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MERSE, LA STORIA DELLE POLEMICHE INFINITE (arsENIco)
by IL CITTADINO OGGI, martedi 6 luglio 2004 Wednesday, Jul. 07, 2004 at 8:20 AM mail:

MERSE, LA STORIA DELLE POLEMICHE INFINITE L’eco della vicenda del fiume inquinato ha ora oltrepassato la Manica. Ecoo come è nata. (Inserto) Lo Scenario : L’ALLARME INGLESE PER L’ARSENICO

IL CITTADINO OGGI, martedi 6 luglio 2004, pag. 14

MERSE, LA STORIA DELLE POLEMICHE INFINITE
L’eco della vicenda del fiume inquinato ha ora oltrepassato la Manica. Ecoo come è nata.

VALDIMERSE. La vicenda dell’inquinamento da metalli pesanti nel fiume Merse è un a vicenda annosa che affonda le sue dinamiche nella deindustrializzazione delle colline Metallifere. Ambientalisti, aziende coinvolte, istituzioni, tutti danno una propria versione dei fatti e il cittadino comune può perdere il filo conduttore del processo che sta alla base del fenomeno. Proviamo, quindi a ricostruire nel modo più oggettivo possibile i fatti più recenti. Nell’aprile 2001, il fiume Merse riceveva una portata assai ingente di acqua e fanghi.

Il maggio seguente, l’allarme dello scempio era già cominciato a dilagare fra ambientalisti, istituzioni e cittadinanza: il clamore si fece più alto, soppratutto tra i comitati e circoli ambientalisti, in provincia di Siena in particolare grazie al circolo di Legambiente di Sovicille.

Dopo l’iniziale minimizzazione delle autorità preposte al controllo, Arpat grossetano in testa, i sindaci del Comune di Montieri e di Chiusdino, pur molto preoccupati, dovettero accontentarsi del fatto che autorità di controllo e azienda mineraria assicuravano la non emergenza di rischi ambientali. In seguito alla publicazione sui giornali di Siena e Grosseto dei dati delle analisi chimiche di due ambientalisti maremmani, Roberto Barocci e Renzo Radi, invece, anche le amministrazioni provinciali cominciarono ad uscire dal loro torpore, esprimendo “sconcerto e vivo rammarico”. Quantunque le due Amministrazioni, più che ignare dei fatti erano in ritardo sui tempi di presa di coscienza del problema, in quanto sia il distretto minerario di Grosseto che la Magistratura avevano nel ‘97 informato le autorità. Nel ’96 - dice Roberto Barocci nel libro “Maremma Avvelenata” - quando fu deciso di chiudere la miniera di Campiano, e con essa le pompe di drenaggio delle acque che filtravano nella miniera, un Comitato spontaneo di minatori aveva denunciato pubblicamente che con l’allagamento della miniera si sarebbero inquinate le falde idriche. Quei minatori dissero a gran voce che le acque di falda intercettate negli anni precedenti dai lavori di scavo in miniera e fino a allora allontanate dopo drenaggio, non dovevano venire in contatto con le ceneri ematitiche provenienti da un altra industria chimica dell’Eni, rifiuti che loro sapevano essere stati smaltiti nelle cavità della miniera assieme a fanghi di depurazione mantenuti asciutti fintanto che la miniera era in funzione. All’epoca, la denuncia rimase inascoltata e stanchezza e rassegnazione prevalsero.

Oggi, invece - continua Roberto Barocci nel libro - si può affermare che i fanghi per il cui smaltimento non c’era autorizzazione e i 67000 mc di ceneri ematitiche smaltiti all’interno della miniera in cavità non impermeabilizzate, come avrebbe previsto la normativa, sono a tutti gli effetti rifiuti tossici e non inerti, come era stato avallato dalla Regione Toscana. I fanghi e le ceneri ematitiche erano capaci di cedere all’acqua metalli pesanti oltre i limiti di legge: questo è quanto nel ‘97 è stato confemato dalla Magistratura agli enti locali, dopo le prime indagini svolte, le quali hanno ricostruito una prassi amministrativa che secondo, i consulenti tecnici della Procura di Grosseto non trovava nessun supporto nella normativa statale e che però consenti di classificare i rifiuti come materiali riutilizzabili. Chiudendo la miniera, lo spegnimento del sistema di drenaggio che la manteneva asciutta, è stato all base dell’allagemento di cavità per un volume di oltre un milione di metri cubi e di conseguenza si è giunti al dilavamento dei rifiuti di consistenza limosa, che da aprile 2001 sono cominciati a uscire in superficie. La quantità di acqua inquinata all’interno della miniera è pari al volume delle cavità e costante è la portata liquida e solida in uscita, perchè costanti sono le portate delle falde intercettate dalla miniera. E poichè altrettanto notevoli sono le qunatità di ceneri, tutto fa ritenere che il fenomeno continuerà per molti anni” (continua - 1)

 (Inserto) Lo Scenario
L’ALLARME INGLESE PER L’ARSENICO

VALDIMERSE . Il fiume Merse sembra aver raggiunto l’apice della popolarità addirittura a livello internazionale. Certo, che ciò sia dovuto alla polemica sull’arsenico in essa contenuto non fa piacere a nessuno. Il Merse ha sempre attirato un gran numero di turisti, che la preferivano per la tranquillità e l’aria buona. Ma ora le cose sono cambiate.

I giornali britannici Independent e Daily Telegraph hanno pubblicato nei mesi scorsi alcuni articoli sull’argomento, grazie all’attenzione dell’inglese Charlie Holmes. Parte di questa insolita battaglia a colpi di e-mail è stata combattuta in internet da Roberto Barocci Charlie Holmes e Gianfranco Sciarra. The Independent, il 12 giugno. ha mandato il suo giornalista Peter Popham in avanscoperta con Roberto Barocci, insegnante e consigliere ambientale di Rifondazione. Nell’articolo si legge: “La Toscana con le sue fascinose ville in affitto, le sue meravigliose città del rinascimento come Siena e Firenze, una splendida campagna e cibo e vino meravigliosi è una delle destinazioni più popolari per la vacanze della classe media britannica. Ma non molti visitatori sanno che ampi tratti della Toscana meridonale fino ad arrivare alle propaggini sudorientali di Siena, una delle città toscane più amate, hanno vissuto in questi anni una calamità ambientale”. Compito delle autorità competenti, a questo punto, dovrebbe essere tranquillizzare cittadini e potenziali turisti. Perché, onestamente, magari di arsenico senza saperlo ne assumiamo da cibi, aque minerali e verdure. Ma saperlo fa tutto un altro effetto.

L’arsenico fa paura, altrimenti perché due tra i più noti giornali britannici si sarebbero presi la briga di perdere tempo e soldi alla ricerca della verità? E, eventualità ancora peggiore, se davvero come sostiene Gianfranco Sciarra, del Laboratorio di Sanità Pubblica dell’area vasta Toscana Sud, “il problema si pone invece e in maniera estremamente importante per le acque minerali, le quali essendo sottoposte ad altre leggi possono contenere quantità di arsenico ben superiori a quelle di rubinetto.” Sciarra cita il fatto che una delle acque più vendute e pubblicizzate d’Italia, conterrebbe una concentrazione di arsenico ben superiore ai 10 microgrammi/lt. L’idea di tutto questo arsenico, insomma, non va proprio giù.

 

Elena Pattaro.

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