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30.09.02 Prigionieri
by Fabrizio - Operazione Colomba Monday, Sep. 30, 2002 at 4:20 PM mail: colomba@eudoramail.com

Operazione Colomba da Khan Younis - 30.09.02 Prigionieri

30.09.02 Prigionieri...
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Questa mattina abbiamo appuntamento con degli amici che fanno parte del partito popolare palestinese, l'ex partito comunista. E' da tempo che li conosciamo e li frequentiamo perche' e' gente che pensa che questa intifadah armata e non popolare non stia portando molti benefici ai palestinesi. Anche se magari non lo dicono molto in giro, molti di loro sono contrari alla logica degli attacchi suicidi. Questa mattina ancor prima di arrivare nel loro ufficio li vediamo sfilare in uno sparuto gruppo di circa dieci persone. Li seguiamo, ci avevano accennato a qualche cosa che aveva a che fare con la Croce Rossa Internazionale. Ora capiamo, si tratta di una manifestazione di fronte alla sede della ICRC. In questa via di Khan Younis non ci sono solo gli amici del PPP, ci sono anche altri gruppi, tutti appartenenti alla sinistra palestinese. Ci sono slogan, ci sono due armati ma mi pare che la cosa si svolga molto tranquillamente e senza fanatismi. La protesta ha come obiettivo quello di far parlare dei cittadini palestinesi che si trovano nelle prigioni israeliane. Molti sono in prigione perchè sono accusati di far parte di organizzazioni armate o terroristiche. La pratica dell'arresto arbitrario non è nuova. Molti, qui in Palestina, sono stati ospiti delle carceri israeliane. Molti ci hanno raccontato storie fatte di "carcere amministrativo" e "deserto del Negev". Mi tornano in mente i racconti di I. che prima di Oslo fu arrestato, fresco di laurea, perchè attivista: si opponeva all'occupazione militare israeliana che ha cambiato solo forma dopo Oslo. Senza processo o accusa formale internato in una prigione dove le celle erano tende: sei mesi, questa è la carcerazione amministrativa. Il carcere sta nel Negev, il posto da dove il padre di I. è scappato, profugo nel '48. Ci racconta di tende, di caldo, di the bevuto freddo; veniva distribuito solo una volta al mattino ma molti lo conservavano per poterlo bere la sera prima di dormire e non c'era la possibilità di scaldarlo. Nel racconto di I. c'è anche un riservista israeliano, professore a cui lo stato chiede una volta all'anno di fare il carceriere per il bene della patria. I. ci racconta dei dialoghi con questo ufficiale che si rivolgeva a lui in quanto portavoce dei prigionieri con parole da uomo che cercava di capire e forse di migliorare le condizioni di vita dei prigionieri. Questo uomo alla fine del suo servizio, in procinto di tornare ad essere il professore che era, si rivolge a I. da amico e gli dice di avere capito perchè lui e gli altri palestinesi si oppongono al potere di Israele. Non so, ma da quando ho sentito questa storia dalla voce di I. stesso spero, in fondo al cuore, di aver anch'io incontrato il professore in mezzo a quelli che in Israele si oppongono alla guerra, all'occupazione e a Sharon. I. racconta anche di qualche quaderno, un libro e qualche matita:una scuola improvvisata fra i carcerati per insegnare a leggere e a scrivere a chi non lo sapeva fare.
I prigionieri sono molti e, oggi in strada ci sono anche alcuni familiari, hanno in mano le foto dei loro familiari "ospiti" delle strutture carcerarie israeliane. Confuso tra la gente, in disparte, c'e' un ragazzo con i capelli rasati, forse per coprire una calvizia precoce. Iniziamo a parlare come sempre accade da queste parti quando sei straniero. Mi chiede di che organizzazione siamo. Io gli racconto del nostro tentativo di stare in mezzo a chi soffre e che siamo pacifisti, gli racconto anche del problema dell'informazione che descrive i palestinesi tutti come terroristi. Poi parla lui, lavora presso l'università. Per caso, stiamo parlando di quanto è difficile per noi imparare l'arabo, mi racconta che è stato in carcere, lo dice con naturalezza e il suo passato viene a galla solo perchè mi dice che invece lui non ha avuto difficoltà ad imparare l'ebraico. Lui, l'ebraico, lo ha imparato in carcere. E' stato in carcere, per sei anni da quando aveva ventidue anni ed è uscito qualche anno fa. Ha fatto il giro di tre carceri e si è laureato durante la detenzione con uno studio sulla società israeliana. Gli chiedo il perchè della sua cosى lunga carcerazione e lui mi risponde diretto e pacato che non riusciva più a sopportare quello che vedeva tutto il giorno. Doveva fare qualche cosa. Non so cosa abbia fatto questo ragazzo sulla trentina, fore ha ucciso, forse è stato un terrorista. Forse è stato più semplicemente uno che tirava pietre, uno di quei ragazzi a cui i soldati spezzavano le braccia dopo la cattura. Non so chi sia questo "ex carcerato" ma oggi per me non era un terrorista o altro, era semplicemente un uomo che ha sofferto che parlava dei suoi 16 giorni di interrogatorio e degli altrettanti senza dormire. Sembra, ora che lo guardo meglio, che la sua lunga esperienza di uomo non libero gli abbia sparato sul volto un espressione più adulta dei sui trent'anni. E' strano, da bravo cittadino italiano, ho sempre creduto che in linea di massima in carcere ci stessero i "cattivi", ma questo paese in cui mi trovo stravolge tutto. I miei pensieri vanno ancora avanti, affiora nella mia memoria quel carcere vicino a Tel Aviv, dalla collina dove ci siamo arrampicati con quelli di Yesh Gvul si vede oltre il muro. Dentro, in celle-tenda dei giovani sventolano le magliette nell'aria per farsi vedere: sono i refusnik. Sono i prigionieri di questo stato democratico in carcere perchè non vogliono uccidere altre persone. Le prigioni di Israele sono piene di gente ma non sono sicuro che siano loro i "cattivi".

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Titolo Autore Data
Parola torna indietro hck Monday, Sep. 30, 2002 at 11:47 PM
refusniks hck Monday, Sep. 30, 2002 at 11:44 PM
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