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da il mattino di Napoli del 22 luglio 2000 Il papà: «Quel poliziotto lo perseguitava» FRANCESCO VASTARELLA I gemelli hanno qualcosa che li unisce per tutta la vita e non solo nel grembo materno. Lorenzo riesce a dire poche parole e poi si chiude in un malinconico silenzio: «L’ha ammazzato, quel poliziotto perseguitava mio fratello, l’ha fatto apposta. Assassino. Una volta gli disse: tira fuori la droga e le armi. Che droga? Che armi? I nostri genitori ci hanno abituato a lavorare». Lorenzo è il gemello di Mario Castellano, il 17enne colpito da un proiettile esploso da un poliziotto ad Agnano. Entrambe aiutavano il papà in un supermercato di Bagnoli. Gli occhi rossi, le parole spezzate, Lorenzo abbassa il capo, piange come se anche una parte di se stesso fosse morta, come se quel proiettile avesse colpito anche lui. Passa un minuto, il ragazzo guarda negli occhi la mamma, Patrizia Battimelli, una donna giovane e bella che si regge appena, segnata da una notte insonne e dagli svenimenti. Si osservano, si interrogano mamma e figlio. Solo la tensione e la tenerezza degli sguardi può dare l’idea del dolore, soltanto loro due possono intendersi, nessun altro può capire che cosa significa perdere una parte di se stessi. Intorno le voci della rabbia e della disperazione, dei parenti e degli amici che non riescono a darsi pace per questa tragedia. Nonna Immacolata abbraccia Patrizia, la consola, invoca il nome di Mario, il nipote del cuore, «il più bello di Bagnoli, un modello, ma anche un ragazzo generoso». Teresa Battimelli, la sorella di Patrizia, che aveva ospitato a cena Mario fino a pochi minuti prima della tragedia, scoppia in lacrime. Ora la famiglia - una famiglia molto unita e di gran lavoratori, raccontano i conoscenti - è riunita nella casa di Teresa in via Pisciarelli, sotto la collina degli Astroni. Si sono ritrovati qui dopo la notte trascorsa tra la strada e l’obitorio, le tensioni ad Agnano, gli scontri con gli agenti, la solidarietà di tanta gente. Antonio Castellano, il papà, 38 anni, commerciante, non è ancora tornato, è rimasto a lungo seduto sulle scale dell’obitorio del vecchio Policlinico. Quando torna abbraccia a lungo Patrizia e stringe la mano di Lorenzo e Maurizio, il terzo figlio. Poi, nel primo pomeriggio, quando in via Pisciarelli arriva il questore Nicola Izzo a manifestare «il dolore della Polizia per l’accaduto», Antonio si sfoga, ma con grande compostezza: «Sette-otto volte quel poliziotto aveva fermato mio figlio. L’ultima volta che l’agente vide Mario gli disse: ti toglierò il motorino prima o poi. Mio figlio rispose: me ne scappo. E il poliziotto: se scappi ti sparo. Come si fa a uccidere per il casco un ragazzo di 17 anni? Non ce l’abbiamo con la polizia, ma con i metodi inaccettabili di certi...». Il questore Izzo, che con la famiglia si trattiene oltre trenta minuti, ha appena il tempo di dire che anche l’agente che ha sparato è sconvolto, che la giustizia farà il suo corso, ma Antonio Castellano riattacca: «Ci sono decine di testimoni che hanno visto la scena del delitto, che si sono resi conto che neppure l’alt è stato intimato al ragazzo. Temiamo siano stati intimiditi dei testimoni. Questa morte - conclude Castellano - non possiamo però accettarla. Invochiamo verità e giustizia. Il sospetto che incombe che in famiglia ci sia un prestanome del clan di Bagnoli? Noi siamo puliti, lo dimostreremo, aspettiamo solo la sentenza. Comunque, questa vicenda non può essere legata alla morte di mio figlio, nè motivo di persecuzione». Lorenzo conferma il racconto del papà: «Una volta quel poliziotto lo fermò e lo fece andare via. Poi, lo inseguì e lo fermò di nuovo. Lo provocava. ”Che brutta figura che hai fatto con Ilaria, la tua ragazza, gli disse, vedi che ti ha piantato dopo quella volta al bar Di Fusco”. Mio fratello aveva paura, era terrorizzato». Patrizia, la mamma, rievoca altri retroscena: «Mario mi raccontò che quell’agente gli disse: ”Castellano, tu hai soldi, motorino, ragazze e io sto qui a rischiare la pelle.” Assurdo, perché un ragazzo doveva essere intimidito in questo modo? L’agente conosceva bene mio figlio, poteva prenderlo in qualsiasi momento. Invece ne ha fatto un bersaglio umano». Mario, lo confermano i parenti, aveva un astio per il casco. «Non lo sopportava perché gli rovinava il gel dei capelli, lui voleva fare il modello, aveva anche un album di foto che aveva dato a una agenzia di spettacoli». «Una volta - raccontano gli zii Raffaele Puglia e Salvatore Castellano - un poliziotto lo fermò all’esterno del bar Di Fusco. Mario era senza casco, vero. Ma quando arrivarono i poliziotti il ragazzo era fermo con la fidanzatina e lontano dal motorino. Intervenimmo noi parenti, i metodi con cui fummo trattati sono indefinibili». Un altro zio, Achille Castellano ricorda: «Tre volte era stato multato per il casco. La prima non voleva farlo sapere al papà, severissimo per questo. Rimediai io, rimproverandolo e invitandolo a mettersi il casco. Non potevo immaginare che per un casco si potesse anche uccidere».
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