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Legami tra estrema destra reggina, 'ndrangheta e massoneria
by jkl Tuesday, Nov. 29, 2005 at 12:40 AM mail:

L'accordo storico tra estrema destra e la 'ndrangheta. L'inquietante ombra della P2. I campi di addestramento paramilitare. L'inquietante scenario che fa da cornice alla rivolta di Reggio Calabria negli anni '70 e capeggiata dall'estrema destra.

Il patto storico tra la ‘ndrangheta, l’eversione nera e la massoneria deviata. Fatti e personaggi degli anni della tensione. I summit e quelle tante strane coincidenze

Calabria sotto il segno della P2

Il misterioso incontro alla villa “La Spagnola” di Parghelia

ANNI ’60-’70. Gli anni del terrore, quando tutto era politica. Quando anche la “mala” aveva chiare connotazioni politiche. Erano gli anni in cui la ‘ndrangheta prendeva parte, per interesse, ma anche per ideologia. Gli anni dei “camerati” della famiglia De Stefano, una delle consorterie che storicamente è stata capace di imporre il proprio dominio in Calabria, o del “compagno comunista”, patriarca del grande clan di Limbadi, Ciccio Mancuso. La ‘ndrangheta, all’epoca, non agiva solo per interesse, ma anche seguendo un’idea, una filosofia. A destra trovava così terreno fertile l’azione della massoneria deviata, quella della P2 di Licio Gelli e di altre logge coperte collegate, ma soprattutto il piano sovversivo di Avanguardia nazionale e di Ordine nuovo.

Ci fu un accordo storico, tra ‘ndrangheta, massoneria e eversione nera. E’ quanto è stato possibile accertare grazie soprattutto alle dichiarazioni dei pentiti. Ma dove? Quando? E, soprattutto, chi erano i protagonisti? I faldoni delle inchieste che la magistratura avviò sugli anni della strategia della tensione, quelli dell’operazione Olimpia e gli atti della commissione parlamentare d’inchiesta, rappresentano una fonte importante di notizie. Un primo interessante particolare emerge dall’incontro che il 26 ottobre 1969 si sarebbe svolto a Montalto, ai piedi dell’Aspromonte, tra i capi delle famiglie della ‘ndrangheta calabrese. Il giorno prima, il 25 ottobre, Junio Valerio Borghese, che da circa un anno, abbandonato il Movimento sociale, aveva fondato il Fronte nazionale, avrebbe dovuto tenere un comizio a Reggio Calabria. Un comizio la cui autorizzazione fu revocata. Era consuetudine delle “famiglie” tenere il summit annualmente fra la fine del mese di luglio e i primi giorni di settembre. E allora, perché la riunione nel 1969 fu rimandata ad ottobre, il giorno dopo l’arrivo di Borghese a Reggio? Solo una coincidenza o si attendeva proprio il principe “nero”? In ogni caso i magistrati impegnati nell’operazione Olimpia sostennero che durante quella riunione si sarebbe preventivata un’azione "antistatalista" e "terroristica" che non rientrava negli schemi tipici della malavita calabrese.

Pertanto l’attentato dinamitardo alla Questura di Reggio Calabria tra il 7 e l’8 dicembre del 1969, durante il quale rimase gravemente ferito un agente di polizia, poteva anche essere considerato, sempre secondo gli inquirenti, come la prima azione consequenziale al summit del 26 ottobre.

Come pure non si escluse l’ipotesi che i moti reggini avviati il 14 luglio del 1970 rappresentassero un’azione scaturita dall’alleanza tra la ‘ndrangheta e l’eversione nera.

Dal 1993 in poi la collaborazione di numerosi pentiti consentì di ricostruire i contatti intercorsi nel 1970 ad Archi tra i potentissimi De Stefano e il principe Borghese o la copertura offerta a Franco Freda da alcuni esponenti di spicco della ‘ndrangheta reggina. I segreti di certi incontri si disse che erano custoditi tra le mura di palazzo Zerbi a Reggio Calabria.

‘Ndrangheta, Avanguardia nazionale e Ordine nuovo, in particolare, rappresentavano in quel periodo i soggetti di un patto che però vide protagoniste anche altre forze occulte della società italiana, la massoneria e i servizi deviati.

Ci sarebbe stata un’occasione, riferita dal noto pentito Giuseppe Albanese, in cui tutti i poteri occulti si sarebbero incontrati, attraverso i loro rappresentanti, in una tenuta di proprietà di Borghese lungo la Costa degli dei, laddove peraltro, durante la seconda metà degli anni ’70, si riscontrò la presenza di alcuni campi paramilitari per l’addestramento alla guerriglia.

I collaboratori indicarono villa “La Spagnola”. L’unica che portava questo appellativo in quel periodo era una sontuosa villa situata nel comune Parghelia, dove oggi praticamente sorge un maestoso complesso turistico. Questa non rientrò mai nei patrimoni di Borghese. All’epoca risultava di proprietà di Renzo Di Piramo, amministratore delegato della Philco.

Limitrofa a questa struttura era situata la villa di Bruno Tassan Din, braccio destro di Angelo Rizzoli, editore del Corriere della Sera, iscritto negli elenchi della P2 e implicato in alcune delle vicende più misteriose della storia italiana. Alla riunione, che si sarebbe tenuta alla Spagnola, secondo le segnalazioni dei collaboratori di giustizia, avrebbero preso parte il gran maestro del Grande Oriente d’Italia dal 1970 e 1979 e uomo di fiducia di Licio Gelli, Lino Salvini; il marchese Felice Genovese Zerbi detto Fefé, assieme al fratello Carmelo iscritto alla P2; i generali con tessera P2 Gianadelio Maletti e Vito Miceli; l’ammiraglio Gino Birindelli; Edgardo Sogno. Al summit sarebbe stato presente anche il fondatore di Avanguardia nazionale Stefano Delle Chiaie, il cui nome collegava l’eversione nera alla massoneria, e importanti figure del panorama politico calabrese e italiano.

Cosa significava la presenza di alcuni alti ufficiali delle forze armate iscritti alla P2, degli avanguardisti e della mala? Di questo incontro si fa menzione anche nei fascicoli nel primo troncone dell’operazione Olimpia, ma non si riuscì mai a trovare un riscontro concreto. Certa rimane la presenza di numerosi personaggi che, in Calabria, e in particolare all’altezza del crocevia massonico costituito dal Vibonese, rappresentavano l’espressione diretta del grande maestro Licio Gelli.

Per la cronaca in Calabria erano numerosi uomini che in seguito risulteranno far parte della loggia P2: Carmelo Cortese di Catanzaro; Paolo Bruno, Antonio Cangiano, Antonio Messina, Italo Aloia, Domenico Fiamengo di Cosenza;, Domenico De Giorgio, Franco Morelli, Carlo Satira, Giuseppe Strati, Aurelio Tripepi, Umberto Giunta, Giuseppe Arcadi di Reggio Calabria.

Bisogna tenere presente che, al di là di luoghi di residenza, erano presenti in Calabria ufficiali delle forze dell’ordine iscritti alla P2 che prestavano servizio in alcuni dei punti nevralgici della regione. E’ il caso, ad esempio, di un capitano dei carabinieri, che a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 prestava servizio tenendo d’occhio i movimenti a Vibo Valentia.

Una piazza che ha registrato l’assidua presenza non solo di Stefano Delle Chiaie, ma anche del gran maestro del Goi, vicino a Licio Gelli, Lino Salvini. Esiste anche una testimonianza, quella del vigile urbano Bruno Villone, che denunciò il forte legame tra il potere politico e quello massonico nella provincia di Vibo Valentia, e affermò di fronte ai magistrati di aver "personalmente notato, dall’agosto dell’89 in poi, Gelli recarsi di frequente a Vibo Valentia, assieme a Delle Chiaie.

E Gelli in particolare, frequentare fino al 1993 la sede di una loggia massonica locale". Siamo un po’ più avanti negli anni, ma questo particolare potrebbe risultare utile per verificare come la P2 in questa fetta di territorio fosse fortemente radicata.

Tra l’altro fu proprio questo vigile urbano, ex finanziere, a segnalare verso la fine degli anni ’70 al capo della Squadra Mobile di Catanzaro Stefano Di Tocco una serie di movimenti sospetti lungo la costa tirrenica calabrese che portarono all’individuazione di alcuni campi paramilitari per l’addestramento alla guerriglia.

Tutto questo rientrava forse in un grande disegno che i giovani anarchici morti a Ferentino il 26 settembre del 1970 avevano scoperto, o perlomeno, negli anni dei misteri e dei silenzi, loro, giovani che sognavano un mondo migliore, avevano iniziato a capirci qualcosa. E questo qualcuno non poteva permetterlo.

Da "Il Quotidiano"

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