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Chatila: il ricordo del massacro.
by IMC italy Monday, Sep. 16, 2002 at 1:36 PM mail:

Appena entrati nel campo hanno separato gli uomini dalle donne, e in quel momento preciso sulla strada, che adesso parte dalle fosse comuni e arriva all’Acri Hospital, abbiamo visto la gente massacrata.

Torniamo a Chatila per incontrarci di nuovo con Hauda, il luogo e’ lo stesso ma ormai siamo di casa, ci muoviamo con piu’ sicurezza nelle stade del campo e qualcuno ormai ci riconosce e ci saluta. Lei e’ li’ al lavoro ma si ricorda della promessa che ci ha fatto: raccontarci quello che e’ avvenuto tra il 15 e il 18 di settembre di 20 anni fa a Sabra e Chatila. Rievocare momenti come quelli non e’ indolore, accende una sigaretta, inspira profondamente e inizia a parlare:“Il massacro e' iniziato il 15 settembre.

Io abitavo accanto al Gaza Hospital, nell'area di Sabra, vicino al campo di Chatila. Eravamo a casa quando mio fratello ci e' venuto a dire che aveva incontrato della gente all'ospedale che piangeva e che urlava, gli avevano ucciso dei parenti a Chatila, dicevano che stava avvenendo un massacro e c’erano molti feriti.
All'inizio non ci credevamo anche se continuavano a dirci di lasciare la casa e di andarcene. E la gente contnuava a venire: ho incontrato una donna col vestito inzuppato di sangue che diceva che avevano ucciso i suoi familiari.
Siamo rimasti a casa il 15 e il 16. Durante la notte sentivamo il rumore delle pallotte e poi l'esplosione di una bomba caduta su un negozio di bombole del gas. Quella volta rimanemmo senza elettricita’, al buio.”

Continua col suo tono sicuro, parole soppesate, ma come macigni, mentre noi ascoltiamo in silenzio sudando per il gran caldo.

“La mattina del 17, era sabato, alle 05:30 della mattina, abbiamo sentito delle persone che ci chiamavano, ho guardato del balcone, stavamo al settimo piano, ed ho visto che arrivavano dei soldati, in drappello, con le pistole e a distanza di due metri l’uno dall’altro. Siamo scesi e abbiamo visto i militari entrare al Gaza Hospital. Indossavano la divisa verde con scritto MP (Military Police) e tra loro c’erano soldati israeliani. Hanno preso tutti: le infermiere, gli uomini, le donne, i bambini e anche noi per portarci a Chatila. Per strada continuavano a prendere gente, palestinesi, libanesi e siriani. All’entrata di Chatila ci siamo resi conto che il massacro era avvenuto dal modo in cui ci hanno preso, da come ci parlavano.
Appena entrati nel campo hanno separato gli uomini dalle donne, e in quel momento preciso sulla strada, che adesso parte dalle fosse comuni e arriva all’Acri Hospital, abbiamo visto la gente massacrata. Uomini, donne, gatti uccisi in vari modi: con proiettili, con gambe tagliate, colpiti con qualche oggetto pesante. I morti erano diventati come palloni perche’ era estate e faceva molto caldo. I corpi sono rimasti piu’ di tre giorni sulla strada e c’era un odore terribile.
Solo allora abbiamo percepito la gravita’ della situazione perche’ le vittime erano molte di piu’ di quante ci potessimo mai immaginare. Hanno portato via gli uomini, noi donne abbiamo fatto qualche metro avanti e abbiamo visto una grande ruspa, stavano scavando sulla strada. Gli uomini li hanno presi a caso e una parte li hanno portati allo stadio, li c’erano gli israeliani , gli altri li hanno caricati su un’altra macchina militare e poi sono spariti.
Quando siamo arrivate all’altra entrata del campo vicino all’Arabi station ho trovato dei soldati israeliani. Con noi c’era mio cognato, hanno preso anche lui. In inglese ho chiesto ai militari dov’erano i nostri padri, i nostri familiari, i nostri vicini, non sapevamo cosa gli fosse successo.

Abbiamo aspettato mio cognato, lui era autista dell’UNIFIL e alle 16:00 e’ tornato e ci ha detto che gli israeliani lo avevano interrogato e poi rilasciato. Qualcuno e’ tornato ma molti altri no e le famiglie hanno chiesto e richiesto di loro ma nessuno finora ha dato una risposta. Forse sono nelle fosse comuni, qualcuno dice che sono stati uccisi e buttati a mare, ma le famiglie ancora oggi non ne sanno niente, i loro corpi non sono stati ritrovati.
“Non dimentichero’ mai questo massacro, perche’ ho visto con i miei occhi la gente uccisa. Loro condannano i palestinesi che durante l’Intifada si fanno esplodere, io penso che e’ giusto farlo perche’ le cose che abbiamo visto qui in Libano durante il massacro e anche quello che anno fatto al nostro popolo a Jenin ti portano a farlo. Ho visto la gente massacrata in molti modi, hanno ucciso anche i gatti, hanno preso i lavoratori degli ospedali ed anche i pazienti. Noi palestinesi non abbiamo subito solo questo massacro ma tanti altri, fino ad oggi. Siamo come giocattoli, quando finisce di massacrarci uno ne arriva un altro.”
Mandiamo giu’ con difficolta’ il groppo che ci si e’ formato in gola. Hauda ha finito e noi siamo un po’ storditi. Questa volta il commiato e’ piu’ caloroso, ci abbraccia e si rimette al lavoro.
Torniamo con piu’ consapevolezza e determinazione nel portare avanti il lavoro che stiamo facendo, perche’ non si dimentichino quei giorni.

Foto provenienti dall'archivio del giornale Beirut Al Massa'.

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