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Lettera di F. Gioia dal carcere di Madrid
by Solidali Wednesday, Sep. 07, 2005 at 6:39 PM mail:

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Cari amici e compagni,
mi trovo ora nel modulo di isolamento per resistenza attiva a obbedire agli ordine, mi hanno applicato l’articolo 75.
Come è cominciato tutto questo: molte persone a Barcellona hanno deciso di supportare noi anarchici italiani prigionieri con una manifestazione alla quale non è mancata una risposta repressiva forte da parte della polizia; manganellate, alcuni arresti(tra cui quello del mio amico e compagno Albertino), alcuni compagni/e chiusi in carcere a Barcellona per aver partecipato alla manifestazione. Ma la rabbia degli arresti e l’affetto per gli arrestati italiani è sfociato per alcuni compagni nel mettere in atto azioni dirette a Barcellona. Dopo di ciò un’altra manifestazione per gli arrestati.
Molta gente mi scrive in carcere, alcuni compagni hanno raccolto dei soldi per far venire con l’aereo mia madre a trovarmi in carcere. Godo della buona compagnia di alcuni prigionieri comuni e dei politici. Mi fanno due perquisizioni nella cella, ma la mia gioia e fierezza non era minimamente turbata, un paio di risate dopo con Igor (compagno anarchico) e nulla più.
Il giorno dell’ultima manifestazione ci viene all’orecchio dell’esistenza di un volantino fatto dall’assemblea della manifestazione che condanna le azioni dirette di Barcellona. Subito ci informiamo meglio, leggiamo il volantino e tutta la gioia e la fierezza di questi giorni se ne va di colpo. Molta disillusione un po’ di vergogna. Pensavamo, ma le persone che si dicono anarchiche come possono condannare azioni dirette anarchiche in solidarietà con anarchici prigionieri? Io non ho niente contro le persone che scelgono vie diverse da quella dell’azione diretta, ma disprezzo la gente che fa propaganda contro l’azione diretta, per me questo è da infami e codardi.
Nel mondo è in atto una guerra dove l’imperialismo e il capitalismo sfruttano, imprigionano ed uccidono più o meno velatamente. Se qualcuno vuole combattere contro gli sfruttatori in questa guerra con volantini, striscioni e slogan ben venga, ma non butti merda su chi la pensa diversamente. Per far presente il nostro disappunto io e Igor volevamo fare un scritto contro il volantino vergognoso, io l’ho fatto presente per telefono e in locutorio.
Altra perquisizione in cella e il giorno dopo una guardia mi dice che mi cambiano di modulo e che avevo 5 minuti per andarmene dal modulo 7: ordine del direttore.
Mi portano al modulo 4 dove la maggior parte dei detenuti sono “maltrattatori”, non c’è nessun prigioniero politico e la maggior parte sono sottomessi ai carcerieri. Mi dicono di dividere la cella con un altro, io ero un po’ dubbioso, ma così faccio. Quello con cui mi trovo per un giorno è un colombiano simpatico, umile e di 59 anni. La prima notte va via la luce, stranamente solo nella mia cella e quando ho citofonato o rispondevano male o mi dicevano ”ora te la aggiustiamo”, ma anche il giorno dopo niente luce.
Il pomeriggio vado al colloquio e mentre torno al modulo incontro alcuni compagni del modulo 7. Faccio un po’ di strada con loro (50 metri) e una guardia apparentemente tranquilla mi chiede dove sto andando. Io gli dico che mi ero perso e che sarei tornato al modulo. Lui mi minaccia e mentre sto tornando mi minaccia un’altra volta e mi tocca la faccia due volte. Io gli dico che non voglio salire alla cella, un po’ perché ero inkazzato (perché se ne picchi uno ne vengono 50 dopo a picchiare te), un po’ perché non voglio far pesare i problemi miei al mio compagno di cella ed in fondo soprattutto per solidarizzare con tutti i compagni fies tre che si rifiutano di dividere la cella con prigionieri comuni. Dopo cena mi portano al modulo di isolamento con solo i vestiti che avevo addosso e niente patio per tre giorni. Dopo tre giorni hanno iniziato a portarmi le mie cose.
Qui dai discorsi e dal comportamento degli aguzzini deduco che il direttore ha dato l’ordine che io non abbia rapporti con altri prigionieri politici.
Nel modulo di isolamento dove mi trovo c’erano nove ragazzi musulmani accusati di Al Qaeda. Sono stati molto gentili con me e mi hanno aiutato nei giorni in cui mi mancava tutto, 8 di questi ora sono stati trasferiti in un altro carcere.
Il ragazzo che è rimasto ha circa 35 anni, è stato arrestato Afganistan e portato dagli yankee a Guantanamo e lì è rimasto tre anni e 8 mesi, subendo indicibili torture. Tuttora porta indelebili i segni sul corpo. Dopo Guantanamo è stato trasferito da un mese a Soto de Real. Sembra che il carcere non voglia far sapere che lui sta qui perché non gli fanno ne telefonare ne scrivere lettere, la sua famiglia non sa nemmeno che lui è in Spagna. Le differenze culturali e politiche che abbiamo e l’odio condiviso per gli imperialisti yankee ci fanno passare meglio il tempo. Con tutte le restrizioni che tengo ora, per me è lo stesso stare qui o in Italia in carcere.
Ma tutto questo sicuramente non è una tragedia, io sto bene, sono orgoglioso e fiero delle mie scelte e delle persone che fuori portano avanti le lotte con coerenza e coraggio. Finché i compagni fuori lottano, l’azione e la propaganda crescono, le ritorsioni ed i soprusi subiti in carcere non sono che stimoli per accrescere la nostra rabbia e la voglia di combattere.
La solidarietà con i prigionieri non è fare sfilate piagnone o monumenti ai caduti, ma continuare la guerra che i compagni imprigionati stavano facendo.
Le azioni solidali a volte possono causarci piccole restrizioni, ma ci tengono il morale altro e sono una spada puntata sul collo dei nostri aguzzini.
Come diceva un volantino, mi pare di Torino: è ora che la paura cambi di campo!
Un abbraccio ed un saluto a pugno chiuso a tutti i compagni, comunisti, anarchici, antimperialisti e indipendentisti che combattono contro lo stato ed il capitalismo.
Aspettando di tornare presto al fronte,
per sempre vostro e mai dello Stato,
Francesco

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