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Sconfiggere berlusconi si può!
by www.marxismo.net Sunday, Jun. 20, 2004 at 4:20 PM mail:

Bilancio delle elezioni europee

Il risultato delle elezioni di giugno si può riassumere in una idea centrale: Berlusconi esce sconfitto, ma l’opposizione dell’Ulivo mostra tutti i suoi limiti. Forza Italia e il suo capo sono i veri sconfitti di queste elezioni; rispetto alle elezioni politiche del 2001 Forza Italia perde oltre quattro milioni di voti sui quasi undici milioni che aveva raccolto nel 2001; fallisce il tentativo di Berlusconi di trasformare le elezioni in un plebiscito sulla sua persona. Hanno un bel dire i rappresentanti del governo che la sconfitta di Forza Italia viene ammortizzata dal migliore risultato dei suoi alleati nel governo. La crescita di Udc e Lega e la tenuta di An non costituiscono affatto un fattore di stabilizzazione, ma al contrario porteranno le contraddizioni in seno al governo a un livello ancora superiore. La Lega infatti ha guadagnato consensi smarcandosi dalla Casa delle Libertà e presentandosi da sola in gran parte delle elezioni locali, a partire da quelle per la Provincia di Milano. Il voto di Milano è significativo perché mostra come la Lombardia, uno dei pilastri portanti del governo, dove la destra controlla Regione, Provincia e Comune di Milano, comincia a vacillare. All’altro estremo del paese vediamo una Sicilia lontana anni luce da quella che nel 2001 assegnava tutti i suoi deputati al Polo, che umiliava l’Ulivo con un risultato di 61 a zero. Se la Lega avanza, sull’altro fronte, An e Udc tornano alla carica e rivendicano un maggiore controllo sulla politica economica del governo e, forse, la testa del ministro dell’economia Tremonti.

Il risultato più prevedibile nel prossimo futuro è una paralisi crescente del governo, che su tutti i temi controversi (federalismo, pensioni, tagli alle tasse, ecc.) si troverà profondamente spaccato al suo interno. Per quanto Berlusconi sia "azzoppato" dal risultato elettorale, non esiste tuttavia un’ipotesi credibile di ricambio al vertice interno alla destra. Questa coalizione può governare solo sotto il suo comando, e i tentativi di trovare una via d’uscita "morbida" dalla crisi incipiente sono destinati al fallimento.

Da dove venga la sconfitta del governo è più che mai chiaro: tre anni di continui attacchi sul fronte sociale, le menzogne di guerra, il peggioramento sensibile delle condizioni di vita sotto tutti gli aspetti (salari, pensioni, scuola, tutele sociali) hanno mostrato il re nudo. Ma soprattutto sono state le continue mobilitazioni di massa che a partire dal 2001 sono cresciute in tutto il paese, che hanno risvegliato la partecipazione di milioni di persone alla vita politica, a determinare la sconfitta della destra.

A sconfiggere Berlusconi non sono stati né Prodi, né D’Alema, né Fassino. Sono stati gli operai di Melfi, gli autoferrotranvieri, i siderurgici di Terni e Genova, la popolazione di Scanzano, i milioni e milioni di persone che sono scesi in piazza contro la guerra, per la difesa dell’articolo 18, della scuola pubblica e per tante e tante lotte che hanno segnato gli ultimi anni. È questo il vento che comincia a scuotere il potere della destra.

Qualcuno magari penserà che questa sia un’affermazione retorica, ma i dati elettorali delle opposizioni confermano questa posizione. Innanzitutto c’è il successo delle liste a sinistra dell’Ulivo. Rifondazione, Comunisti italiani e Verdi avanzano non solo in percentuale, ma anche in cifre assolute rispetto alle stesse elezioni politiche del 2001 (dove l’affluenza era oltretutto più alta). Il voto alla sinistra riflette una parte importante della radicalizzazione emersa nelle lotte di questi anni. L’avanzata del Prc in molte zone del sud, i risultati importanti nei comuni limitrofi a Melfi e in generale in Basilicata testimoniano l’influenza della lotta degli operai Fiat e contro le scorie nucleari a Scanzano.

Il gruppo dirigente dell’Ulivo ha fatto di tutto per spostare a destra il baricentro della propria politica e della campagna elettorale. La creazione del listone è stato il culmine di questa corsa a destra. Ma i risultati dicono che l’elettorato di sinistra ha fatto il possibile per rifiutare questa corsa a destra del proprio gruppo dirigente. Il listone ha avuto un risultato proporzionalmente modesto in percentuale (31,1), in cifre assolute si può stimare che abbia lasciato sul campo circa un milione e 800mila voti rispetto alle politiche del 2001 mentre rimane stabile rispetto alle europee del 1999. Mentre il listone va male, nel voto alle provinciali e comunali i Ds avanzano quasi ovunque, la Margherita cala e in generale i partiti col loro simbolo prendono più voti del listone ulivista. La riconquista a passo di carica di Bologna è un esempio evidente, con Cofferati al 56 per cento, i Ds che risalgono al 36,6 mentre la Margherita crolla, rispetto alle comunali del 1999, dal 13,2 al 6,9 (e il fratello di Romano Prodi raccoglie poche centinaia di preferenze).

La causa del modesto risultato del listone non è solo il luogo comune secondo cui nelle elezioni una lista unita è in genere minore della somma dei partiti che vi confluiscono. La questione è che tanti volevano votare a sinistra (includendo il voto ai Ds):lo hanno fatto quando potevano, e quando trovavano il simbolo del listone in molti casi desistevano dal votarlo.

Un’altra conferma della spinta a sinistra sono i buoni risultati dei candidati del "correntone" Ds (la sinistra interna al partito), che elegge quattro eurodeputati (su dodici eletti dai Ds) fra i quali spiccano le oltre 200mila preferenze di Claudio Fava in Sicilia.

Questi risultati preparano una nuova fase nella lotta di classe. La delegittimazione del governo sarà un forte incoraggiamento per tutti coloro che nel prossimo futuro dovranno mobilitarsi. La lista dei terreni di scontro è molto lunga, dai contratti di lavoro non rinnovati o prossimi alla scadenza (commercio, trasporto pubblico, metalmeccanici), alla scuola superiore, sulla quale in autunno si abbatterà la controriforma Moratti, per non parlare del conflitto in Iraq. La capacità di mobilitazione che in questi anni abbiamo visto crescere impetuosamente trarrà nuova linfa dalla sconfitta elettorale di Berlusconi. D’altra parte, l’indebolimento del governo non significa che non ci saranno nuove provocazioni da parte della destra. Al contrario, per quanto sia indebolito Berlusconi potrebbe tentare di scongiurare la prospettiva di una lenta agonia della sua maggioranza con un nuovo affondo contro i suoi avversari, che lo renda nuovamente arbitro all’interno della maggioranza costringendo i suoi alleati a disciplinarsi.

Ma è proprio la prospettiva di una nuova fase di dure battaglie nel paese che mette a nudo tutte le contraddizioni e l’incapacità dell’Ulivo di fare fronte ai compiti che si pongono. I risultati elettorali confermano da un nuovo punto di vista l’esperienza di questi tre anni: l’alleanza col centro, la politica della collaborazione di classe, la leadership consegnata a Prodi sono stati i principali fattori che hanno indebolito le lotte di massa nel paese e sono stati anche il freno principale che ha impedito una vittoria schiacciante già in queste elezioni.

La litania secondo la quale "la sinistra deve allearsi al centro per vincere" si è dimostrata falsa anche sul piano elettorale. L’alleanza col centro, ossia con settori consistenti della borghesia è stata la gabbia che ha impedito il pieno dispiegarsi delle lotte nel paese: sulla guerra, ha spinto i Ds in un balletto tragicomico durato quasi un anno, al termine del quale il voto "unitario" per il ritiro delle truppe aveva un chiaro sapore strumentale, e non a caso è stato subito smentito e di fatto ripudiato da numerosi esponenti dell’Ulivo, da Amato allo stesso Prodi. Lo stesso dicasi per le lotte operaie, che la borghesia ulivista vede con ostilità anche maggiore di quella che rivolge alla destra.

Ebbene questo ruolo di freno si è manifestato anche sul piano elettorale: la Margherita arretra, il partito di Mastella quasi scompare, e mentre i dirigenti Ds corrono a destra, i voti cercano di andare verso sinistra.

In questo contesto è decisivo che il Prc torni ad articolare nel modo più chiaro e comprensibile la parola d’ordine della rottura al centro, dell’indipendenza di classe, di un programma realmente alternativo a quello della destra, che rompa su tutti i terreni con le politiche della compatibilità capitalista. Gli assi di un tale programma sono evidenti: ritiro delle truppe dall’Iraq e chiusura delle basi Usa e Nato in Italia, abolizione della legge 30 e del Pacchetto Treu, per la trasformazione dei contratti precari in contratti stabili, difesa di ogni di posto di lavoro minacciato dalle crisi industriali e finanziarie ormai continue con misure quali la riduzione d’orario di lavoro, l’apertura dei libri contabili delle aziende in crisi, il controllo operaio sulle aziende minacciate di smantellamento, fino alla nazionalizzazione senza indennizzo dei grandi gruppi, da Parmalat alla Fiat, che dopo aver fatto miliardi si apprestano ad abbandonare i lavoratori sulla barca che affonda. E ancora: difesa di salari e pensioni attraverso un meccanismo di scala mobile, mettere le mani su quei giganteschi patrimoni creati o alimentati dalla politica fiscale di Berlusconi, che con i tagli alle tasse, i condoni ecc. ha grandemente favorito tutti i settori parassitari della società, dalla rendita finanziaria a quella immobiliare; lotta alle misure razziste della legge Bossi-Fini; difesa della scuola pubblica e cancellazione della riforma Moratti; rinazionalizzazione dei settori industriali strategici (telecomunicazioni, trasporti, acciaio) e dei servizi sociali privatizzati in questi anni.

Oggi queste rivendicazioni possono essere comprese da milioni di persone, un programma del genere sorge spontaneamente da tutte le mobilitazioni che abbiamo visto in questi anni. Dobbiamo calarci con audacia in ogni lotta, in ogni mobilitazione per diffondere e sviluppare queste parole d’ordine le quali, lo ripetiamo, non hanno oggi nulla di astratto o di estremistico, ma vanno incontro con naturalezza alla coscienza di massa che si sta sviluppando fra i lavoratori, in particolare laddove si determinano mobilitazioni radicali.

Al tempo stesso dobbiamo battere con insistenza su un punto: un programma di questo genere non può essere difeso se non rompendo con la borghesia, con il centro, con Prodi, con Amato, con tutti quelli che all’interno degli stessi DS hanno sviluppato negli anni una politica organicamente borghese: insomma con tutti coloro che pensano di poter usare le lotte di massa come una leva per scalzare Berlusconi per poi mettersi al suo posto e fare, alla fine, la stessa politica o quasi.

Un programma che punti chiaramente a tagliare alla radice tutti i nodi che abbiamo di fronte può suscitare energie gigantesche e può parlare anche a milioni di lavoratori, di pensionati, di giovani che possono aver creduto alle sirene berlusconiane e che oggi sono fortemente delusi dal governo di destra, ma non trovano certo convincente la prospettiva di abbandonare Berlusconi per eleggere a primo ministro un Prodi, presidente della Commissione europea e artefice di tutte le politiche antisociali che da Bruxelles calano in tutta Europa, a partire dall’attacco alle pensioni, dalle privatizzazioni, e via di seguito.

Il risultato scarno del "listone" riapre il dibattito interno ai Ds e alla sinistra tutta. È un fatto positivo, che dobbiamo cogliere con tutte e due le mani. Altro che disinteressarci di chi guiderà l’opposizione, come dichiara Bertinotti! È invece nostro interesse e soprattutto è di vitale importanza per la classe lavoratrice che si apra precisamente una lotta aperta e senza mezze misure per sottrarre la direzione dell’opposizione alle forze borghesi oggi impersonate da Romano Prodi.

Rifondazione comunista ha avuto un voto positivo, che riflette appunto le potenzialità di una nuova radicalizzazione di massa. Si può e si deve puntare molto più in alto, le condizioni esistono. Ma soprattutto si deve investire il risultato positivo e l’autorità che ne deriva per il Prc gettandosi nella mischia, ossia lanciandosi nel dibattito che oggi attraversa tutta la sinistra. Abbiamo un messaggio chiaro da dare a tanti compagni e tanti lavoratori che hanno votato a sinistra, dai Ds al Pdci: Berlusconi si può battere, ma non si può vincere fino a quando sul ponte di comando ci saranno i Prodi, i Rutelli, gli Amato, e soprattutto non si può, con questi elementi, dare la svolta radicale che milioni di persone chiedono anche col voto.

Contro la corsa al "centro", in un’alleanza che subordina sistematicamente i lavoratori a una politica che non li rappresenta, che mortifica le potenzialità dei movimenti, la sinistra può e deve puntare a governare il paese avanzando un programma di trasformazione della società e a dare finalmente risposta alle aspirazioni di una classe operaia che oggi, finalmente, torna ad alzare la testa e a farsi sentire, gettandosi alle spalle tanti anni di arretramenti, di speranze tradite e di sconfitte.

La Redazione di FalceMartello

18/06/2004

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