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La protesta di Reggio Calabria
by br1gant3 Monday, Nov. 28, 2005 at 12:50 AM mail:

Nel luglio del 1970 a Reggio Calabria scoppia una rivolta popolare. Esplosa a seguito della decisione di Roma di rendere Catanzaro il capoluogo della Calabria, essa trova le sue radici nell'atavico malcontento diffuso nella popolazione locale riguardo alle politiche dello Stato centrale.
Inizialmente ignorata e disprezzata sia a destra che a sinistra, la rivolta cade in mano all'estrema destra (MSI, Ordine Nuovo, Avaguardia Nazionale), che la strumentalizza ampiamente. Un sindacalista della Cisnal (sindacato neofascista, utilizzato in alcune sedi aziendali e locali dal padronato come alternativa di disturbo ai sindacati tradizionali, nonostante lo scarso seguito) noto come Ciccio Franco, si riappropria del motto "Boia chi molla" e dirige le clamorose proteste (barricate erette ovunque, decine di attentati dinamitardi, bombe su treni, clima di violenza generalizzato) che si protrarranno per parecchi mesi, fino all'intervento dell'esercito Italiano che entrerà in città (in realtà a giochi fatti) con tanto di carri armati e paracadustisti.
Il clima di quegli anni nella provincia di Reggio Calabria è quanto mai tetro e inquietante: siamo nel periodo della strage del treno di Gioia Tauro, dell'uccisione dei 5 anarchici reggini, dell'incendio alle sedi dei partiti di sinistra. E' proprio questo il periodo in cui la 'ndrangheta si lega all'estrema destra. Molti giurano di aver visto fascisti greci tra le barricate a Reggio e altri parlano di campi di addestramento paramilitare sull'Aspromonte. Del resto Ciccio Franco, l'MSI e le altre organizzazioni di estrema destra fanno parte della cricca che tenterà, per fortuna senza riuscirci, il cosiddetto "golpe Borghese".
La promesse di rilancio di Reggio Calabria fatte al popolo dai leader della rivolta, che nel frattempo vengono eletti al Senato, si risolvono in un nulla di fatto: con la previsione di creare decine di migliaia di posti di lavoro, lo Stato assegna migliaia di miliardi di lire per la costruzione di un centro siderurgico nella piana di Gioia Tauro che non venne mai costruito e di un imponente centro chimico a Saline (RC) che non entrò mai in funzione.

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precisazione
by lisic(A) Monday, Nov. 28, 2005 at 10:00 AM mail:

a saline joniche lo stabilimento della liquil-chimica è stato costruito completamente. Ma mai messo in funzione perchè, si disse, non rispettava alcune direttive europee sull'inquinamento. Per servire lo stabilimento via mare si è costruito anche un porto. Il problema è che questo porto è stato progettato da dei geni, adesso l'entrata di questo porto è completamente insabbiata, chiusa dalla sabbia che si è formata con il movimento delle correnti. E' divertente vedere, d'estate, la gente che va in spiaggia dentro un porto...
Inizialmente il porto doveva servire la liquilchimica, ma questa non è mai entrata in funzione. Dopo si è cercato di utilizzarlo come porto turistico e di pesca. Veniva usato anche da alcune navi di DIANO (un imprenditore che ha uno stabilimento produttivo a lazzaro, pochi chilometri da saline) ma appena è sorto il problema dell'insabbiamento le navi merci non sono potute più entrare in porto con la conseguenza che (mi pare intorno al 99-2000) sono stati licenziati una cinquantina di lavoratori per lo scarico merci e dell'equipaggio della nave usata da diano per il trasporto delle merci che produceva.
Per non parlare dei due laghetti, che esistono ancora e sono proprio di lato alla liquil-chimica, che erano punto di riposo per le cicogne durante le loro migrazioni e che ovviamente adesso da ormai molti anni a questa parte sono quasi completamente disertati dai volatili. Quale uccello non si spaventerebbe vedendo di lato al suo laghetto un obrobio con una ciminiare alta 100 metri???

Tutto questo perchè in calabria i grandi lavori sono fatti con attenzione. Mi viene da pensare al ponte....

(A)

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Reggio Calabr.Protesta 1970
by Enrico De Cristofaro Wednesday, May. 03, 2006 at 12:35 AM mail: e.decristofaro@email.it

Osservazioni all'articolo"La protesta di Reggio Calabria" datato 28 nov.2005 apparsa sul Vs sito.


REGGIO CALABRIA. LA PROTESTA DEL 1970

Nel luglio del 1970 iniziò a Reggio Calabria una protesta con moti di piazza che durarono otto mesi. La causa scatenante fu la decisione di designare Catanzaro a capoluogo della Regione.Ma probabilmente dietro questo pretesto, apparentemente localistico,vi erano lacerazioni e disagi pregressi, ben più profondi da parte delle popolazioni interessate.
I miei avi (ormai deceduti)che hanno vissuto la tragedia del terremoto del 1908, dovettero abbandonare una Reggio completamente distrutta nello spazio di una notte. Mi raccontavano che la città all'epoca era una attiva e pulsante realtà mercantile e che,con la vicina Messina,costituiva un volano per l'economia meridionale,situata sullo Stretto, dove passava una delle più importanti vie di comunicazione marittima del Mediterraneo.Le due città sullo Stretto pullulavano di Banche,di Compagnie di navigazione, di Assicurazioni, e stavano iniziando ad affrontare, in modo produttivo, la questione meridionale.A questo proposito c'erano stati anche grandi investimenti statali che dovevano supportare lo sviluppo (l'arrivo della ferrovia,la elettrificazione civile,le attrezzature portuali).
Il terremoto, purtroppo, cancellò tutto ed azzerò i tentativi di ripresa del Sud, che proprio sullo Stretto stavano dando i migliori risultati. L'ordinamento regionale, entrato in vigore proprio nel 1970, nei giorni della rivolta, penalizzò gravemente Reggio, declassandola a città di provicia, e togliendole la sua naturale vocazione di area produttiva.
Le successive scelte di politica industriale (fatte su settori come il siderurgico ed il chimico, già all'epoca destinati al fallimento), e di politica assistenziale hanno irrimediabilmente condannato la Calabria,(e con essa l'intero Meridione)a quella sitazione di degrado che oggi è sotto gli occhi di tutti.
Molto è stato scritto sui moti del 1970, ma non ho trovato quasi nulla che abbia voluto vedere in essi una rabbiosa reazione a questa occasione mancata di rilancio








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