«Arsenico oltre i limiti, urge la bonifica»
Gli studi dell'Università di Siena
rilanciano l'allarme per la Piana
«Valori altissimi e certamente di origine non naturale»: lo dice il professor Enzo Tiezzi
Articolo di Emilio Guariglia
SCARLINO. L'arsenico è considerato oggi dalla comunità scientifica mondiale come l'agente inquinante più nocivo per la salute umana. La Piana di Scarlino presenta (sia pure «a macchia di leopardo») concentrazioni di arsenico nel terreno e nelle acque superficiali di gran lunga superiori ai limiti di sicurezza fissati da leggi e normative. Questa presenza può essere in minima parte di origine «naturale», ma senza ombra di dubbio è cresciuta e cresce a causa delle attività industriali impiantate in passato dall'uomo sul territorio. Per ora l'arsenico non è penetrato nelle falde acquifere profonde, quelle dalle quali le popolazioni locali attingono l'acqua potabile, ma il pericolo che ciò avvenga in futuro è concreto. Dunque bisogna agire, e subito, attraverso una bonifica totale dei siti. Cercando - proprio in virtù dell'estrema urgenza dell'intervento - le soluzioni pratiche più veloci per reperire l'enorme cifra (almeno 800 miliardi delle vecchie lire) necessaria all'impresa. Sono queste, in estrema sintesi, le prime conclusioni alle quali è approdata l'équipe dell'Università di Siena coordinata dal professor Enzo Tiezzi, autorità indiscussa in materia, incaricata dal Comune di Scarlino di compiere un approfondito studio sul problema. «Concentrazione anomala di arsenico e altri metalli pesanti presenti nel suolo della Piana di Scarlino»: questo è il titolo del dossier - 36 pagine corredate di cartografie e diagrammi - consegnato al sindaco Meozzi e dal sindaco stesso diffuso ieri in consiglio comunale. Quella che i soliti «bene informati» avevano già da un po', sulla base delle prime indiscrezioni, definito come una «bomba», è dunque esplosa. Tiezzi e il suo gruppo, ovviamente, da buoni scienziati lasciano aperta la porta alla necessità di ulteriori approfondimenti e alla possibilità di qualche correzione. Ma su un punto sono chiarissimi: seppure non esiste per ora la «prova scientifica definitiva che possa evidenziare in maniera diretta l'effettiva migrazione dell'inquinamento dalla sorgente» industriale «verso luoghi remoti», tuttavia «l'ipotesi dell'anomalia geochimica naturale, rispetto alle elevate concentrazioni di arsenico nella Piana non è sostenibile». Insomma, è la mano dell'uomo che ha colpito. E all'uomo spetta il compito di rimediare. Ma è davvero una «bomba», questa relazione di Tiezzi? Per chi segue con attenzione e non da oggi la vicenda, sicuramente no. I periti incaricati dalla procura della Repubblica che - l'anno scorso - analizzarono lo stesso problema (ovvero i cumuli di ceneri giacenti da decenni «a cielo aperto» nell'area del Casone, lasciati in pesante eredità dall'Eni alla Nuova Solmine), pervennero praticamente alle stesse conclusioni. Quelle montagne di ceneri ematitiche, dissero, residuo delle lavorazioni di pirite con le quali si produceva acido solforico, «sono vere e proprie discariche abusive di materiale tossico nocivo», potenzialmente pericolosissime per la salute umana. Perché, secondo quella perizia, esposte alla pioggia rilasciano il loro carico di arsenico nei terreni e nelle falde superficiali circostanti; e inoltre, sprofondando progressivamente sotto il loro stesso peso, rischiano di arrecare danni anche più giù. Appunto, nella falde acquifere profonde. A che punto sia, anche sulla base di queste perizie, l'inchiesta della magistratura grossetana, non è dato sapere. Tuttavia, al di là degli aspetti giudiziari (molti degli eventuali reati commessi, oltretutto, sarebbero già caduti in prescrizione), è ormai chiaro che la vicenda sta assumendo una valenza soprattutto politica. A questo punto, infatti, spetta solo agli amministratori del territorio (Comune, Provincia, Regione) decidere la rotta. La necessità di bonificare appare ormai ampiamente condivisa, anche dallo stesso privato proprietario del suolo, la Nuova Solmine, che tra l'altro si è impegnata a finanziare una campagna di rilievi aerei programmata dalla stessa équipe di Tiezzi. Resta però da definire l'entità concreta di questo intervento di bonifica. Solo parziale, o globale? La differenza tra le due opzioni si valuta nell'ordine di centinaia e centinaia di milioni di euro. Per gli ambientalisti (ma anche per l'équipe di Tiezzi), l'intervento dovrà essere totale, comprendendo anche lo studio e poi la «pulizia» (per esempio) di quelle tante strade di campagna che - anni fa - era abitudine costruire usando proprio le ceneri di pirite. Per il privato, basterà invece eliminare i cumuli esistenti. Il professor Eros Bacci, docente all'Università di Siena e consulente della Nuova Solmine, afferma infatti che a suo avviso l'incremento di arsenico nelle falde rilevato a settembre dalle analisi di Tiezzi è legato a un fatto contingente, ovvero la forte piovosità dell'agosto appena trascorso, ferma restando la «naturalità» dell'alta presenza di arsenico nella Piana. Un'analisi contestata da Tiezzi, e definita da Roberto Barocci, responsabile ambiente di Rifondazione Comunista, addirittura «scandalosa». Chi ha ragione? Proprio oggi, a Scarlino, è previsto un incontro decisivo. Si riunisce infatti la Conferenza dei Servizi, che dovrebbe decidere se approvare il progetto preliminare di bonifica parziale presentato da Nuova Solmine. Un progetto incardinato sul concetto di «naturalità» dell'arsenico, e fin qui - atti burocratici alla mano - accolto dal Comune di Scarlino. Anche perché, è chiaro a tutti, una bonifica totale della Piana non potrebbe certo essere sostenuta economicamente dalla sola Nuova Solmine. Imporlo, equivarrebbe a uccidere una delle più floride realtà industriali della Maremma, che oggi lavora nell'assoluto rispetto dell'ambiente e dà lavoro e ricchezza al territorio. E nessuno vuole arrivare a tanto. «Paghi l'Eni», reclama Rifondazione, ma in questo caso la via sarebbe lunghissima e dagli esiti incerti. E allora? E allora ecco la «mediazione» di Tiezzi, che invita a lasciar perdere l'Eni e a cercare, in fretta, i soldi attraverso l'Unione Europea, la Regione, gli enti locali e il privato, che per la sua parte s'è già detto disponibile. Evitando però - sembra dire ancora Tiezzi - di chiudere drasticamente la partita con soluzioni tampone. «Abbiamo bisogno di ulteriori studi», ribadisce il professore nella sua relazione. E lo conferma la stessa Alduvinca Meozzi, che in una nota sottolinea come «il dato più importante emerso da questa prima fase di studio (dunque ce ne saranno ancora, ndr) è sicuramente quello legato alla necessità di un intervento su larga scala che coinvolga tutti i soggetti istituzionalmente interessati». Un percorso, specifica però il sindaco, che non deve interrompere «il normale iter procedurale relativo alla bonifica dei siti interessati dagli stoccaggi di rifiuti industriali». Insomma, per ora rimuoviamo i «cumuli», e intanto pensiamo ad attivare una più ampia strategia per il futuro. Opzione, questa, ferocemente contestata dagli ambientalisti, che vogliono subito un approccio «globale» al problema. E ad essi la Meozzi replica invitandoli a non «creare allarmismi e psicosi» che «producono effetti devastanti per l'economia e l'immagine del territorio». La polemica, insomma, continua. Mentre «dall'esterno» non può che arrivare un auspicio: l'arsenico è pericoloso per la salute umana, perciò d'ora in avanti su questo tema massima trasparenza. Da parte di tutti. Per dubbi o verità parziali non dovrà esserci spazio.
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