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PMA e VANDANA SHIVA
by linda Sunday, May. 22, 2005 at 1:57 AM mail:

esponenti no global contro le tecniche di fecondazione artificale

l’indiana Vandana Shiva fondatrice del «Research Foundation for Science, Technology and Ecology» (Fondazione di ricerca per la scienza, la tecnologia e l’ecologia) di Nuova Delhi, conferenziere globetrotter e paladina mondiale della lotta contro gli organismi geneticamente modificati (Ogm), dichiara che «le nuove tecniche riproduttive come la fecondazione in vitro rappresentano vere e proprie forme di violenza nei confronti delle donne, contro la loro dignità e contro la loro stessa salute, che viene messa a rischio in modi che si cerca di nascondere». Mentre la diagnosi genetica preimpianto non sarebbe altro che «un orrendo apripista per pratiche eugenetiche che pensavamo di esserci lasciati alle spalle. Viviamo in una società segnata dal pregiudizio di sesso, di razza, di ceto sociale: la diagnosi preimpianto è in perfetta sintonia con questo spirito e non può far altro che alimentarlo».

Anche sull’opportunità di sacrificare embrioni umani per la ricerca, la studiosa indiana – che è fisico di formazione – non è tenera, parlando di «assurdità», di «manovre truffaldine» che «oscurano la scienza onesta» e «negano la realtà dei fatti, cioè che le cellule staminali embrionali non hanno prodotto il minimo risultato apprezzabile dal punto di vista terapeutico». Contrarietà che la Shiva ha espresso anche nel 2002 contribuendo a un numero speciale della rivista ecologista World watch magazine, assieme a figure come il politologo Francis Fukuyama.

Un’altra stella anti-global, Naomi Klein, l’autrice del celebre libro No Logo, ha firmato nel 2001 una petizione del «Boston Women Health’s Collective» – il gruppo femminista che si oppone alle pratiche di fecondazione artificiale – per il divieto di ogni tipo di clonazione, anche terapeutica. E con lei si sono pronunciati molti altri nomi della galassia di Porto Alegre, o del mondo femminista d’avanguardia: dal «Women’s Global Network for Reproductive Rights» fino alle cyberfemministe americane di SubRosa, un gruppo che incalza il dibattito al grido di «cosa sta combinando la Banca mondiale nel mio utero?».

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