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Striscia di Gaza: buona fortuna Ahmad!
by operazione colomba Monday, Aug. 12, 2002 at 9:53 AM mail: rebeldia@gmx.it

al-Qarara, 9 agosto

Buona fortuna Ahmad

La pala del ventilatore artigianale che è appeso sotto alla tettoia di palme si scardina ed il movimento si inceppa provocando una botta sorda che spaventa la gente che sta seduta sotto: Joahim istintivamente si protegge con le mani e nel vederlo tutti scoppiamo in una risata fragorosa. Ahmad, la persona che ci ospita, piegata in due dalle risate mette assieme quel poco di fiato che gli rimane per aggiungere: made in Italy.

Questa notte tocca a me e a Lorenzo passare la notte fuori casa. Continua ad aleggiare nell’aria qualche cosa di strano e nel pomeriggio dall’Italia ci comunicano che le Nazioni Unite hanno spedito un fax circolare alle organizzazioni non governative che lavorano qui intimando agli operatori di ritirarsi dalle zone in prossimità dei distretti di Khan Younis e Gaza. Viene rinviato il viaggio a Gerusalemme di Andrea che voleva essere un passo per riprendere alcuni contatti con la società civile israeliana in modo da poter completare il senso della nostra presenza qui in Medio Oriente, presenza che vuole essere un tentativo diverso di approcciarsi al conflitto. E’ indispensabile svincolare dalla logica, spesso veicolata dalla volgarizzazione del sistema di diffusione delle notizie, che vuole la ragione o da una parte o dall’altra in una visione della realtà deformata che non lascia spiragli alle sfumature. Noi rivendichiamo il diritto di non schierarci, se non contro le ingiustizie. La nostra vuole essere la testimonianza di chi non sta ne dalla parte dei militari ne dalla parte dei terroristi ma di chi vuole essere a fianco delle vittime dell’esercito della stella di David allo stesso modo in cui sta dalla parte di chi è vittima della follia cieca degli attentati suicidi.

Ci avviamo con il taxi verso la casa dove saremo ospitati. Ci accoglie Ahmad che ci aiuta a contrattare il prezzo della corsa. Lui parla il russo e per me è strano poter parlare questa lingua in questa terra. Mi ritornano in mente molte storie lette, storie che narrano dell’emigrazione dei sovietici verso questa regione, gente che fuggiva durante gli anni del regime per cercare ciò che l’uomo cerca da sempre: terra e libertà.
Divago con la mente mentre parlo con Ahmad mentre lui mi racconta di quando quindici anni fa studiava all’università ucraina di Kiev, e di quell’anno in cui dopo gli studi si è fermato in Ucraina ad insegnare. Ahmad ora manda avanti una piccola bottega che si affaccia su una strada battuta spesso dai carri armati e dai soldati israeliani, discendenti di chi un tempo, vivendo alla diaspora, sognava una terra in cui vivere in pace. Discendenti di chi un tempo fu oppresso ed ora lascia opprimere perché senza l’esercizio della ragione e della memoria nessuno è vaccinato e ciascuno di noi è un potenziale carnefice.

E’ bello parlare con Ahmad, io e Lorenzo ci sentiamo accolti con calore. Chiacchieriamo un po’ seduti fuori dalla sua bottega e quando comincia a fare buio spegne le luci e chiude il portone del negozio. Tutti ci avviamo verso casa sua. Ci sediamo in cerchio e mi rendo conto che siamo in parecchi: Ahmad ci presenta a tutti i suoi amici e parenti mentre andiamo avanti a capirci con una accozzaglia di idiomi che comprende inglese, russo, italiano, arabo e perché no, anche qualche parola di dialetto trentino e romagnolo. Fumiamo i Narghile, scisha in arabo, preparati dalla sapienti mani di questa gente e piano piano iniziano ad essere raccontate le storie delle varie persone. C’è chi fa il contadino, chi l’allevatore, chi il muratore. C’è chi ora è disoccupato perchè prima lavorava in Israele. Si spengono le luci perché va via la corrente elettrica e Ahmad mi spiega che sono “gli israeliani” ad aprire e chiudere a proprio piacimento. La luce come le frontiere. Si parla di molte cose come si fa tra vecchi amici. Si parla di politica, di calcio, di loro che non mangiano il maiale e di noi che adoriamo il prosciutto, si parla di macchine italiane che sono molto apprezzate e di quelle tedesche che spesso sono belle ma poco durevoli. Si parla del chek-point di Qarara e dei soldati che la notte entrano nella via e bussano alle porte fiondandosi nelle case di chi esce ad aprire, spaccando tutto e arrestando la gente per portarla ed interrogarla al chek point. In lontananza sentiamo delle raffiche di mitra e dei colpi sordi, probabilmente di mortaio. Ahmad dice qualche cosa per tranquillizzarci.
Gli chiedo che cosa ne pensi della guerra e mentre gli rivolgo la domanda mi rendo conto di quanto sia stupida. Mi pare di star rovinando tutto vestendo i panni del reporter indiscreto ed impassibile che fotografa i bimbi che piangono per la morte dei genitori che sono rimasti sotto le macerie della loro casa abbattuta da un missile offrendo poi qualche soldo di mancia. Mi sento stupido e la stessa cosa la provo del resto quando tiro fuori la macchina fotografica per scattare. Mi sento un idiota ma pian piano mi rendo conto che Ahmad è felice di poter raccontare a qualcuno di straniero quello che lui vive tutti i giorni. Sostiene che le guerre passano sempre sopra il volere della gente perché sono le leadership a sostenerle. Non gli americani, non gli israeliani ma i loro presidenti. La gente ama fumare il narghilè, raccontarsi le storie, giocare a carte e lavorare in pace, niente di meno e niente di più.

L’indomani ci mostra la campagna della sua famiglia, una distesa di terra enorme, palme cariche di datteri che solleticano il cielo e piante di fichi, di melograni, di limoni, di arance. Una serra di pomodori e delle piante di granturco. Tutta la terra è irrigata da una canalizzazione superficiale in plastica che attiva delle girandole pescando l’acqua da delle vasche artificiali riempite da un pozzo che penetra nel terreno per più di quaranta metri.
Questa terra mi affascina per la perfezione con la quale è lavorata. Nulla è fuori posto. Tutto sembra procedere con armonia ed il tempo sembra trascorrere più lentamente. Ripenso a ciò che per anni ha rasentato i contorni dell’utopia: terra e libertà. Qualcuno potrebbe pensare che Ahmad sia una persona ricca ma qui il concetto di ricchezza è abbastanza aleatorio. La strada dei coloni è molto vicina. Il chek-point è molto vicino. Ripenso a quei motivi di sicurezza e a quel campo di peperoni e melanzane che l’altro giorno un buldozer stava ricoprendo perché troppo vicino ad un insediamento di coloni...

Buona fortuna Ahmad

Operazione Colomba
http://www.operazionecolomba.org (notizie, relazioni, diari dalla presenza in Palestina)
http://www.inventati.org/liberapalestina (foto dalla Palestina)

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