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Mattei, l’oro nero, Cefis e.. Marghera
by Child ( vero ) Saturday, Dec. 21, 2002 at 5:01 PM mail:

Riprendo l’argomento Mattei e quello dei petrol-dollari, che sono ridiventati di moda a causa dell’imminente conflitto iacheno. L’accusa recente da parte della Procura di Pavia a Fanfani e a Cefis, quest’ultimo responsabile tra l’altro anche delle vicende criminose della raffineria di Marghera, completa il quadro. Con un excursus allo scandalo dei petroli, preannunciato da Pecorelli.

Per chi volesse consultare il mio precedente art. ( commenti insulsi del mio clone a parte )
Enrico Mattei: ritorna il mistero in tv, attentato o incidente? cfr. il seguente link:
http://italy.indymedia.org/news/2002/10/98829_comment.php#98888
Nel primo art. mi ero occupato soprattutto delle fonti scritte ( Provvisionato, Icke, perizie tecniche ), tracciando lo sfondo delle alleanze occulte che hanno preparato l’attentato a Mattei; ora analizzo gli audiovisivi in proposito ( Minoli, Rosi, Lucarelli ), mettendo in risalto principalmente le responsabilità a livello politico-economico che hanno reso operativo il complotto contro il ‘Re del Petrolio’ locale.


1) Riepilogo dei fatti, con nuove acquisizioni od approfondimenti

Italo Mattei, fratello del celebre Enrico, sporse denuncia nel ’63 per omicidio plurimo, essendo convinto fin dai primi momenti nei quali ricevette la notizia della scomparsa del Presidente dell’E.N.I. che si trattava di un attentato. Tuttavia l’inchiesta ufficiale, su cui gravava il segreto istruttorio, escluse ogni ipotesi di omicidio o di esplosione in volo. Fu IL SECOLO XX del 19 marzo ’63, dir. Giorgio Pisanò, a sollevare per primo il caso titolando così la prima pagina: “Enrico Mattei è stato assassinato.” In tre articoli il giornalista Bellini dipinse con lungimiranza il quadro generale degli eventi, tanto che quegli scritti sono ancor oggi per tutti la fonte principale sulla morte del valente manager di Stato. Il 24 settembre dello stesso anno, pertanto, appoggiandosi alla tesi del giornale, Italo Mattei espose denuncia contro ignoti. Nel ’66 il giudice istruttore A.Borghese dichiarò nella sentenza di non doversi procedere, poiché i fatti non sussistevano. Nel ’70 comunque Fulvio Bellini ed Alessandro Previdi facevano uscire un libro su Mattei, ampliando il quadro sull’accaduto (1). La tesi era che la Cia o l’Oas l’avevano ucciso. L’Eni, che aveva allora a capo Eugenio Cefis ( ex-collaboratore dell’OSS e poi – si dice – della Cia ), non volle patrocinarlo. La storia di Cefis, il funzionario allontanato dall’Ente Nazionale Idrocarburi nel ‘62 da parte del Presidente in persona, rammenta stranamente quella di A.Dulles, il capo della Cia silurato da J.F. Kennedy. In entrambi i casi la persona prima silurata è stata riassunta dopo la morte dell’antagonista, traendo così vantaggio dalla disgrazia altrui, cosa di per sé altamente sospetta. Significativo del resto che circa un anno prima del tragico evento, esattamente il 15 settembre 1961, Cefis si fosse iscritto alla Massoneria. Cosa che di per sé, ovviamente, non direbbe nulla; tuttavia, se l’anno seguente è avvenuto qualcosa che ha visto secondo gli studiosi del caso un intervento indiretto di tale organizzazione occulta in ciò che è capitato a Catania il 27 ottobre, è evidente che si deve tener conto anche di cotale fatto. Ho illustrato d’altronde nel mio primo art. il ruolo della Massoneria internazionale nel far da tramite fra le compagnie petrolifere straniere e la Mafia italo-americana. Nella sentenza circa la notizia diffusa nel libro sulla scabrosa presenza di tre picciotti di Cosa Nostra all’aeroporto di Catania, in grado di boicottare il volo del Presidente dell’E.N.I. con una manciata di tritolo, si escludeva comunque ogni possibilità di tal genere; dato che il brigadiere di sorveglianza al Fontanarossa, non si sa se per intervento dall’alto o inadempienza personale od altro, aveva smentito la presenza di qualcosa di anormale nei pressi del velivolo. Eppure il nome del cap. Grillo, che avrebbe guidato due tecnici ad ispezionare l’aereo, era stato fatto – in aggiunta all’informazione equivalente del libro dei due autori – dal Capo della Squadra Mobile di Palermo in una conferenza-stampa ove era presente un inviato del Messaggero (2). Dopodiché il silenzio calò sulla vicenda per un certo tempo, se si esclude il summenzionato film di F.Rosi, peraltro osteggiato nella distribuzione dall’Italnoleggio. Solamente il costante flusso di notizie giornalistiche creatosi sul caso tenne vivo l’interesse sino ai nostri giorni. I punti fondamentali della tesi dell’omicidio, ricordo, erano:

a) La presenza di un cacciavite all’interno del motore dell’aviogetto presidenziale 9 mesi prima del decesso del Presidente dell’E.N.I., fatto che avrebbe determinato la rottura delle pale del reattore una volta che il cacciavite si fosse staccato dallo scotch con cui era stato fissato. Ciò che costituiva un precedente rispetto ad un possibile secondo attentato. Ed un segno che Mattei era sotto il mirino di qualcuno.
b) Vari indizi, che conducevano a formulare l’ipotesi di uno scoppio in volo del bireattore francese, un Morane Saulnier 760/B di marca I-Snam (3).
c) L’agricoltore Mario Ronchi dichiarò ad un inviato del ‘Corriere della Sera’ di aver sentito uno strano rombo di tuono. Strano, poiché pioveva, ma non c‘era temporale, essendo la fine di ottobre. E poi, essendo uscito sull’aia, disse di aver visto parti incandescenti di qualcosa che era difficile da definire scendere dall’alto.
d) Margherita Maroni ( una teste spuntata fuori 8 anni dopo ), che si trovava a 1 km dal luogo del disastro, nel novembre del ’70 confidò a ‘Panorama’ di aver udito uno scoppio e di aver poi notato scintille scendere a terra vorticosamente.

Circa il primo punto occorre precisare che l’ex-partigiano nonché funzionario dell’E.N.I. R.Pacchetti raccontava a ‘Mixer’ del 31-05-93 che dai S.S. fu colpevolizzato al riguardo un suo amico motorista. Il motorista, che probabilmente non aveva alcuna colpa, se la prese allora a male, giacché fu escluso da quel momento in poi dalla revisione dei motori e fu messo da parte come persona inaffidabile. In ‘Mattei il nemico italiano. Politica e emorte del Presidente dell’Eni attraverso documenti segreti’ N.Perrone informava di aver saputo da Andreotti che Mattei aveva fatto accreditare la voce di quel tentativo di sabotaggio, siccome “gli era stata negata la parità della delegazione governativa che accompagnava il presidente del Consiglio”. In altre parole, se bene intendo l’espressione in politichese, gli era stata negata una scorta presidenziale (4); così come si conveniva ad un personaggio del suo stampo, in continuo pericolo di subire attentati. In fondo era un manager statale. Lo Stato, sappiamo, non ha mai dimostrato sensibilità del genere né ieri né oggi. Il Caso Biagi docet. La notizia del presunto sabotaggio fu sconfessata anche dal com. F.Bignardi, pilota personale di Mattei, che parlò della dimenticanza di un meccanico. Ma è probabile che, per non creare <<inutili allarmismi>>, il motorista sia stato messo sotto torchio dalla Sicurezza e che sia stato convinto con le buone o le cattive ad autoattribuirsi quel che in realtà non aveva fatto. Altrimenti non se la sarebbe presa tanto, avrebbe ammesso docilmente le sue colpe, facendo magari le scuse personali all’azienda o direttamente al Presidente. L’ipotesi di Andreotti del finto sabotaggio a copertura di una rivendicazione di ruolo politico hanno reso nulla la testimonianza circa il tentativo di manomissione del velivolo avvenuto il 10-01-62.
Riguardo il secondo punto R.Morini, del Centro Studi Internazionali “E.Mattei”, spiegava all’intervistatore di ‘Mixer’ che nelle fotografie dell’accaduto s’intravedevano i pezzi dell’aereo schiantatosi nelle campagne di Bascapè da un lato e dall’altro dei pioppi. Evidentemente, se per qualsiasi guasto intercorso durante il volo l’aereo si fosse schiantato su di essi, i rottami dell’aviogetto si sarebbero trovati da un sol lato; poiché le piante avrebbero attutito in qualche modo il colpo, venendo abbattute. Cosa che non fu assolutamente rilevata, come comprova ancor oggi la sequenza fotografica della perizia tecnico-scientifica. La presenza di frammenti sparsi qua e là testimoniava invece che l’aereo era esploso in cielo. Coloro che sostengono la tesi inversa ( vedi G.Trolli, ex-dirig. Snam )(5) dichiarano invece che l’I-Snam viaggiava a 300 km/h e ad una quota di 600 m. In caso di esplosione (6) i rottami sarebbero finiti in un’estensione molto più ampia del raggio di 250 m, quello effettivamente rinvenuto, secondo la traiettoria di volo dell’aereo (7). La carcassa principale di quest’ultimo trovavasi infatti al centro dello spazio indicato.
Il terzo punto era ancora più controverso, ma costituiva la prova che che qualcosa realmente era successo in aria. Infatti il contadino, uscito sull’aia (8), vide un gran falò in cielo. ( Notare la definizione campagnola, che certamente non può aver inventato il giornalista accorso sul luogo del disastro. ) Strabuzzando gli occhi egli ebbe la sensazione che stessero cadendo dall’alto i pezzi incandescenti di un aeroplano. La solita contro-ipotesi li interpreta come una ricaduta di frammenti a terra, essendosi sollevati in seguito al primo impatto col suolo. Se fosse stato davvero così, che bisogno ci sarebbe stato per il Ronchi di cambiare continuamente versione nella descrizione dei fatti? Inoltre, non è credibile che i pezzi dell’aereo – soprattutto quelli molto grandi e dunque abbastanza visibili in una serata nebbiosa e piovviginosa d’autunno – disintegratosi su un terreno fangoso (9) possano essersi sollevati a grande altezza, sì da esser scorti ad oltre 1 km di distanza dal luogo dell’accaduto. Agiungo, per mia esperienza personale in campagna, che un agricoltore non è uno stupido come crede la gente di città. Pur avendo maniere da bifolco, spesso è più scaltro di un operaio, sebbene maggiormente sprovveduto dal punto di vista linguistico e formale. Se il Ronchi avesse visto “male” avrebbe pur sempre potuto dichiararlo, senza dover negare per questo di essersi trovato in casa al momento del botto. La storia del preteso non coinvolgimento diretto dell’uomo puzzava lontano un miglio, dato che proprio lui aveva condotto i Carabinieri nei pressi della carcassa del velivolo.
Il quarto punto si collega al terzo, poiché anche la donna ha sentito prima di vedere. Sennonché quattro occhi vedono più di due. Ritenere che due persone in luoghi distinti e con una prospettiva visiva differente abbiano potuto scambiare una caduta di frammenti con una ricaduta degli stessi, dopo lo schianto nella terra bagnata per la pioggia, è assai arduo e risulta in definitiva poco convincente.


2) Un macabro scherzo o un avviso mafioso?

Nel novembre del ’70 Italo Mattei dichiarò a ‘L’Europeo’ che una settimana dopo la caduta dell’aeroplano – precisamente il 2 novembre del ’62 ( notare il dì ) – una 1800 scura dell’E.N.I., senza le normali insegne, arrivò a Matelica ( la zona del Maceratese dove si era trasferita la famiglia ) con una cassa di zinco contenente quel che rimaneva del tronco del fratello. Senz’adempiere alle formalità legali, perciò Italo Mattei diede sepoltura alla salma martoriata ed irriconoscibile. Le dichiarazioni di Italo Mattei sono state riprese da ‘Panorama’ (10) nel ’70 e poi subito smentite. Tuttavia il Pacchetti e d il Trolli, summenzionati, hanno ribadito a ‘Mixer’ che il brano più grande dei corpi smembrati dei tre passeggeri era ciò che restava di una gamba del giornalista straniero ( Mc Hale ) al fianco dell’uomo politico. Gli altri rimasugli anatomici rinvenuti non superavano ognuno il peso di 1-1,5 kg. Quindi, ne deduceva il Trolli, trattatavasi forse di un necroforo. Il mistero perdura a tutt’oggi, il valore simbolico del gesto macabro pure.


3) Conclusioni del Minoli, i sospetti del Pantaleone

Da ulteriori ricerche, spiegava il Minoli, si è venuto a sapere che nello scalo di Catania vi era un consistente numero di persone sospette. M.Pantaleone, autore di ‘Omertà di Stato’, ricordava di aver sentito dal questore della città che nell’aeroporto non c’era servizio d’ordine e che la manutenzione ordinaria era stata eseguita da quattro persone prelevate dalla stazione ferroviaria. Costoro subito dopo non erano più rintracciabili, erano addirittura scomparsi. Ciò rivela che qualcosa d’illegale era comunque avvenuto nell’aeroporto e comprova definitivamente la tesi dell’omicidio, almeno da un punto di vista storico. Quel che fa la Magistratura sono affari della Magistratura, la Storia segue altre piste che non quelle giuridiche. Anche perché la Magistratura può essere condizionata dalla Corte di Cassazione e da altri organi costituzionali, la storia no, dipende esclusivamente dal punto di vista dello storico. La Storia, è vero, può essere manipolata accademicamente o da chi ha interesse a farlo; ad ogni modo lo storico è libero di formulare le sue tesi, purchè le dimostri sul piano logico.
Thiraud de Vossioli, ex-dirigente dei servizi francesi di Controspionaggio, nel film ‘Il caso Mattei’ segnalava a tal proposito l’importanza della verifica che qualcuno dell’aeroporto catanese sotto accusa non avesse lasciato il lavoro proprio il giorno della caduta dell’aereo. Il che confermava i sospetti del Pantaleone. Questi confessava di essersi recato in Inghilterra per rintracciare i quattro facchini della stazione partiti alla volta dell’isola. Due dei quattro gestivano un albergo. Dall’Inghilterra i porta-bagagli si erano poi trasferiti in Australia. Insomma, dalle stalle alle stelle. ( Quanto soldi si guadagnano facendo i facchini part-time, e con un secondo lavoro in nero, non pagando le tasse! ) Secondo Pantaleone a quel tempo in città c’era una presenza inquietante, quella di Calogero Minatori, un siciliano di N.Orleans meglio noto nel giro della Mafia italo-americana come Carlos Marcello (11),. Marcello, noto all’F.B.I. per le sue numerosissime imprese criminose, era legato alla C.I.A. e al Mossad per mezzo di Lansky (12). Nonché in combutta con Jack Halfen, altro uomo connesso alle ‘Sette Sorelle’ e al potere politico-economico-finanziario del Sud statunitense. Il film di Rosi, per bocca della controspia francese De Vossioli, testimonia che a Catania oltre a Marcello - di cui ha parlato il Minoli – vi era un certo Laurent di origine corsa. In altre parole un agente segreto in grado di capire bene l’italiano. Tale spia aveva fatto pratica di strumentazione di bordo e di altimetri presso la ditta francese costruttrice dell’aviogetto di Mattei, la Morane Saulnier, l’I-Snam essendo solo un marchio di una consociata all’E.N.I. ( la Snam )(13).


4) Mattei, Kennedy, la N.A.T.O.

N.Perrone, d’altro canto, ricordava che la scomparsa del politico di Matelica era avvenuta nel pieno della crisi cubana, praticamente sull’orlo della II G.M. Per la verità mi pare che questo c’entri poco o niente, visto che Kennedy era in buonissimi rapporti con Mattei ed aveva anzi chiesto ai suo collaboratori di tenere in massima considerazione le richieste del leader italiano, che all’estero ironicamente chiamavano il “petroliere senza petrolio”. Nemmeno Kennedy amava in realtà i petrolieri texani, ai quali pur era legato elettoralmente attraverso il suo vice, e tendeva a metterli da parte. In ciò era un perfetto alleato del nostro Mattei. Ma le ‘Sette Sorelle’ tramavano nell’ombra, per mezzo di Lindon Johnson negli States e tramite Eugenio Cefis in Italia. Per Mattei valga lo stesso discorso che ho fatto altre volte per Kennedy. Nessuno dei due era uno stinco di santo, entrambi amavano un po’ troppo le donne. Ma chi non le ama (14)? Tuttavia in politica non c’è bisogno di essere santi, basta essere umani. E sia Mattei sia Kennedy lo erano. Naturalmente entrambi erano uomini ricchi, con vasti interessi imprenditoriali. Ciò non basta per screditarli, soprattutto Mattei, come fanno certi neo-marxiani che criticano sia pur giustamente il dominio odierno delle multinazionali. Non bisogna fare di tutte le erbe un fascio.
Il padre di John, Bob e Ted Kennedy ( Joseph ) era un petroliere lui medesimo. Se è vero, come ha suggerito il Perrone, che Mattei faceva pressione sul governo democristiano affinché non si allineasse del tutto alla politica atlantica, certamente il comportamento di Mattei era inviso a chi muoveva le pedine della N.A.T.O. Non per questo c’era astio tra lui e il Presidente americano. Come in Italia non è il Presidente del Consiglio a dirigere realmente la nazione, ci sono sempre delle eminenze grigie, lo stesso vale per gli Stati Uniti. Perrone sosteneva inoltre che in caso di scoppio della guerra, con il bombardamento di Cuba, ci sarebbe stata una ritorsione sovietica contro alcune basi europee della N.A.T.O: Turchia e Italia erano nel mirino. Perrone in questo modo valorizzava indirettamente la congettura del sabotaggio piuttosto che quella dell’incidente, seppure la spiegasse e forse la giustificasse tacitamente ( ma questa è una mia illazione, che potrebbe non corrispondere a verità ) come una ragion di stato. Di questo passo, allora, si può pretendere di comprendere pure l’assassinio di John Kennedy alla luce dello sfiorato conflitto. Penso invece che lo scontro con l’U.R.S.S. e Cuba fosse un paravento e che gli omicidi successivi di di Bob Kennedy e di Moro, non per nulla seguace di Mattei, dimostrino le ragioni vere dell’operato di certe forze oscure. La verità è insomma un’altra, rispetto a quella illustrata dal Perrone. Ossia la C.I.A. aveva intenzione di provocare l’attacco a Cuba, praticamente la Terza Guerra Mondiale, in altra maniera. Tramite cioè degli attentati dinamitardi ad alcune città americane, la colpa dei quali avrebbe dovuto ricadere su Castro (15). La storia della Guerra Fredda come viene solitamente raccontata in genere alla tv ( vedi CORREVA L’ANNO ) è piena di bugie, nonostante l’ottimo materiale d’archivio presentato o l’alto nome degli storici interpellati. Orwell la sapeva lunga in proposito. In realtà è probabile che l’U.R.S.S. sia stata manovrata per provocare ad arte lo scoppio del conflitto. Da rammentare l’episodio degli U2, che sorvolarono i cieli sovietici. Il vero obiettivo probabilmente non era abbattere l’Unione Sovietica, che America e Regno Unito avevano faticosamente costruito con le loro mani occultamente nella prima metà del secolo (16). Il vero obiettivo era mettere con le spalle al muro i Kennedy, rivali in politica ed in affari dei texani. Come l’anno dopo l’Attentato di Dallas ha dimostrato ampiamente. Mattei e Kennedy rimasero uniti per via un unico destino: entrambi osarono sfidare il potere dei Sionisti, benché solo il politico americano avesse in mente quale fosse la loro forza reale. Di questo a ‘Mixer’ purtroppo non si è fatto minimamente cenno. Allora si spiega perché, come a fine trasmissione la rubrica di Minoli notava, il manager italiano sia stato convocato dalla Shell ( compagnia angl-olandese, con annessi in Texas ) onde proporgli di dividere a metà il petrolio sahariano. Il rifiuto del marchigiano a trascurare gl’interessi dell’Algeria e l’incauto battere i pugni sul tavolo del virile politico democristiano, sollevando i tacchi dalla riunione e andandosene per di più con la minaccia di sfidare da allora in poi lo strapotere di quella od altre compagnie anglo-americane, ha fatto evidentemente sì che fosse dato ordine da parte delle eminenze grigie alla struttura dell’Intelligence alleata ( l’Italia è da sempre una colonia, non un vero alleato ) di agire contro il malcapitato. Col che il ruolo dell’E.N.I. nel mondo cambiò totalmente. L’Italia mai più rientrò nel grande gioco degl’interessi mondiali sul petrolio. Ora l’E.N.I. è una delle ‘Quattordici Sorelle’, ma è sostanzialmente in mano agli stranieri. I liberali italiani, che fanno capo alle idee del ‘Corriere della Sera’ ( se ne è fatto portavoce la sera del Social Forum di Firenze il prof. Panebianco alla rubrica ‘L’infedele’ ), criticano i No-global per il loro pacifismo con la scusa che valori quale l’indipendenza e la libertà sono più importanti cella pace. In ciò dimostrano una grande ipocrisia. Dal momento che lo Stato Italiano, con il suo Servizio di Sicurezza ( Sicurezza per chi? ), svendette la propria indipendenza in campo energetico ai poteri forti anglo-americani negli Anni Sessanta. È significativo che uno stimatissimo giornalista come Montanelli si fece paladino a quel tempo di un attacco contro Mattei, dato che mescolava poltica ed economia. Questa era l’Italia falsamente moralista di quegli anni! Qualche politico italiano con vocazione servile ha mormorato nel dopo-Mattei, secondo quanto riportava l’ex-Min. del’Ambiente e funzionario dell’E.N.I. G.Ruffolo, che l’Italia non si poteva permettere di sfidare i potenti del petrolio. La guerra era persa in partenza e probabilmente le cose sarebbero andate a finire come ora anche nel caso della sopravvivenza del manager democristiano. La nostra nazione rientrò così in una normale amministrazione politica, con la testa piegata, e mai nessuno osò più sfidare le potenze d’Oltremanica ed Oltreatlantico. Tranne Moro, che guardacaso apparteneva alla medesima corrente di Mattei. Per questo le Br lo punirono… (17). Il più grande uomo politico del mondo politico nazionale fu quindi fatto a pezzi, letteralmente, dagli Anglo-americani. Lo ha testimoniato nel 1993 il mafioso G.Iannì, asserendo che essi ( semplificato in ‘Americani’ ) si erano serviti dei contatti italo-statunitensi di Cosa Nostra. Più ‘Loro’ che ‘Nostra’, a dire il vero, dati i risultati. Dobbiamo per questo considerarci anti-americani? No, però…


5) Mattei eroe nazionale

Mattei è stato un eroe nazionale e lo sottolineo. Un uomo il quale, conscio che l’indipendenza politica passa per l’indipendenza economica ed in particolare quella energetica, si è prodigato per rendere un servizio essenziale al nostro paese. Che avesse in ciò anche degli interessi personali è fuor di dubbio. La pratica delle tangenti ai partiti è cominciata allora, ma non aveva un senso recondito come nei decenni successivi. In fondo Craxi non aveva tutti i torti quando si autodenunciò. Tutti erano etero-finanziati. L’importante tuttavia era che Mattei insieme ai suoi faceva gl’interessi dell’Italia intera. Come ha ben capito il vetero-comunista Rosi, diversamente dai neo-marxiani odierni che si occupano di Scienze Economiche. Perché non onorarlo, dunque?


6) Il destino dell’Italia dopo la morte di Mattei

Se L’E.N.I. è diventata in seguito l’Ottava Sorella – con tutte le conseguenze del caso – non lo si deve certamente ad Enrico Mattei, né al Boldrini, che lo ha sostituito ad interim. Semmai ad Eugenio Cefis, voluto da Amintore Fanfani, allora uomo potentissimo all’interno della Dc. Guardacaso Cefis ha dato poi (1968) la scalata alla Montedison, tramite la complicità di Mediobanca ( Cuccia ) ed in seguito all’unione dell’Edison con l’azienda chimica Montecatini avvenuta dopo la nazionalizzazione nel ’66 dell’azienda energetica dell’ing. Valerio, diventando il numero uno del capitalismo italiano. Successivamente ( ’71 ) fu Sindona a tentar di scalare l’azienda, ma Mediobanca glielo impedì, dopodiché Cefis fu però costretto a ripare in Svizzera onde non avere guai con la Magistratura. La Montedison fu consegnata ad azionisti quali Agnelli e Pirelli. A Cefis successe Mario Schimberni, morto lo scorso novembre. Schimberni era stato chiamato a risanare la società, ormai in crisi profonda, assieme Giuseppe Garofano, che sarà travolto negli anni novanta da Mani Pulite. Shimberni invece fu fatto fuori nel 1988 da Agnelli e da Mediobanca uniti contro di lui, in modo che fosse Raul Gardini a scalare la Montedison, raccogliendo il 20% delle azioni per mezzo della Ferruzzi. Gardini tentò il progetto Enimont, cercando di far convergere in un unico polo chimico nazionale anche l’Eni, allora diretta da Gabriele Cagliari. L’operazione fallì e l’avvento di Tangentopoli, condotta per mano dalla Cia che si servì probabilmente di toghe di ermellino connesse segretamente forse con la Massoneria o con i grandi istituti internazionali quali la Trilaterale ( in altre parole di nomi importanti della magistratura non noti al grande pubblico ), provocò il suicidio dei due uominid’affari. La crisi della chimica italiana fu risolta instaurando una struttura societaria a scatole cinesi, in cui il 15% delle azioni era in mano alle banche. Il business tornò in mano all’Edison e grazie alle privatizzazioni delle aziende statali si aprì un nuovo mercato azionario.
C’è stata una potenza economica nostrana che ha guidato tuttavia le cose dall’esterno e le guida ancor oggi, la Fiat, nonostante ora appaia in crisi. Badate, è ancor oggi Agnelli il vero padrone del nostro paese, non Berlusconi. Pare che alla Fiat interessi tutto, anche le armi, tranne che le automobili… I bene informati sostengono comunque che l’Italia è ormai in balia delle potenze straniere, alle quali la privatizzazione indiscriminata ( sponsorizzata idealmente dal W.T.O. e dall’O.C.S.E. ) ha concesso una partecipazione azionaria sempre crescente. Per es. è vero che l’E.N.I. è oggi la sesta compagnia petrolifera mondiale, però ben il 35% appartiene agli U.S.A. e solo il 15% allo Stato Italiano. Non sono un esperto di economia e di finanza, non so quasi nulla di questa materia a causa dei miei studi classici, ma apprendo che anche moltre altre aziende sono aggrappate finanziariamente al capitale straniero. Altri paesi, come la Francia ( e, dicono, la Germania e la Spagna ), non si sono dati alla privatizzazione selvaggia. Addirittura, con aziende statali partecipano azionariamente ai colossi transnazionali dislocati in Italia. Non solo, appoggiano per via di loro fiduciarie installatesi a titolo individuale nel nostro mercato ogni contro-manovra tesa a limitare i vani tentativi dei capitalisti italiani di riportare un po’ d’ordine nel paese.


7) Le ricerche del giallista Lucarelli e le accuse del p.m. Calia a Fanfani e a Cefis

Nel maggio 2002, all’interno della serie ‘Blu Notte’, il Lucarelli presentò una ricostruzione degli avvenimenti occorsi in quel lontano 1962 in parte diversa da quella del Minoli, ma altrettanto ben fatta. Secondo Lucarelli la stampa nostrana considerava Mattei l’uomo più potente d’Italia, quella internazionale l’unico italiano di rilevanza internazionale, ossia l’uomo più potente dopo l’Imperatore Augusto. Controllava infatti contratti miliardari, i miliardi allora, sui giacimenti di metano. Andreotti invece, sempre molto misurato, lo riteneva un italiano moderno. Tutti lo consideravano un uomo in gamba ed un genio degli affari. Era figlio di un sottufficiale dei Carabinieri e s’era diplomato ragioniere dopo aver lasciato la scuola alle medie inferiori. Avendo l’Italia perso la guerra, le compagnie straniere in campo eenergetico avrebbero voluto liquidare l’A.G.I.P, cosa che Mattei non aggradava, essendo stato il Fascismo non gli Italiani a perder la guerra. Strana confusione per i sedicenti liberatori dell’Italia! Perciò riorganizzò l’Agip e e la trasformò in Eni, facendo della prima ditta un’infrastruttura della seconda. Le ricerche petrolifere condotte dal Regime non avevano fruttato nulla di buono.
Passando alla delucidazione del presunto incidente di volo, nel magazine è stato interpellato un mungitore non menzionato prima, Martino Pozzato; anche costui confermava di aver visto l’aereo, passeggiando per l’aia, scoppiare per aria e poi cadere in mezzo a due pioppi. I rottami scavarono un buco nel terreno fangoso. Certi personaggi, che a un carabiniere del luogo parevano agenti dei Servizi, si aggirarono subito dopo per i paraggi domandando a tutti cosa avevano visto. Fu visto anche il celebre investigatore Tom Ponzi a bordo di una Jaguar. Ma ecco che solo due giorni dopo i fatti, tutti i testimoni si rifiutavano di parlare. Che era successo? Il Min. della Difesa G.Andreotti, con sospetta tempestività fece istruire un’inchiesta, affidata al gen. di brig.aerea E. Savi che come al solito ( in riferimento alle inchieste, non al ministro ) non portò a nulla. Entro 4 gg. I rottami dell’aereo furono recuperati dal fango e trasportati in un angar presso Linate. Contravvenendo tuttavia alle norme internazionali di volo, i pezzi furono lavati e quindi ogni traccia eventuale di esplosivo andò perduta. Segno che qualcosa già bolliva in pentola. L’autopsia delle salme rivelò che vi era stato un “trauma pluricontusivo complesso”. L’inchiesta addebitò la causa dell’incidente alla scarsa visibilità per la pioggia del giorno precedente. Il pilota Bertuzzi, pur di grande esperienza, essendo stanco e gravato da problemi personali avrebbe perso il controllo del mezzo precipitato, provocando un incendio sul suolo. Un anno dopo il caso fu archiviato: pilota stanco, tempo cattivo, schianto a terra. La Snam allora fuse i resti dell’aereo. Alla direzione dell’Eni per volontà del factotum della Dc Fanfani salì entro breve tempo Cefis, il direttore della Snam, di cui ho parlato nel prec.art. in relazione al Ronchi. Uno dei giornalisti accorsi a Bascapè ha ricordato che alla caduta dell’aereo e all’archiviazione dell’inchiesta non fu dato il risalto dovuto. Tutto fu messo a tacere in pochi a giorni. Strano, per un personaggio così importante! Scarsa sensibilità del tempo o… manovra dall’alto?
Mattei secondo N.Perrone era il più grande uomo del Dopoguerra, voleva fare dell’Italia una potenza petrolifera. Aggiungerei, con mezzi onesti, senza fare lo strozzino nei confronti del Terzo Mondo. Mattei dichiarava nei filmati d’epoca che le ‘Sette Sorelle’, alcune delle quali avevano un fatturato annuo pari a quello dell’Italia intera, “erano abituate a considerare i mercati di consumo come mercati di caccia per la loro politica monopolistica” (18). Il manager s’illudeva di poter arrivare a rompere tale monopolio. L’obiettivo dichiarato era quello d’instaurare un rapporto diretto fra paesi produttori e paesi consumatori. Sapeva tuttavia che le società americane, inglesi, francesi, olandesi, belghe erano tutte consorziate contro l’Eni. Mattei un primo momento perse la partita, poi riuscì a vincerla, avendo posto condizioni di sfruttamento energetico più logiche. Sennonché fu accusato di mettere in crisi il blocco occidentale e di fare politica ai danni della Nato. L’Eni a quel tempo finanziava occultamente la Dc, quindi era in grado di dettare legge. Gronchi, evidentemente su mandato di Mattei, provò a contestare il ruolo dell’Italia nel Patto Atlantico. Ciò allarmò la diplomazia americana, che fece in modo da sostituirsi all’Eni, al fine di gestire il potere nel nostro paese. Il che poteva essere fatto soltanto dopo aver ridotto il petroliere italiano al silenzio. È probabilmente questo uno dei motivi per i quali cominciò ivi quella triste stagione di attentati e di stragi che, oltre alla costruzione di un Nuovo Ordine sul piano politico e sociale, aveva senza dubbio una matrice economica.
Pare che l’Eni, oltre a a finanziare uomini politici ( come ha fatto la Enron, per intenderci, ma in maniera meno subdola ) e quotidiani nazionali ( Il Giorno ), aveva allestito un’importante rete spionistica a scopi informativi. La rete perdurò anche dopo la morte di Mattei ed in mano a Cefis si afferma sia divenuta un vero e proprio mezzo di spionaggio industriale. Vi è chi parla di fondi neri per un valore di 3-400 miliardi, cifra oggi da decuplicare. Cefis era in quegli anni il braccio destro di Mattei in qualità di vicedirettore del’Eni. Cefis aveva militato nel S.I.M., il Servizio Segreto fascista ed era in seguito entrato nella Resistenza, pigliando contatti coi Servizi americani. Non è da escludere che tale manovra gli sia stata suggerita, poiché esistevano piani segreti di destabilizzazione dell’Italia e della Germania nell’Anteguerra. Nel ’61 Cefis fu allontanato dall’incarico e passò alla Snam. Anche questa decisione, benché dovuta al Mattei, potrebbe essere stata una mossa decisa dall’esterno. Dieci mesi dopo prenderà il posto del direttore. Come L.Johnson è diventato presidente alla morte di J.F.K.
Poco prima della morte Mattei asseriva di aver trovato metano ad Enna e garantiva all’Italia uno sviluppo industriale a basso prezzo delle fonti energetiche. Voleva in tal modo offrire occupazione al Sud. Certamente era un’imprenditore, sebbene un imprenditore di Stato, non un benefattore. Non era comunque esente dal pensiero di quest’uomo valente un senso di solidarietà nazionale quale mai si è visto in altri politici successivamente, retorica elettorale a parte. Forse Berlusconi per certi versi, nonostante il suo anticomunismo viscerale, ne ricalca le orme quando fa progetti entusiastici per il futuro. Mattei, però, era più schietto e lungimirante. Meno attaccato agl’interessi nazionali. Pur essendo entrambi dei self-made-men, il marchigiano non era uomo da piano piduistico di rinascita nazionale. Cosa comportasse questo falso piano di rinascita lo abbiamo visto tutti in tempi recenti, la svendita all’estero delle nostre ricchezze nazionali, con la scusa di rincorrere un illusorio standard europeo.
Una svolta sul Caso Mattei si ebbe nel 1994, quando i magistrati di Caltanissetta inviarono una comunicazione al Tribunale di Pavia sugli scopi del rapimento di De Mauro. La magistratura milanese fu costretta a riaprire le indagini per via della dichiarazioni dell’anno prima di certi pentiti riguardo il mandato relativo a certi non ben precisati “Americani”. Al 20 settembre V.Calìa, un sostituto procuratore di Pavia, aprì l’inchiesta. Vi era un problema: molti documenti non esistevano più. Non erano scomparsi solo i documenti dal Tribunale, ma anche i cartellini classificatori. Il sostituto procuratore avrebbe voluto richiedere una nuova perizia tecnica sui rottami del velivolo, ma i pezzi dell’aereo non c’erano più. Immaginate che i resti dell’aereo di Ustica venissero fusi ed avrete la situazione. Scandagliando bene il terreno dell’incidente presunto con le tecniche attuali si riuscì pur tuttavia a rintracciare qualcosa di quel che non era stato raccolto dal fango. Sono stati inoltre consegnati alcuni pezzi dell’aereo rinvenuti dagli abitanti della zona, nonché degli effetti personali come l’anello e l’orologio di Mattei di appartenenza alle famiglie delle vittime. I resti delle salme furono riesumati. Le nuove perizie sono giunte così ad una conclusione inevitabile: i segni che si trovavano sulle parti metalliche dell’aereo, quelli rilevabili sugli effetti personali, i frammenti metallici conficcati nel tessuto muscolare dei passeggeri del bireattore rappresentavano tutti elementi che nell’insieme erano concordi a dimostrare come nel velivolo fosse esplosa una bomba. La disposizione sul terreno dei resti dell’aereo e dei suoi passeggeri evidenziava che l’aereo era esploso in volo, a causa di una piccola carica di tritolo ( 30-70 gr. ) posta sotto l’abitacolo del pilota ed innescata dal congegno di apertura del carrello, dato che era possibile osservare nei filmati una ruota ancora intatta.
Il Calia ha voluto allora interrogare i testimoni e ne ha inaspettatamente trovati tanti, tutti asserendo di aver udito uno scoppio e di aver visto una lampata in cielo. Altroché effetto-ricaduta! Che sia avvenuto un attentato è ormai dunque ufficialmente risaputo, al di là della rivisitazione semiseria del ‘Novecento’ baudiano ( cfr. link ). Il problema unico è quello degli attentatori. Greta Paul, la moglie, riammenta di aver visto una volta il marito piangere nelle ore notturne. Era molto agitato, poiché aveva ricevuto l’ennesima minaccia. ( Che frottole raccontò Andreotti! ). Il Calia in ogni caso ha fatto una scoperta eccezionale, che prova la malafede e l’omertà dell’E.N.I. nel caso in questione, per non dire di peggio. Esisteva infatti una coppia di I-Snam, non un solo velivolo, e i due aerei erano perfettamente identici (19). Uno avrebbe dovuto servire a stornare eventuali attentati, a meno che gli attentatori fossero molto addentro alle cose dell’Ente di Stato. Ragion per cui se attentato vi è stato, ciò che è comprovato dall’ultima inchiesta della Procura di Pavia, doveva per forza di cose esservi un complice molto prossimo al Presidente in grado d’indicare a terzi quale I-Snam sabotare. A chi giovava la morte di Mattei? A chi, se non all’ex-vice di Mattei? La vicenda ricorda da vicino la storia di gelosia personale fra Kennedy ( inviso ai petrolieri texani ) e Johnson ( amico degli stessi ) ovvero fra Moro ( non per nulla un matteiano ) e Cossiga ( un filo-angloamericano ); oppure, in campo extra-politico, quella fra il geniale Mozart ed il mediocre Salieri. Certamente Cefis rappresentava un tipo assai più affidabile, essendo un arrampicatore sociale, per gl’interessi stranieri in Italia. Il magistrato pavese faticò a far ammettere ai vertici dell’E.N.I. l’esistenza dei due aerei gemelli. Ultima sorpresa: il gemello rimasto intatto non poteva più essere rintracciato, poiché era stato smontato e venduto in America, secondo contratto firmato da Cefis. I conti finalmente tornavano! Di recente ( dopo il 2000 ) il pm Vincenzo Calia ha ricevuto notizia dalla Procura di Palermo, che indagava da trent’anni sulla scomparsa del fratello dell’ex-Ministro della P.Istruzione ( De Mauro ), che l’uomo era stato assassinato poiché aveva scoperto il coinvolgimento di Eugenio Cefis ed Amintore Fanfani nell’assassinio italiano del secolo. Quest’ultimo avrebbe propugnato una poltica economica in campo energetico opposta a quella di Mattei e, più tardi, di Moro. Che sia stato un omicidio di stato ebbe a dichiararlo a chiare lettere, in base alla testimonianza della vedova di Mauro De Mauro, il gen. Dalla Chiesa in persona in casa della donna, aggiungendo però: – Io contro lo Stato non ci vado!. – La paura del generale era umana, Edda De Mauro persi arrabbiò e lo cacciò fuori di casa. Avendo evidentemente cambiato idea, Dalla Chiesa fu oggetto lui stesso di attentato, come tutti gli altri che si sono interessati del caso. La donna li ha elencati a suo tempo: – Il comm. B.Giuliano, il proc. P.Scaglione, il col.N.Russo, il giud.C.Terranova. – Il 23 gennaio 2001 La Stampa pubblicò che dopo 6 duri anni di lavoro, durante i quali il magistrato aveva scartabellato numerosissimi documenti, V.Calia era giunto alla conclusione della colpevolezza di Cefis e Fanfani senza però poter giungege ad un esito processuale. Il 30 gennaio seguente il Vicepresid. della Camera C.Giovannardi richiese un’interpellanza parlamentare al Min. della Giustizia . Voleva sapere se il Calia aveva letto quei documenti durante il tempo libero oppure nelle ore di lavoro, sottraendo così tempo prezioso all’espletamento della propria funzione giuridica. Ora il Giovannardi è ministro ed alla Giustizia vi è il Castelli, quello di Bolzaneto insomma. Che bella copia! Curioso che la medesima persona la quale ha difeso Fanfani di recente abbia difeso anche Andreotti a ‘Porta a Porta! Come a dire: la colpa è sempre della magistratura, che osa sfidare lo Stato o chi ritiene di farne in esclusiva le veci. Ma non erano servitori dello Stato anche l’on.Mattei, il gen. Dalla Chiesa, il col.Russo, il giud.Terranova ecc.? Forse ho capito! Sono stati ammazzati poiché si occupavano per conto dello Stato rispettivamente di petrolio, di mafia, di crimini; con il grave torto però – bisogna concluderne – di farlo non durante il tempo libero ( cosa che sarebbe stata loro concessa con la riserva che non rompessero troppo i c. ), bensì nelle loro di lavoro. Come osavano? Che vergogna! Ladri! Bisognerebbe indagare, tuttavia, per sapere anche se certe idee vengono a determinati parlamentari zelanti durante le ore di svago o perseguono quei disegni a dir poco ‘curiosi’ nelle ore di lavoro; allorché vengono pagati, eccome se vengono pagati, dal pubblico danaro. Qualcuno ultimamente si lamenta alla tv che certi parlamentari europei ( vedi il sen.Lino Jannuzzi, il sedicente amico di Mattei che aveva raccontato la storiella del presunto incidente a ‘Novecento ) non hanno l’immunità e sono perseguibili a differenza dei parlamentari di altre nazioni dai giudici nostrani, dimentichi che l’Europa è più importante dell’Italia. Eppure persino nella Federazione Statunitense ogni Stato fa da sé in materia di giustizia. La verità è che ancora una volta l’ipocrisia regna sovrana. Perché un uomo politico sia perseguito dalla magistratura, occorre che faccia finire in Serie B, o addirittura in C2 com’è successo a Cecchi Gori, una squadra di calcio. Allora si scatena il finimondo, altrimenti tutto passa in archivio. Ma chi glielo fa fare ai giudici e alle forze dell’ordine di perdere la vita, con l’ingrattitudine che circola in giro di questi tempi?


8) La teoria dei cerchi concentrici

In una nuova intervista a ‘Blu Notte’ Perrone parlò del tentativo di Mattei di rendere la posizione dell’Italia sempre più defilata rispetto alla politica della N.A.T.O., anzi addirittura neutrale. Ciò allarmò molto i vertici militari statunitensi, che non tolleravano tale indipendenza, come provano alcuni documenti pubblicati in un libro dell’A. In un rapporto della Cia, stilato da un certo Karamessines ( non so se scrivo giusto il nome ) ricorre la seguente frase: <<Onde rendere inoffensivo Mattei bisogna ricorrere alle misure estreme>> (20).
Quando Mattei nel dic. ’61 fu invitato a colloquio dal Presidente della Shell, costui gli aveva ingiunto di tenere alti i prezzi per guadagnare di più. Mattei da uomo onesto qual’era ( al di là della necessità di ogni impresa di appoggiarsi sui partiti politici, cosa che è sempre stata la norma in Italia come altrove )(21) non volle accettare tale ricatto e chiese che a quel punto il colloquio terminasse, perché lui era un manager statale e doveva tutelare il consumatore. Aggiunse inoltre che la politica di strozzamento attuata da quei colossi era ormai finita e che il suo interlocutore si sarebbe ricordato per tutta la vita di quell’abboccamento. Purtroppo con codesto atteggiamento coraggioso Mattei firmava la sua condanna a morte. La vita purtroppo non è come i film di Capra, dove il puro di cuore alla fine trionfa. Anziché glorificarlo come eroe nazionale, poiché questo fu Mattei ( vedi sopra ), gli Italiani lo hanno presto dimenticato. Ma siccome chi dimentica la storia la deve ripetere, ecco pronta una nuova guerra per il petrolio. L’Iraq ovviamente. Lo Stato ha abbandonato Mattei al proprio destino prima e dopo. Non solo, ha facilitato la morte di quest’uomo politico di razza, negandogli una scorta come di dovere. E poi, di fronte ad un atto di guerra nei confronti dell’intera nazione, forse ottusamente facilitato dai nostri Servizi Segreti o da Gladio, ha vigliaccamente messo tutto a tacere. Col che ha facilitato l’ascesa di uomini politici che hanno scambiato l’affarismo per il bene della nazione. Questa sì che è una vergogna, Min. Giovannardi, non le legittime indagini di qualche magistrato sull’operato di certe ambigue figure! Si arguisce che la Shell debba aver fatto parola a chi contava all’interno del la N.A.T.O. dell’atteggiamento riluttante di Mattei a venir a patti con le compagnie petrolifere anglo-americane, le stesse che dominano tramite intermediari politici ogni mossa dell’Organizzazione Atlantica. E fu dunque incaricata dell’assassinio da una parte l’O.A.S. e dall’altra la Mafia italo-americana. In Francia la cd. ’Organization Armee Sacrée’ mantneva un’opposizione politica al Gollismo in maniera puramente strumentale. Il fanatismo antialgerino che la caratterizzava non aveva invero nulla di nazionalistico, dato che serviva gl’interessi della N.A.T.O. In altre parole quelli delle compagnie petrolifere straniere, che intendevano mettere le mani sul petrolio del Sahara. Mattei avrebbe dovuto incontrare il leader del Movimento di Liberazione Algerino Bembella all’inizio di novembre. Sappiamo che il politico marchigiano finanziava l’M.L.A coi soldi dell’Eni, allo scopo ovviamente di riceverne in cambio favori futuri oltreché per motivi ideali. Le iniziative del nostro manager statale (22) avrebbero condotto però a sconvolgimenti politico-economici che non piacevano alla corrente della Dc da lui finanziata ( Fanfani, Gronchi ), perciò fu costretto a spostare il suo sostegno economico ai morotei. Sicché In questo modo una corrente democristiana perdeva d’importanza ed un’altra veniva ad assumerne una nuova. Lo spostamento di peso politico evidentemente non poteva piacere a coloro che volevano governare a vantaggio dei propri interessi. Ciò è sostenuto, secondo il Lucarelli, tanto dal fratello della vittima quanto dai magistrati che si sono occupati della sparizione del giornalista De Mauro.
Il brillante giallista onde spiegare il tutto concludeva la rubrica (23) estrapolando dal contesto e citando la ‘teoria dei cerchi concentrici’, espressa da un collaboratore di Moro. Non è che l’on.X dicesse ai S.S. di andare l’indomani a P.za Fontana a mettere una bomba. Al livello più alto si affermava che i Comunisti presto avrebbero preso il potere. Alla cerchia successiva ci si chiedeva sul da farsi. E si pensava d’influire sulla stampa. Così si andava avanti fino all’ultima cerchia, che rendeva possibile il da farsi. Una volta successo ciò che avrebbe dovuto succedere, nessuno avrebbe avuto la responsabilità diretta degli avvenimenti., nemmeno l’on.X ( insomma il ‘Grande Vecchio’ ). Questa è la verità effettivamente sul Caso Mattei e su altri similari. Lucarelli concludeva la sua ottima ricostruzione dell’avvenimento con le parole dello storico G.Galli: “Con la morte di Mattei il politologo deve tener conto di intrighi e di retroscena degni di un romanzo giallo.”


9) Lo scandalo dei petroli ed il Caso Pecorelli

Nell’autunno del 1980 venne alla luce uno scandalo legato al contrabbando nazionale di petrolio, già annunciato negli anni precedenti dalla Riv. ‘Osservatorio Politico’ di Pecorelli. Probamente fu questa la vera causa che portò a morte nel ’79 il confidente dei Servizi Segreti. Lo scandalo riguardava una truffa all’erario di ben 2000 miliardi di lire ed emerse in seguito alle indagini di due magistrati trevigiani, stimolata dall’inchiesta di un giornale regionale ( La Tribuna di Treviso ). Passato lo scandalo, tra l’altro in piena crisi energetica, ci fu inoltre un aumento ingiustificato del prezzo del carburante come conseguenza indiretta del precedente contrabbando (24). Nel 1976 A.Vitali, col. della G.d.F. finanza, stilò un rapporto su indicazione del cap.Ibba; del Servizio Segreto interno cel corpo, allora dislocato a Padova. Il Vitali parlava di un ingente contrabbando di petrolio, facente capo alla Costieri Alto Adriatico di Marghera e protetto da "un alto personaggio politico”. Vi era coivolto l’imprenditore Brunello della Brunello Lubrificanti. Il rapporto redatto dal colonnello, supervisionato da un generale preposto al compito nel Norditalia ( Spaccamonti ), finì in mano al com.gen.d.c. R.Giudice e al capo di st.magg. D. Lo Prete. Dal Comando arrivò presto un ordine di trasferimento per il Vitali e un’apertura d’inchiesta. Il gen.Spaccamonti segnalò ai superiori un verbale scritto da certo Ciccone, dell’Uff Inform. di Padova, che una perizia grafica dell’81 dimostrerà essere stato redatto con la macchina dell’avvocato dei petrolieri coinvolti nello scandalo. L'accusa per il colonnello redarguito era di “militare troppo credulone e quindi poco serio". Lo si rimproverava inoltre di aver esorbitato dalla propria competenza. Non solo. Il gen.Giudice riprese epistolarmente anche il gen. Spaccamonti, accusando il Vitali di eccesso di potere e criticando il Comando di Zona di non aver svolto azione di vigilanza e coordinamento sul sottoposto. Il Vitali fu allora inviato alla Scuola Allievi di Roma e sostituito dal col.Izzo, un uomo di fiducia del gen.Lo Prete. Al Nucleo Regionale di Venezia arrivò un altro uomo di fiducia del Lo Prete, ossia il col.Ausiello. Quando più tardi però fu fermata un’autobotte con un carico irregolare di gasolio su uno svincolo autostradale nei pressi di Venezia, la Brunello Lubrificanti fu di nuova coinvolta e pure la Costieri Alto Adriatico. Questa volta lo scandalo scoppiò davvero, nonostante i tentativi d’insabbiamento da parte dell’Ausiello, che certificò alla Magistratura di Treviso un’evasione di appena 10 milioni di lire. In seguito dei carabinieri scoprirono in Brianza altri evasori, legati all’Isomar del petroliere Chiabotti. La faccenda pian piano si allargò, ma ancora una volta il Comando Generale della G.D.F. azzittì tutti. Oltre alla Procura di Monza intervenne quella di Torino e la Isomar viene alfine condannata per contrabbando ( istruttoria Isomar 1 ). Nel ’78 il petroliere G.Savoia, che la stampa dichiarava essere stato estromesso dal giro, si presentò all’Aut.Giud. torinese per denunciare che la Brun.Lubr. era il perno del traffico illecito d’idrocarburi. Il Brunello, arrestato di lì a poco con l'accusa di contrabbando, chiamò in correità gli alti gradi della G.d.F. Prima della fine dell’anno il Giudice Istr. di Treviso emise comunicazione giudiziaria nei confronti del col.Ausiello per collusione in contrabbando e interesse privato in atti d'ufficio. Altri finanzieri di primo piano furono coinvolti ed il magistrato trevigiano F.Napoletano riuscì finalmente a far emergere dai loro cassetti il rapporto del col.Vitali, che fu interrogato e riabilitato. Alla fine del ’78 avvenne un fatto decisivo: il gen.Giudice andò in pensione, ed il gen.Lo Prete divenne comandante di zona. Pertanto l’istr. Isomar 2 riuscì a portare allo scoperto che svariati pagamenti erano avvenuti da parte dei petrolieri coinvolti ai vertici della G.d.F. e dello Stato Maggiore. Nell’81 il Tribunale di Torino stabilì infine la colpevolezza per collusione dei due generali coinvolti nel traffico. Mentre alcune separate indagini venivano svolte da magistrati di altre città, con l’istr. Giudice 1 la Proc. di Treviso riprese ad indagare sulla Costieri Alto Adriatico di B. Musselli. Già nel ’79 aveva svelato d’altronde i rappopti d’affari fra il Musselli e il Lo Prete. Venne a galla in sotalza il meccanismo della colossale truffa. Ossia, il petrolio giunto per mare con le petroliere veniva ammassato in depositi costieri, come appunto quello di Marghera. Di qui partiva, senza bollette di accompagnamento – grazie all’appoggio dei funzionari corrotti Ὃ verso il retroterra e, raffinato in differenti modi, era smistato qua e là con evasioni fiscali di varia natura.
Che l’inchiesta fosse molto delicata lo dimmstra il fatto che molte lettere anonime con denunce e memoriali giungevano in quegli anni agli Uffici Giudiziari, al Consiglio della Magistratura, ai Ministeri e alle sedi di partito. Tutti documenti inviati da mani ignote a favore dei due generali corrotti, spediti al fine di creare sospetti molteplici verso altri non coinvolti e confusione massima. I generali indicati come presunti persecutori erano definiti percettori di bustarelle all’estero o cose del gelere. Circa il Musselli risultò dalle indagini sui documenti bancari sequestrati dalla Finanza che egli aveva sostenuto a più riprese la Dc, ve2sando decine di milioni a S.Freato; allora capo della segreteria dell'on. Moro e presidente della fondazione intitolata al leader democristiano dopo l&!8217;assassinio. Il Musselli coi guadagni i debiti era riuscito a mettere in piedi una trentina di società, tra le quali la Bitumoil, la raffineria che riforniva di petrolio i contrabbandieri. Onorato come Cav. del Lavoro ( sic! ) dal pres.Leone, aveva relazioni importanti con molti e3ponenti della maggioranza parlamentare, in particolare coi democristiani.
Era divenuto addirittura il maggior finanziatore della Fond.Moro, che cercò di liberare dalle Br proponendosi di pagare un eventuale riscatto. Per quest/ sostenne il teltativo craxiano. Ciò, a dire il vero gli fa onore. Un bel gesto rimane tale anche se i soldi offerti sono di dubbia provenienza. Non si può sempre pensar male. Tutti siamo capaci di lasciarci corr/mpere dagl’interessi se si presentano determinate circostanze. Il sottoscritto prima di altri. Qui non voglio additare alcuno a malfattore, indico solo la situazione economica oltremodo confusa in campo petrolifero nel dopo-Mattei. Anche Mattei corrompeva e Moro medesimo accettava finanziamenti. Il che non significa che fossero degli uomini politici di scarso valore e che non facessero il bene del paese. Occorre sempre essere equilibrati nei giudizi e saper distinguere delle attenuanti, intravedendo il senso della politica al di là dei fatti contingenti.
Dopo la morte di Mattei l’Italia non espanse più la sua economia, cominciò a comportarsi come un paese colonizzato. Con Mattei non ci sarebbe stato probabilmente lo stillicidio delle stragi e degli attentati nei Tardi Anni Sessanta e nei successivi, lo riconobbe indirettamente una volta anche Fanfani. Non avrebbe avuto senso la strategia della tensione, perché il primo Pres. dell’Eni sapeva unire tutta la nazione. Come aveva fatto con l’Agip fascista, intelligentemente rimodernata ma non soppressa. Egli avrebbe saputo conciliare gl’interessi di tutti, avrebbe reso la nostra nazione più ricca e libera. Poiché, e non sembri che voglia fare della retorica dietrologica, quell’uomo considerava gli italiani un solo popolo. La guerra civile a bassa intensità che seguì nella politica successiva, e continua ancor oggi fra Destra e Sinistra, non avrebbe avuo senso con una politica di distacco dalla Nato quale quella da lui propugnata. Ma la storia camminava verso un’altra direzione e gli Anglo-americani pure. Dopo di lui comunque i singoli imprenditori, gli uomini politici, gli alti funzionari statali lavorarono esclusivamente per il proprio tornaconto personale. Non è mai giusto generalizzare troppo, tuttavia questa fu la tendenza dei più.
Allorché negli Anni Novanta saltò fuori Tangentopoli la Magistratura mise in luce soltanto quel che voleva lei. Anche i partiti di Estrema Destra e di Estrema Sinistra, che non avevano partecipato alla spartizione lottizzatrice governativa del Centro Sinistra permanente ( con la scusa del Comunismo ), ricevettero dei fondi per stare zitti al proprio posto. Queste cose si sanno. Ora, che oggi tutto pare rientrato nell’ordine e non è affatto così ( le lottizzazioni, sotto altra forma, perdurano; anzi, per via dei fondi dell’Ue, è anche peggio ), si crede che al potere vi siano partiti non corrotti dalle tangenti, tipo An e Lega Lombarda. La realtà è invece diversa dalle speranze e dalle illusioni.

P.S.- Ho dimenticato una cosa. I due generali corrotti suddetti, insieme al Tresolini ( segretario di R.Giudice ), erano guardacaso piduisti, nonché soci dela Bitumoil. Non meno di Sereno Freato, che però era un socio occulto e faceva da regia al contrabbando. Credo che il ruolo-ombra di Freato nei confronti di Moro sia stato assai simile, mutatis mutandis, a quello di Cefis verso Mattei. Dapprima entrambi furono dei portaborse, poi dettero la scalata alle vette dell’imprenditoria. Soprattutto quest’ultimo.


10) Cefis nella vicenda di Marghera

Un art. di A. Statera per ‘Repubblica’ ( Suppl. ‘Affari e Finanza’, 15-05-01 ), intitolato ‘Cefis? Eugenio Cefis? Questo nome non mi è nuovo…’ disegnava un ritratto dell’ex-numero uno del capitalismo italiano, in occasione dell’udienza dell’8-05-01 relativa al decennale processo al Petrolchimico di Marghera (25), una raffineria dove sono morte oltre 200 persone di cancro.
La sentenza è stata nondimeno d’assoluzione e ciò prova ancora una volta la coda di paglia della Magistratura italiana, salvo rare eccezioni come il pm Calia.
Il 28 novembre scorso una nube tossica è fuggita da uno scoppio determinatosi accidentalmente in un deposito dell’EniChem dove vi erano degli scarti chimici. Per fortuna non ha causato danni irreparabili. Molta gente però si è chiusa in casa estremamente spaventata e soltanto vedendo gli uccelli volare ancora per l’aria si è decisa a metter la testa fuori dell’uscio. Il Petrol-killer, così chiamano la raffineria di Marghera gli abitanti e i lavoratori del luogo, è da tempo ormai uno strumento di uno Stato che non è più al servizio dei cittadini bensì del capitale trans-nazionale.



Note

1) Il libro, secondo Minoli, non passò inosservato. Anzi, G.L. Melega cercò di presentare il Bellini come un ex-partigiano comunista espulso dal P.C.I. all’inizio degli Anni Cinquanta, che si era unito al gruppo anti-comunista PACE E LIBERTA’ ed aveva contribuito a divulgare segreti dall’archivio del Partito. Un modo per renderlo inviso all’Estrema Sinistra, facendolo passare per persona poco seria, in modo che non appoggiasse la tesi di costui. Per fortuna gente come il regista Francesco Rosi non era cascata nel tranello ed aveva preso il libro sul serio, seppure risultasse necessario al cineasta ingaggiare qualcun altro ( De Mauro ) che fornisse ulteriori informazioni.
2) Tale inviato pubblicò infatti un articolo sul suo giornale 8 giorni dopo il rapimento di M. De Mauro, avvenuto il 18-09-70. In esso si faceva appunto quel nome e si precisava che F.Bellini aveva ricevuto la notizia dei tre uomini da un funzionario dell’Agip, mentre egli aveva appreso il nome preciso del capo della finta pattuglia aeroportuale dal com. Nino Mendolia.
3) La Snam era una ditta al servizio dell’E.N.I, come l’Agip o l’Agip mineraria.
4) Per la verità almeno una guardia del corpo ( o forse più ) l’aveva. Trattatavasi di un certo Pauer, un gladiatore, che si è di recente rivolto all’Assoc. ‘Stay behind’ affinché lo difendesse dall’accusa rivolta genericamente a Gladio di avere avuto una parte nell’Omicidio Mattei. Anche il mar.Leonardi, della scorta di Moro, faceva comunque parte di Gladio. Certo, la faccenda è strana. Però effettivamente potrebbe essere stato uno Stay behind straniero ( dicesi l’Oas ) a compiere l’opera, dietro opportune informazioni, in modo da creare un’alibi a quello nostrano. Può anche darsi che agli ordini ricevuti dai superiori i gladiatori non potessero sottrarsi. È difficile sapere con precisione come siano andate realmente le cose.
5) Il ruolo della Snam in questa vicenda appare davvero singolare, se si considera anche la relazione di dipendenza intervenuta dopo la morte di Mattei nei confronti del principale`testimone oculare. Vedi link.
6) La velocità di detonazione del tritolo pare sia di 7.600 m/sec e su tal base la tesi dell’esplosione non sarebbe valida. Non so se in quegli anni esistessero già in dotazione agli arsenali militari bombe ad implosione, sia pure di un tipo un po’ più semplice di quelle oggi disponibili, in modo da poter simulare un incidente di volo. Cfr. n.seg.
7) L’obiezione non tiene però conto di un’eventuale esplosione limitata, a raggio ridotto, determinata attraverso qualche accorgimento tecnico. Se qualche esperto di aeronautica avesse preparato l’attentato avrebbe dovuto necessariamente considerare tale fattore, qualora intendesse proditoriamente occultare la manomissione dolosa del Morane Saulnier.
8) ’Mixer’ ha tenuto conto esclusivamente della prima dichiarazione, non delle ritrattazioni`e delle smentite successive, nelle quali il Ronchi accusò addirittura i giornalisti di volerlo coinvolgere nella tesi dell’esplosione. Tipico atteggiamento di un uomo per metà minacciato e per metà corrotto con promesse di aiuti immediati o futuri. Se diceva la verità, che bisogno aveva di smentire quanto dichiarato in precedenza? Ossia che non si trovava sull’aia, bensì altrove, peraltro cambiando ogni volta il luogo. Ridicolmente, notava il Provvisionato nei ‘Misteri d’Italia’, i Carabinieri che si erano occupati del caso dicjiararono nel loro verbale redatto al momento del disastro che l’uomo non aveva udito l’esplosione giacchè a bordo di un trattore. Comico! Il redattore den verbale intendeva asserire, evidentemente, che il Ronchi non sarebbe stato in grado ( falso! ) di udire un’eventuale esplosione. Che tubo di scappamento aveva mai, da coprire il boato di una deflagrazione in un luogo silenzioso come una strada di campagna? Se l’esplosione c’era stata, come faceva a saperne qualcosa l’Arma? Misteri della Benemerita! E che bisogno vi era allora di qualsivoglia testimonianza, positiva o negativa che fosse? Era già accertato dal Comando, no? Probabilmente i Carabinieri volevano proteggere il povero contadino da grane più grandi di lui e da possibili ritorsioni da parte di terzi.
8) Il particolare non è di secondo conto, se è vero che con la riapertura delle indagini negli Anni Novanta chi di dovere ha potuto rinvenire nelle campagne del Pavese materiale utile ( impastato nel sottosolo ) per nuove perizie tecnico-scientifiche.
9) La Rivista sosteneva esattamente che il cadavere dello scomparso era stato trovato quasi intatto nel fango, presso Bascapè, era stato portato di nascosto nel bagagliaio di un auto alla residenza marchigiana dei Mattei.
10) Ho segnalato in ‘Top Secret, P.I ( § dedicato ai Kennedy ), citando G.Bisiach, quale ruolo abbia svolto nell’omicidio di J.F.K. questo capo-mafioso di Cosa Nostra che fu diretto erede di Al Capone; al servizio inoltre del ‘Re del Crimine’ ( M.Lansky ), a sua volta sostenitore insieme a tutta la Mafia ebraica dei petrolieri texani.
11) Questo per la verità Minoli non l’ha riferito, lo aggiungo io. Lansky, essendo ebreo, faceva da tramite fra la Mafia e i sionisti delle compagnie petrolifere texane.
12) Il nome della fabbrica è l’abbreviazione della sigla ‘Siamo nati a Matelica’, poiché la maggioranza dei collaboratori di Mattei erano marchigiani provenienti dalla provincia di Macerata.
13) Per la verità mi sento un po’ a disagio a dir questo, visto che qualcuno ( che non mi conosceva bene ) a torto mi ha accusato di stare qui solo per fare il mandrillo. Siccome sono 16 mesi che scrivo su Indymedia, potete immaginare le conquiste! L’ultima volta, ad es., una certa Claudia ( mai sentita prima ), parlava di me come se tutto sapesse e mi ha dato del bugiardo, dicendo che scrivo cose infami. Il lettore giudichi da questo mio intervento. Siccome non voglio fare la vittima una volta di più, aggiungerò che anch’io mi sono comportato male verso Claudia, sono stato rozzo dandole dell’infame a mia volta. Mai battere una donna, nemmeno con un fiore! Mi scuso con lei, ero molto teso. Deve comprendermi. Con gli uomini no, sono stati loro ad attaccarmi ( non tutti per fortuna, alcuni mi hanno simpaticamente incoraggiato ) in maniera vigliacca e a non mostrarmi alcuna solidarietà. Anzi…, molto contenti che lo scherzo fosse riuscito.

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Aggiunta note mancanti
by Idem Saturday, Dec. 21, 2002 at 5:07 PM mail:


14) Vedi il Piano Northwood, su cui cfr. il mio ‘Top Secret’, P.I, § 2.
15) Vedi la storia economica della Rivoluzione Russa ricostruita dal prof. A.Sutton.
16) Ho già raccontato questa storia, con l’aiuto assai importante di un commento orientativo di Francoprimo, e non mi ripeterò.
17) Il marchigiano ammetteva apertamente d’altronde, nelle dichiarazioni pervenuteci, che il tentativo delle ‘Sette Sorelle’ nei confronti dell’Eni era quello di soffocarlo o di renderlo debole.
18) Il magistrato è giunto a codesta conclusione dato che il bireattore aveva registrato al’aeroporto due pieni di carburante in breve tempo. Perciò, l’unica conclusione possibile, era che dovevano esserci due bireattori…
19) Va notato che l’agente era presente in Congo quando fu assassinato Lumumba per faccende inconfessate di uranio, in Colombia al momento della morte di Guevara e a Cuba in occasione di un attentato a Castro.
20) Personalmente non credo alla normalizzazione della politica attuata con la messa al bando di Tangentopoli. Serve solo a far sì che gl’interessi vengano maggiormente mascherati. Meglio che stiano alla luce del sole!
21) Egli aveva in mente di realizzare un metanodotto a partiere dall’Algeria. Ciò avrebbe recato il decadimento delle petroliere e dei traffici degli armatori connessi alla loro gestione.
22) La puntata del magazine si è avvalsa dei seguenti documenti librari e visivi: 1) S.Zavoli, Ricordo di Mattei, 2) G.Granzotto, Incontro con Enrico Mattei, 3) B.Bertolucci, La via del petrolio.
23) Chi volesse conoscere i dettagli della vicenda per intero si legga M.Ronca, Lo scandalo dei petroli ( on web ).
24) Marghera, dove ho abitato per qualche tempo, per chi non la conoscesse è una delle tre grandi componenti suburbane della città di Mestre. Pur costituendo in generale una zona residenziale, comprende un litorale extra-residenziale, dove sono ubicate le grandi industrie.

Link:

http://www.ilnuovo.it/nuovo/foglia/0,1007,151758,00.html ( artic. su Mattei, di F.Fusco, da IL NUOVO )

http://212.239.51.72/public_html/articolo_1097.html ( articolo su Cefis )

http://web.tiscali.it/almanaccodeimisteri/suicidi2000.htm ( trafiletto su Fanfani e Cefis )

Un ottimo art. su Mattei è apparso di recente su ‘Repubblica’ a cura di M.Grazia Mazzocchi.


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by x CHILD Monday, Jun. 30, 2003 at 8:28 PM mail:

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