le autorità municipali e statali erano
informate, che trascende il problema dell'erogazione
dell'acqua e che è diventato una campagna di
intimidazione e vessazione verso queste famiglie per
il fatto di essere basi di appoggio zapatiste, al
punto che sono dovute fuggire a causa delle
aggressioni del 10 e 11 aprile".

Le organizzazioni chiedono "che si garantisca la
sicurezza per il ritorno immediato delle famiglie basi
di appoggio zapatiste alle proprie comunità e la
riparazione dei danni e delle proprietà, l'integrità
fisica e psicologica, la punizione dei responsabili
delle aggressioni alle basi di appoggio zapatiste e
delle vessazioni contro le famiglie di Jech'vó, Elambó
Alto ed Elambó Bajo".
Inoltre, "che si garantisca il pieno rispetto dei
diritti umani, così come della proprietà delle
famiglieM che si restituisca loro il diritto all'acqua
potabile e si garantisca il loro diritto alla libera
associazione".

(traduzione Comitato Chiapas "Maribel" di Bergamo)



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