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Carcere per tossicodipendenti: polemiche e commenti
by Black_Cat Monday, Feb. 21, 2005 at 7:08 PM mail:

Il carcere per tossicodipendenti di Castelfranco Emilia e le polemiche

“Carcere per tossicodipendenti, e’ gestito anche da San Patrignano”, e’ il titolo del reportage di Jenner Meletti pubblicato dal quotidiano La Repubblica. Era chiaro fin dal titolo che si sarebbe riaperto il dibattito, e cosi’ e’ stato. Il 21 marzo verra’ inaugurata a Castelfranco Emilia, nel modenese, la prima struttura di rieducazione che potra’ accogliere fino a 140 detenuti alla presenza di almeno due esponenti del Governo: Gianfranco Fini e Carlo Giovanardi.
Il progetto preparato dalla Comunita’ di San Patrignano e’ studiato per il recupero di quei tossicodipendenti condannati a pene detentive che non permettono l’assegnamento alla comunita’.

I primi commenti negativi arrivano da Paolo Ferrero, della segreteria nazionale del Prc, e Paolo Cento, deputato Verdi-Unione e vicepresidente della Commissione giustizia.
“L'annuncio dell'apertura di un carcere per tossicodipendenti da affidare alla gestione dei privati non e' una buona notizia -ha detto Ferrero- Invece di imboccare la strada europea della 'riduzione del danno', il Governo prosegue sulla fallimentare strada della repressione, inaugurata da Craxi in funzione elettorale, e gia' bocciata da un referendum popolare. Questo nuovo carcere privato costituisce l' anticipo della legge Fini sulle droghe: criminalizzazione delle fasce giovanili e fiumi di denaro alle strutture private che occupano il mercato della 'cura coatta'. Una barbarie postmoderna, lo 'stato etico' in appalto”.
Cento ha inviato un'interrogazione urgente ai ministri dell'Interno e della Giustizia sul nuovo 'carcere' per tossicodipendenti. Cento ha chiesto ai ministri di venire subito a riferire in Parlamento su questo progetto di 'carcere privato' “che sembra piuttosto una sorta di San Patrignano 2, di cui la stessa Regione Emilia-Romagna e' rimasta all'oscuro fino a oggi. Non e' accettabile che un carcere venga pensato, istituito e gestito come si trattasse di un'azienda privata. Il Governo, che sara' tra l'altro presente all'inaugurazione, deve dare spiegazioni alle istituzioni locali, al Parlamento e ai 140 detenuti tossicodipendenti che stanno per essere inviati li' per il trattamento. E tutto questo nonostante sul territorio esistano gia' da oltre dieci anni i Servizi di custodia attenuata. Non vorremmo che il silenzio che il Governo ha messo su questa operazione sia in realta' un' anticipazione di fatto delle proposta di legge Fini sulle droghe, per altro ancora in fase di discussione iniziale in Parlamento”.

“Dalla padella alla brace”, cosi' Antigone, l'associazione che si batte per il rispetto dei diritti nelle carceri. “Non era proprio quello di cui avevamo bisogno: un carcere affidato alla Comunita' di San Patrignano -dichiara Stefano Anastasia, presidente di Antigone- la quale e' pur sempre un soggetto privato. Da anni segnalavamo questo rischio, questo primo embrione di privatizzazione. Non importa se il privato e' una multinazionale della sicurezza come negli Usa o un ricco soggetto del privato sociale, come in Italia”. “Comunque la privatizzazione della pena e' pericolosa per i diritti umani. La gestione della pena non puo' e non deve essere affidata a privati. Le Nazioni Unite da oltre un decennio denunciano i rischi della privatizzazione delle carceri”. Per Anastasia e' grave che “non si abbia il coraggio di affrontare la questione delle droghe con le armi delle politiche sociali, si rinunci alla gestione diretta di una struttura penitenziaria e si mescoli il carcere con la comunita' terapeutica”.

“Nessun pregiudizio ideologico”, per Massimo Barra, fondatore e direttore della comunita' Villa Maraini. “Tutto cio' che puo' servire ad attenuare la condizione disumana del carcere e' benvenuto perche' il carcere e' un luogo di abiezione e violenza, e' una palestra di violenza, e' uno dei grandi problemi dell'umanita’”. Quindi, “nessun pregiudizio ideologico che impedisca la gestione a privati di un carcere”. “Saranno i contenuti a dirci se l'esperimento sara' positivo o negativo: se prevarranno i contenuti terapeutici o quelli, di sopraffazione e di potere, tipici dell'istituzione carceraria”. Secondo Barra seguire una terapia disintossicante in carcere e' difficilissimo, perche' “le dinamiche tipiche della struttura carceraria sono in contrapposizione con questo tipo di percorso”. Insomma, e' una tematica “altamente complicata da gestire” insiste il fondatore della piu' importante comunita' terapeutica di Roma. Barra apprezza “il tentativo di affidare un carcere a privati per gestirlo in modo piu' umano”, che e' “meglio della detenzione attenuata (che prevede, all'interno di un carcere normale, una sezione per detenuti tossicodipendenti,ndr)” ma avverte: “c'e' in tutto cio' un handicap di base, ed e' quello che il carcere, a differenza della comunita', non e' una libera scelta del tossicodipendente”. Un 'peccato originale' quasi insormontabile, insiste. Quanto poi alla decisione di affidare la gestione della struttura di Castelfranco alla Comunita' di San Patrignano, per Barra non e' una novita': “San Patrignano prende tutto, dalla prevenzione al carcere”.

“Il recupero della persona non puo' avvenire in carcere”: e' categorico il commento di don Egidio Smacchia, presidente della Federazione italiana comunita' terapeutiche (Fict). Certo, precisa, “ci si puo' accontentare”, nel senso che una struttura detentiva piu' 'dolce' e' sempre meglio del carcere tradizionale, ma si tratta pur sempre di “un carcere alternativo e non di un'alternativa al carcere”. Molto meglio, secondo il sacerdote, il regime di semiliberta' che restituisce al detenuto una dimensione sociale che e' fondamentale per il suo recupero. E poi ci sono i progetti riabilitativi in carcere, come quello attuato dalla stessa Fict a Torino (si chiama 'Progetto uomo'), dove “si cerca di motivare le persone al cambiamento”. Un concetto, quello della motivazione, molto importante nella filosofia della federazione che riunisce 48 centri sparsi sul territorio nazionale: “ognuno ha in se' la capacita' di riprendersi e noi ci crediamo perche' in 25 anni abbiamo visto come la forza della riabilitazione porta le persone all'autonomia”. Quanto alla partecipazione di privati, quindi anche di comunita', nella gestione del 'carcere modello' di Castelfranco, don Smacchia mette in guardia dal rischio che “portare la comunita' dentro al carcere” determini una confusione tra il concetto di comunita' di recupero e quello di carcere. “Non bisogna mai dimenticare che da una comunita' il tossicodipendente e' libero di entrare e uscire quando vuole, dal carcere no”.

“Non so nulla di prossime inaugurazioni. Noi aspettiamo che ci dicano cosa vogliono”, ha detto al telefono all’agenzia Ansa Andrea Muccioli, coordinatore della comunita' di San Patrignano. “Mi disturba che il progetto possa essere vantato a fini elettorali o che possa diventare oggetto di prevenzione ideologica da parte di chi ostacola il metodo di recupero di San Patrignano”. Il progetto “e' pronto da due anni, ma ci sono gia' stati tentativi di bloccarlo”. E' stato lo stesso direttore della Casa di Lavoro di Castelfranco, Francesco D'Anselmo, che in passato e' stato responsabile del carcere riminese e ha collaborato con San Patrignano (nella citta' romagnola nacque il primo Servizio di custodia attenuata), a rivolgersi alla comunita' fondata da Vincenzo Muccioli chiedendo un progetto di recupero dei detenuti tossicodipendenti. “Cosi' noi ci siamo inventati questo progetto che prospetta una esperienza pilota a livello europeo e abbiamo dato la nostra disponibilita' a realizzarlo. Ovviamente senza mettere in dubbio in alcun modo la titolarita' della gestione da parte dell' amministrazione penitenziaria ed esprimendo disponibilita' a collaborare con altre associazioni e comunita' che possono dare un contributo, rispettando pero' la filosofia del progetto educativo, che punta al recupero e non alla medicalizzazione o al controllo sociale delle persone, che non si salvano certo con la distribuzione di droghe alternative”. Tra le proposte, quella di formare operatori e di costituire un team pubblico-privato d' intesa con l' amministrazione penitenziaria, prevedendo strutture di filtro per verificare le motivazioni dei ragazzi a fare realmente questa esperienza. Probabilmente si trattera' di gruppi non troppo numerosi, che potranno eventualmente poi crescere con gradualita'. “Quello che ci interessa e' cercare di tirare fuori piu' ragazzi possibile dal carcere”, ha ribadito Muccioli ricordando che dal 1984, nella comunita' di San Patrignano “3.500 anni di carcere sono stati sostituiti da percorsi alternativi, mirati alla riabilitazione e al pieno inserimento sociale”.

Fonte: http://droghe.aduc.it/php/articolo.php?id=12937

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