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report dalla palestina occupata
by operazione colomba Friday, Feb. 21, 2003 at 7:47 PM mail:

.

Striscia di Gaza, 20 febbraio 2003 -
Quotidianita' nella Palestina Occupata

Il ponte della Kussufim, la by-pass road che collega Israele al blocco degli
insediamenti di Gush Qatif (undici in tutto) che occupa gli ultimi 15
chilometri di costa della Striscia di Gaza sovrasta il check point di Abu Holi. Da
lontano riusciamo a vederne la fila di lampioni gialli nel buio della notte.
In attesa, di fronte alla torretta dei soldati israeliani, ci sono centinaia
di palestinesi, accampati intorno a fuochi d'emergenza. Parlano, dormono,
pregano, tra i taxi gialli sommersi da valige di cartone, materassi, scatoloni,
grosse buste chiuse con lo spago che ricordano quelle degli emigranti
italiani del dopoguerra.
Sono le 10 di sera di gioved? 20 febbraio. Siamo qui al check point, dopo
avervi passato tutto il pomeriggio. La gente in attesa e' diminuita. Molti sono
tornati indietro a cercare un letto di fortuna, in giornata si arrivava
anche a 1500 persone. Il check point e' chiuso dalle tre di pomeriggio di ieri,
con un'interruzione notturna di un'ora, alle tre di notte, per far passare i
pochi palestinesi che ancora lavorano in Israele. Molti degli accampati stanno
tornando dal pellegrinaggio alla Mecca che tradizionalmente si fa nei due
mesi seguenti alla fine del Ramadan. Arrivano dall'Arabia Saudita attraverso la
frontiera di Rafah tra Egitto e Territori Palestinesi Occupati, frontiera
controllata dagli Israeliani che hanno demolito circa 600 abitazioni civili
palestinesi negli ultimi due anni per creare una fascia di sicurezza larga
circa 500 metri sul confine.
Nel pomeriggio abbiamo passeggiato tra le persone, cercando di comunicare in
un misto di arabo e inglese da Toto' e Peppino. Stanno aspettando anche da
tre giorni, con poco cibo e poca acqua. Alcuni ragazzini girano tra la gente
vendendo te' noccioline e gomme americane per uno shekel (poco meno di venti
centesimi di euro). Qualche persona si sente male, soprattutto donne anziane.
Fatma dimostra circa 55 anni (anche se i palestinesi sembrano sempre piu'
vecchi della loro eta') e si accascia a terra presa da un collasso misto a crisi
isterica. "Jahud, Jahud (ebreo)" urla, e poi una serie di parole
incomprensibili. La accompagniamo in ospedale in ambulanza, e lei non finisce mai di
ringraziarci e baciarci le mani, in una cantilena araba che ci trasmette solo
lacrime e disperazione. Eppure stupisce la resistenza di questa gente. A ogni
accenno di apertura del check point e' tutt'un fuggi fuggi precipitoso verso
le macchine, felici che l'attesa sia finita, apparentemente senza rabbia per
cio' che stanno subendo. Quando si accorgono che e' un bluff tutto ricomincia
a scorrere lentamente in un'aria di stanca rassegnazione.
Abu Holi e' regolato da un semaforo, si transita in ambedue le direzioni ma
mai contemporaneamente. Non ci sono regole ne' orari fissi, a volte il
semaforo puo' rimanere per ore fermo sul rosso. In realta' i semafori sono due, di
fianco a due torrette militari coperte dalla mimetica verde da cui spunta
solo la canna del mitragliatore dei soldati. Le torrette sono alle estremita' di
un tratto di strada lungo ottocento metri sopra la quale appunto passa la
by-pass road dei coloni. Oggi ad ostruire la strada c'era anche un tank.
Passaporti in mano, alti sulla testa per essere ben riconoscibili, ci siamo avviati
pian piano verso i soldati, come sempre giovanissimi, per cercare di
parlarci. Hanno fatto avvicinare solo una persona, e dall'aggressivita' delle prime
domande "Perche' stai qui e a fare che" sono passati a "tante scuse, faremo
il possibile per aprire ma questi sono gli ordini".
Dall'altro ieri la Striscia di Gaza, nei suoi 43 chilometri di lunghezza, e'
stata spezzata dall'Idf (Israeli Defence Force) in tre parti ermeticamente
chiuse. La prima interruzione e' sulla strada costiera, (l'unica strada
percorribile per spostarsi da nord a sud e viceversa) all'altezza della colonia di
Netzarim, appena furori Gaza city. Una grossa buca e' stata scavata con i
buldozzer e i soldati sparano su chi tenta di passare. Il secondo blocco, quello
di Abu Holi, isola tutta l'area a sud, i distretti di Khan Yunis e Rafah.
Una equipe medica (tre medici e due infermiere) degli Ospedali Riuniti di
Bergamo, che da una settimana si trovava all'Ospedale dell'Unione Europea di
Khan Yunis per effettuare interventi di chirurgia plastica sui bambini con un
progetto della ong americana "Palestine Children Relief Found", doveva
arrivare all'aeroporto di Tel Aviv per tornare in Italia ma non e' riuscita a
oltrepassare il blocco di Netzarim perche' in ambedue i tentativi fatti i soldati
hanno sparato verso l'ambulanza su cui viaggiavano, nonostante avessero un
lasciapassare del consolato americano in Israele. "Dobbiamo passare la notte
accampati a casa di un mio amico al campo rifugiati di Magazi" ci dice al
telefono Steve Sosebee, responsabile della ong, che li accompagnava. Ci racconta
che durante le ore di attesa hanno distribuito acqua e cibo ai palestinesi
bloccati li' dalla mattina.
Intanto qui a Sud le ultime due notti le abbiamo passate in una snervante
attesa. Tutti si aspettano un attacco in grande stile da un momento all'altro.
Un responsabile di un'agenzia Onu ci ha informato che almeno una cinquantina
di tank sono posizionati sulla Green Line alle nostre spalle e sulla strada
costiera della colonia di fronte stanotte abbiamo notato un gran movimento di
carri armati. Qualche sparo e qualche esplosione fanno ormai parte della
normalita'.
Questa e' la tragica quotidianita' della Palestina occupata. Una
quotidianita' che non fa notizia, che non e' degna di entrare nell'agenda dei media
occidentali. E' estremamente urgente una presenza internazionale al fianco della
popolazione civile palestinese. "I volontari internazionali possono avere un
ruolo determinante in questa situazione. E' essenziale che il maggior numero
di persone sia consapevole della situazione di sofferenza ed umiliazione
della popolazione civile palestinese, e venga in Palestina", afferma Moustafa
Barghouti, fondatore dell'Upmrc (Union of Palestinian Medical Relief
Committees) e coordinatore del Gipp (Grassroots international protection for
palestinians) "Gli internazionali presenti in Cisgiordania e nella Striscia in questo
momento sono troppo pochi per garantire azioni efficaci per la protezione
della popolazione civile. Israele e gli Usa non hanno accettato la richiesta di
invio di osservatori Onu nei Territori Occupati, per questo noi rivolgiamo un
appello accorato ai cittadini dell'Unione Europea e a tutta l'opinione
pubblica mondiale perche' il popolo palestinese non sia lasciato solo".

I volontari della comunitą Papa Giovanni XXIII
Per informazioni:
0546 26630 0541 753619 - 751498
email: goel.apg23@libero.it operazione.colomba@libero.it

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Titolo Autore Data
immagini Operazione Colomba Saturday, Feb. 22, 2003 at 7:37 PM
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