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PALESTINA quando finirà l'occupazione israeliana?
by Cattivik Monday, Dec. 17, 2001 at 3:44 PM mail:

già il 17 settembre usci questo commento di Edward Said quando finirà l'oppressione sul popolo palestinese? anche noi in italia dobbiamo dare il nostro contributo visto che tutti gli operai e gli sfruttati che lasciano le mani libere al loro governo di schiacciare altri popoli non saranno mai in grado di iniziare un movimento per liberarsi...

UN POPOLO BISOGNOSO DI LEADERSHIP

EDWARD SAID



La pressione israeliana sui palestinesi è aumentata ulteriormente perfino nei giorni seguenti i terribili eventi dell'11 settembre. Raid missilistici sono stati scatenati sulle città di Jenin, Jerico e Ramallah ed hanno distrutto postazione della sicurezza, edifici governativi e case di civili. Nel distretto di Beituniya a Ramallah, alcune granate hanno colpito un bar, una moschea ed una scuola materna – tutti perfettamente ammessi come "danni collaterali" e scarsamente menzionati sui mezzi di comunicazione occidentali. Una simile aggressione israeliana, dopo tutto, è la norma da un anno a questa parte. Sono stati uccisi oltre 600 palestinesi dall'inizio dell'Intifada di Al-Aqsa – quattro volte il numero di morti della parte israeliana, e 15.000 feriti – dodici volte superiore al numero di feriti dell'altra parte.

Le Forze Armate Israeliane regolari hanno sterminato presunti terroristi a volontà, la maggior parte delle volte uccidendo anche innocenti. Il 7 agosto scorso, quattordici palestinesi sono stati assassinati dalle truppe israeliane che hanno utilizzato elicotteri da guerra e missili, per "prevenire" che loro uccidessero degli israeliani, sebbene almeno due bambini e cinque passanti fosse colpiti, per non parlare dei molti civili feriti.



Forniti di bombardieri dono degli americani, elicotteri da guerra, innumerevoli carri armati e missili, una superba marina ed un servizio segreto efficiente, per non parlare delle sue armi nucleari, Israele opprime un popolo spodestato senza armamenti o artiglieria, privo di forze aeree – il suo unico patetico aeroporto di Gaza è controllato da Israele – esercito o marina, o di qualsiasi istituzione di protezione di un moderno stato. La crudele segregazione da parte di Israele di 1,3 milioni di persone nella Striscia di Gaza, stipati come sardine in un ristretto territorio circondato da filo spinato e di quasi due milioni di persone nell'West Bank – le cui entrate ed uscite sono controllate dall'Esercito Israeliano – ha pochi analogie nella storia del colonialismo. Perfino durante il regime dell'apartheid non sono mai stati usati aerei F-16 per bombardare i territori africani, come invece ora fanno contro le città ed i villaggi palestinesi.



Dietro questa spietata oppressione militare c'è una logica di lungo termine. La distruzione della società palestinese iniziata nel 1948, con l'espulsione del 68% dei nativi – di cui 4,5 milioni sono tuttora rifugiati – è continuata per i 34 anni di occupazione dal 1967. Decine di anni di pressione quotidiana su una popolazione la cui colpa principale è quella di essere lì, sulla strada di Israele, ha reso la vita impossibile ai palestinesi, costringendoli a cessare qualsiasi resistenza, o ad andarsene – come hanno fatto in 150.000 verso la Giordania. I leader della comunità sono stati incarcerati e deportati dal regime di occupazione, sono stati confiscati piccoli commerci, demolite le fattorie, chiuse le università, gli studenti esclusi dalle classi. Nessun agricoltore o imprenditore palestinese può esportare direttamente la sua merce in qualsiasi paese arabo – i loro prodotti devono passare da Israele, perché le tasse sono pagate a Israele. In una parola, lo scopo, come ha dichiarato la ricercatrice americana Sara Roy, è stato 'de-develop' impedire lo sviluppo, far regredire la società palestinese.



Oggi, divisi in circa 63 zone non contigue, presidiate da 140 insediamenti israeliani con la loro rete stradale bandita agli arabi, i palestinesi sono stati ridotti ad una massa povera di disoccupati – il 60% è senza lavoro. Metà della popolazione di Gaza e dell'West Bank vive con meno di 2 dollari al giorno. Non possono spostarsi liberamente da un posto all'altro all'interno dei territori occupati ma devono sopportare file interminabili ai posti di blocco israeliani, che regolarmente, per ore, bloccano ed umiliano vecchi, malati, studenti e religiosi. Circa 150.000 ulivi ed alberi di limoni sono stati estirpati per punizione; 2.000 case demolite; ampi territori espropriati per permettere l'installazione di coloni – attualmente sono circa 400.000 – o distrutti per scopi militari.



Per quanto riguarda il "processi di pace" di Oslo, iniziato nel 1993, questo ha semplicemente riorganizzato l'occupazione, offrendo il 18% dei territori divisi nel 1967 alla corrotta, sul modello di Vichy, Autorità di Arafat, il cui mandato è stato essenzialmente di polizia e di tassare il suo popolo per conto di Israele. Dopo otto infruttuosi, miseri anni di ulteriori "negoziati", orchestrati da un gruppo di funzionari statunitensi che comprendeva personaggi delle lobby di Israele come Martin Indyk e Dennis Ross, ai palestinesi sono stati inflitti sempre più abusi, sempre più insediamenti, arresti, sofferenze, compreso, dall'agosto 2001, la "giudaizzazione" di Gerusalemme Est, con la Casa d'Oriente occupata e svuotata: documenti preziosi, documenti legali sulle terre, mappe, che Israele ha semplicemente rubato, come fece con gli archivi dell'OLP a Beirut nel 1982. Questo è stato il risultato della visita gratuitamente arrogante di Ariel Sharon alla spianata di Al-Sharif a Gerusalemme il 28 settembre 2000, circondato da 1.000 soldati e guardie messe a disposizione da Ehud Barak – un'azione unanimemente condannata perfino dal Consiglio di Sicurezza. Poche ore dopo, come avrebbe potuto prevedere anche un bambino, scoppiò la rivolta contro la colonizzazione – con otto palestinesi uccisi come prime vittime.

Il 'controllo' di Sharon



Pochi mesi dopo Sharon salì al potere principalmente per "sottomettere" i palestinesi – per dargli una lezione, o liberarsi di loro. Il suo record personale di killer di arabi risale a 30 anni fa, prima dei massacri di Sabra e Shatila che compirono le sue forze armate nel 1982, e per i quali è ora sotto inchiesta presso la corte belga. Ma egli non è pazzo. Ad ogni azione di resistenza palestinese, le sue forze armate aumentano un poco la pressione, stringono l'assedio, occupano più territorio, tagliano i rifornimenti, lanciano incursioni più profonde sulle città palestinesi come Jenin e Ramallah, rendendo la vita ancora più intollerabile alle vittime dell'occupazione – mentre ad ogni segno di critica, la sua macchina di propaganda spiega che sta solo "difendendo" se stesso, "provvedendo alla sicurezza" dei territori e "ristabilendo il controllo" con l'unico scopo di "prevenire il terrorismo". Sharon ed i suoi beniamini accusano anche Arafat di essere "l'ideatore del terrorismo, sebbene egli non possa letteralmente muoversi senza il permesso di Israele, nello stesso tempo dichiarano di non nutrire conflitti con il popolo palestinese. Che grazia per quella gente! Con un tale "controllo", perché mai sarebbe necessaria un'invasione su larga scala, accuratamente pubblicizzata per intimidire i palestinesi?



Negli Stati Uniti, dove Israele ha la sua principale base politica e da cui ha ricevuto oltre 92 miliardi di dollari di aiuti dal 1967, le vittime palestinesi non hanno nome e volto, degni appena di una citazione nelle cronache nazionali. Le cose sono diverse per i morti ebrei. Il terribile costo umano dei suicidi che si fanno saltare in aria ad Haifa o Gerusalemme, vengono subito spiegati secondo lo schema consueto. Arafat non ha fatto abbastanza per controllare i suoi terroristi; le loro odiose minacce a danno "nostro" e del nostro più forte alleato; Israele deve difendere tenacemente la sua sicurezza. Osservatori attenti aggiungerebbero: questa gente ha combattuto instancabilmente per centinaia di anni; c'è stata troppa sofferenza da entrambe le parti, e la violenza deve essere fermata; il fatto che i palestinesi mandino i loro ragazzi a combattere, è un altro segno perché Israele debba smetterla. Così, Israele ha invaso Jenin con bulldozer e carri armati. In America, Israele ha vinto la battaglia delle pubbliche relazioni così da tanto tempo che potrebbe sembrare non necessario investire altri milioni di dollari in una campagna di informazione – utilizzando "star" come Zubin Mehta, Itzhak Perlman e Amos Oz – per migliorare ulteriormente la sua immagine.



Durante una trasmissione televisiva americana, l'agosto scorso, tra il ministero dell'Autorità Palestinese Nabil Shaath ed il nuovo leader del Partito Laburista Avraham Burg, portavoce della Knesset, ha confermato lo schema – e dimostrato, ancora una volta, l'incapacità dell'Autorità e dei suoi portavoce di sostenere il popolo palestinese. Burg ha potuto snocciolare una falsità dietro l'altra: che Israele ha sempre voluto la pace; che Israele fa di tutto per mantenere la calma mentre i terroristi palestinesi – incoraggiati dall'Autorità di Arafat, che controlla ogni cosa – minaccia di brutali omicidi i bambini israeliani; che, quale democratico e amante della pace, non vede una reale volontà di pace palestinese; che la sola differenza tra Shaath e se stesso è che egli, Burg, è stato in grado di esercitare una certa influenza di controllo su Sharon mentre Shaath non lo può fare su Arafat. La classica propaganda – una bugia viene creduta quando viene ripetuta abbastanza spesso – secondo cui Israele è la vittima dei palestinesi. Shaath ha potuto solo rispondere con umiliante servilismo alla sua valanga di bugie, continuando a ripetere che anche i palestinesi vogliono la pace; che chiedono di ritornare ad Oslo; che stanno cercando di contenersi; che rispettano il Rapporto Mitchell sponsorizzato da AIPAC (i cui autori principali, Warren Rudman e lo stesso Mitchell, sono stati tra i membri più pagati della lobby israeliana durante le loro carriere al Senato).



Data la preziosa opportunità di trovarsi con un ipocrita assassino come Burg, perché gente come Shaath, Abed Rabbo, Erekat, Ashrawi ed altri non sono capaci semplicemente di ricordargli che Israele continua a perseverare nei suoi crimini quotidianamente? A rilevare il fatto che letteralmente milioni di persone non possono lavorare, comperare cibo, avere assistenza medica? Che centinaia di persone sono state uccise, migliaia di case distrutte, decine di migliaia di alberi sradicati, vaste aree di terra confiscate, che gli insediamenti proseguono – e che tutto questo durante un "processo di pace"? Per una volta potrebbero parlare come esseri umani piuttosto che imitazioni di basso livello di Kissinger e Rabin? Perfino un portavoce normalmente affidabile come Ghassan Khatib sembra essersi infettato dal virus. Naturalmente è necessario rispondere a questioni su tregue, accordi ecc.; ma queste persone sono così lontane dall'orrore quotidiano della Palestina tanto da non poterlo neppure citare? Loro rispondono a domande sul Piano Mitchell o sulla visita di Powell: fino a che ci sarà un'occupazione militare della Palestina da parte di Israele, non ci potrà essere pace. La maggior parte della violenza – carri armati, aerei, missili, posti di blocco, insediamenti, soldati – arriva da parte israeliana.



Le negligenze di Arafat



Nonostante Israele tenga stretti i Palestinesi, Arafat spera ancora che gli americani salvino lui ed il suo traballante regime. Ora più che mai, lui e la sua corte continua ad implorare la protezione americana. Il popolo palestinese merita di meglio. Dobbiamo dire chiaramente che con Arafat e company al comando non c'è speranza. Ma che razza di leader è questo, che trascorre l'ultimo anno grottescamente in visita in Vaticano e Lagos ed altri vari posti, implorando senza dignità o perfino intelligenza per osservatori immaginari, aiuti arabi, supporto internazionale, invece di restare vicino alla sua gente e tentare di aiutarla con forniture di medicinali, organizzazione pratica e reale leadership? Quello di cui hanno bisogno i palestinesi sono leader che stanno realmente con e dalla parte del loro popolo, che fanno veramente resistenza sul terreno, non grassi burocrati che fumano sigari occupati a preservare i propri affari ed a rinnovare i loro lasciapassare da VIP, che hanno perso qualsiasi traccia di decenza e credibilità.



Arafat è finito. Perché non ammettiamo che egli non può comandare, ne pianificare, ne adottare un solo provvedimento che faccia la differenza ad eccezione che per lui ed i suoi amici di Oslo che hanno beneficiato materialmente della miseria del loro popolo? Tutti i sondaggi indicano che la sua presenza blocca qualsiasi sviluppo. Noi abbiamo bisogno di una leadership capace di pensare, progettare e prendere decisioni, invece di inginocchiarsi davanti al Papa o a George Bush mentre Israele uccide impunemente la sua gente. I veri leader di un movimento di resistenza rispondono a bisogni popolari, rispecchiano le realtà sul terreno e si espongono agli stessi pericoli e difficoltà di tutti quanti. La lotta per la liberazione dall'occupazione israeliana è dove ogni palestinese resiste. Oslo non può essere riscaldata o resuscitata come vorrebbero Arafat e company. Quello che serve adesso sono azioni di massa per sostenere la resistenza e la liberazione, piuttosto che confondere la gente blaterando di ritornare ad Oslo – chi può credere a questa folle idea? - o dello stupido Piano Mitchell.



Che dire di Israele, bloccato in una campagna senza futuro, flagellato dalla spietatezza? Come disse il poeta e critico irlandese James Cousins nel 1925: qualsiasi potenza coloniale si troverà ad affrontare le "false ed egoistiche preoccupazioni che si presentano nella naturale evoluzione del suo stesso spirito nazionale, e spinta fuori dal sentiero della rettitudine verso la tortuosa scorciatoia del pensiero, della parola ed dell'azione disonesti, nella difesa artificiosa di una falsa posizione". Tutti i colonizzatori hanno percorso questa strada, imparando o non fermandosi davanti a nulla, fino a che alla fine – come Israele dopo i suoi ventidue anni di occupazione del sud del Libano – abbandonano i territori lasciando dietro un popolo esausto e paralizzato. Se l'impresa sionista doveva soddisfare le aspirazioni degli ebrei, perché ha richiesto così tante vittime di un altro popolo che non ha avuto niente a che fare con l'esilio degli ebrei e le persecuzioni?



Dietro la millanteria e la ferocia del governo di Sharon, la fiducia in Israele sta crollando. I veri credenti nel sionismo, nel senso originale del termine, sembrano essere sempre meno. Un autorevole osservatore israeliano ha così riassunto la scena attuale: "il sionismo è diventano solo un affare di apparati politici e slogan... Sionismo oggi? Un rompicapo ideologico in cui tutti, destra, sinistra o centro, secolari, tradizionalisti o integralisti, possono trovare qualche cosa per giustificare le proprie passioni del momento. Anche Israele è entrato nell'era del post-sionismo".(1) Naturalmente, questo non significa che un'improvvisa luce sia scesa sull'opinione pubblica israeliana. Il lento cambiamento della fede sionista nella sua forma originale, come un nazionalismo salvifico genuino, ha spesso lasciato dietro di se qualcosa di peggio – un razzismo sub-ideologico, condito di ostilità e diffidenza verso gli arabi. Ma questo pozzo di pregiudizi, che sotto di se nasconde il tronco vuoto e in decomposizione delle dottrine ufficiali, è molto più facile da strombazzare al mondo come la missione dell'esistenza di Israele, che il messaggio sionista originale. Quelli che pensano che la posizione internazionale di Israele è più che mai forte, come Perry Anderson ha argomentato in questa rivista, sbagliano.(2) Nonostante gli editoriali o le pagine di opinione della stampa americana siano influenzati – o, in misura minore quella europea - per non parlare dei notiziari, forse, i giorni in cui la legittimità del diritto palestinese alla sovranità nazionale possa essere completamente ignorato sono passati. Molta gente comune europea ed americana non accettano più il concetto che Israele goda di uno speciale statuto morale che rende perdonabile la sua politica di persecuzione ed omicidio. La potenza di occupazione gode di protettori imperiali all'estero. Ma nell'opinione pubblica mondiale è sempre più più isolata, ed Israele lo sa.



Questo spiega i disperati espedienti a cui sono ricorsi i suoi amici negli Stati Uniti, alla ricerca di una strada per togliere Israele dall'impasse dei suoi tentativi di reprimere la nuova Intifada. Edward Luttwak, del Centro di Studi Strategici ed Internazionali, esulta di fronte "ai progressi della capacità militare" di Israele che ha permesso alle Forze Speciali Israeliane di eliminare Mustafa Zibri a Ramallah ed assassinare leader palestinesi a volontà.(3) Graham Fuller, Vice-Presidente del National Intelligence Council alla CIA, sollecita la costruzione – letterale – di un Muro di Berlino intorno ai territori occupati, pattugliato da "forze internazionali", per imprigionare i palestinesi.(4) Thomas Friedman, columnist del New York Times, opina che "l'unica soluzione per Israele e gli USA [sic] possa essere invitare la NATO ad occupare il West Bank e Gaza e dichiarare uno stato palestinese a controllo NATO, tipo il Kossovo e la Bosnia.(5) Ciò che hanno dimostrato questi schemi brutali e senza senso, era la paura che Israele stesse perdendo. Una vera leadership palestinese avrebbe dovuto sapere come dimostrare tutto ciò. I terribili avvenimenti dell'11 settembre, senza dubbio ora riconfigureranno la geografia politica del mondo Musulmano ed Arabo in nuovi modi imprevisti e pericolosi – in tutti i sensi.

17 settembre 2001

Elie Bamavi, 'Sionismes', in Elie Barnavi and Saul Friediander, Les Juifs et le XXe siècle, Paris 2000, pp. 229-30.
Perry Anderson. 'Scurring towards Bethlehem', NLR 10, July-August 2001.
Isreael's Relation is on Targ~~. Los Angeles Times, 30 August 200 I.
Build a Berlin Wall in the Middle East', Los Angeles Times , 14August 2001
A Way Out of the Middle East Impasse', New York Times 24 August 2001.

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