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- economie -
Indy Financial Watch: Focus "La Rovina di Casa Agnelli e il Benessere degli Operai
by Sbancor Thursday January 09, 2003 at 09:31 AM mail: sbancor@hotmail.com 

I parassiti intorno alla rovina di Casa Agnelli. Il piano Colanino. Il ruolo della D'Alema & partners. Una proposta di legge per il Benessere degli Operai FIAT.

Le antiche famiglie dell'aristocrazia venale e rapace sul viale del tramonto sono spesso oggetto dell'attenzione di parassiti che nell' "innocente" tentativo di soccorrere l'ignavia dei vecchi industriali, cercano in realtà di carpire con pochi denari, le attività ancora in essere.

La rovina della casata degli Agnelli, esausta generazione di industriali "fordisti" privati dal fato anche di un asse ereditario imprenditorialmente valido, diviene dunque il terreno per scorribande varie di parassiti e sciacalli.

Il caso Colanino è esemplare. Egli infatti proviene da una scuola di sciacallaggio di altissimo livello, quella dell'Ing. De Benedetti il quale la sperimentò con successo con l'Olivetti, trasformando la prima azienda italiana di tecnologie, in una carcassa vuota di idee e di operai. L'Ingegnere tentò diverse volte il colpo anche alla Fiat, ma la famiglia Agnelli, allora ancora virilmente imprenditoriale, glielo impedì ognivolta. L'ultimo atto da vero parassita dell'Ingegnere fu l'entrata nel Banco Ambrosiano e l'acquisizione della Vicepresidenza dello stesso Banco, uscendone poi con notevole "capital gain" (guadagno in conto capitale) qualche settimana prima del ritrovamento del corpo di Roberto Calvi sotto il ponte dei Frati Neri a Londra e la liquidazione coatta amministrativa del Banco da parte di Bankitalia. L'Ing. ha sentenze passate in giudicato sull'argomento.

Ora sembra che De Benedetti non approvi l'opera di Colanino. Posizione probabilmente dettata dall' invidia.

Ma veniamo al Piano Colanino così come prospettato sul Sole 24 ore del 4.01.2003.

Obiettivo: Salvare la Fiat, "nobile" intento per cui necessitano circa 8 miliardi di euro. Colanino non li ha, ovviamente, e quindi propone:

a) Di offrire galantemente 1 (dicasi uno) miliardo di euro in conto ricapitalizzazione, (questa cifra la possiede grazie a passate razzie in Telecom).
b) Di trovare un altro miliardo di euro fra soci amici raggrupati nell'IMMSI, società immobiliare ex Telecom, e, ovviamente, "sul mercato". Ora perché il "mercato" dovrebbe capitalizzare la IMMSI che vuole ricapitalizzare la FIAT Spa, quando per mesi interi ha negato i soldi a FIAT Spa è un "purissimo mistero della fede".
c) Con i 2 miliardi così recuperati Colanino medita di presentarsi, con il vestito buono, al cospetto degli Agnelli per negoziare con "la famiglia" una "pariteticità" nelle azioni Fiat Spa intorno al 15-20%.
d) L'attuale capitalizzazione di Borsa della FIAT è di 4.012 milioni di euro (dati dell'8.1.03) quindi sulle quantità più o meno ci siamo, scontando il "premio" per un azionista di riferimento. Inoltre essendo una "ricapitalizzazione" a fini di ristrutturazione non si rende necessaria neppure l'O.P.A. (Offerta Pubblica d'Acquisto.
e) Colanino viene nominato Amministratore Delegato e Vicepresidente. Da questo punto in poi il denaro che maneggia è direttamente il denaro "FIAT". Ha un programma di liquidazioni. Vuole liquidare l'Assicurazione Toro (senza però liquidare il 6,4% di Capitalia posseduto da Toro: sarebbe gesto di inqualificabile maleducazione nei confronti del padre-padrone di Capitalia - Cesare Geronzi - che potrebbe vedere addirittura la quota della "sua" banca finire nelle mani dell'odiata Mediobanca, di cui è a sua volta azionista!). Colanino pensa poi di liquidare Fiat Avio .
f) Si arriva così a 3,5 miliardi. Tutte le risorse rastrellate finiranno in Fiat Auto, controllata da Fiat Spa. con l'obiettivo di raggiungere (sempre grazie ad "amici & mercato") i famosi 8 miliardi.
g) Alla fine della festa l'assetto della Fiat Auto che oggi è 80% FIAT Spa e 20% General Motors, dovrebbe diventare :
- 40% FIAT Spa
- 40% General Motors
- 20% Colanino più banche + amici

Il piano non ha finora entusiasmato più di tanto. E notizia di oggi che mentre Fiat, banche e General Motors continuano a discutere il "vecchio piano", sarebbero per essere presentati altri due "piani industriali": uno di Marco Vitale, banchiere, cattolico, milanese, ayatollah del "capitale di rischio" e uno di Gnutti. (che quindi non stà fra gli "amici" di Colanino…sembrerebbe…o è un mossa…o vallo a sapere).

Un dubbio solo ci rimane, a noi banchieri romani, avvezzi ai giochi politici. Il piano Colanino è stato annunciato per primo su "il Riformista", cioè il foglio dell'ex merchant bank di Palazzo Chigi, cioè Massimo D'Alema.
L'operazione aveva o ha il senso di un "salvataggio" dell'industria nazionale dell'auto da parte del ex Presidente DS?
Chi può dirlo? Indovina "grillo"!

Comunque, alla fine vorrei anch'io fare una analisi e una proposta.

Punto primo. Ma siamo poi proprio sicuri che all'Italia serva una industria nazionale dell'auto? La Gran Bretagna di fatto non c'è l'ha (escluse le Rolls, le Jaguar e qualche Lotus) l'Olanda , la Danimarca, la Norvegia nemmeno. Il Canada neppure e manco l'Australia.
E un paese che ha di fatto smantellato o regalato alle multinazionali estere l'intero mercato della chimica di base, l'industra farmaceutica, quella dei detersivi, un paese che ha ridotto l'Alenia a un subfornitore degli anglo-americani e che ha consegnato l'industria alimentare nelle mani, anzi nelle tasche di Cragnotti per quale cavolo di motivo dovrebbe avere una "industria dell'auto"? Certo si può pensare a un polo auto d'eccellenza formato da Ferrari e Alfa Romeo, e - con molti dubbi - dalla Lancia. O a consorzi di piccoli industriali piemontesi che continuano a fabbricare la Panda e la Punto per gli inguaribili affezionati. Ma poi? Perché non rendersi conto che l'industria nazionale dell'auto non esiste più come progetto nazionale, cosa che, fra l'altro, gli Agnelli sapevano almeno da 15 anni, visto che gli ultimi investimenti di capitali freschi nella Fiat auto sono del 1985?

Il vero problema da risolvere è quello degli operai Fiat. E qui ho una s propostina un po' "rivoluzionaria": la creazione di un Fondo per il Benessere degli Operai Fiat, alimentato da quanto più patrimonio lo Stato italiano riesca a recuperare dalle capienti tasche della "famiglia Agnelli".

Sarà necessaria una legge che elimini le barriere poste dalle scatole cinesi che compongono la piramide del capitale degli Agnelli. Sarà certamente necessario rivedere la legge sulle s.p.a., ad esempio dichiarando che a una s.p.a controllata da una s.a.s (Società in Accomandita Semplice, la cima della piramide societaria degli Agnelli) si applicano, in tema di responsabilità patrimoniale, le stesse regole della s.a.s,, cioè i soci rispondono solidarmente con l'intero patrimonio personale. E un progetto che certo stravolge" il diritto societario. Ma vista l'eccezionalità del caso, comporta sicuramente dei vantaggi, non ultimo la regolazione del "fallimento Fiat". Consente inoltre recuperare le "dazioni" che lo Stato Italiano a continuato e continua ad erogare alla Fiat e che vengono regolarmente dissipate dalla gestione "familiare" degli Agnelli. Inoltre va fatto per gli operai FIAT.

E già perché gli operai Fiat non sono operai qualinque. No. Proprio no. Gli operai Fiat sono pezzi di storia, di sangue e di carne di questo maledettissimo Paese.
Sono loro che nel 1919-20 creano i "Consigli Operai" a Torino con Antonio Gramsci. Sono loro a fare il primo sciopero contro il fascismo dopo l8 settembre del '43, dando un contributo altissimo alla Resistenza. Sono le loro avanguardie comuniste che vengono confinate, evidentemente per premio, dal "kapò" Valletta nell'Officina Stella Rossa. Sono loro a riprendere la lotta operaia nel 1962 a Piazza Statuto, con il PCI che li chiamava "provocatori", loro i "terroni" importati dal Sud, con le magliette a strisce e i bidoni suonati come tamburi. Sempre loro a Corso Traiano. Loro, la punta di diamante del '68-'69 torinese. Loro, in prima fila nelle lotte contro il neo-fascismo e i "golpe" degli anni '70. Loro sui treni a Reggio Calabria lungo i binari minati dei fascisti di Ciccio Franco. Ancora loro, nel 1973, dopo una trattativa sindacale farsesca a occupare la Fiat da soli. Senza partiti, senza sindacati. Solo gli operai Fiat. Lì nacque l'autonomia operaia. Loro vissero sulla loro pelle i cosidetti "anni di piombo". La lotta armata di fabbrica è una lotta dura e cattiva. Senza pietà. Licenziamenti dipolitici, delazioni, intimidazioni, arresti all'alba. A volte operai contro operai. Come quando le B.R. uccisero Guido Rossa. Che ora vorrei fosse ricordato per quello che era: un operaio Fiat. E poi la ristrutturazione: la chiusura dei reparti verniciatura, delle "fosse", l'automazione, i "robot". La fine della lotta operaia, ma anche una vittoria: nessun operaio Fiat morirà più di cancro da vernici! Mai più! E poi gli anni '80 l'ultima occupazione con Berlinguer, la sconfitta, i licenziamenti di massa, la CIG permanente ed effettiva. Erano 90.000 gli operai Fiat degli anni '70: quanti sono adesso?

Basta. E' ora di offrirgli un premio, un reddito di cittadinanza, congruo, una rimborso sul plusvalore estorto a generazioni di operai, un'assicurazione sulle malattie da lavoro. Gli Agnelli possono fallire nell'indifferenza della gente. Le Banche possono aspettare quei 3.000 miliardi incautamente prestati a una "famiglia" di vampiri. Gli operai Fiat non possono aspettare. Hanno già aspettato. Troppo. Hanno aspettato una rivoluzione che non c'è stata o forse c'è stata, ma è stata diversa da come la sognavano loro. Basta. Dategli i soldi. Ora, subito, per tutta la vita. Per tutti quelli a cui sono stati rubati anni di vita, costretti ad alzarsi all'alba, ad entrare in fabbrica che è ancora buio, con la bicicletta e il pranzo nelle mani e il cartellino di riconoscimento fra i denti. Così li ricordo io negli anni '70, adolescente sprovveduto, che volantinava ai cancelli di Mirafiori. Basta. Pagate Subito. Pagate Tutto!


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