Riflessioni su una vicenda tutta cosentina
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Meglio, molto meglio pensare e sperare che sia tutta una macchinazione, una persecuzione anti-clerical-calcistica. Perché, al di là delle belle e giuste considerazioni sul destino degli immigrati dell'Oasi, questa brutta storia di Francesco Bisceglia, presunto frate sporcaccione, laddove si rivelasse fondata, indurrebbe chiunque, nella piccola Pietroburgo che è Cosenza, a ragionare su alcune cose. Cadendo il frate, verrebbe meno uno di quei piccoli ma forti sottopoteri locali che, per molti anni, hanno contribuito a consolidare un tenace connettivo di consenso alle giunte cittadine, secondo un modello pseudo garantista inventato da Giacomo Mancini e scimmiottato da Eva Catizone. Tralasciando ogni considerazione su ciò che sono stati i due governi della città negli anni; tacendo dei complessi meccanismi clientelari che hanno gravato e gravano sul terziario e sulle cooperative sociali; soprassedendo alla costante opera di cementificazione urbana(soci e compari i grandi costruttori cosentini); omettendo dei rifiuti stoccati sotto viale Parco, bisogna alla fine ammettere che tutto il baraccone, per anni, si è tenuto e si tiene in piedi quasi senza scosse, riuscendo ad ingruppare clero e sinistra antagonista, massoneria e malavita locale, costruttori edili e sindacati, ultras ed intellettuali de sinistra. Come pesce nell'acqua, il frate ci ha sguazzato, con molta abilità e spalle coperte, tessendo rapporti e cucendo strappi, favorendo alleanze (non tutte ecumeniche) e infiammando curve e sogni di giovani proletari. Il problema è che, cadendo il frate, alcuni "compagni" che lo hanno glorificato avendone per anni buon tornaconto,dovrebbero cominciare a fare ciò che a Cosenza non è mai accaduto: PENSARSI un po' e, magari, ipotizzare un nesso fra la fine fatta dalla sinistra antagonista cosentina e le loro azioni, alleanze e connivenze con i poteri forti di questa piccola, ipocrita città. Ci si è parati il culo anche per un'altra, sopravvenuta ragione (è comprensibile, a nessuno piace la galera). Ma è lecito chiedersi: a che prezzo?
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