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testimonianze dalla Bolzaneto allestita per i tifosi amaranto
by livorno rossa pisanu lisergico Tuesday, Apr. 12, 2005 at 8:24 AM mail:

ecco alcune testimonianze dal Tirreno di oggi dei "reduci" da Roma, considerati con freddezza dalle istituzioni livornesi che parlano soprattutto di "isolare i violenti", messi all'indice dalle dichiarazioni law and order del ministro Pisanu che cerca di rimediare un pò all'impopolarità del suo governo. (nella foto, livornesi all'Olimpico domenica)

testimonianze dalla ...
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Gli ultrà denunciano: calci e manganellate

La versione dei giovani fermati: né acqua né cibo, botte a chi si appisolava



«Ci hanno umiliati ed offesi: dalla stessa bottiglietta, riempita da un rubinetto, abbiamo bevuto in duecento»

LIVORNO. La rabbia corre lungo quel binario, e a ogni treno che si ferma c’è chi cerca un volto, il figlio, il fratello, l’amico. La preoccupazione raccolta in una pensilina di una giornata quasi invernale. I telefonini non squillano più, le batterie si sono scaricate. Il treno scende pochi reduci, 23 alle 16.40, nessuno alle 16.49, alle 17.57. Tre persone scendono dal rapido delle 18.40. «Sono ancora quasi tutti laggiù».
Raccontano quello che è stato un brutto incubo. Qualcuno raggiunto per telefono ancora a Roma, gli altri scesi dal treno. Dicono tutti la stessa cosa: «Ci hanno umiliato, picchiati, offesi. E la città ci ha abbandonati».
Stefano Cambi, dipendente di un’impresa, non ha problemi a dare nome e cognome. «E’ la verità. Sono le sei del pomeriggio, ho passato ventidue ore in quella stanza. Non sapevamo neppure dove ci avevano portati, chi diceva all’Aquila, chi a Latina. Solo nella tarda mattinata abbiamo capito di essere vicini a Roma, alla città, in un centro per gli immigrati, trattati molto peggio degli immigrati. Sono uscito e dentro ne ho contati ancora 121». Erano le 18 di ieri. Più della maggior parte erano ancora bloccati dentro, in mano alla polizia. «Alla stazione», dice ancora Cambi, «è successo il finimondo. Ce le hanno date di santa ragione, poi tutti sdraiati in terra, sotto la pioggia. Io ho un occhio malmesso, ho perso sangue dalla testa. Manganellate, date col manico per fare male. Poi gli sputi, le offese, “comunisti, ve lo facciamo vedere noi, questo giorno non lo dimenticherete più”. E ancora botte. Poi tutti negli stanzoni, senza acqua né bagni. Dalla stessa bottiglietta, riempita dal rubinetto, abbiamo bevuto in duecento persone. Per chi si appisolava, sdraiato come un barbone, calci allo stomaco, dati con gli anfibi. Non era permesso chiudere gli occhi».
Sul binario 3 c’è il padre di un ragazzo, Dario, poco più che vent’anni. Il padre si chiama Vinicio S. - «non voglio il cognome sul giornale» - si raccomanda. Porta un cappellino bianco per ripararsi dal freddo. «Ho sentito Dario prima che entrasse allo stadio, all’una di domenica. Poi alle 3. Mi ha detto che gli avevano tolto sciarpe e striscioni. Anche quello del Moby Prince. Poi l’ho chiamato la sera, quando ho sentito in tv degli scontri. Mi ha detto che era in caserma. Stamani (ieri per chi legge ndr) la moglie di un amico mi ha detto che Dario l’avevano portato in ospedale. Ora sono qui che lo aspetto. La polizia mi ha solo detto che non è tra gli arrestati. Il telefonino è scarico. Non ho saputo più niente». Arrivano i primi treni, Dario non c’è.
Malconcio è anche il marito di Daniela Borrelli, lui ha 29 anni. «Li tenevano in caserma e non volevano dire niente. Lui voleva andare in bagno, gli hanno dato una bottiglia vuota: “Falla qui dentro”. Me lo ha detto lui al telefono. Mi ha raccontato delle botte e dei calci a chi si addormentava, del divieto di telefonare. Parole sue: scene che avevo immaginato nell’anno 1945».
Poche notizie di Simone Bruna, uno degli ultimi a lasciare il casermone, ieri a tarda sera. E anche lui racconta la solita storia, i soprusi subiti, le umiliazioni, gli sputi. Le botte, tante. «La carica», dice, «dentro al vagone del treno, dopo che la polizia aveva sfondato i vetri e lanciato dentro i fumogeni. Tutti raccolti in un vagone. E senza alcun motivo».
Dal treno da Roma delle 16.40 escono alcuni tifosi rilasciati. Poca voglia di parlare. Qualcuno ha sul volto e sulla testa i segni delle manganellate. E sulla testa dei ragazzi i segni sono inequivocabili.

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