Indymedia Italia


Indirizzo mittente:
Indirizzo destinatario:
Oggetto:
Breve commento per introdurre l'articolo nella mail:


http://italy.indymedia.org/news/2005/03/761388.php Invia anche i commenti.

Sfratti di massa, affitti da usura: è il dramma della casa
by dall'unità Wednesday, Mar. 30, 2005 at 2:28 PM mail:

Sfratti di massa, affitti da usura: è il dramma della casa.

Centomila persone, più o meno. In gran parte con la bellezza di mille euro in tasca, reddito (massimo) da pensione o assegno per invalidità. Tra loro anziani con più di 65 anni, portatori di handicap, malati. Tutti con uno sfratto alla porta, tutti senza casa: o meglio, virtualmente in mezzo alla strada.

Restano solo due giorni, domani scade la «proroga per il rilascio forzato per i nuclei familiari svantaggiati»: la burocrazia sa essere crudele anche con le parole, a volte. Di loro e dei loro problemi, nei mesi scorsi aveva promesso di prendersi cura l’onorevole Ugo Martinat, An, viceministro delle Infrastrutture. Uno che di case dovrebbe intendersene, visto che risulta essere geometra e perfino agente immobiliare. È andata diversamente, anzi Martinat ha fatto un buco nell’acqua, denunciano i sindacati degli inquilini. Secondo Sicet, Sunia e Uniat, anzi, la vicenda delle 30mila famiglie sfrattate a partire da venerdì mattina è solo la punta di un iceberg chiamato emergenza casa. La cartina di tornasole della disastrosa politica abitativa del governo che tollera «affitti a livello da usura», non costruisce e anzi taglia i fondi per le case popolari che servono come il pane ed è «decisamente sbilanciato dalla parte dei proprietari e del mercato selvaggio».

La trappola del decreto. Prova ne sia il decreto 240 del 13 settembre 2004, convertito nella legge 269 del 12 novembre: è il provvedimento normativo che ha preso l’esecutivo per tamponare e risolvere il problema delle migliaia di nuclei familiari con una locazione in scadenza. La legge prevede le contromisure, a partire dagli «uffici per l’emergenza» (una resa già nelle parole, col senno di poi) da istituire per avviare le pratiche. Lo Stato - con un provvedimento da 105 milioni di euro - voleva offrire 5000 euro e benefici fiscali ad ogni proprietario per fargli sottoscrivere un nuovo contratto con quelle persone di fasce socialmente deboli. Gli inquilini sotto sfratto avrebbero dovuto denunciare la loro posizione e fare una «dichiarazione irrevocabile» per scegliere una tre tipologie contrattuali, per inciso due delle quali a canone libero, vale a dire economicamente proibitive per anziani, portatori di handicap o malati. Per questo la norma prevede un «differimento condizionato», non si tratta di una vera e propria proroga. La stessa legge infatti prevede che se un inquilino alza le braccia e ritira la dichiarazione, perché con 500 euro di pensione media certi affitti sono una pia chimera, lo sfratto nei suoi confronti diventa immediato. In buona sostanza, sottolineano i sindacati, si tratta di una legge bidone, che finge di aiutare i deboli e invece li spreme ancora di più. E comunque li caccia da casa senza dargli alternative dignitose.

Ufficiali giudiziari alla porta. In realtà, il tavolo tecnico concertato dal ministero Lunardi pare sia andato un po’ troppo per le lunghe. Tanto che la circolare attuativa del decreto è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale solo il 17 marzo, sei mesi dopo il decreto stesso. Finalmente gli inquilini hanno a disposizione i moduli per richiedere una nuova casa. Peccato che mancano gli sportelli dove presentarli, visto che non si trovano. E manca soprattutto il tempo: il 31 marzo appunto scade il termine e come prevede il codice civile si mettono in moto gli ufficiali giudiziari. Il paracadute è pronto, ma troppo tardi. Se questa storia fosse un film western, diciamo che i nostri arriverebbero a massacro abbondantemente avvenuto, ammesso che questi inquilini considerino il viceministro Martinat uno di loro. Contro questa situazione, oltre ai sindacati degli inquilini, si è mobilitato Piero Fassino, che ha chiesto «formalmente» una proroga al governo. Confedelizia invece, piccata contro «chi fa numeri a caso», ha replicato al segretario dei Ds sostenendo che il problema degli sfratti riguarda «al massimo poche migliaia di persone». Ferruccio Rossini, segretario nazionale Sicet, fa presente che le cifre sono quelle fornite dallo stesso onorevole Martinat a suo tempo. Luigi Pallotta, suo collega del Sunia, semplicemente dice: «Fosse anche vero, dietro ogni numero si nasconde una famiglia». Cioè persone. Esseri umani.

Otto su cento. Che sono poi il cuore del problema, insieme al mattone. Il polverone quindi è rimasto appeso lì, la situazione è così grave che non basta più miscelare un po’ di numeri per mascherarla. Sono proprio i numeri anzi, una lunga serie di cifre e percentuali, ribadiscono Sicet, Sunia e Uniat, ad inchiodare il governo alle sue responsabilità sul tema della casa. Il fondo sociale per l’edilizia popolare, cioè i soldi che il governo mette a disposizione per dare un’abitazione anche a chi non nuota nell’oro, è in continua diminuzione. Nel '99 ammontava a 389 milioni di euro. Un anno dopo, 362. Nel 2001, debutto al governo del cavaliere, 341. L’anno dopo, 2002, la sforbiciata più cospicua: 249 milioni. Poi 246, dove è fermo dal 2004. Vale a dire 143 milioni in meno rispetto a cinque anni fa, il 37% in meno. I sindacati, per inciso, chiedono alla maggioranza di stanziare almeno 500 milioni di euro per nuove case popolari.

Ora ce ne sono 800mila, anzi no: 80mila sono state poste in vendita da parte degli enti previdenziali. L’introito però non sarà investito in nuovi immobili per i bisognosi: servirà per lenire le sofferenze del bilancio statale. L’Italia quindi attualmente ha 720mila case popolari, cioè un terzo dell’Inghilterra, un quarto della Francia, un decimo dei Paesi Bassi, dove il 50% del «costruito», cioè di tutti gli immobili del paese, è costituito da alloggi sociali. In breve, alla voce «edilizia popolare», l’Italia ha la maglia nera in Europa, alla pari di Lussemburgo, Portogallo e Grecia. Meno case ha solo la Spagna, dove però Zapatero ne ha promesse un milione, e l’Irlanda, che però è poco più di un quarto del Belpaese. Tanto più che in Italia su cento richieste per alloggi popolari, ne vengono soddisfatte solo 8, e a distanza di svariati anni.

O scuola o affitto. Non sono certo classifiche esaltanti, per il governo che si trova anche con la casa a fare i conti con la nuova povertà degli italiani. I sindacati riferiscono che gli sfratti per morosità sono aumentati dell’80% e sono ormai i due terzi del totale: 67.9%, dati 2003. Per un pensionato, dicono ancora le statistiche, l’affitto pesa per il 110% del bilancio mensile; 60% nel caso di un lavoratore dipendente. «Ormai molte famiglie devono scegliere se pagare l’affitto o mandare un figlio a scuola» dice un sindacalista. E l’incombente vicenda delle 30mila famiglie sfrattate? Un suo collega la vede così: «Come finirà? O col caos, o con qualche prefetto che si mette una mano sul cuore e diluisce gli sfratti, cercando di non concedere la forza pubblica. Ma ovviamente di nascosto, perché è contro il suo dovere».

versione stampabile | invia ad un amico | aggiungi un commento | apri un dibattito sul forum

©opyright :: Independent Media Center .
Tutti i materiali presenti sul sito sono distribuiti sotto Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0.
All content is under Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 .
.: Disclaimer :.