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INDYMEDIA FAQ # 23
by Imc Italia Sunday, Jul. 21, 2002 at 7:29 AM mail:

23. Cos'è l'Open Publishing?

Vai alle Indymedia FAQ

Per spiegare cos'è l'Open Publishing vi proponiamo il testo scritto da Matthew Arnison, di Catalyst, il collettivo australiano che ha creato Active, il primo software usato da Indymedia.


L'Open Publishing è la stessa cosa del Software Libero

testo di Matthew Arnison (maffew@cat.org.au)
versione 0.3 (scritto 03.2001 - rivisto 06.2001)



Una definizione operativa di pubblicazione aperta (Open Publishing).

Pubblicazione aperta significa che il processo di creazione delle notizie è trasparente nei confronti del lettore. Il lettore può contribuire con una storia e vederla apparire istantaneamente tra la serie di storie pubblicamente disponibili. Quelle storie sono filtrate il meno possibile per aiutare il lettore a trovare le storie che vuole. Il lettore può vedere le decisioni editoriali che altr* prendono. Può vedere come partecipare ed aiutare altr* a prendere quelle decisioni. Se pensa di conoscere un modo migliore di usare il software di pubblicazione, può copiare il software, poichè esso è libero, cambiarlo e iniziare il suo proprio sito. Se vuole redistribuire le notizie, può farlo, preferibilmente su un sito a pubblicazione aperta.

La pubblicazione aperta è la stessa cosa del Software Libero.

Sono entrambe risposte evolutive alla privatizzazione dell'informazione messa in atto dai monopoli multinazionali. Per il software è Microsoft, per la pubblicazione è Cnn. Per entrambi è Aol Time Warner. Il software libero offre in giro programmi. Arrivano a costo zero...chiamiamola birra gratis. Ma il software libero non è solo questo. Il codice sorgente, la blueprint genetica, i meccanismi interni sono aperti per gli altri da vedere (da ciò il software libero è anche chiamato software aperto). Quindi altr* possono prenderlo e cambiarlo e passare le loro modifiche ad altre persone. Il prodotto è libero, e il processo di produzione è libero e trasparente. Se a qualcuno non piace, si può prenderlo e modificarlo. L'unica cosa che non si può cambiare è il fatto che sia libero. Ciò è garantito dalla licenza GNU, una sovversione virale delle leggi sul copyright che garantisce la libertà di un pezzo di codice e di tutte le sue modifiche. I mezzi sono il fine. Il viaggio è la destinazione. Potresti pensare che questo processo non porti a nulla di realmente creativo, altamente ispirato, enorme, complesso, semplice, piccolo, affidabile, a caso o divertente. Se la pensassi così, staresti drasticamente sottostimando quello che gli umani riescono a fare per divertimento. Perchè tutti quegli aggettivi si applicano al sofware libero. Ai geeks piace scherzare su quale sia la prossima cosa il software libero debba fare per raggiungere il dominio del mondo. Microsoft non pensa che questa battuta sia molto divertente. Microsoft è una delle più grandi corporation del mondo. Microsoft spende miliardi di dollari per pagare dei programmatori per mantenere il loro software chiuso e le specifiche interne segrete. Il software libero è principalmente scritto da volontari. Il software libero fa girare Internet, Microsoft no. Il numero e la diversità delle persone che utilizzano software libero è in accellerazione! Miicrosoft di solito risponde a queste minacce comprando le persone e assimilandole. Il software libero non può essere comprato. Il software libero non è frugale con il suo codice genetico. Il software libero si diffonde come un microbo benevolo dopo un salto evolutivo. Microsoft ritiene che le persone siano stupide e usa dei gruppi di focus per determinare esattamente in che senso sono stupide. Poi paga a un numero ristretto di persone molti soldi per tradurre ingegneristicamente quella stupidità in software. A volte ciò funziona bene, perchè chiunque è stupid*, a volte. Ma ciò non va bene per chiunque sia intelligente. Il software libero ritiene che le persone siano intelligenti e creative, e in grado di scegliere da sè se nuotare a riva o in profondità, fino al fondo della risorse tecnologiche. Anche il programmatore più geek può volere i piedi piantati fermi a volte, e il principiante più novello può fare la nuotata più grande tuffandosi nelle profondità. I programmatori di sofwtare libero riescono ancora a mangiare, nonostante diano via liberamente il loro codice. Il software è informazione. Anche le notizie sono informazione. Anche le opinioni lo sono. Forse l'informazione vuole essere libera. Sotto il sistema dominante, il sistema multinazionale globale delle notizie, le notizie non sono libere, le notizie non sono aperte. Sono molto care. sono molto esclusive e segrete: per vedere le notizie devi pagare, o con dei soldi o con il tuo tempo, spesso a guardare pubblicità (di solito di automobili) o entrambi. Per creare le notizie devi pagare salati consulenti di pubbliche relazioni. Per scrivere le notizie devi obbedire ai valori delle corporation delle notizie, fare storie in una catena di produzione finalizzata a ottenere il massimo impatto pubblicitario al minimo costo. Per modificare le notizie devi essere un servizio informativo del mercato borsistico globale o di un' impresa mediatica multinazionale. Per distribuire le notizie devi avere una delle sei torri di trasmissione tv in una città di milioni di persone. Le corporation dei media ritengono i loro spettatori degli stupidi. Ai loro occhi il potenziale creativo totale del pubblico è rappresentato dal festival dell'home video più divertente. Le persone creative non comprano piu' roba, se la fanno da sè. Questo è un problema per le multinazionali mediatiche. Loro non si fidano del fatto che gli spettatori possono essere creativi. Potrebbe nuocere ai profitti, e ai salari dei dirigenti. Ma va bene così. neanche il pubblico si fida dei media corporate. La situazione ha portato a una crescente confusione e alienazione della società. Siamo disconnessi da noi stessi e dalla nostra ecologia. Il nostro pianeta funziona ora più che mai in passato come un ecosistema globale , per la natura globale dell'attività umana, e tuttavia gli umani non hanno alcun modo di comunicare gli uni con gli altri. I problemi del sistema passano oltre, senza poter essere visti o risolti da miliardi di persone, solo le questioni che sono importanti per vendere spazi pubblicitari o ingrassare il mercato azionario hanno un impatto rilevante come notizie globali. Quello che abbiamo è un sistema molto complesso all'interno del quale gli umani hanno guadagnato un potere enorme. Ma al momento essi non dispongono di un altrettanto potente rete di infrastrutture delle comunicazioni per supportarlo. Non disponiamo di una rete neurale per processare l'informazione. Non è tanto un villaggio globale quanto un megafono globale. Poi Internet è stata aggiunta alla serie degli strumenti di comunicazione globale. Se puoi leggere internet, ci puoi anche scrivere. Se qualcun'altr* ha scelto di raccontare una storia su internet, puoi scegliere di ascoltarla. L'informazione scorre tra la rete e gli altri sistemi di comunicazione: il telefono, la tv, la radio e i giornali, formando una più bilanciata rete di trasferimento dell'informazione. Questo è un villaggio globale dove puoi arrampicarti fuori da un ingorgo nel traffico e finire addosso a qualcuno sulla strada elettronica e avere una conversazione [chat]. Internet rende possibile la pubblicazione aperta su scala cittadina e globale. I cittadini finalmente hanno accesso alla stessa economica e potente comunicazione a due vie alla quale i governi imperialisti e le multinazionali hanno avuto accesso per secoli.

Cos'è la pubblicazione aperta?

Pubblicazione aperta significa che il processo di creazione delle notizie è trasparente nei confronti del lettore. Il lettore può contribuire con una storia e vederla apparire istantaneamente tra la serie di storie pubblicamente disponibili. Quelle storie sono filtrate il meno possibile per aiutare il lettore a trovare le storie che vuole. Il lettore può vedere le decisioni editoriali che altr* prendono. Può vedere come partecipare ed aiutare altr* a prendere quelle decisioni. Se pensa di conoscere un modo migliore di usare il software di pubblicazione, può copiare il software, poichè esso è libero, cambiarlo e iniziare il suo proprio sito. Se vuole redistribuire le notizie, può farlo, preferibilmente su un sito a pubblicazione aperta. La pubblicazione aperta ritiene che il lettore è intelligente e creativo e può voler essere uno scrittore o un editore o un distributore. La pubblicazione aperta crede che il il lettore sappia distinguere una buona storia da una stronzata. Che sia in grado di trovare cosa sta cercando, e che possa voler aiutare altri a seguire lo stesso esercizio di ricerca. Noi abbiamo fiducia nel pubblico e il pubblico ha fiducia in noi in cambio. La pubblicazione aperta sta giocando all'estremo opposto dello spettro di fiducia rispetto ai media corporate. non stiamo lavorando per convincere le persone che questo è un buon modo di fare le cose. stiamo offrendo uno spazio dove le persone possono decidere da loro stesse se questo è un buon modo di fare le cose. il viaggio è la destinazione. la pubblicazione aperta non è una novità. è la reinvenzione elettronica dell'antica arte del raccontare storie. la pubblicazione aperta è il software libero. è la libertà dell'informazione, e libertà per la creatività. la pubblicazione aperta è portata avanti principalmente da volontari. chi farà giornalismo investigativo? come faranno le persone a offrire una prospettiva da oltre oceano? cosa saprà darci un senso d'insieme, di connessione e di identità comune? ci sarà qualcuno che sarà pagato per il suo lavoro? cosa succederà alle immagini animate? ai musicisti? dove saranno gli sforzi sostenuti da centinaia di persone? spero che alle domande qui sopra circa la pubblicazione aperta abbia già risposto il software libero. e parzialmente indymedia, e migliaia di altri siti web a pubblicazione aperta. la pubblicazione aperta sta semplicemente prendendo una tendenza esistente e la sta identificando, amplificando, e applicando ai punti deboli dei monopoli globali del potere e dell'informazione. le piramidi sono di grande ispirazione. esse sono anche state costruite con il lavoro degli schiavi. ci siamo evoluti come specie. possiamo fare un sacco di cose splendide senza bisogno delle brutali tecniche egizie di uso degli schiavi. possiamo fare a meno di nuove piramidi. siamo nel mezzo di un' estinzione di massa delle specie viventi. dobbiamo riuscire a trovare un modo per vivere in armonia con l'ecosistema di questo pianeta prima che l'ecosistema vada in retroazione negativa e uccida le forme di vita a miliardi. non riusciremo a trovarlo sacrificando le nostre vite all'automobile, commerciando i nostri diritti umani con scarpe, uccidendo la nostra gente con le compagnie della droga, nascondendo la nostra creatività a causa delle multinazionali. possiamo fare di meglio. dimentichiamoci le piramidi. bypassiamo la dominazione del mondo. il software libero sta collegando attraverso cavi il pianeta. la pubblicazione aperta può semplicemente aiutarci a usare quei cavi per salvare il pianeta.

Esempi di pubblicazione aperta (open publishing)

Questi siti sono esempi di pubblicazione aperta:

http://www.active.org.au
http://www.indymedia.org
http://www.kuro5hin.org


Nessuno di essi osserva tutti i criteri di cui sopra sulla pubblicazione aperta. ma ci sono molto vicini. E ci potrebbero essere delle scosse là fuori. I suggerimenti sono benvenuti.

Notate che Slashdot.org , pur avendo molte sezioni a pubblicazione aperta e pur essendo stato un'ispirazione importante per la pubblicazione aperta, non penso che sia davvero a pubblicazione aperta. Significativamente, le storie (intese come opposto dei commenti) sono prese dai contributi dei lettori, ma vengono processate dietro porte chiuse.

Ovviamente penso che abbiamo molto da imparare dal movimento del software libero. un'idea che non abbiamo ancora sviluppato molto è quella di una licenza copyleft per la pubblicazione aperta, simile a quella del software libero. la licenza copyleft definisce come l'informazione può essere condivisa, dirottando le leggi sul copyright (diritto d'autore) per assicurare che l'informazione libera(ta) possa essere riutilizzata in contesti liberi. questo incoraggia la crescita di spazi liberi, zone autonome, perchè il processo di condivisione dell'informazione è diffuso con l'informazione stessa. questa potrebbe essere una parte centrale di ciò che ci serve a definire la pubblicazione aperta per noi stessi e per i nostri potenziali colaboratori. non deve essere legalmente ineccepibile per essere utile. a questo possiamo arrivare successivamente. la cosa più utile sarebbe iniziare a giocarci, con la definizione. questo è in parte ciò che stiamo facendo con il nostro lavoro di definizione del network di indymedia. ma credo che abbiamo anche bisogno di definire come scambiarci pezzetti di informazione più piccoli che quelli compresi nel definire l'appartenenza totale al network. e l'unità base di informazione qui è la storia e la licenza copyleft che l'accompagna. l'idea più interessante secondo me fino ad ora in quest'area relativa alle notizie è quella che una storia possa essere riusata ovunque, ma solo se tutti i lettori/spettatori esposti a essa possono facilmente identificare e raggiungere la fonte della notizia. per esempio attraverso un sottotitolo nella foto con l'indirizzo del sito indymedia dal quale la storia proviene. questo significa non solo che il lettore può verificare la versione originale della storia, am anche aggiungere il suo succo creativo al flusso. questo aiuterebbe ad assicurare che ovunque la storia vada, c'è un solido legame con le parti funzionanti, con il processo grezzo che l'ha resa possibile e che permette a nuove persone di contribuire a modificarla ed evolvere. questo certo significa rinunciare al diritto di chiedere di essere pagati per ogni copia fatta. il software libero sacrifica la stessa cosa e succede che funzioni davvero. dobbiamo provare a fare lo stesso con le notizie e i documentari, e vedere se funziona ugualmente bene. un punto chiave è che puoi comunque continuare a far pagare per le copie dell'informazione copyleft. semplicemente, non puoi evitare che qualcun'altr* dia via le copie che ha comprato, compreso l'accesso ai materiali originali. e i materiali originali devono essere disponibili a non più del costo di distribuzione. e succede che la gente continua comunque a comprare software libero. davvero un sacco in effetti. e che in aggiunta la reputazione del software libero si diffonde molto velocemnete se è buono. il che beneficia il progetto del software garantendo più feedback, più volontari che aiutano a migliorarlo, e in alcuni casi più soldi. l'analogia per un documnetario video sarebbe piazzarlo sotto licenza copyleft così che chinque possa copiarlo fintanto che sulla copia è in bella evidenza che essa è copyleft e che lo spettatore ha a disposizione un link alla fonte (es. l'indirizzo web indymedia della città da cui proviene). ma i videomaker potrebbero continuare a far pagare per le copie che fanno. potrebbero far pagare prezzi particolarmente alti ai network delle multinazionali tv che vogliono copie urgentemente, ad esempio. i network tv pagherebbero per avere il filmato velocemente, senza dover cercare qualcun'altro che l'aveva e disposto a copiarlo alla svelta. e per quanto male lo possano montare, per via della licenza copyleft dovrebbero per ragioni legali cedere parte dell'attenzione dei loro spettatori all'indirizzo web della fonte. quella attenzione dello spettatore è una risorsa di estremo valore per i network tv, perchè è estremamente potente. potrebbe essere potente anche per noi. se loro omettono di fornire l'indirizzo web, possono essere citati per il valore corrispettivo di quell'attenzione dello spettatore. è una cosa abbastanza delicata. ci sono modi di giocare con il sistema. non sono sicuro che questo possa funzionare, ma potrebbe essere divertente e penso valga la pena di fare un tentativo.

Ideali e realtà.

Molte delle cose che dico qui sopra sono ideali. non si sovrappongono esattamente alla realtà. ma sono utili come modo di pensare ad approcci differenti. per esempio il software libero e la pubblicazione aperta non sono di fatto gratuiti, ma il prezzo è ridotto al puro costo di distribuzione. questo è cneto volte minore del precedente prezzo di vendita, che tendeva a includere il costo di auto di lusso, case e jet per i dirigenti delle multinazionali. c'è una differenza reale. un altro punto importante con il software libero è che saper programmare è un'abilità ad altissima domanda, la qual cosa da' ai programmatori un insolito potere come gruppo di persone a questo punto della storia. storicamente credo che questo abbia portato a un grosso cambiamento sociale. [a flaw in this rant] una falla in questo sviluppo potrebbe essere che la richiesta di programmatori può diminuire bruscamente e che narratori e giornalisti sono già in sovrannumero per il pensiero economico. tuttavia, una volta che abbiamo rovesciato numerosi modelli di sovraconsumo, possiamo creare un circolo virtuoso che ci dia più tempo libero, una migliore qualità della vita sia per noi che per le persone che vivono in paesi più poveri (finanziariamente) dei nostri (io vivo in un paese ricco, questo è scritto per lettori di un paese ricco). per esempio, rinunciare all'automobile significa creare un grande ammontare di tempo libero, perchè non hai più bisogno di passare tutto quel tempo a guadagnare soldi per poter restare intrappolati nel traffico. ancora, questo è semplicistico, ci sono questioni di progettazione urbana da considerare, ma credo che molto di questo sia culturale e lo scambio di informazioni fa parte del cambiare la nostra cultura affinchè sia più attenta ai nostri stessi bisogni e a quelli del pianeta. in altre parole, con un po' di fortuna e un sacco di duro lavoro e divertimento, le cose possono semplicemente iniziare a sistemarsi in tempo per crescere ed evolvere come specie e come ecosistema globale. ... sembra che molte parti della società vengano privatizzate. salute, acqua, comunicazioni, media delle comunità. essere di proprietà del governo o di una organizzazione no-profit non è una garanzia. alle volte ci sono dei benefici dalla privatizzazione. ma non sono convinto che sia l'unica via per ottenere quei benefici, e i costi sono molto alti. particolarmente nei paesi più poveri, dove i prezzi per i beni di prima necessità (come l'acqua in bolivia) possono improvvisamente diventare largamente inaccessibili.

Il software libero non può essere privatizzato.

Specialmente il software libero copyleft. le [corporations] grandi aziende possono usarlo, migliorarlo, ma non possono ottenerne l'esclusiva, nè possono evitare che altri lo usino o lo cambino. Può la pubblicazione aperta essere privatizzata? penso che una buona definizione sia la migliore protezione contro la privatizzazione. ma i larghi effetti della sottile differenza nella definizione delle licenze copyleft e bsd dimostrano quanto sia importante la definizione stessa. giochiamo con un po' di esse e vediamo quale funziona meglio.

Note

Molte di queste idee sono senza vergogna rubate da altri posti. dovrei davvero citare e ringraziare tutti questi luoghi e persone. o, se vi piace l'idea, considerate che io le abbia davvero rubate, e fate una ricerca sul web e trovatele (in verità potreste dover aspettare qualche anno prima di avere dei motori di ricerca che possano realmente trovare idee e non parole o frasi).

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Parmalat, la mappa dei debiti nei confronti delle banche
by Marco Liguori Saturday, Jul. 24, 2004 at 9:33 AM mail:

MARCO LIGUORI
Primo il gruppo Capitalia, secondo il Sanpaolo Imi, terza Intesa. Non è l'ordine d'arrivo per un podio olimpico, né una classifica per un rating dei migliori istituti di credito: è l'indebitamento bancario delle società del gruppo Parmalat poste in amministrazione straordinaria, secondo il «decreto Marzano» del 20 dicembre 2003 convertito in legge durante lo scorso febbraio. I dati, riportati nel piano di ristrutturazione del commissario straordinario Enrico Bondi, riguardano l'esposizione del gruppo di Collecchio verso il sistema creditizio italiano: la cifra complessiva è pari a oltre un miliardo e 977 milioni di euro (per i nostalgici della vecchia lira, 3.830 miliardi). Quella verso gli istituti esteri ammonta a poco più di 544 milioni (1.054 miliardi di vecchie lire): il totale complessivo è di 2 miliardi 522 milioni (poco più di 4.884 miliardi di lire). Cifre da capogiro, che si sono abbattute come una mannaia soprattutto sul nostro universo creditizio, già provato in precedenza dal dissesto della Cirio. La Parmalat spa, stando al piano Bondi, risulta essere la società che presenta la massa debitoria più rilevante nei confronti dei gruppi creditizi italiani e stranieri, pari a 2,12 miliardi. L'indebitamento riguarda in particolare sette società che sono oggetto di concordato: Parmalat Finanziaria, Parmalat spa, Eurolat, Lactis, Panna Elena, Centrale del latte Centallo e Contal. Le banche coinvolte nel dissesto hanno visto il congelamento di tutte le cifre dovute sino alla data di ammissione alla procedura straordinaria di ciascuna società del gruppo alimentare: la legge Marzano ha impedito loro per due anni il recupero delle somme. Anche le banche dovranno dunque accettare il concambio proposto nel piano di ristrutturazione: per ogni mille euro di credito riceveranno 73 azioni della nuova Parmalat. Molti degli istituti hanno già annunciato da tempo di voler prendere misure per limitare i danni: la ferita loro inferta dal crac, come si evince dal piano Bondi, è comunque molto profonda. Come ha specificato la Parmalat al manifesto, in forza della legge istitutiva, i crediti delle banche sono stati considerati dal commissario come «chirografari»: ossia secondari rispetto a tutti gli altri, come quelli dovuti ai dipendenti oppure al fisco. Gli istituti hanno potuto ammortizzare le somme ormai inesigibili tramite gli accantonamenti al fondo rischi del bilancio oppure defiscalizzandole. Tali opportunità non sono invece concesse dalla legge agli obbligazionisti e agli azionisti coinvolti nel dissesto, che si limiteranno a partecipare alla procedura concordataria. Il piano Bondi è stato sottoposto all'attenzione del ministro delle Attività produttive Marzano, che dovrà esprimere un giudizio entro il 21 luglio.

Al primo posto della classifica c'è dunque Capitalia, con un'esposizione pari a 367,5 milioni di euro. A questo proposito, bisogna ricordare la circostanza che l'ex presidente Calisto Tanzi, indagato per le vicende del crac Parmalat, è stato consigliere dell'istituto romano sino al novembre del 2003. Seguono nella graduatoria il Sanpaolo Imi con 278 milioni, Banca Intesa con 271 milioni e Unicredit con 132 milioni. Ci sono anche tre altre «big» del credito nostrano: Monte dei Paschi (107,7 milioni), Bnl (180 milioni) e Antonveneta (31,4 milioni). Ma nel dissesto di Parmalat è stato coinvolto anche il credito cooperativo: Popolare di Lodi (142,1 milioni), Popolare Emilia (82 milioni), Popolare di Bergamo (60 milioni), Popolare di Milano (27,8 milioni), Banco Popolare Verona e Novara (29,5 milioni), Banca Popolare di Vicenza (23 milioni) e Credito Valtellinese (3,8 milioni). La Banca Del Monte di Parma, il cui presidente Franco Gorrieri è stato arrestato nell'ambito delle indagini delle Procure di Parma e Milano sul crac, presenta un'esposizione di appena 13,6 milioni nei confronti della Parmalat spa.

Tra le banche estere, al primo posto c'è la Citibank, con un credito di 117,2 milioni verso la Geslat. Gli altri gruppi sono rimasti impelagati con la Parmalat spa. In classifica segue la Bank of America con 63,4 milioni di euro; al terzo posto c'è la Ing Bank con 52 milioni, al quarto la Deutsche Bank con 37,6 milioni.


C'è un'ipoteca anche su Collecchio
Spulciando le carte del piano di ristrutturazione redatto dal commissario straordinario, Enrico Bondi, si nota una particolarità molto interessante. La Parmalat spa (società del gruppo alimentare controllata da Parmalat Finanziaria, la holding quotata fino a qualche mese fa a Piazza Affari) ha rilasciato un'ipoteca sul complesso aziendale di Collecchio, sede dell'impresa che era posseduta dalla famiglia Tanzi. Il complesso comprende lo stabilimento industriale, la palazzina uffici della presidenza e della direzione, quella degli uffici e gli archivi, per un valore pari a 33,6 milioni di euro. Tutto questo era stato posto a garanzia di un finanziamento stipulato il 22 settembre 1997 con Irfis Mediocredito della Sicilia per un importo originario di 40 miliardi di vecchie lire. Attualmente questa linea di credito è pari a 10,3 milioni di euro (equivalenti a poco più di 20 miliardi di lire). Nel contratto relativo alla concessione è stato previsto il suo rimborso attraverso un piano d'ammortamento semestrale. (m. l.)

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indymedia va benissimo cosi' come' ,non cambiatela
by bruno Wednesday, Nov. 15, 2006 at 12:19 PM mail:


indymedia va bene cosi come', non vedo perche bisogna
cambiare qualche cosa

io lascerei tutto come sta'

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