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Il 13 novembre a Mestre contro la NATO! L'Italia è in guerra ma finge di non saperlo
by Umanità Nova Saturday, Oct. 23, 2004 at 10:37 AM mail: fat@inrete.it

Umanità Nova, numero 33 del 24 ottobre 2004, Anno 84


Il 13 novembre tutti a Mestre contro la NATO!
L'Italia è in guerra… ma finge di non saperlo

La foto di una donna afgana mentre, col burka indosso, mette una scheda nell'urna elettorale ha fatto il giro del mondo.
Ci avevano raccontato che la guerra in Afganistan avrebbe liberato le donne; tre anni dopo di fronte ad un diritto formale di voto, c'è la persistenza dell'oppressione religiosa sessista, un'infinita occupazione militare Usa-Nato, l'invariato ricorso alle torture nelle carceri, l'imperversare dei signori della guerra e del narcotraffico.
Le immagini, si sa, sono per natura ingannevoli, ma talvolta svelano le contraddizioni che si vorrebbero nascondere.
Cosa sia stata in passato la guerra lo sappiamo bene, anche se certo senza la drammatica consapevolezza dei nostri genitori o dei nostri nonni; cosa sia oggi il militarismo, in rapporto con quanto è stato nel secolo scorso, appare da un lato come qualcosa di molto diverso - basti pensare agli immani assalti alla baionetta del primo conflitto mondiale - ma allo stesso tempo ne conserva immutati ed accentua aspetti in apparenza anacronistici.
"Una modernità che riproduce gli orrori delle stragi primeve - come ha amaramente scritto un giornalista come Giorgio Bocca certo non imputabile di estremismo - Carri armati, telecomunicazioni, aerei, truppe speciali e nel cortile un macello che fa impallidire i saccheggi delle vecchie guerre. Il prezzo richiesto dai soldati, la libertà di uccidere, stuprare, incendiare, che è il nostro piacere supremo".
Questa è la realtà, la nostra realtà di una società in guerra che non vuole sapere di essere in guerra e tanto meno è disposta ad ammettere di stare esportando dolore e sopraffazione.
Eppure in Iraq e in Afganistan ci sono truppe e mezzi militari col tricolore, co-responsabili di aggressioni e occupazioni unilaterali; così come solo pochi anni fa aerei con la coccarda tricolore hanno sganciato bombe su obiettivi civili e militari nei Balcani, dove ancora permangono contingenti "di pace" italiani. Analogamente, una decina di anni fa militari italiani erano parte dell'indecente operazione Restore Hope in Somalia.
Tempi ed aree geografiche diverse, eppure con uno scenario molto simile in cui la pacificazione e l'instaurazione della democrazia significano violenze contro i civili ed interessi economici, torture ed affarismo, repressioni e ruberie legalizzate.
Mentre la cosiddetta informazione, puntuale nell'amplificare la retorica della lotta al terrorismo, socchiude sistematicamente gli occhi davanti al terrore statale: i diritti umani, la civiltà, le tanto declamate garanzie democratiche perdono ogni importanza davanti al monopolio della violenza esercitata del potere costituito.
Ma se tutto questo è possibile, è anche per responsabilità di settori politici e sociali che, almeno per rispetto delle proprie origini storiche, dovrebbero insorgere contro la "normalità" dello stato di guerra. Emblematico a riguardo l'atteggiamento dei principali sindacati italiani - Cgil, Cisl, Uil - che, nonostante milioni di lavoratori iscritti e milioni di persone nelle piazze a manifestare per la pace, non hanno trovato la volontà ed il coraggio politico di promuovere uno sciopero generale che mettesse alle corde il governo della guerra, lo stesso governo che finanzia le imprese militari e nuovi armamenti tagliando spese sociali, pensioni, stipendi.
Responsabilità non meno gravi quelle dei partiti del centro-sinistra, in difficoltà persino a richiedere il ritiro incondizionato dei contingenti militari italiani dai teatri di guerra, quegli stessi partiti che vorrebbe candidarsi quale alternativa all'attuale maggioranza governativa.
Da qui la necessità di sviluppare il nostro impegno antimilitarista, non tanto e non solo per ragioni etiche, ma perché la questione della guerra è oggettivamente la questione sociale su cui, da una parte si vanno definendo nuovi assetti di dominio e dall'altra s'intrecciano pratiche d'opposizione e prospettive di liberazione.
Pratiche e prospettive ben presenti nelle nostre prossime scadenze: 4 novembre ovunque per non dimenticare la prima strage mondiale, 13 novembre a Mestre contro la Nato e il militarismo.
Sandra K.

http://www.federazioneanarchica.org

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