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la Siria nel mirino?
by da warnews Tuesday, Feb. 22, 2005 at 9:07 PM mail:

Il giorno dopo l'uccisione di Rafiq Hariri, ex primo ministro e potente uomo d'affari libanese, è ancora difficile fare supposizioni sulle responsabilità dell'attentato. Diverse le interpretazioni e le ipotesi in campo, nessuna di queste rassicurante. La bomba che ieri ha falciato la vita di Hariri ed altre 14 persone rischia di destabilizzare non solo il Libano ma l'intera area mediorientale, con un effetto domino che potrebbe rivelarsi devastante.

Ricchissimo uomo d'affari con stretti legami con l'Arabia Saudita, Hariri ha fatto fortuna divenendo costruttore di fiducia del re saudita Fahd. Uomo di spicco nel processo di ricostruzione nel dopo guerra e primo ministro dal '92 al '98 - quando si dimise in seguito all'elezione del presidente Lahoud - incarico che riprese nel 2000 per lasciarlo nuovamente lo scorso ottobre della proroga del mandato del presidente filo-siriano.

La sua figura composita apre la strada a più ipotesi. Dietro l'attentato di ieri c'è la mano di al Qaeda? O è più verosimile pensare ad una strage dettata dagli interessi del governo libanese e di Damasco? La sua amicizia con la casa saudita e la sua posizione sulla presenza delle truppe siriane in Libano, di cui chiedeva il ritiro, si prestano ad entrambe queste ipotesi.

L'attentato è stato rivendicato con un video trasmesso dalla tv araba al Jazeera da un anonimo gruppo islamico - il Gruppo per la vittoria e la jihad nella patria di Al Shams - che ha motivato l'attentato con i legami tra Hariri e la famiglia reale. Un nuovo attacco di al Qaeda contro l'apostata saudita ed i suoi amici? Questa è una prima possibile interpretazione che nasce da una rivendicazione giudicata, però, inattendibile sin dal primo momento e che lascia molte perplessità su chi veramente potrebbe celarsi dietro questo gruppo. Inoltre la violenza dell'esplosione e l'alta tecnologia dell'ordigno usato hanno portato alcuni commentatori a ritenere difficile il coinvolgemento di un piccolo gruppo islamico.

Altra ipotesi accreditata è che dietro l'attentato di ieri si celi la Siria. Da parte sua il presidente Assad ha condannato il gesto, ma la sua posizione si fa sempre più critica: oggi l'ambasciatore americano in Siria è stato richiamato in patria per colloqui, ma Damasco è nel mirino della guerra al terrorismo già tempo, con l'accusa di dare ospitalità a terroristi iracheni e palestinesi.

A rendere ancora più difficile la posizione siriana è stata l'approvazione, lo scorso settembre, in sede di Consiglio di sicurezza dell'Onu di una risoluzione franco-americana che chiedeva alla Siria di ritirare le sue truppe dal Libano. In realtà la presenza militare siriana in Libano è frutto di accordi bilaterali tra i due paesi, ma proprio questa presenza è da sempre motivo di attrito anche con Israele, che giustifica l'occupazione del Golan con la scusa di controbilanciare la presenza dei militari di Damasco in Libano.

Possibili evoluzioni militari sullo scacchiere mediorentale erano state ipotizzate, lo scorso anno, dal Frontpage Magazine - rivista della destra americana. Secondo l'analisi del magazine statunitense Washington starebbe perseguendo una strategia volta a stravolgere l'assetto geopolitico dell'intera regione mediorientale, studiata e pianificata prima dell'intervento in Afghanistan. Si tratterebbe di una strategia da perseguire step by step, a tappe mirate, affrontando un paese alla volta, dal più debole al più potente; prima è stata la volta dell'Afghanistan, quindi è seguito l'attacco all'Iraq. La prossima tappa dovrebbe essere la Siria e quindi l'Iran, il paese arabo più potente della regione, che a questo punto risultebbe indebolito ed isolato da ogni possibile alleato.

Una predizione che prende forme ancora più concrete se si analizza l'atteggiamnto di Washington che, dopo aver approvato una serie di sanzioni restrittive, continua ad alzare il tiro facendo richieste sempre più pesanti che difficilmente Damasco vorrà accogliere - quali la chiusura dei confini con l'Iraq e la consegna degli uomini del Baath di Saddam Hussein, la chiusura dei campi di addestramento palestinesi e degli uffici dei movimenti palestinesi di opposizione, lo scioglimento del gruppo Hezbollah, oltre al ritiro delle truppe dal Libano (senza il corrispettivo ritiro di Israele dal Golan). Inoltre oggi l'ambasciatore statunitense a Damasco è stato richiamato in patria per consultazioni urgenti.

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