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Golpe petrolifero in Venezuela
by da Znet Monday, Dec. 30, 2002 at 1:41 AM mail:

Documento originale Coup d'petrol in Venezuela http://www.zmag.org/content/showarticle.cfm?SectionID=45&ItemID=2760 Traduzione di Melippa Gregory Wilpert è un sociologo e giornalista freelance che vive in Venezuela. Sta attualmente lavorando ad un libro sulla presidenza di Chavez, che sarà pubblicato da Zed Books nel 2003.


17 Dicembre 2002
ZNet
#Esattamente un anno dopo il primo "sciopero generale" dell'opposizione, il 10 dicembre 2001, che ha lanciato la campagna per rovesciare il presidente democraticamente eletto del Venezuela, Hugo Chavez, l'opposizione è impegnata nel suo quarto "sciopero generale" ed è arrivata molto vicina al raggiungimento del suo obiettivo.

Il quarto sciopero generale voluto dai datori di lavoro, cominciato il 2 dicembre, sembrava inizialmente partito con il piede giusto: il traffico sembrava quello di una domenica; e molti negozi e praticamente tutte le scuole private del paese quel giorno erano rimasti chiusi. Eppure già dal secondo giorno era evidente che lo sciopero non sarebbe durato. Nonostante tutto, l'opposizione ha continuato ad estendere lo sciopero ogni giorno di un giorno, trovando ogni volta nuove ragioni per continuare lo sciopero, sebbene fosse chiaro che l'azione non avesse molto supporto, al di là di quello di alcune grosse imprese, come i McDonald's ed altre catene di fast food, i supermercati e le scuole private. L'opposizione, che consiste nella Camera di Commercio Fedecameras, la federazione dei sindacati CTV, la coalizione dei partiti di opposizione e le organizzazioni raccolte intorno a "Coordinadora Democratica", e i mass media privati hanno continuato ad affermare che lo sciopero era nonostante tutto un grande successo.

Quando tuttavia il quarto giorno dello sciopero l'opposizione ha tirato fuori il suo asso nella manica -- i manager e gli impiegati della compagnia petrolifera venezuelana, PDVSA -- la sua sorte ha cominciato a cambiare. A seguito di uno scassinamento sospetto a casa di uno dei manager ed il raid governativo a casa del capitano di una petroliera, i manager ed i colletti bianchi della PDVSA hanno organizzato una manifestazione di protesta davanti alla sede della società petrolifera. La Guarda Nazionale ha immediatamente disperso i manifestanti con lacrimogeni e proiettili di gomma, perché la sede della PDVSA era stata dichiarata diversi mesi prima una "zona di sicurezza" ed interdetta ai dimostranti, essendo di interesse economico vitale per il paese. Nonostante gli sforzi continui del presidente della PDVSA per negoziare con i manager dissidenti, questi hanno deciso che era giunta l'ora di aderire allo sciopero, per via degli avvenimenti recenti. Lo sciopero dei manager e degli impiegati, però, non ha guadagnato impeto sufficiente fino a quando non hanno aderito anche i capitani delle petroliere ed i lavoratori portuali.

L'opposizione ha poi ricevuto un'altra incredibile spinta quando i leader dell'opposizione ed i media hanno tratto vantaggio da una terribile tragedia, in cui un cecchino ha fatto fuoco su una manifestazione pacifica dell'opposizione, uccidendo tre persone e ferendone circa altre 30. I leader dell'opposizione hanno immediatamente sostenuto che il governo era responsabile di questa atrocità. Per i due giorni successivi i media hanno continuato a mandare in onda le immagini del caos, della confusione, dei morti e dei feriti, girate immediatamente dopo la sparatoria. Il cecchino è stato immediatamente arrestato sulla scena del delitto e nel giro di due ore dalla sparatoria è comparso un video amatoriale che mostrava apparentemente, il giorno prima, il cecchino in presenza del sindaco chavista Freddy Bernal.

Gli investigatori, tuttavia, hanno detto che ci sono prove che il cecchino, Joao de Gouveia, portoghese, fosse arrivato in Venezuela il giorno prima della sparatoria, ma molto dopo che sono state girate le immagini del video amatoriale. In altre parole, o l'immagine del video non è quella di Gouveia oppure il video è un montaggio, il che non sarebbe stato difficile, visto che l'immagine è molto granulosa e scura perché il filmato è stato girato nel cuore della notte. Apparentemente, de Gouveia viveva e lavorava in Venezuela, ma era stato all'estero per qualche tempo, poco prima della sparatoria.

Come di solito succede in questi casi di alto profilo, la verità probabilmente non verrà mai a galla e resteranno sempre dei dubbi, visto che ci sono troppi interessi in ballo e troppe persone nella posizione e con l'interesse di manipolare le prove o le testimonianze. Eppure non possono esserci dubbi che questo attacco non era di alcun beneficio per il governo, dal momento che ha riacceso uno sciopero che languiva. Il risultato è stato una ripresa della campagna dell'opposizione per rovesciare il Presidente Chavez.

I chavisti si sono più che mai infuriati con i media, da quando i leader dell'opposizione hanno cominciato ad approfittare dell'attacco e dell'inarrestabile campagna mediatica dei cinque canali televisivi e delle otto testate giornalistiche, che presentano costantemente solo una prospettiva per interpretare i fatti che stanno avendo luogo in Venezuela. L'ottavo giorno di sciopero, i chavistas hanno circondato le sedi di tutte le principali stazioni televisive della capitale e di molte altre nel resto del paese, mettendo in atto dei cacerolazos. (L'opposizione era sta pioniera di simili proteste su base regolare, davanti agli edifici della televisione pubblica, sin dai tempi del colpo di stato di aprile, ma queste manifestazioni non hanno mai ricevuto nessuna attenzione dai media, neppure dalla televisione coinvolta nelle proteste.) Dopo un paio d'ore di percussioni di pentole, i manifestanti si sono ritirati, su ordini urgenti dei legislatori chavisti e del segretario generale dell'Organizzazione degli Stati Americani (OAS), Cesar Gaviria. Per i media, queste proteste hanno ulteriormente dimostrato che in Venezuela esiste un regime totalitario, dove Chavez è il dittatore. I giornalisti hanno detto che le loro vite sono state messe in pericolo, sebbene fosse evidente che si trattava di manifestazioni pacifiche. Eppure, il direttore di un canale televisivo si è spinto a dire che le proteste costituivano un "genocidio". Una stazione fuori Caracas, non occupata, è stata saccheggiata; i chavistas accusano di ciò gli elementi radicali dell'opposizione, visto che i testimoni hanno detto che quella sera a quella stazione non c'erano state manifestazioni.

Ancora una volta, queste proteste hanno fornito all'opposizione le munizioni di cui aveva bisogno per giustificare la continuazione dello sciopero. Mentre lo sciopero ha avuto relativamente poca presa tra la popolazione generale e specialmente tra i poveri, gli effetti più devastanti si sono avuti nella compagnia petrolifera statale, PDVSA. Con la serrata completa della principale raffineria del Venezuela, che è anche una delle più grandi del mondo, lo sciopero dei lavoratori portuali, e l'ormeggio delle petroliere al largo dei principali porti del Venezuela, la produzione di petrolio è stata dimezzata, da 3 milioni di barili al giorno (bdp) a 1.5 milioni bpd. Nel frattempo, il presidente della PDVSA, Ali Rodriguez, ha dichiarato che il rallentamento continuato della produzione e delle esportazioni di petrolio potrebbe seriamente danneggiare l'economia venezuelana, che perde circa 50 milioni di dollari al giorno a causa dello sciopero. Inoltre, quasi tutta l'attività economica del Venezuela dipende in un modo o nell'altro sulla costante fornitura di petrolio dalle proprie raffinerie, come il carburante per il trasporto del cibo alle città o le forniture alle fabbriche, il carburante per gli aerei che atterrano in Venezuela o per la produzione di elettricità. Rodriguez ha inoltre avvisato che il Venezuela potrebbe perdere i suoi clienti internazionali per le forniture di petrolio, e potrebbe non riuscire a ripagare il debito, se la produzione di petrolio non viene fatta ripartire in poco tempo. Finora la restrizione nelle forniture di petrolio ha fatto sentire il suo impatto soprattutto per la mancanza di carburante nelle principali stazioni di servizio, specialmente nell'interno del paese, causando lunghe gode per il rifornimento in tutto il paese, dovute anche al timore dei consumatori che la loro stazione di servizio locale possa presto restare all'asciutto.

Mentre scriviamo (16 dicembre), il governo afferma di essere riuscito in gran parte a riottenere il controllo della produzione e dell'esportazione di petrolio, con l'aiuto dell'esercito, così che la produzione di petrolio dovrebbe tornare alla normalità nel giro di pochi giorni. L'opposizione, tuttavia, lo nega e mette in guardia da gravi incidenti sul lavoro che potrebbero verificarsi perché personale non qualificato ha assunto il controllo delle installazioni.

Sia l'opposizione che il governo continuano nel loro tentativo di mobilitare i loro sostenitori attraverso manifestazioni di massa. Il 7 dicembre il governo ha organizzato una grande manifestazione al palazzo presidenziale, che ha attratto centinaia di migliaia di manifestanti, nel corso della quale Chavez ha promesso che così come aveva sconfitto l'opposizione nelle sette elezioni dal 1998 al 2001, allo stesso modo l'avrebbe sconfitta nello scontro attuale. L'opposizione, dal canto suo, ha organizzato il 14 dicembre una propria manifestazione di massa, che ha pure mobilitato centinaia di migliaia di persone. Queste manifestazioni hanno dimostrato, ancora una volta, che sia il governo che l'opposizione godono di molta popolarità. Naturalmente i media privati non riflettono questa situazione e danno spazio solo alle manifestazioni dell'opposizione, lasciando l'impressione agli spettatori che non vi partecipano direttamente che solo l'opposizione gode del sostegno popolare.

Sembra proprio che laddove sono falliti gli sforzi dell'opposizione di rovesciare Chavez, attraverso un'interminabile campagna mediatica, le manifestazioni di massa, un colpo di stato e quattro scioperi "generali", il take-over manageriale, o golpe, della società petrolifera potrebbe avere successo. Gli scenari che possano rendere la cosa possibile sono ancora poco chiari, però. Molti tra gli elementi più radicali dell'opposizione, a cui appartengono i principali attori dietro lo "sciopero generale", come il Presidente di Federcameras Carlos Fernandez, il Presidente del CTV Carlos Ortega, ed il Sindaco di Caracas Alfredo Peña, sembrano sperare in un altro tentativo di golpe militare. I tre continuano a lanciare appelli ai militari affinché "compiano la loro missione", per "difendere la costituzione" e rovesciare la "dittatura castrista-comunista" del Venezuela. Gli elementi più moderati dell'opposizione, come il Segretario Generale del CTV Manuel Cova e Elias Santana, leader della NGO Queremos Elegir, sembrano scommettere su un accordo per le elezioni anticipate. Le negoziazioni mediate dalla OAS si sono però arenate ed è difficile che si possa raggiungere un accordo prima di Natale. Quel che è certo, però, è che l'opposizione ed un numero significativo di imprenditori in Venezuela preferiscono commettere un suicidio economico, nei loro sforzi di rovesciare Chavez, e di trascinare il paese alla rovina.

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