Nella notte di mercoledì scorso militari israeliani hanno sfondato la porta di una Ong italiana a Hebron, in Cisgiordania, danneggiato computer ed altre attrezzature e devastato gli archivi. L’organizzazione, il ‘Gruppo volontariato civile' (Gvc), con sede a Bologna, da oltre dieci anni assiste la popolazione civile palestinese nei territori occupati. Il Gvc ha presentato una lettera al consolato italiano di Gerusalemme perché compia i passi diplomatici necessari per sapere dal governo israeliano i motivi per cui il fatto è avvenuto. Intervistato dalla MISNA, un operatore umanitario ha raccontato come non sia la prima volta che organizzazioni umanitarie, diplomatici, personale sanitario subiscano la violenza dell’esercito di Tel Aviv. L'interlocutore, del quale per motivi di sicurezza si mantiene l’anonimato, ha aggiunto: “Sulle strade ad uso esclusivo degli israeliani, che sono poi quelle più importanti e dove possono transitare solo auto a targa gialla, israeliana, e non a targa verde, dei palestinesi, se i poliziotti trovano un trasgressore, lo fermano, gli chiedono quale parte del corpo vuole che sia picchiata e, poi, gli rompono braccia o gambe”. Il racconto prosegue: “L’esercito ferma e perquisisce in modo violento anche chi viaggia sulle macchine dei consolati. Continuamente. La cosa, solo per loro, si è un po’ calmata solo quando il governo sudafricano ha cominciato a fare lo stesso, nel suo Paese, con le auto diplomatiche di Israele. Io personalmente ho visto un nastro video nel quale il console italiano veniva strattonato e spinto da militari israeliani ad un ceck point. Quando perquisiscono le casele o bloccano le persone, i soldati le lasciano per ore, sdraiate per terra, sotto la mira dei fucili mitragliatori, che piova o ci sia un caldo asfissiante. Non si rispettano le più elementari forme di diritto. Si spara anche sulle ambulanze. In Cisgiordania, grande come la Lombardia, ci sono fino a 190 posti di blocco: i palestinesi non riescono a muoversi, a spostarsi, la qualità della vita è diventata insostenibile”. L'operatore umanitario conclude: “Non capisco come i governi europei possano tollerare le intimidazioni alle loro legazioni consolari senza reagire”.
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