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[6/6/05 DOSSIER] "Papà, cosa successe a Fallujah? "
by OsservatorioIraq Friday, Nov. 18, 2005 at 6:51 PM mail:

E' questo il titolo del dossier pubblicato su Diario il 25 maggio scorso. Un lungo dossier realizzato grazie alla collaborazione tra Diario e Osservatorio Iraq

da http://osservatorioiraq.it


"Papà, cosa successe a Fallujah? "


E' questo il titolo del dossier pubblicato su Diario il 25 maggio scorso. Un lungo dossier realizzato grazie alla collaborazione tra Diario e Osservatorio Iraq.
Alle cose già lette, vanno aggiunte altre che non è stato possibile pubblicare sia per mancanza di spazio sia per lo strumento utilizzato.
Tra queste, il testo completo dell'intervista al medico iracheno
Mustafa Al- Jumaili ( non è il suo vero nome, dietro sua richiesta). Mustafa è un medico dentista con specializzazione massillo-facciale, è di Fallujah ed è rimasto nella sua città sia durante l’assedio di aprile sia durante l’attacco di novembre.
Nel suo diario-intervista, racconta cosa è stato l'assedio con lo sguardo di un medico, impossibilitato al suo lavoro per i continui attacchi da parte delle truppe americane e irachene, le difficoltà nel reperire medicinali, nel raggiungere lo stesso ospedale. E ancora gli atti di vessazione e di violenza nei confronti degli stessi medici, con le truppe americane che entrano negli ospedali distruggendo tutto, e rendendo spesso vano il lavoro fatto con i pazienti.


Anche Rana , fixer e interprete, conosce le difficoltà di aiutare la gente di Fallujah. Dalla difficoltà stessa di raggiungere la città, a quella di far arrivare le medicine, portate apposta da Baghdad. Un viaggio lungo e difficile, tentato due volte, tra i posti di blocco, le strade chiuse, le minacce ricevute. Poi infine Fallujah, le sue case, le sue famiglie. Leggere le parole di Rana ci porta dentro la città martoriata, dentro le case di chi è rimasto per paura, per orgoglio, o spesso, perchè uscire significava morire.
Rana oggi assieme ad altri iracheni ed irachene ha messo in piedi una piccola ong che si occupa di portare medicine e beni di prima necessità a sfollati e famiglie che hanno perso tutto sotto i bombardamenti.


Come fa anche l'ingegner  Mohammed Modhin Fawzi , manager della fabbrica del cemento di Fallujah, di proprietà del governo iracheno, tra i partecipanti alle delegazioni che hanno tentato di evitare gli attacchi alla città. Il suo aiuto alla città è diverso: come tecnico, viene incaricato di calcolare i danni provocati alla città. Una cifra di 600.000.000 di dollari, che non è stata tuttora messa a disposizione. Ma Fawzi è stato anche nel consiglio municipale della città fin dal novembre del 2003: il suo racconto parte dall'arrivo delle truppe nell'aprile del 2003, mese della caduta "ufficiale" del governo di Saddam, per cercare di capire e spiegare perchè Fallujah sia diventata in breve il simbolo di tutto il male dell'Iraq.

L'assedio di aprile e poi quello di novembre, le bombe al fosforo e le cluster, e in mezzo quella giornata particolare del maggio 2004, quando gli americani, dopo i bombardamenti del mese precedente, rientrarono a Fallujah. Una giornata strana e tesa, vissuta tra la paura di vedere le truppe di nuovo in città e poi la gioia nel vederle andare via, senza aver fatto nulla. Gli americani non rientreranno più fino a novembre, e quel giorno resterà "l'ultimo giorno di festa" per Falluja.

Dopo, non sarà più possibile sorridere di nulla. "Abbiamo ridotto Fallujah a macerie. Abbiamo dichiarato vittoria e detto al mondo che Falluja era sotto il nostro totale controllo. Il nostro esercito ha affermato che le vittime civili erano state minime e invece i ribelli uccisi erano migliaia". A raccontarlo è un GI americano, in una lettera pubblicata su GI Special, la newsletter giornaliera su internet che raccoglie notizie e informazioni utili ai soldati e alle loro famiglie.
La prima forte e dettagliata denuncia delle violazioni perpetrate all'interno della città era già contenuta nel rapporto [en-it] presentato dal Centro Studi per la Democrazia e i Diritti Umani di Fallujah,  nel gennaio 2004.
Tantissime foto raccontano questo massacro, e l'enorme numero di morti, come raccontano una città in macerie che cerca di sopravvivere, trovando ancora la forza per protestare contro l'occupazione, la mancanza di cibo, di case, di scuole.
Una città che ha bisogno che non scenda il silenzio sulla sua storia, su quello che è passato e su quello che ancora succede, come dimostra il
rapporto presentato dal Centro Studi per la Democrazia e i Diritti alla 61° sessione della Commissione per i diritti umani dell'Onu.
 
Continueremo ad aggiornare su Falluja, continuate a leggere....

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