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Lecce, rassegna stampa su arresti e perquisizioni (Operazione Nottetempo)
by da anarcotico.net Friday, May. 13, 2005 at 3:25 PM mail:

Attentati, manette agli anarchici

Hanno un nome ed un volto i componenti del gruppo che, a partire dall'estate del 2003, aveva preso a far parlare di sé per gli attentati, i danneggiamenti e le scritte contro il sistema carcerario, i centri di accoglienza-permanenza e le multinazionali del petrolio e dell'abbigliamento. Si tratta di quindici giovani di età compresa fra i 23 ed i 50 anni , i cui nomi compaiono nell'inchiesta della Procura coordinata dal sostituto Lino Giorgio Bruno e svolta dagli investigatori della Digos diretta dal vice questore Raffaele D'Agostino, con l'ausilio del Servizio centrale antiterrorismo diretto dal vice questore Antonio Bocelli. Per cinque di essi, su richiesta dello stesso Bruno, che in realtà ne aveva chieste sei, il giudice delle indagini preliminari, Antonio Del Coco, ha firmato altrettante ordinanze di custodia cautelare. Tre dietro le sbarre per i tre uomini del gruppo e due ai «domiciliari» per le donne. Chi ha evitato manette e provvedimento restrittivo, resta ovviamente indagato. Oltre ai reati di attentato incendiario, danneggiamento, imbrattamento di immobili pubblici e privati, detenzione di materiale incendiario ed istigazione alla sommossa, a tutti è contestata la finalità di eversione dell'ordine democratico. I tre arrestati, Salvatore S., Saverio P. e Cristian P., tutti studenti fuori corso ed all'occorrenza imbianchino, pizzaiolo e cameriere nei pub, sono stati prelevati dalle rispettive abitazioni di Casarano, Monteroni e Lecce. Alle due donne del gruppo, Marina A. F., moglie di S. e ad Annalisa C., anch'esse studentesse universitarie, i provvedimenti sono stati notificati a Casarano e a Lecce. Contestualmente ad arresti e notifiche, gli uomini della Questura hanno messo a punto le perquisizioni degli alloggi dei cinque, nonché degli altri indagati, che sono tutti pugliesi. Ma per via dei contatti con altri gruppi di anarchici insurrezionalisti di cui si è avuta contezza nel corso dell'indagine, le perquisizioni hanno riguardato anche le città di Aosta, Torino, Trento, Trieste, Chieti, Cagliari e Catania. A mettere a punto la maxi operazione denominata «Nottetempo», perché gli investigatori della Digos hanno agito solo a partire dal calar delle tenebre e sino a notte fonda, sono stati 150 uomini coordinati dal questore Giorgio Manari, tra agenti della Digos, del reparto prevenzione crimine, del reparto volo, del reparto cinofilo antiterrorismo e dei reparti mobili antiterrorismo. L'indagine è stata avviata nell'estate del 2003, più esattamente all'indomani dell'attentato incendiario contro il portone d'ingresso del Duomo, che è datato 11 giugno di quell'anno. Prima di quell'episodio, in città ed in alcuni paesi dell'interland, erano già comparse le scritte contro carceri, «Regina Pacis», «Benetton», e così via, ed erano state organizzate anche le manifestazioni di protesta davanti ai cancelli del centro di accoglienza, con l'intento, secondo gli investigatori, di istigare gli immigrati alla sommossa. Poi era stata la volta delle minacce telefoniche fatte giungere agli operatori della struttura ed all'allora direttore don Cesare Lodeserto, il religioso attualmente agli arresti domiciliari nell'ambito dei presunti maltrattamenti agli ospiti del centro. Ed ancora ai danneggiamenti dei bancomat di BancaIntesa, rea di avere acceso i conti correnti del «Regina» e dei tubi di gomma delle colonnine di carburante del distributore Esso di Galatina, per colpire la multinazionale del petrolio con interessi economici in Iraq. Ma ciò che aveva fatto precipitare la situazione ed evidenziare ancora di più l'allarme sociale, era stato l'attentato incendiario contro l'abitazione della mamma di don Cesare Lodeserto. «Solo per una serie di circostante fortuite - hanno detto inquirenti ed investigatori - quell'attentato non ha avuto conseguenze nefaste, perché in quella casa c'era la famiglia della sorella del sacerdote, composta da marito, moglie e figli». A quel punto gli uomini della Digos hanno pigiato sull'acceleratore dell'inchiesta, e grazie a pedinamenti ed appostamenti, riprese televisive e con il Gps, il global position system installato a bordo della Peugeot di Saverio P., nonché con le intercettazioni telefoniche ed ambientali, sono via via risaliti alla cellula leccese degli anarchici insurrezionalisti. Prima dell'epilogo di ieri, l'allarme terrorismo aveva costituito oggetto d'attenzione nelle pagine dell'inaugurazione dell'anno giudiziario.

Le intercettazioni ambientali e delle conversazioni con i cellulari aprono uno squarcio sull'attività del gruppo capeggiato da Salvatore Signore

«Traditi» da microfoni e telefonini
Ma anche il rilevatore satellitare ha fatto la sua parte prima e dopo gli atti di violenza

Le intercettazioni telefoniche ed ambientali incastrano gli anarchci insurrezionalisti smascherati nell'operazione «Nottetempo». A proposito dell'attentato incendiario al portone di ingresso secondario del Duomo dalla parte di vico dei Sotterranei (11 giugno 2003), in quella del 14 gennaio 2004, gli interlocutori tra i quali viene individuato Salvatore S., manifestano le proprie preoccupazioni per eventuali tracce lasciate, e dicono: «Se dovessimo fare... ci metterebbero proprio i ferri!». E discutendo sulla possibilità per gli inquirenti di risalire agli autori attraverso l'analisi grafologica degli slogans vergati quella notte sul muro laterale dell'edificio, aggiungono: «Se ne vanno, tipo, a fotografare le cose scritte che compaiono sui giornali, e poi, se magari vengono a casa e chiedono, fammi vedere un quaderno. Sì, però, secondo me, bisogna pure vedere che succede. Cioè, a Lecce, per esempio, ci sono scritte "Chiudere i lager, no? Alla fine, una scritta del genere, che volete, imbrattamento».. Per evitare rischi, uno degli interlocutori suggerisce di impiegare un cartoncino pretagliato, sul quale applicare la vernice spray. «L'attacchi col nastro adesivo e poi spruzzi e te ne vai. E sei inattaccabile». Il sistema satellitare Gps installato a bordo della Peugeot in uso a Saverio P., consente agli agenti della Digos di monitorare, qualche mese prima dell'attentato incendiario contro la casa di via Sagrato della sorella dell'ex direttore del «Regina Pacis», don Cesare Lodeserto, il sopralluogo effettuato da P. e da Annalisa C.. I due infatti, la sera del 26 aprile (l'attentato è del 17 agosto), parcheggiano la vettura nella via e proseguono a piedi, poi rientrano in auto e fanno il giro dell'isolato. Quindi si fermano per qualche minuto e poi prendono la via che li porterà nel centro della città. Il sistema satellitare si rivela utile anche in occasione dell'attentato alla Esso di Galatina. Proveniente da San Cesario, la Peugeot con a bordo Pellegrino e Cristian Paladini viene intercettata proprio nei pressi della stazione di servizio, che si trova poco distante dall'ingresso in città, quasi a ridosso del passaggio a livello ferroviario. La presenza della vettura viene registrata nella notte fra il 14 ed il 15 aprile ed in quella successiva, quando viene messa a segno l'azione di sabotaggio. Qualche giorno dopo, il 22 aprile, sull'auto, gli agenti della Sezione «Volanti» che la bloccano per un controllo, trovano le fotocopie di due articoli di stampa con le notizie sul rapimento di cittadini italiani in Iraq e sull'attentato alla Esso. Interessante, poi, è il resoconto fatto sul sito anarchico relativo alla manifestazione di protesta non autorizzata davanti al negozio «Benetton» con lo slogan: «Benetton, i colori uniti dello sfruttamento», durante la quale viene identificato tra gli altri Salvatore S.. «Il 19 dicembre, stavamo tenendo a Lecce un presidio a Lecce. I poliziotti hanno continuato a chiederci i documenti e noi abbiamo rifiutato di darli. Hanno iniziato a strattonare con la forza alcuni compagni verso le "Volanti", per portarli in Questura. Tutti gli altri compagni e compagne hanno reagito, trattenendo coloro che venivano trascinati alle macchine ma anche strattonando a loro volta gli sbirri. Uno di essi è stato rincorso e raggiunto da un poliziotto, sono entrambi caduti per terra fino a quando lo sbirro non è stato spostato di peso da altri due compagni, facendo scappare colui che era stato preso. Noi da parte nostra non mancheremo di tornare davanti alla multinazionale del colore». Il 31 dicembre 2003, un ulteriore scritto di rivendicazione del grave episodio, appare sull'indirizzo e mail in uso a S. «Buon Natale Benetton. Nei giorni scorsi abbiamo piazzato due congegni incendiari tra gli indumenti in vendita in due negozi di proprietà Benetton a Prato e Pistoia, Sisley. Fino a che Benetton avrà vita non gli daremo tregua. Colpire le multinazionali del terrore e chi le protegge, sono nelle strade sotto casa, nei piccoli e grandi centri, hanno diramazioni in ogni dove. Sabotare in ogni dove gli sfruttatori, con il martello, l'esplosivo, la benzina, frantumare questo mondo!». All'interno della cellula, al contrario di S., c'è chi non è d'accordo con le manifestazioni di violenza. Ed a proposito di una discussione sui metodi da utilizzare, ecco il pensiero del leader del gruppo: «Se voi comunque condannate queste cose, no? Ti dispiace. E perché uno dice hanno fatto proprio il principio della non violenza. Ma che cosa è questo principio della non violenza? A questo punto penso, perché, secondo me, che bruci uno sportello bancomat non è violenza! No? La violenza è nei confronti di un cristiano. No, che io voglio dirti, che se incendiano i bancomat si riuscirebbe a chiudere il Regina Pacis. Va beh! Ma questo lo fai ogni giorno. Eh! Ogni giorno». E Cristian P., evidentemente anche lui per la linea dell'azione dura, aggiunge con sarcasmo: «Lo fai la mattina e il pomeriggio». Intercettazioni telefoniche vengono svolte anche in occasione dell'occupazione abusiva, il 12 marzo 2004, del locale di via Adua già biglietteria degli autobus della Stp, e nei giorni successivi, quando la polizia provinciale tenta l'azione di sgombero. A parlare sono S., P. e Marina A. F.. Che parlano di richiamare «quanta più gente possibile» per barricarsi all'interno. «Così - dice S. - se ci barrichiamo mica entrano. O ci assediano o vanno via». Gli anarchici insurrezionalisti leccesi mantenevano contatti con esponenti di altri cellule similiari sparse in Italia. Lo si evince da alcuni passaggi delle intercettazioni telefoniche messe a punto dagli investigatori, nei quali si parla della campagna contro BancaIntesa avviata proprio dal movimento salentino riunito intorno a «Spazio anarchico». I contatti sono con il leader del movimento anarchico di Rovereto ed un militante gevonese soprannominato Francoise. Il primo consiglia di «provare a vedere se possono salire i compagni di Lecce, che dal punto di vista delle esperienze pratiche di lotta contro i centri di permanenza temporanea, sono quelli che attualmente hanno più cose da raccontare». E probabilmente proprio per via di tale esperienza, i leccesi sono invitati a partecipare agli incontri di Torino (circolo «Spazio anarchico», 6 e 7 dicembre 2003; 17 gennaio, e 29 e 30 aprile 2004) e di Roma (circolo «La marmitta» dal 20 al 22 agosto 2004), durante i quali si discute dei centri di permanenza temporanea e del sistema carcerario.

Lavori pubblici e attentati anarchici. Vigna soddisfatto dei due blitz

«Le due operazioni, quella di ieri sugli appalti e quella di oggi su questo fenomeno di terrorismo, sono emblematiche, dimostrano i vari sentieri che può percorrere la criminalità». Lo ha detto il procuratore nazionale antimafia, Piero Luigi Vigna, ieri a Lecce per partecipare ad un convegno sulla legalità. «Dimostrano - ha aggiunto - la vivacità d'impegno delle forze di polizia e della magistratura della Procura leccese». «Il problema degli appalti - ha detto Vigna - è un fenomeno che preoccupa soprattutto per le infiltrazioni della mafia. Non c'è un procuratore distrettuale, in Sicilia o anche in Calabria e in Toscana, che non indaghi su appalti contaminati dalle organizzazioni mafiose. Noi dobbiamo evitare l'infiltrazione dell'economia mafiosa nell'economia legale». In merito alla situazione nel Salento, Vigna ha sottolineato che «qui molto è cambiato, ho l'impressione in bene. Dall'Operazione Primavera in poi è stato sradicato il fenomeno del contrabbando. Non era solo un fenomeno di lesione alle entrate, ma era un fenomeno che si traduceva in una minaccia per la sicurezza pubblica. Ci sono stati finanzieri uccisi, anche passanti uccisi, da questi grandi convogli rastremati dei contrabbandieri». Vigna ha ricordato poi il «grosso afflusso dei collaboratori di giustizia, che ha consentito di fare delle indagini che hanno distrutto gruppi della Sacra corona unita». «L'impianto della normativa antimafia - ha concluso - è rimasto identico come nel passato. Si sono avute certe marce avanti e certe marce indietro per quanto riguarda la bancarotta fraudolenta, che prima si voleva vedere con una pena diminuita, ma poi il Consiglio dei ministri ha provveduto in senso inverso. Quello che si ripercuote sull'attività - io parlo soprattutto della magistratura - sono le ristrettezze economiche che in questo momento tutto il Paese attraversa».

La Gazzetta del Mezzogiorno

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