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A Falluja è una strage:
by unita Wednesday, Apr. 28, 2004 at 7:59 PM mail:

si contano più di seicento morti

28.04.2004
A Falluja è una strage:

si contano più di seicento morti
di red.

Strage a Falluja
E’ una strage. Dall'inizio del bombardamento americano su Falluja in città ci sarebbero oltre 600 morti e molti cadaveri - «soprattutto di donne» - sono stati ritrovati colpiti da un solo proiettile». A descrivere la drammatica situazione della città di Falluja, sotto assedio ormai da settimane, è il leader dell'Alleanza nazionale irachena (Ani), Jabbar Al Kubaisi, contattato telefonicamente a Baghdad. «È una situazione terribile - racconta - fino a tre ore fa si bombardava ancora. Adesso la situazione è più calma ma se questo è vero dal punto di vista militare, dal punto di vista umano è gravissima». Secondo Kubaisi «da ieri notte ci sono state 638 vittime e arriveremo sicuramente a cifre superiori». «Quello che è grave - prosegue il leader dell'Ani - è che non si tratta semplicemente di caduti sotto le bombe; diversi cadaveri, soprattutto di donne, sono stati ritrovati colpiti da un solo proiettile. Si tratta quindi non di incidenti ma dell'evidente volontà di uccidere». Kubaisi dice ancora che è «quasi impossibile raggiungere l'ospedale» e inoltre la città è «senza acqua, medicine e benzina per i generatori di corrente». «E non sappiamo - ha concluso - quando la situazione tornerà a migliorare».Una strage, dunque, mentre il presidente George W. Bush, dopo aver parlato con il generale John Abizaid, comandante della campagna irachena, ha affermato risoluto: faremo «tutto il necessario per rendere sicura» la città. Secondo il presidente statunitense, nella città sunnita vi sono ancora «sacche di resistenza» ma ha sottolineato che «nella maggior parte di Falluja si sta tornando alla normalità».

Le forze Usa circondano Falluja sin dal 5 aprile, dopo che alcuni giorni prima quattro guardie della sicurezza americane erano state uccise in città e dei corpi di due di loro era stato fatto scempio. E in questo quadro, il cessate il fuoco firmato lunedì appare ormai lettera morta.

Attacco americano a Najaf

L’attacco americano a Najaf è iniziato nella notte tra lunedì e martedì. Un’offensiva in grande stile che si è protratta per ore e che visto anche l’impiego di elicotteri da combattimento e di un aereo-cannoniera AC-130. Una battaglia durissima, forse la più feroce dall’inizio della rivolta, che ha lasciato sul terreno della città santa sciita almeno 64 miliziani di Mehdi, i fedelissimi del leader radicale sciita Moqtada al Sadr asserragliato nella città, stando a quanto riferito ieri in una conferenza stampa a Baghdad dal generale americano Mark Kimmitt. Violenti scontri tra marines e ribelli sono nuovamente esplosi anche a Falluja, la città sunnita dove da alcuni giorni reggeva una fragile tregua (più volte violata) e dove probabilmente sono tenuti nascosti i tre ostaggi italiani. Il bombardamento, con caccia e carri armati, è scattato poche ore dopo lo scadere dell’ultimatum posto dagli americani ai ribelli per la consegna delle armi.
La tragica sequenza dei morti dunque continua, in un Paese dove la sicurezza è ormai diventata un’utopia. Lo scontro alla periferia di Najaf è coinciso con la partenza dalla città di un centinaio di militari spagnoli, sostituiti da militari Usa. L’offensiva è scattata poche ore dopo l’ultimatum a Sadr a lasciare le moschee in cui si è rifugiato. Stando a fonti locali, i soldati Usa hanno distrutto un posto di blocco di Mehdi fuori Kufa, 10 chilometri da Najaf, dopo uno scontro a fuoco. Secondo Kimmitt, il raid è servito a distruggere «una batteria antiaerea e posizioni anti-coalizione». Le vittime nel solo bombardamento sono state 57. Secondo fonti locali riportate da Al Jazira non sarebbero tutti guerriglieri, ma ci sarebbero anche dei civili. Smentisce Kimmitt, che parla invece di 57 miliziani morti, e altri sette uccisi dopo aver cercato di attaccare un carro armato americano. «Gli scontri sono una provocazione» ha detto alla tv qatariata un portavoce della milizia Mehdi, Qais al Khazaali. «Entrare a Najaf significa farsi beffe dei luoghi santi dell’Islam, siano essi sciiti o sunniti. Ma noi siamo pronti, organizzati e coordinati», ha ammonito. Il proconsole Usa Bremer ammette che a Najaf la situazione «è esplosiva», gli americani si tengono per ora alla larga dalla città, ben sapendo che la tensione è altissima. Ieri ai funerali di cinque morti nell’attacco la folla ha più volte inneggiato «lunga vita a Sadr» e gridato slogan antiamericani.

Gli spagnoli se ne vanno. Gli Usa gli negano la copertura necessaria
I 260 militari spagnoli della Brigata Plus Ultra II, dispiegati fino a ieri in Iraq, sono arrivati stamane alla base aerea militare di Talavera del Real, a Badajoz (Extremadura, ovest della Spagna). Questo gruppo di militari costituisce l'ultima parte della brigata che ritorna in Spagna, come deciso dal premier socialista Josè Luis Rodriguez Zapatero.

Per ripicca le forze americane hanno negato ai militari spagnoli il supporto che era loro necessario nella fase di ritiro in particolare una scorta lungo i 150 chilometri di strada più a rischio, dall'Iraq centro meridionale alla frontiera con il Kuwait. Secondo quanto denuncia il quotidiano La Razon citando fonti militari spagnole «le forze americane ci hanno detto che non potevano muovere truppe per proteggerci».

http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=HP&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=34064



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