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Tecniche di disinformazione-Parte C
by IMC-Italia Monday, Oct. 14, 2002 at 7:46 PM mail:

Tecniche di disinformazione, manuale per una lettura critica dei media-Escuela popolar de Madrid- Grupo de Aprendizaje colectivo- Comunicacion popular-Parte C- CONTENUTO DELL'INFORMAZIONE
Introduzione http://italy.indymedia.org/news/2002/10/94113.php Parte A: Strutturazione dell’informazione nei giornali http://italy.indymedia.org/news/2002/10/94116.php Parte B: Il linguaggio http://italy.indymedia.org/news/2002/10/94118.php

C) CONTENUTO DELL’INFORMAZIONE 1. SELEZIONE ED USO DELLE FONTI DI INFORMAZIONE Nel linguaggio giornalistico si intendono per fonti di informazione gli elementi che forniscono al giornalista l’informazione con cui costruisce la notizia. Questi possono essere: -persone (implicati, testimoni, esperti) -istituzioni (politiche, giuridiche, poliziesche, impresariali, agenzie di stampa, ecc.) -documenti (inchieste, informi, studi, altri mezzi di comunicazione, ecc.) A volte una notizia scarseggia di fonti di informazione quindi è, nella sua totalità, il prodotto dell’osservazione diretta dei fatti da parte del giornalista. Però ciò non è molto comune, per questo il ruolo delle fonti di informazione risulta fondamentale. In teoria si suppone che il giornalista debba cercare quelle fonti che gli possono fornire un’informazione più abbondante, disinteressata e contrastata, per cui normalmente dovrebbe ricorrere ad una grande varietà di fonti. Però la realtà è che la scelta di queste risponde spesso ad una strategia di manipolazione informativa, nel senso che dando eco a certe fonti ed ignorando altre, il media riesce a trasmettere il suo proprio punto di vista ed opinione senza perdere l’apparenza di oggettività. Il mezzo si presenta così come un mero ed asettico trasmettitore di informazioni, quando in realtà tende a scegliere come fonti quelle persone, istituzioni o documenti che sa che possono favorire i suoi interessi o con le quali vuole mantenere buone relazioni. Da questo l’importanza dei Dipartimenti di Pubbliche Relazioni o Gabinetti Stampa, non solo di istituzioni ed organismi ufficiali, ma anche di grandi imprese e “personaggi pubblici”, il cui principale obbiettivo consiste in convertirsi in fonti di informazione assidua dei media. Altre volte vengono contrattate Agenzie di Pubbliche Relazioni, perché gestiscano l’informazione su un certo fatto. Per esempio, nel 1991 il governo del Kuwait contrattò per 10,8 milioni di dollari una delle agenzie di pubbliche relazioni più prestigiose, la nordamericana Hill & Knowlton, con l’obbiettivo di convincere l’opinione pubblica nordamericana ed europea di intervenire nel golfo Persico. I dipartimenti o gabinetti sono composti da esperti in comunicazione (giornalisti, pubblicitari, psicologi, sociologi, ecc.) che si incaricano di elaborare strategie e prodotti informativi molto completi e di alta qualità (notizie già redatte, reportage, foto, registrazioni, dichiarazioni, ecc.), disegnati per favorire gli interessi dell’istituzione o impresa in un determinato fatto che la riguarda. Offrendo questi “prodotti” ai giornalisti dei distinti mezzi di comunicazione diventano fonti privilegiate di informazione. Questo fu il lavoro, per esempio, del gabinetto stampa della NATO durante l’ultimo conflitto in Yugoslavia, dato che monopolizzava buona parte dell’informazione sulla guerra. Così che la maggior parte dell’informazione diffusa dai mezzi sui bombardamenti fu previamente filtrata dalla NATO. Le altre fonti di informazione durante questo conflitto furono principalmente i Governi Alleati ed i partiti politici favorevoli all’attacco; e raramente si dava voce a chi si opponeva ad esso. Esistono molti altri esempi di quest’uso manipolativo delle fonti di informazione: l’informazione che riguarda l’ETA la fornisce quasi sempre il Ministero degli Interni, l’informazione sulle carceri le stesse Istituzioni Penitenziarie, molto raramente gli stessi detenuti o i loro familiari (eccetto quando il detenuto è un personaggio famoso), le notizie sulle occupazioni (specialmente quando c’è uno sgombero) si nutrono dell’informazione della polizia o di rappresentanti municipali, lasciando alle dichiarazioni degli stessi occupanti uno spazio aneddotico (sempre che glielo concedano). A volte le informazioni procedenti dalle “fonti di informazione privilegiate” (cioè, in pratica, quelle che convengono al media), riportano citazioni dirette fra virgolette di dichiarazioni pubbliche o documenti, per cui gli viene data una voce e una diffusione massiccia, propagando alla lettera i loro progetti ed il loro linguaggio. Un buon esempio dell’uso interessato delle fonti di informazione, così come dell’abuso delle virgolette lo abbiamo nella notizia “Almunia felicita Aznar per l’esito del Governo nel negoziato con la NATO” di El Paìs del 23/12/97 (vedi pag. 63). Le due principali fonti di informazione scelte per questa notizia sono i due leader delle forze politiche più favorevoli alla NATO. Di fatto, tutto il testo è una continua e compiacente trasmissione dei loro discorsi, in gran parte letteralmente grazie all’abbondanza di frasi fra virgolette. Nonostante la appariscente protesta organizzata dagli oppositori alla piena integrazione nella Organizzazione Atlantica, questi sono appena presi in considerazione come fonte di informazione. In questo modo, diffondendo letteralmente le dichiarazioni e progetti di coloro che sono a favore della piena integrazione, ed emarginando quelli che sono contro, il periodico si schiera senza perdere l’apparenza di oggettività. Un altro buon esempio di selezione parziale, e pertanto manipolativa, delle fonti di informazione è la notizia intitolata: “I grandi magazzini hanno venduto nel 1998 il 9 % in più ed hanno creato 15.000 posti di lavoro” pubblicata in El Paìs del 10/06/99 (vedi pag. 64). L’articolo è una esaustiva sequenza di dati economici ed impresariali procedenti nella loro totalità da un informe della ANGED (Associazione Nazionale di Grandi Imprese di Distribuzione), sicuramente confezionato e distribuito dalla sua agenzia di Pubbliche Relazioni, che presenta la sua grande crescita aziendale con un tono assolutamente trionfalista, ricorrendo, come no, all’“argomento magico” della creazione di nuovi impieghi. Al non ricorrere a nessun’altra fonte di informazione (piccoli commerci, lavoratori del ramo, sindacati, associazioni di consumatori) il periodico realizza pubblicità gratuita a queste multinazionali. Non si dice niente, per esempio, dei posti di lavoro che distruggono i grandi magazzini, che è sempre molto superiore a quello che creano (chiusura di innumerevoli piccoli commerci, che sono i maggiori creatori di posti di lavoro), delle condizioni di contrattazione e di lavoro degli impiegati, dell’impatto urbanistico che causano, delle condizioni di acquisto che impongono ai loro fornitori, ecc. Anche se il periodico non mente (non c’è dubbio che tutti questi dati e molti di più vengono raccolti nell’informe dell’ANGED), al ricorrere ad una sola fonte di informazione e dandogli diffusione di massa in forma acritica e compiacente, sta manipolando e distorcendo la visione della realtà dei grandi magazzini e del loro impatto socioeconomico. 2. INFORMAZIONE FALSA Si intende per “informazione falsa” quella che è stata deliberatamente inventata per costruire e trasmettere una realtà differente da quella che conoscono i giornalisti o le loro fonti di informazione. Falsare o inventare l’informazione è una tecnica manipolativa meno abituale delle altre che abbiamo visto fino ad ora per una semplice regione: è molto rischioso, poiché nel caso in cui si scoprissero le manipolazioni il prestigio e la credibilità del mezzo di comunicazione ne uscirebbero molto compromessi. Inventare informazione è troppo grossolano e rischioso quando esistono molti altri mezzi, come quelli visti fino ad ora, più sottili e sicuri per manipolare senza mentire letteralmente. Però questo non significa che non si faccia, soprattutto quando si vuole influire in forma immediata ed irreversibile nell’opinione pubblica (perché, per esempio, appoggi con urgenza lo scoppio o il mantenimento di una guerra, o qualche manovra politica). Le smentite, se vengono fatte, possono arrivare in seguito, quando ormai è troppo tardi. A parte i loro effetti immediati, le bugie medianiche hanno un altro grande vantaggio: sono molto difficili da verificare per noi lettori, poiché non abbiamo i mezzi per farlo la maggior parte delle volte. Per questo è molto complicato dare esempi concreti e dettagliati di informazione falsificata. Solo una piccola parte dei casi di falsificazione di notizie vengono resi pubblici (abbiamo raccolto per questo dossier alcuni degli scarsi esempi che sono stati diffusi negli ultimi anni). Un’altra caratteristica dell’informazione falsa è che risulta difficile sapere la sua provenienza, che può essere dalla fonte di informazione (governo, esercito, aziende, agenzie di stampa, polizia, ecc.) o direttamente dal mezzo di comunicazione. In ogni modo, anche nel caso di un’informazione inventata dalla fonte, il media è di solito complice attivamente o passivamente, poiché suo compito sarebbe quello di verificare e contrastare ogni informazione prima di diffonderla. 2.1 Informazione falsa scritta È la più facile da realizzare, poiché ad un giornalista bastano alcuni minuti per inventarsi qualsiasi cosa. L’informazione scritta risulta senza dubbio meno credibile ed impattante di altri tipi di informazione. L’informazione falsa può consistere nell’invenzione di un’intera notizia. Per esempio, nell’ultimo conflitto nei Balcani l’agenzia stampa della NATO diffuse verso la fine di marzo del 1999 la falsa notizia che erano spariti numerosi intellettuali albano-kosovari, facendo credere che erano stati giustiziati dai serbi. La stampa dette un ampio eco alla notizia, senza verificarla, proponendola come una prova in più della perversità dei Serbi. Mesi dopo (una volta terminato il conflitto, come succede sempre) si seppe che questi intellettuali non erano mai spariti, che era una notizia falsa (vedi El Mundo 19/6/99, pag. 65). Un altro esempio più vicino, nel quale le notizia falsa procede ugualmente dalla fonte di informazione (in questo caso si tratta della polizia di Barcellona) ed i media la diffondono senza nessun tipo di verifica o riprova, fu la notizia intitolata: “Una giovane resta paralizzata dopo essere picchiata da delle teste rasate” (vedi El Paìs del 29/3/00, pag.66). Poco dopo si scoprì che si trattava di un’invenzione della polizia (vedi El Paìs 31/3/00, pag. 67), sicuramente per alimentare il clima di allarme sociale ed insicurezza cittadina, e giustificare così la sua attività. Un’altra falsatura dell’informazione consiste nell’inventare dati e fatti dentro una notizia, per orientarla secondo determinati interessi. Questa falsificazione è molto più comune, poiché non risulta così rischiosa né scandalosa come inventarsi una notizia intera (come abbiamo visto negli esempi anteriori), così quando gli interessa molti media adottano il detto “diffama, che qualcosa resta”. Per ciò spesso ricorrono a certe tecniche, come inventarsi fonti di informazione inesistenti (con la tipica formula di “secondo fonti ben informate”) per mettere in bocche anonime accuse false o tendenziose. Un buon esempio di questo è la campagna di diffamazione che nel 1991 scatenò il giornale ABC contro la Scuola Popolare di Prosperidad (Madrid). La scuola svolgeva le sue attività in un locale di proprietà dell’Arcivescovato di Madrid, che nel 1943 affittò al Comune di Madrid, che a sua volta lo cedette nel 1982 alla scuola perché vi svolgesse le sue attività educative. Però nel 1990 il Comune ruppe unilateralmente il contratto d’affitto con l’Arcivescovato dando via libera a questo perché recuperasse il locale, espellendo la Scuola. Il caso fu sottomesso a processo nel 1991, e l’Arcivescovato ricevette tutto l’appoggio da parte dell’ABC, che iniziò una tremenda campagna di diffamazione contro la Scuola. Un articolo di quell’epoca ci può servire come esempio di falsa informazione, poiché è pieno di invenzioni, esagerazioni ed inesattezze. Il titolo è: -Manifestazioni organizzate da comunisti per evitare lo sfratto de “La Prospe”-, datato 28/6/91 (pag. 68). Per prima cosa, attribuiscono l’organizzazione della manifestazione a “comunisti”, e più concretamente alla presidente dell’Associazione Popolare Gisela Meyer, membro di Izquierda Unida. In realtà la manifestazione fu organizzata dalla stessa Scuola “La Prospe”, senza che in ciò avesse niente a che fare Gisela Meyer ed IU. Nella scuola hanno sempre confluito una gran quantità di correnti ideologiche, da comunisti ad anarchici, ecologisti, femministe, però soprattutto numerose persone che preferiscono non essere etichettate. La Scuola è indipendente da qualsiasi partito o sindacato, per cui il semplicista e cospiratorio titolo dell’ABC è falso. Fra i molto spropositi che contiene l’articolo (uso di virgolette, vocabolario peggiorativo e criminalizzante, ecc.) risaltano parecchie altre falsità. Come quella che “i partecipanti de La Prospe abbiano lanciato minacce” (terzo paragrafo); il riferirsi a questi come “ persone che si identificano come educatori, maestri ed assistenti sociali” mettendolo in dubbio quando molti effettivamente lo sono, e in ogni caso la Scuola Popolare è riconosciuta come tale dal Ministero dell’Educazione. La rotonda affermazione (sempre nel terzo paragrafo) che “la maggioranza dei vicini applaude la decisione municipale (di chiedere lo sfratto) e dubitano della bontà delle attività impartite ne La Prospe” è igualmente falsa, poiché il sentimento comune nel quartiere di Prosperidad è l’appoggio di numerosi vicini (nelle manifestazioni ed attività) e l’indifferenza di molti altri. L’affermazione che la maggioranza del vicinato applaude la chiusura della Scuola è dunque falsa, tanto quanto la testimonianza che segue del supposto vicino. Questa è piena di menzogne: mette in dubbio che si realizzi educazione di adulti, qualifica la partecipazione delle gente come scarsa (in quell’epoca frequentavano il locale circa 250 persone), afferma che i partecipanti nelle proteste non sono gente del quartiere ma gente “reclutata” dai “capetti” della Scuola (un collettivo come La Prospe non ha capi né recluta nessuno; non è un’organizzazione paramilitare né un partito). Anche supponendo che quell’anonimo testimone fosse reale, e non inventato come sembra (poiché riassume, dalla bocca di un “vicino”, le tipiche accuse propinate da ABC nella sua particolare campagna), il semplice fatto di diffonderle letteralmente e senza verificarle contribuisce a falsificare l’informazione. Nell’ultimo paragrafo, sotto il titoletto “Replica”, ABC risponde ad una lettera di protesta inviata giustamente da membri de La Prospe per protestare per le falsità scritte in un articolo anteriore. In sua difesa il periodico afferma di possedere prove di tutto ciò che ha scritto, nuova bugia da aggiungere al cumulo di falsità dell’articolo. Questa è solo una piccola parte di tutta una campagna “informativa” piena di menzogne e di dati falsi, inventati o tergiversati, che scatenò il quotidiano ABC per danneggiare La Prospe e difendere gli interessi dell’Arcivescovato di Madrid. In generale, le notizie scritte totalmente inventate procedono dalla stessa fonte di informazione. Ed il media si trasforma in complice delle stesse quando (sia per interessi di potere, per clientelismo, per sensazionalismo, ecc.) le pubblica senza verificarle. Nel caso in cui si scopra la falsità, la responsabilità si divide fra ciò che crea la notizia e ciò che la diffonde. In cambio la falsatura parziale dell’informazione, molto più comune e difficile da verificare, è spesso prodotto dello stesso periodico, il quale, partendo da un fatto reale, lo deforma ed adultera in funzione dei suoi interessi. 2.2 Informazione falsa visiva Disegnare informazione visiva falsa è tecnicamente più complicato e suppone un rischio maggiore che realizzare falsa informazione scritta. Però risulta più credibile, poiché l’informazione visiva viene presa di solito come immagine della realtà stessa. Si può generare falsa informazione visiva in varie forme: A) Immagini inventate. Foto che sono state direttamente messe in scena. Per esempio, verso la metà del 1999 la stampa spagnola diffuse una foto di un gruppo di zapatisti che consegnavano le armi a rappresentanti del governo messicano affermando che: “14 ribelli zapatisti disertano l’EZLN” (vedi El Paìs 31/3/99, pag. 69). Posteriormente si scoprì che era tutto una messa in scena, e che gli incappucciati che apparivano nella foto non erano zapatisti, ma gente mascherata che fingeva una falsa consegna di armi, come riporta la notizia di El Paìs del 2/4/99 (pag.70) (molto più piccola della prima e senza foto). Si può dire che la manipolazione partì dal governo messicano (manipolazione esercitata dalla fonte) e non dalla stampa, però risulta molto difficile credere che la sua diffusione sia stata realizzata senza la connivenza di quest’ultima. In ogni modo, è sorprendente che non si siano scomodati a verificare quest’informazione con l’EZLN. B) Immagini manipolate. Foto che anche se hanno a che fare con il fatto sono state manipolate per cambiare il loro significato ed implicazione. A volte viene fatto semplicemente tagliando la foto in maniera che cambi il suo significato. Vale a dire, manipolando l’inquadratura. Come varie foto apparse durante la guerra dei Balcani, la cui inquadratura fu convenientemente manipolato per associare ripetutamente i gesti di Milosevic con saluti fascisti. Per esempio, nella foto apparsa in El Paìs del 28/5/99 (vedi pag. 71) si vede Milosevic con un braccio in alto e la mano stesa, e l’altro braccio non si vede (lo hanno tagliato dall’inquadratura). Si tratta di una foto di archivio (per cui scelta arbitrariamente dal periodico) e che appare in copertina. Posteriormente, dopo la denuncia di vari lettori, lo stesso quotidiano ammise che quella foto era stata tagliata e che nell’originale si vedeva coi due bracci stesi salutando l’atterraggio di un aereo, cosa che gli dà un senso completamente differente. Però è sempre più frequente la manipolazione si realizzata mediante nuove tecniche digitali. Così nella copertina dell’ABC del 7/7/88 (pag. 72) si vede una foto delle feste di San Fermìn dove numerose bandiere del Paìs Vasco portate dal pubblico furono manipolate con il computer per convertirle in bandiere in identificabili, ed appoggiare così il senso del titolo. C) Immagini fuori contesto. In alcune occasioni si trovano foto che non sono inventate né manipolate, però sono totalmente e deliberatamente fuori contesto. Un esempio celebre che apparve in tutta la stampa mondiale durante la Guerra del Golfo è la foto del cormorano moribondo macchiato di petrolio presentata dai giornali come prova dei supposti versamenti di greggio che stava realizzando il malvagio ed “eco-terrorista” Saddam Hussein per ostacolare l’invasione “alleata”. In seguito si seppe non solo che quasi tutti i versamenti in mare furono frutto dei bombardamenti nordamericani di petroliere irachene, ma che inoltre la famosa foto del cormorano era stata fatta anni addietro in un disastro ecologico dopo l’affondamento di una petroliera nel Mar del Nord. In questo caso, l’immagine era tanto deliberatamente fuori contesto che si può considerare quasi come un esempio di immagine inventata per l’occasione. 3 SELEZIONE DEGLI ARGOMENTI DI INFORMAZIONE 3.1 La non-informazione a) Non-informazione assoluta In tutti i paesi c’è una lista di “argomenti riservati”, e come tali censurati e chiusi all’informazione in generale. In Spagna fino a poco tempo fa la Guinea Equatoriale era inclusa in questa lista. Sull’utilizzo di fondi riservati, non solo non si può informare, ma nemmeno possono essere controllati dal Parlamento. Questioni classificate come di Difesa Nazionale, attività e documenti dei servizi segreti, ecc. Logicamente, la serie di argomenti soggetti ad una censura quasi totale non sono molti, poiché lo Stato potrebbe essere facilmente accusato di mancanza di democrazia. Come commentavamo nel caso della falsa informazione, ci sono maniere più sottili per disinformare. Però i pochi argomenti vietati all’informazione generale sono totalmente fuori da qualsiasi controllo pubblico, poiché non viene mai ammessa l’esistenza di una censura, e non risulta facile accorgersi di quali sono gli argomenti la cui conoscenza ci è proibita per decisione politica. b) Non-informazione relativa Oltre a questi argomenti riservati, ci sono molti altri che, pur non essendo soggetti a censura possono essere sicuramente inclusi in questo capitolo sulla non informazione. Ci riferiamo a fatti o realtà sulle quali, anche se a volte viene pubblicato qualcosa in merito (poiché, come già detto, la loro censura totale risulterebbe grossolana e facilmente criticabile), le notizie che ci arrivano sono così scarse ed incomplete (il minimo perché non si possa dire che si stanno occultando totalmente) che in nessun modo si può dire che ci stiano informando realmente. Il fenomeno della non informazione relativa ha molte cose in comune a quello della sovrinformazione, che analizzeremo più avanti. Nella stessa forma che l’offerta di qualsiasi prodotto, per quanto sia inutile, se si è capaci di diffonderlo, finisce per generare una richiesta e rimpiazzare quella di altri prodotti più necessari, l’offerta informativa che riceviamo finisce ugualmente per modellare la richiesta del “prodotto informativo”, generando interesse per questioni che realmente sono poco rilevanti o per niente, ed in cambio insensibilizzando ed annullando ogni preoccupazione per altre che incidono in maniera importante in uno o molti aspetti della nostra vita. Per esempio, molto probabilmente la gente ammetterà che i problemi relazionati con l’alimentazione e la salute (qualità degli alimenti, manipolazione genetica degli stessi, prezzo dei prodotti alimentari, organizzazione del lavoro agricolo, i suoi costi e la creazione/soppressione di posti di lavoro) sono molto più importanti e vitali di ciò che riguarda l’industria cinematografica e la sua propaganda. Senza dubbio l’attenzione che genera nei media una consegna dei premi Oscar è infinitamente maggiore di quella creata da una riunione in cui si decidono e si profilano i criteri ed i controlli per la manipolazione genetica degli alimenti, la loro produzione e distribuzione (es. nel vertice dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio, o WTO). In questo squilibrio di interessi avrà una motivazione l’ampia attenzione mesi prima della consegna degli oscar di tutti i mezzi informativi e, al contrario, lo scarso o nullo interesse che questi mezzi danno ai vertici delle organizzazioni come il WTO, che sono presentate come riunioni di tipo “tecnico” e per tanto abbastanza estranee ai cittadini “normali”. In ugual maniera, è molto maggiore l’attenzione prestata (dai media, e di conseguenza dal pubblico) a qualsiasi dettaglio, per piccolo che sia, della vita quotidiana di personaggi famosi, che quella diretta alle inumane condizioni di vita che i detenuti devono sopportare quotidianamente nelle carceri spagnole. Dato che si finisce per assumere che “ciò che non si vede sui giornali o in televisione non esiste”, l’assenza sistematica di informazione su un tema, fa sì che non solo non si rivendichi il diritto a conoscerlo, ma che nemmeno sentiamo la necessità di farlo perché non siamo coscienti che esiste. Segue una raccolta (non esaustiva) di argomenti propri della non informazione, vale a dire tradizionalmente “dimenticati” nonostante la loro importanza: A scala nazionale: - Fra gli argomenti importanti, per la loro vicinanza ai nostri interessi ed alla nostra vita, risalta tutto ciò che è relativo ai movimenti sociali. Associazioni e collettivi che nascono precisamente per difendere e rivendicare le questioni più vitali e vicine (associazioni di vicini, movimento dei centri sociali, movimento femminista, collettivi per la difesa dei diritti dei detenuti, contro le torture ed abusi di potere, ecc.) difficilmente trovano uno spazio informativo, mentre riceviamo ripetuta ed ampia informazione sulle questioni interne dei partiti politici (che in teoria devono occuparsi di tutte queste questioni), sui loro bisticci e problemi interni. - Situazione nelle carceri. Caratteristiche della popolazione reclusa, condizioni, tipo di misure disciplinarie. In Spagna perché fosse fatto un breve riferimento a questa questione, nel febbraio del 2000 dovettero fare lo sciopero della fame molti detenuti in celle di isolamento e varie persone del Coordinamento di appoggio. Altri argomenti carcerari sono ugualmente ignorati: condizioni di vita nei riformatori giovanili, nei manicomi, in case di riposo… - Imbrogli economici: in questioni economiche statali e municipali, non si informa sui modi di aggiudicare opere e servizi, sulla distribuzione (le entità beneficiarie) di sovvenzioni ed aiuti pubblici. Quando per interessi politici si ventila qualche imbroglio in qualche quotidiano le notizie e le critiche si centrano usualmente nella politica coinvolta, non prestando quasi attenzione all’altro accusato: generalmente qualche azienda o banca. Nemmeno vengono diffusi troppo certi indulti concessi dal governo (generalmente per reati chiamati “delitti da colletto bianco”, vale a dire: evasioni massicce di imposte, grandi frodi, ecc.). - Commercio di armi, esportazioni di armi (destinatari, benefici, ecc.), seguito delle aziende belliche. - Destino finale degli aiuti per lo sviluppo, aziende che intervengono, forma di assegnazione - E molti altri argomenti che nemmeno sospettiamo….. A scala internazionale: - Situazione del mondo indigeno in America Latina. (Guatemala, Chiapas, Brasile, Cile, ecc.) - L’Africa è un continente totalmente dimenticato dall’informazione, eccetto quando succedono grandi catastrofi naturali o selvagge guerre fratricide (incomprensibili perché non gli viene data la contestualizzazione adeguata). - Situazione dei diritti umani nei “paesi alleati” alle grandi potenze occidentali (Turchia ed il conflitto kurdo, la situazione della donna in Kuwait od in Arabia Saudita, complicità del governo o dell’esercito nella sanguinosa repressione della popolazione civile in Brasile, Colombia, Guatemala, Messico, Algeria, Thailandia, ed un lungo eccetera.) - Le implicazioni di governi, multinazionali e banche in alcuni dei commerci internazionali più torbidi e fruttiferi: commercio di armi, droga, ecc. - Politiche economiche imposte da certi organismi internazionali (FMI, BM, GATT, OMC, G8, ecc.), soprattutto in ciò che riguarda le conseguenze sociali ed umane delle loro decisioni. Chi controlla questi organismi? Chi ed in funzione di quali criteri decide le politiche da applicare? 3.2 “Informazione-fulmine”. Notizie che appaiono e scompaiono È un fenomeno comune nel panorama informativo la repentina apparizione di numerose notizie relazionate con uno stesso argomento o con certi fatti (anche se questi esistevano già molto tempo prima, e non erano mai stati riportati come notizia). Durante un certo periodo di tempo il pubblico è bombardato da tutti i media con notizie, reportage, interviste, ecc. sopra un certo argomento, passando in primo piano nell’attualità informativa. Quando all’improvviso inizia a diminuire il flusso di notizie, arrivando a sparire completamente anche se la situazione in causa non è ancora finita o non è ancora stata risolta. Si capisce che in molti casi questo fenomeno non è casuale, ma risponde agli interessi del mezzo informativo o delle fonti informative non rese pubbliche, spesso difficili da verificare. a) Apparizione Come nel caso dell’informazione falsa (vedi capitolo), nelle “informazioni-fulmine” risulta spesso ugualmente complicato distinguere se la causa della loro comparsa è direttamente attribuibile allo stesso mezzo di comunicazione o procede dalle loro fonti di informazione, che utilizzano il mezzo come diffusore. Come sappiamo, le principali fonti di informazione dei media, a parte i giornalisti, sono le agenzie di stampa internazionali (anche aziende multinazionali) e i dipartimenti di stampa o di pubbliche relazioni di istituzioni statali e delle grandi imprese (vedi capitolo Fonti di informazione). Quando una istituzione o un’impresa è molto interessata nel rendere pubblici certi fatti secondo il suo punto di vista, gli basta nutrire i media con informazione di gran qualità ed interesse perché questi abbiano un’eco. b) Propagazione La propagazione di “notizie fulmine” da parte di tutti i media non sempre vuol dire che tutti abbiano gli identici interessi. Spesso viene dato ciò che potremmo denominare “contagio dell’attualità”, vale a dire: se uno o più media concedono molta attenzione ad un fatto, riuscendo ad attrarre l’attenzione del pubblico, il resto dei media dovranno informare ugualmente dello stesso per non restare indietro e perdere la capacità di “offrire attualità”. Per tanto la propagazione spesso si deve a ragioni commerciali, di competitività informativa. c) Scomparsa Una volta che la diffusione massiccia di un fatto abbia soddisfatto gli interessi occulti a cui si doveva la sua comparsa (togliere prestigio o persino far cadere un governo, scatenamento di una guerra, ecc.), l’informazione al rispetto suole sparire con la stessa rapidità con la quale apparve, anche se la situazione o i fatti ancora non si sono risolti. In altri casi la sparizione si deve semplicemente ad un fenomeno di saturazione del pubblico, stufo di ascoltare o leggere sempre la stessa informazione sopra la stessa cosa. Così anche argomenti tremendamente drammatici (come la violenza contro le donne, le mattanze in Algeria, gli incidenti di lavoro), finiscono per banalizzarsi e si convertono in “una parte in più del paesaggio informativo” quotidiano, e smettono di avere rilevanza o interesse per il pubblico. In tal caso il media tende a farle sparire (anche se la realtà sulla quale si informa non sparisce), almeno per un periodo di tempo. Esistono esempi molto chiari di “informazioni fulmine”: Quello del terrorismo di stato dei GAL, ampiamente diffuso in principio dal periodico El Mundo, ed in seguito per “contagio di attualità” dal resto dei media, anni dopo del verificarsi dei fatti. L’origine di questi improvvisi bombardamenti risponde ad interessi politici ed impresariali, più o meno chiari, però per niente manifesti (i media fingono sempre neutralità). El Mundo iniziò una feroce campagna di accuse contro il governo “socialista” scatenando e dando eco alla maggior parte dei casi di corruzione. Curiosamente dalla caduta del governo del PSOE questo quotidiano ha dimenticato notevolmente il caso GAL, che a stento ritorna di attualità nell’insieme dei media (anche se restano molti processi da terminare). Un altro esempio è la dittatura di Suharto in Indonesia; appoggiata dagli Stati Uniti e tremendamente sanguinosa, che continuava da anni ad assassinare migliaia di oppositori politici (comunisti, indipendentisti di Timor, ecc.) davanti al silenzio unanime e complice dei media occidentali. Di improvviso, circa due anni fa, iniziano ad apparire sulla stampa articoli e reportage denunciando il carattere tirannico e mafioso del regime indonesiano. Mesi dopo scoppiarono in Indonesia rivolte studentesche, ampiamente coperte dei media, e seguite dalle “dimissioni” di Suharto. Subito dopo essere stato sostituito da Habibi, uno dei suoi uomini di fiducia, d’improvviso l’Indonesia torna a sparire dalle notizie di attualità. Che è stato di Suharto? E delle proteste studentesche? Qual è la politica del nuovo governo? E c’è stato qualche cambiamento realmente democratico? In questo caso, possibilmente l’origine dell’”informazione fulmine” si deve cercare nei governi occidentali che controllano la situazione politica indonesiana (Stati Uniti o Australia); o magari nelle compagnie petrolifere che controllano la tremenda produzione di greggio di questo paese. Gli uni o gli altri sono probabilmente i responsabili della rapida diffusione e della brusca sparizione dell’informazione sull’Indonesia. Come un esempio significativo di repentina scomparsa interessata di un’informazione risalta l’insieme di notizie sulla sollevazione zapatista in Messico. La spettacolarità e novità della sollevazione assicurò la sua massiccia diffusione all’inizio del 1994, però l’attenzione dei media si ridusse improvvisamente in maniera drastica in coincidenza con la visita del presidente messicano in Spagna. Adesso, quando la repressione dell’esercito messicano è forse maggiore, si parla appena degli zapatisti. 3.3 La sovrinformazione Nell’altro estremo della non-informazione o carenza informativa di determinati temi troviamo il processo di “sovrinformazione” di altri. Entrambi, come facce di una stessa moneta, costituiscono una forma di disinformare. Numerosi esperti di comunicazione, come Ignacio Ramonet, centrano gran parte delle loro critiche ai media su questo fenomeno della sovrinformazione. La sovrinformazione si manifesta in due forme differenti: a) Sovrinformazione di alcuni aspetti di un argomento informare in modo molto abbondante sopra certi aspetti di un argomento è una forma di emarginare altri aspetti, speso più importanti, polemici o chiarificatori. Non è che non si informi sopra questi ultimi aspetti, ma gli viene dedicato così poco spazio comparato a quello che si dedica agli altri aspetti che passano praticamente inosservati agli occhi del pubblico in generale. Allo stesso tempo si diffonde la sensazione di essere esageratamente informati sopra un fatto, col il quale i media stanno compiendo la loro funzione, quando in realtà ci forniscono aneddoti ma scarseggiamo di chiavi per comprenderlo. Questo è il tipo di sovrinformazione più comune. Di solito si materializza con una valanga ripetitiva di certe informazioni, dati ed immagini (spesso seguendo una linea sensazionalista, di notizia-spettacolo) senza entrare realmente nel fondo della questione. Come abbiamo commentato, paradossalmente l’eccesso di informazione su di un tema suole produrre un effetto simile al non informare realmente sullo stesso. Per iniziare, un gran volume di informazione costante obbliga a leggere superficialmente, vale a dire, principalmente i titoli ed alcun trafiletto. E come abbiamo visto nella sezione dedicata a questi elementi, sono spesso i più manipolativi dentro una notizia. Il lettore, non essendo capace di assimilare tanta informazione, in gran parte deliberatamente superflua ed inutile, termina per saturarsi dell’argomento trattato. Questo può portare a che finisca per ignorarlo (se si oltrepassa una certa soglia di sovrinformazione) o, più comunemente, che accetti senza nessuno spirito critico la versione dei fatti con la quale lo bombardano. Abbonda per esempio l’informazione sopra gli attentati dell’ETA ed il loro intorno, e le dichiarazioni in merito di personaggi pubblici, però si informa a mala pena sul contesto politico e sociale nei Paesi Baschi, sulla storia recente del nazionalismo basco o sulla strategia poliziesca repressiva. Centinaia di pagine di giornale, di ore di televisione e di radio, di dibattiti, discorsi ed articoli dedicati ogni giorno al conflitto basco, e senza dubbio la maggior parte della gente ignora quasi tutto sullo stesso. Quale miglior esempio di sovrinformazione disinformativa? Un altro esempio più concreto ed illustrativo è estratto dal contesto della Guerra del Golfo: in una inchiesta realizzata a Denver (Stati Uniti) nel febbraio del 91 (in piena guerra) l’81 per cento degli interrogati era capace di rispondere quanti missili Patriot avevano lanciato “gli alleati” contro gli Scud iracheni il giorno anteriore, però solo il 2 per cento sapeva che una delle principali ragioni per cui l’Iraq aveva invaso il Kuwait alcuni mesi prima erano le manovre delle autorità kuwaitiane per abbassare il prezzo del petrolio (esempio preso dal libro”Occhio ai media!” di Michel Collon). La sovrinformazione si basa spesso sull’informare molto (e superficialmente) sul “come?” (nel caso anteriore, come si sta sviluppando la guerra) ed informare appena sul “perché?” (perché si iniziò realmente questa guerra) e sul contesto del fatto. b) Sovrinformazione su temi banali Alcuni argomenti aneddotici e banali sono oggetto di grande attenzione da parte dei media, presentandoli come di grande importanza. L’effetto è quello di distrarre l’attenzione pubblica da altri fatti e realtà molto più importanti per la vita delle persone e della società. Si distoglie l’attenzione da questi argomenti e si dirige verso altri meno conflittuali, in ogni caso meno compromettenti per i poteri dominanti: matrimoni reali, calcio, scandali amorosi del tipo del caso Lewinsky o sulla vita e morte di Lady D, ecc. con l’auge della telespazzatura (programmi rosa, Reality-show, ecc.) questi argomenti banali ed aneddotici hanno guadagnato un protagonismo insolito, invadendo anche le copertine dei giornali e gli spazi televisivi di informazione generale. Col tema della sovrinformazione ha molto a che vedere la tremenda concentrazione mediatica attuale, vale a dire che sempre più mezzi di comunicazione stanno in mano a sempre meno persone. Così una azienda multimediatica è capace di diffondere uno stesso fatto, o una stessa versione dello stesso, da una grande diversità di mezzi di comunicazione, dando vita per conto suo ad una autentica campagna di sovrinformazione interessata. Come già affermava uno dei primi teorici (e pratici) della comunicazione sociale, Göbbels (responsabile della propaganda nazista nella dittatura di Hitler): “La più grande bugia ripetuta cento volte si trasforma in una grande verità”. La ripetizione asfissiante di una informazione genera credibilità, ed ancor più se si realizza da una grande quantità e varietà di media. Quindi il recettore tende a credere ad una versione dei fatti, o a dar maggiore importanza ad un argomento banale, quanto più numerosi e diversi siano gli informatori che coincidono nel dare la stessa versione, ignorando che in realtà tutti possono appartenere alla stessa azienda. Per esempio, il gruppo mediatico spagnolo Prisa può attualmente diffondere un fatto od una versione dello stesso simultaneamente mediante le notizie dei quotidiani El Paìs e Cinco Dìas, le radio Cadena SER e Antena 3Radio ed il canale TV Canal Plus; mediante studi dell’agenzia di statistica Demoscopia e mediante monografici dei suoi editoriali Alfaguara, Aguilar, Santillana e Taurus. Poi la sovrinformazione può estendersi ad altri gruppi mediatici mediante il “contagio di attualità”. Il fenomeno della sovrinformazione può rispondere a varie cause, a seconda dei casi e delle circostanze. Spesso la sovrinformazione di un tema banale o degli aspetti banali di un argomento risponde ad interessi politici, che hanno la loro origine nei gruppi di potere e di pressione e che contano con la collaborazione attiva dei mezzi di comunicazione. Non ci dimentichiamo che questi sono imprese spesso controllate da entità bancarie od altre multinazionali strettamente relazionate con i circoli del potere. A questi interessi politici di solito si sommano gli interessi commerciali, di modo che spesso risulta complicato distinguere le cause reali di una campagna di sovrinformazione. Per esempio, la diffusione di fatti banali però propizi al sensazionalismo ed alla morbosità (che includano sesso, violenza, gente famosa, ecc.) ottiene sempre un notevole aumento degli ascolti o dell’acquisto della stampa. D’altra parte, la dura competizione commerciale fra aziende medianiche suole portare al “contagio di attualità”, vale a dire che se un’azienda riesce a rendere di attualità un argomento, il resto delle aziende in competizione dovrà ugualmente considerarlo, per non perdere ascolti. In questo modo, il bombardamento informativo che ci propina un gruppo aziendale si moltiplica quando la diretta concorrenza “segue la corrente per non rimanere indietro”. Anche se ogni impresa da una versione propria dei fatti, d’accordo coi suoi interessi (ma a volte possono coincidere anche questi), in ogni caso tutti i media parlano costantemente delle stesse cose. I fatti sono ormai rabbiosa attualità, e la sovrinformazione è servita. Un buon esempio di come dietro una stessa notizia ci possano essere tanto interessi politici come commerciali fu il Caso Lewinsky: le relazioni sessuali adultere di un Presidente di Governo (sesso, personaggio famoso) sono diffuse per ragioni politiche (da parte dell’opposizione Repubblicana, per infangarne l’immagine) con tale intensità che persino i media alleati (pro-Democratici) si vedono obbligati a trattare il tema (contagio di attualità). Nello stato spagnolo, senza dubbio, la tremenda diffusione di un caso che riguarda principalmente la politica interna americana non si spiega tanto con gli interessi politici, quanto con quelli commerciali: dovuto all’alto contenuto morboso del fatto. Un altro caso più vicino fu quello di tre ragazze sequestrate, violentate ed assassinate ad Alcàsser verso la fine del 1992. un fatto senza dubbio terribile, però non molto più di altre migliaia che ogni anno succedono in Spagna e che non raggiungono una grande diffusione. Il triplice crimine di Alcàsser fu senza dubbio così intensamente diffuso e sfruttato dai media, che in solo una settimana il fenomeno raggiunse quote di allarme sociale. Il fatto si produsse proprio quando i Reality Shows iniziavano a guadagnare grande popolarità nella televisione spagnola, per cui l’origine di questa quasi isterica campagna di sovrinformazione fu basicamente commerciale: questo tipo di programmi trovò in un caso così morboso (violenza e sesso) il suo “battesimo del fuoco” col quale raggiunsero una quota di ascolti impressionante. Però subito dopo il fatto fu ripreso dagli spazi di informazione generale (stampa quotidiana e telegiornali), in uno spiegamento di “giallismo” giornalistico senza precedenti. Possibilmente per ragioni commerciali: per sfruttare al massimo l’audience che i Reality-Shows erano riusciti a generare. Però anche per ragioni politiche, poiché l’allarme sociale fu tale che il governo del PSOE, con in testa il Ministro degli Interni Corcuera, ne approfittò per agire contro la magistratura (accusandola di essere troppo permissiva con i criminali) ed introdurre, con l’appoggio di un’opinione pubblica molto sensibilizzata, modificazioni che indurirono la politica di permessi penitenziari del nuovo codice penale in progetto. Anche se secondo molti giudici tali modificazioni (che appoggiavano la linea di Corcuera e della sua criticata Legge di Sicurezza Cittadina: “Legge Corcuera”) violavano lo Stato di Diritto, il PSOE si appoggiò sull’”allarme sociale” per introdurle.

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