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Mammagialla Diario di una carcerazione
by da Filiarmonici Saturday, Nov. 06, 2004 at 10:20 PM mail:

di Claudio Dionesalvi "Gian Luigi Pascale, la Santa Romana Chiesa ci ha dato il triste incarico di decidere della tua sorte. Tu sei accusato di eresia, di bestemmia, di corruzione del popolo. Che hai da dire in tua discolpa? Soltanto chi è colpevole si discolpa. Io non ho mai commesso alcun delitto, e pertanto non devo chiedere a voi né grazia né perdono". Franco Dionesalvi, "La Casa del Mago"

Venerdì 15 novembre 2002, Cosenza, via Miceli n° 5, ore 0,30

"Canta la gallina Canta il gallo
ecco Mussolini che monta a cavallo
canta il gallo canta la gallina
sicuro che a ogni notte segue una mattina"
Giovanni Lindo Ferretti, "Settanta"

Driin
- Oi mamma, chi cavolo sarà a quest'ora?! Loredà, forse è Giucas che s'è scordato qualcosa!?
Driin. Il campanello di casa mia è una tromba del giudizio, sparata ad un metro e mezzo dalle orecchie. Il letto fluttua alla stessa altezza della soneria. Non c'è bisogno di alzarsi, per mandare a quel paese chi ti sveglia nel primissimo sonno:
- Ma chi cavolo è? Chin'è…ncul'a Satana!?
- Aprite, polizia!
L'ultima volta che me li ero ritrovati in camera, saranno state le 6 di un mattino d'estate e li aveva introdotti mia madre:
- Clà, vedi che c'è l'ispettore. Dice che deve parlarti.
In quel caso, dormivo nel lettone matrimoniale. Ero appena uscito dalla sala operatoria. Una gamba spezzata in due, e diversi ematomi, dopo le cariche della polizia in curva al termine di Cosenza-Brescia. Comunque, erano venuti solo per perquisire. Mi estirparono agende, fotografie, il computer e via. Li aveva mandati un Pubblico ministero intrippato. S'era fissato con me. Voleva a tutti i costi che gli rivelassi le fonti di alcuni miei articoli. E visto che continuavo a dirgli elegantemente di andare a quel paese, aveva deciso di fregarsi momentaneamente le mie carte per frugarci dentro.
- Driin, Driin
Stavolta, invece, alla porta devo presentarmi per forza io, insieme a Loredana.
Non c'è mia madre a chiedere: "Volete il caffè?"
I poliziotti, d'altronde, non hanno l'aria di chi vuol fare colazione, e magari togliere subito il disturbo. La porta si schiude ed appaiono due facce nostrane. Digos. Gente vista e rivista in quindici anni di stadio, cortei e marciapiede. Ma ad un certo punto la curiosità prende il sopravvento e lo sguardo si spinge sul pianerottolo. Hiii. È lì che capisco per la prima volta che mi sta accadendo qualcosa di assolutamente eccezionale.
Non le avevo mai viste prima da vicino. Solo in televisione, o sui libri che parlano degli anni settanta. Incredibile, sono venute a prelevarmi le guardie imperiali, in persona! Due sbirroni alti e grossi da fare paura, con il passamontagna del Ku klux Klan e i mitra spianati.
Porco Giuda, questi mi sequestrano. Non è la solita perquisizione. Lì per lì, ad uno sbirro più umano glielo chiedo pure:
- E' successo un colpo di Stato? Mi state portando via?
Quello risponde come da copione.
- Piano con le parole. Si segga che ho una cosa da leggerle. E poi si prepari, ché deve venire con noi.
Addio. Fine della storia. Te ne stavi dormendo tranquillamente. Domani è il compleanno di Loredana. Il vino per la festa è arrivato apposta da Segesta.
E mò che vogliono questi? Io devo fare quattro ore di lezione a Lauropoli, domani.
Ho già preparato i video per i ragazzi.
I ragazzi. Chi glielo spiega perché sono finito in galera?! Aspetta un momento, ma non lo so nemmeno io. Le gambe si fanno morbide, il respiro aumenta. Sudo. Un amico dottore mi ha detto che in questi casi, quando il sistema nervoso si scuote troppo, bisogna sedersi comodi, stendere le zampe e respirare a fondo. Devo farlo subito. Non voglio stare male davanti a questi. Anzi, sai che ti dico. Non voglio stare male per niente. Ritorno sui poliziotti:
- Insomma, si può sapere perché mi state arrestando?
Sul tavolo c'è un malloppone di fotocopie rilegate da una fibbia di plastica rossa. Quasi un sigillo! Il tipo mi fa segno di dare un'occhiata. Metto a fuoco la prima pagina. Zummo sui nomi degli altri compagni di sventura. I primi non mi dicono niente.
- Ma io a questi neanche li conosco…no, aspetta, porco Giuda, avete arrestato anche Annetta e Gianfranco…o mio Dio, Antonino, Michele, Giancarlo, Cirillo e Lidia.
L'elenco si chiude, e finalmente appare l'accusa: "Associazione sovversiva, Cospirazione politica".
Droghe lisergiche, nella giornata precedente, non ne ho assunto. Però la sensazione di fluttuare, di non essere mai sceso dal letto, si fa sempre più avvolgente. Ad ogni sforzo d'usare la ragione, mi gira la testa. Ripenso a quel Pubblico Ministero che m'aveva fatto perquisire la casa in una mattina d'estate. Era arrivato al punto di far interrogare mia madre e mia zia. Aveva pure mandato il Ros ad infilarmi una mostruosa cimice in macchina. Altro che "micro"spia! Quella cosa sembrava un baracchino. Ovviamente, la scoprii e gliela spiattellai in conferenza stampa. Non fu difficile trovarla, nel doppiofondo del tettuccio. In fondo, quelli che l'avevano piazzata, sempre carabinieri erano. Lui, comunque, non me l'aveva detto chiaramente, ma s'era fatto capire: se becco chi a Cosenza metteva i tric trac di notte davanti a caserme e luoghi emblematici del Potere, ti trascino nell'inchiesta con l'accusa di favoreggiamento.
I tric trac sono giochi pirotecnici: esplodono tre petardi seguiti da una botta più forte.
Però adesso, nel novembre del 2002, non mi stanno arrestando per quella storia. L'ipotesi di reato è diversa. Guardo e riguardo il fascicolo marchiato di rosso.
A me Cospiratore? È un titolo di riconoscimento elevatissimo. Ricorda Mazzini, Gramsci. Io al fianco di questi. Mia nonna me lo aveva detto che sarei arrivato lontano. Se fosse stato vivo suo marito, nonno Dionigi, avrebbe toccato il cielo con un dito. Antifascista, anticlericale, ribelle. Per lui un nipote in carcere con una simile accusa, sarebbe stato l'orgoglio della famiglia.
Sì, ma mò questi mi stanno portando via, lontano da Loredana e mio fratello, e non so nemmeno dove. Vabbé, nel carcere di via Popilia, certamente. Lì qualche amico ce l'ho. Non mi tratteranno male.
Gli sbirri, intanto, continuano a farmi firmare carte. Tanto, ci sono abituato. A scuola, con 'sta maledetta autonomia, ti fanno firmare ogni sei secondi. Alzo lo sguardo dalla montagna di carte e nella stanza si è già materializzato Maurizio, che impugna il faldone. Maurizio è il mio avvocato. Dodici anni fa, abbiamo fatto insieme le lotte per conquistare il centro sociale. All'epoca, non era neanche laureato. Però si vedeva che la sapeva lunga. Nelle assemblee, non facevi in tempo ad articolare una proposta, che lui aveva già in mano una soluzione più avanzata e razionale. Noi eravamo un branco di diciottenni incazzati. Avremmo occupato qualsiasi cosa, ad oltranza.
Lui proveniva dai collettivi e dall'area di piazza Loreto. Creativi, ma molto concreti. È grazie anche alla sua perspicacia che alla fine ci decidemmo ad accettare l'offerta dell'ex "Villaggio del fanciullo" come sede per il Gramna.
Negli anni successivi, proprio Maurizio ha dovuto difendere me e tanti altri dalla solita valanga di denunce che ronzano intorno alle esistenze di chi milita nei centri sociali. E l'avvocato non si è mai perso d'animo. "Radunata sediziosa, oltraggio, manifestazione non autorizzata, vilipendio, istigazione alla diserzione, occupazione di suolo pubblico ed edificio privato"…
- Statti tranquillo Clà, sono tutte stronzate.
E poi, emettendo l'immancabile sbuffata di fumo, accompagnava il ritornello rassicurante con una risatina.
Ma quando Maurizio finisce di leggere il fascicolo, per la prima volta mi guarda in paranoia. È preoccupato. Prova a non lasciarlo trasparire, però è in tensione. Con una manovra diversiva, cerca di distendere il clima che si fa sempre più pesante. E quando meno me lo aspetto, anche lui, come il dentista, è costretto a sparare la peggiore di tutte le verità della nottata:
- Ah, prima di uscire, dimenticavo di dirti una cosa. Ti portano a Trani, in un carcere di massima sicurezza.
Tombola. Mi sento sprofondare. Poi capisco che non me lo posso permettere. Ogni segnale di debolezza getta nello sconforto Maurizio, Loredana e mio fratello. Persino gli sbirri, sotto sotto, capiscono che la stanno facendo grossa. Uno di loro ha gli occhi gonfi di lacrime. Se finge, è un bravo attore, perché la parte gli riesce proprio bene. Chiedo se posso portare con me qualche libro. E perché no? Prendo i canti di Leopardi, un testo di Eraclito e Luther Blissett: "Q". Dopo avere effettuato la prima di tante pisciate in pubblico, visto che da quel momento in poi per una lunghissima settimana non riuscirò più ad avvicinarmi al water senza spettatori, esco di casa a pugno chiuso, e squarcio con un sorriso tirato, il buio che prova a rattristarmi.
Ormai sono sul palcoscenico. Tanto vale mantenersi allegri.


***

Venerdì 15 novembre 2002, Questura di Cosenza, ore 3,30

"Mi muovo nella notte piena
in faccia al cielo
dove nessuno mi conosce per davvero
e imparo a essere cattivo
perché devo
la meschinità mi accerchia
e io spingo col pensiero
va bene che non vado a mettere le bombe
va bene che non sputo sulle vostre tombe
lotto con me per primo
ogni uomo ha un motivo
per svegliarsi il mattino
.......

da:
Mammagialla
Diario di una carcerazione
di Claudio Dionesalvi
Frammenti scelti dall'autore

http://www.filiarmonici.org/mammagialla.html

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