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sanita' in uganda | ||
by uganda Wednesday, May. 26, 2004 at 11:26 AM | mail: | |
aids
Il 10 gennaio scorso, per la prima volta una sessione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu è stata dedicata all’Aids come emergenza politica e non più sanitaria, in quanto, secondo il segretario Kofi Annan «nel 1999 ha ucciso dieci volte di più in Africa dei conflitti armati». L’Uganda è tra i Paesi più colpiti dalla malattia e dai suoi risvolti sociali. Sono ammalati il 10% degli ugandesi, due milioni di persone, almeno mezzo milione di morti dal 1982, anno in cui la sindrome del dimagrimento, slim disease, ha iniziato a essere diagnosticata. La vita media si è abbassata da 52 a 42 anni. A essere decimate sono soprattutto le categorie produttive e così, colpendo tra i 20 e i 40 anni, l’Aids mette in ginocchio un Paese e crea centinaia di orfani al giorno, che nemmeno la famiglia estesa africana riesce più ad assorbire. Sono 10 milioni in tutta l’Africa i bambini che hanno perso almeno un genitore a causa dell’Aids, 1.100.000 solo in Uganda. Ogni anno 45mila neonati ugandesi contraggono il virus dalle proprie madri. Ci sono però anche alcune notizie incoraggianti. Il contagio sembra diminuire nei campioni ristretti regolarmente testati: dal 30 al 13% tra le donne gravide allo Nsambya Hospital di Kampala tra il 1991 e il 1998. Dal 32 al 10% nella popolazione tra i 15 e i 19 anni del distretto di Kabarole, negli stessi anni. Quali le ragioni di un risultato unico nell’Africa sub-sahariana, dove sono sepolti 13 dei 16 milioni di morti che l’Aids ha causato nel mondo fino a oggi? La comunità scientifica internazionale ha fatto dell’Uganda un laboratorio per vaccini e terapie. In attesa della verifica di tossicità del vaccino della ricercatrice italiana Barbara Ensoli, altri tre vaccini, di cui uno ugandese, sono già in fase di sperimentazione. Interessanti le prospettive sulla riduzione della trasmissione materno-fetale del virus grazie a un progetto italo-ugandese. Le terapie antiretrovirali, che hanno ottenuto risultati significativi nei Paesi occidentali, non sono invece diffuse su larga scala a causa dei costi sostenuti e dei monitoraggi regolari che richiedono. Infondata, infine, appare l’esultanza di Elisabeth Madraa, direttrice dell’Aids Control Program che sostiene di aver venduto 50 milioni di preservativi nel 1999, dieci per ogni ugandese sessualmente attivo. Una risposta è sicuramente da ricercarsi nella posizione culturale espressa dal presidente ugandese Yoweri Museveni alla conferenza mondiale sull’Aids del 1991 a Firenze: «Ci viene detto che un sottile pezzo di gomma ci protegge dalla morte sul nostro continente. In Paesi come il nostro, dove una madre spesso deve camminare 20 chilometri per comperare un’aspirina per il figlio ammalato, il condom non sarà mai la soluzione. Un ritorno alla nostra cultura tradizionale che enfatizzava la fedeltà e la condanna dei rapporti pre ed extra-coniugali, questa è la risposta alla minaccia dell’Aids: riaffermare pubblicamente il rispetto e la responsabilità di ognuno nei confronti del prossimo». |
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