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Un tic volontario nei servizi dei media sull’Iraq
by nuovimondimedia Saturday, Dec. 04, 2004 at 1:47 PM mail:

Un tic volontario nei servizi dei media sull’Iraq

Un tic volontario nei servizi dei media sull’Iraq
di Norman Solomon da AlterNet

L’uso selettivo dei media americani dell’espressione ‘forze irachene’ è sintomatico del modo in cui la corrente principale dei media si rimette alla terminologia di Washington, rifacendosi quasi di riflesso alla terminologia, all'arroganza e all’umore dell'amministrazione.


Quando certi termini ronzanti e ingannevoli diventano parte del panorama mediatico, questi presentano in modo tendenzioso i servizi d’informazione e deviano le percezioni del pubblico. Questo vale per l’espressione ‘forze irachene’ – ora usata abitualmente durante gli attacchi dei media americani, inclusi i quotidiani più influenti del paese.
Il New York Times e il Washington Post aprono la strada ai servizi d’informazione che applicano l’etichetta originaria ‘forze irachene’ ai combattenti che sono favorevoli all’occupazione americana... ma non ai combattenti iracheni che sono contro l’occupazione americana.

Alcuni esempi recenti:
* "Le forze americane e irachene continuano a combattere a Samarra..." (Washington Post, 15 Nov. )
* " Domenica, sono scoppiati numerosi scontri tra i ribelli e le forze americane e irachene nella città nord di Mosul… Ci sono volute cinque ore perché le forze americane e irachene uccidessero o respingessero i ribelli.” (New York Times, Nov. 15)
* " Otto giorni fa le forze americane e irachene irruppero attraversando un muro difensivo di fango intorno a Fallujah.” (Washington Post, Nov. 16)
* "A Baquba, 35 miglia a nord est di Baghdad, i ribelli proseguono gli attacchi contro le forze americane e irachene..." (New York Times, Nov. 17)

Giorno dopo giorno gli attacchi dei media americani non possono fare altro che conferire il termine ‘ forze irachene’ ai combattenti iracheni alleati con gli Stati Uniti - non ai combattenti iracheni che si oppongono agli Stati Uniti.

Nel frattempo il Los Angeles Times del 16 novembre ha riferito che ci sono prove schiaccianti che gli occupanti stiano combattendo “una rivolta interna dominata dagli iracheni, non da soldati stranieri.” Secondo il quotidiano: “degli oltre 1.000 uomini di età compresa tra i 15 e i 55 anni catturati durante intensi combattimenti durante l’ultima settimana, è confermato che solo 15 siano soldati stranieri, ha detto lunedì il gen. George W. Casey, comandante in capo delle forze da terra.”

La notizia del L.A. Times affermava che “nonostante l’intensa attenzione posta dagli ufficiali americani e iracheni sul gruppo del militante giordano Abu Musab Zarqawi, insistendo sul fatto che la maggior parte degli iracheni sostenga il governo provvisorio del paese, i comandanti americani hanno detto che la loro stima della proporzione di stranieri tra i nemici è (sic) circa il 5%.”

Riferendosi a una guerra che contrappone giornalmente iracheni contro iracheni, i servizi d’informazione dovrebbero riferire di “forze irachene alleate agli americani” oppure “ forze governative irachene” – per distinguerle dalle forze ribelli irachene che stanno dall’altra parte. Dalla prospettiva del giornalismo, che dovrebbe battersi per la chiarezza e la precisione, questo dovrebbe essere il minimo.

Ma l’amministrazione Bush – che promuove l’atteggiamento che solo le forze irachene alleate siano veramente le uniche degne di questo nome – è desiderosa di offuscare esattamente quello che un buon servizio dovrebbe chiarire. E gli attacchi dei maggiori media americani sono utili a formare una foschia giornalistica intorno ad un evento centrale: il governo americano è in guerra con i popoliche afferma di liberare.

Se volete sollecitare una cronaca imparziale sull’Iraq, potete inviare e-mail ai giornalisti incaricati a rispondere alle critiche dei lettori. Le lettere inviate al Washington Post devono essere indirizzate all’incaricato dei relazioni con il pubblico e addetto alle lamentele Michael Getler (ombusman@washpost.com); al New York Times il direttore d’ufficio è Daniel Okrent (public@nytimes.com).
Sfortunatamente l’uso altamente selettivo dei media americani dell’espressione “forze irachene” è sintomatico del modo in cui i servizi d’informazione si rifanno quasi di riflesso alla terminologia, all'arroganza e all’umore di riferimento di Washington.

Gli attacchi alle truppe d’occupazione americane in Iraq sono spesso descritti come un lavoro di ‘terroristi’. Lungo il cammino, gli attacchi dei media americani – diversamente dai servizi d’informazione di gran parte del mondo – servono a sminuire i resoconti delle testimonianze oculari del tributo delle morti di civili in seguito agli assalti militari americani. In questo paese tali resoconti sono spesso ignorati o tenuti in poca considerazione perché ‘non confermati’.

E, dalla metà di quest’anno, i servizi d’informazione hanno riportato che l’Iraq ha acquisito ‘sovranità’. È vero che il primo ministro ad interim scelto dagli Stati Uniti, Ayad Allawi si è insediato alla fine di giugno, ma questo modifica di poco la realtà che egli essenzialmente sia al servizio dello sponsor e protettore, il governo americano. I giornalisti dovrebbero distinguere tra le richieste della Casa Bianca e un servizio accurato.

Fonte: http://www.alternet.org/columnists/story/20552/
Traduzione di Elena Mereghetti per Nuovi Mondi Media

  | Sabato, 04 Dicembre 2004 - 05:16

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