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Alla Fiat di Melfi esplode l'indotto
by dal manifesto Tuesday, Apr. 20, 2004 at 11:56 AM mail:

Cassa integrazione a catena nelle aziende di componentistica, dalle realtà più piccole alle multinazionali come la Valeo e la Johnson. Gli operai esasperati bloccano all'ingresso i camion carichi di automobili. Ma i sindacati sono divisi.

I cinque ingressi che portano allo stabilimento di Melfi sono presidiati da folti gruppi di operai. Le strade bloccate per oltre un chilometro da una lunga fila di camion fermi, tra le bisarche che hanno già caricato le auto e non possono lasciare l'area industriale, e i tir che non possono entrare a scaricare le merci. Questo lo scenario che annuncia una delle prime «vere» proteste nei confronti dello stabilimento potentino, il fiore all'occhiello della Fiat. Segno che la crisi dell'automobile italiana è arrivata fino alle linee lucane simbolo dell'efficienza del modello just in time. E se scioperano anche i lavoratori di Melfi - sempre sotto ricatto aziendale per la produzione della nuova Punto e della lancia Y a ciclo continuo - è evidente quanto il terremoto al Lingotto sia lontano dalla fase di assestamento. Il Consorzio Acm (Autocomponentistica del Mezzogiorno), che riunisce le 21 aziende dell'indotto, annaspa e mette in cassa integrazione i dipendenti. In particolare si tratta dell'Imam (azienda di stampaggio di lamierati), della Recoflex, della Valeo (multinazionale francese specializzata nella produzione di cavi per il cablaggio), dell'Avril (impegnata nel trasferimento di pezzi e materiali tra le linee), della Lear; a cui si aggiungono la Sistemi sospensioni Magneti Marelli e la Johnson Control (multinazionale americana produttrice di pannelli per auto). Un'ondata di «stop» che nasconde il taglio dei costi, la delocalizzazione delle produzioni e coinvolge circa 600 lavoratori. La Fiom e gli operai conoscono i sintomi del calo delle commesse: s'inizia con l'indotto per travolgere, in un percorso quasi obbligato, l'intero stabilimento. E ieri mattina davanti ai cancelli hanno deciso all'unanimità, compresi gli iscritti di Fim e Uilm, di proclamare lo sciopero ad oltranza «per affermare migliori condizioni di lavoro». Ma anche perché dopo l'inizio dei blocchi per Avril e Magneti Marelli, la Fiat nel week-end ha deciso di «aggirare» la protesta «mettendo in libertà» tutti gli 800 lavoratori di San Nicola, invece di attivare gli ammortizzatori sociali. Sulla vicenda è intervenuto anche Gianni Rinaldini, segretario Fiom, definendo il provvedimento disciplinare «la solita reazione della Fiat di chiusura ad ogni confronto e di scelte antisindacali». «Noi appoggiamo la lotta dei lavoratori e delle lavoratrici di Melfi - ha detto aggiunto il leader Fiom - perché le loro lotte sono l'espressione più corretta e vera per riaffermare la giustizia nel mondo del lavoro».

Nel frattempo a Melfi dicono di essere «stanchi di continue promesse» e di «volere garanzie scritte nero su bianco». «Noi da qui non andiamo via», dice Mauro Altavela, 32 anni, da 10 impiegato alla Lear, che con i suoi 350 addetti è la più grande azienda dell'indotto che produce i sedili per le autovetture. «Non si tratta solo della cassa integrazione - continua Altavela - il nostro contratto non ci viene rinnovato da anni, e dal 2000 non abbiamo l'adeguamento, mentre alcune aziende come la Valeo continuano a chiedere commesse in Tunisia». Ma non basta. Sembra, infatti, che i lavoratori debbano condurre una doppia battaglia, da una parte contro l'amministrazione e le società che «gestiscono» Melfi, dall'altra contro le stesse organizzazioni sindacali della Fim, Uilm, Fismic. I sindacati hanno, infatti, condannato duramente la Fiom e bollato come «improvvisato, inopportuno e controproducente» lo sciopero avviato nello stabilimento di San Nicola. Quindi si starebbero preparando a stilare un documento «alternativo», che dovrebbe spiegare ai lavoratori misure «più costruttive». Pronta la risposta dei delegati di Fiom, Failms, Slai-Cobas e Ugl, che invece nella riunione di ieri pomeriggio hanno deciso di continuare il blocco dell'area industriale. Nel documento consegnato alla Fiat si chiede di conoscere le prospettive occupazionali dello stabilimento, il pagamento delle ore non lavorate a causa di scioperi delle aziende «terziarizzate», il rinnovo del contratto scaduto nel `99, la modifica degli orari di lavoro con il superamento della «doppia battuta» (il turno notturno ripetuto per due settimane consecutive). Secondo Giuseppe Cillis segretario Fiom del Potentino «la Fiat può risolvere questa situazione di Melfi».

Nel frattempo le ragioni della mobilitazione rimbalzano in politica. Mario Lettieri (Margherita) ha chiesto al ministro delle attività produttive, Antonio Marzano, di «attivare con urgenza un serio confronto» con la Fiat. Mentre per il senatore Piero Di Siena, della sinistra Ds «la misura è colma». «Sarebbe necessario che la regione facesse proposte e indicasse prospettive per definire una politica industriale dell'auto in Basilicata - ha affermato Di Siena - Ma ci vorrebbe anche un'iniziativa del governo, da sempre sostanzialmente latitante sulla vicenda Fiat, che resta comunque critica».

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