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Perugia: Appello contro la guerra
by cam Monday, Mar. 17, 2003 at 1:11 PM mail:

UNIVERSITA' CONTRO LA GUERRA

APPELLO CONTRO LA GUERRA

NO ALLA GUERRA SENZA SE E SENZA MA

BLOCCHIAMO L’UNIVERSITA’ E LA CITTA’


Giovedì 13 dopo l’assemblea a Lettere si è creata una nuova soggettività studentesca costituente una rete universitaria contro la guerra che ha come obiettivo la massima generalizzazione della mobilitazione. Si è sviluppata la consapevolezza che scendere in piazza non basti più, ma che si anecessario contrastare il sistema neo-liberista in ogni sua espressione a partire dalla macchina bellica.

Il Senato Accedemico ha approvato una mozione che prevede il blocco didattico per il giorno seguente all’inizio della guerra. Questo può essere interpretato come un segnale di crescente attenzione ed opposizione ad un conflitto bellico; non riteniamo che esso sia un punto di arrivo, ma di partenza.

La guerra all’Iraq non è altro che l’ennesima tappa della guerra globale permanente, metodo per imporre e sostenere un sistema di sviluppo e di potere subordinato all’Impero economco statunitense e non solo. Una guerra fatta per il petrolio che vede la Esso sponsor principale e che come ogni altra risorsa naturale diventa strategico nel governo della globalizzazione soprattutto in una fase di recessione economica. Una guerra che viola non solo le norme, ma ogni principio del diritto internazionale che vuole riscrivere unilateralmente le regole del mondo: in questi giorni stiamo assistendo ad un incredibile uso strumentale dell’ONU come mezzo di legittimazione dell’ordine mondiale. L’ONU comunque non potrebbe mai approvare una risoluzione che porti ad un ridefinizione del Medio Oriente attraverso un’aggressione militare; anzi in caso di attacco ogni paese ha diritto alla legittima difesa.

Illegale è la guerra, non chi vi si oppone: infatti ad essere violata è anche la Costituzione che per l’ennessima volta viene sacrificata sull’altare delle alleanze politiche. Le norme sancite dall’Art.11 (già violate anche dal Governo D’Alema) sono il frutto del “mai più guerre” pronunciato da chi la guerra l’ha vissuta sulla propria pelle, ma oggi treni e navi attraversano il territorio con i loro carichi di morte ed addirittura il Governo italiana sta mettendo a disposizione anche personale dell’esercito. Con le azioni “stopping the train” abbiamo smascherato l’uso bellico del territorio, ma ne esiste un più silnezioso che vede contrapposti imperialismi spartirsi fette di patrimonio pubblico per i propri interessi come in Argentina: è il caso – per esempio – dell’ex-tabacchificio di Via Cortonese che tramite le cartolarizzazioni di Tremonti è stato acquistato da Bush padre. Per questo riteniamo che il NO alla guerra vada portato anche sul terreno dell’azione concreta, per liberare uno spazio che lo stato ha svenduta agli interessi delle multinazionali.

Infatti la guerra non è solo quella guerreggiata alla quale ci si può anche opporre eticamente, ma si sviluppa su più livelli: il più violento è quello dell’azione bellica vera e propria le cui vittime saranno i civili iracheni, che – già colpiti da 12 anni di embargo che ha causato un milione e mezzo di morti ed oppressi da un regime che viola elementari diritti civili e politici – sarà sottoposto all’ennesimo drammatico bombardamento con i suoi “effetti collaterali”.

L’altro è il livello sociale ed economico che si sviluppa attraverso un conflitto a bassa intensità. Una guerra portata avanti tramite il dominio delle multinazionali, dall’imposizione di politiche scelte da antidemocratici organismi sovranazionali (G8, WTO, FMI, BM) che battono la strada delle privatizzazioni delle risorse primarie come l’acqua, dei servizi e dell’annientamento delle tutele dei/delle lavoratori/trici, imponendo precarietà e insicurezza come modello di lavoro e di vita. Gli accordi multilaterali che al prossimo Round del WTO saranno siglati vedranno i saperi al centro della scena, perché i potenti hanno capito quanto i sistemi di riproduzione intellettuale del sistema capitalista siano importanti per mantenere un grado di consenso tale da consentire il governo della globalizzazione neoliberista. Le ricadute sul mondo della scuole e dell’università saranno drammatiche, in quanto si prevede la liberalizzazione dei servizi pubblici dagli asili nido alla ricerca universitaria specialistica: in poche parole lo stato dovrà con apposite leggi prevedere (e finanziare) la partecipazione di privati nella gestione e nella programmazione didattica (come sta accadendo per imprese che speculano sulla guerra).

Per questo il nostro NO alla guerra non si ferma alla denuncia di un’aggressione illegale e terribile, ma va oltre, per questo richiediamo ai professori e alle professoresse di interrompere subito le lezioni ordinarie per dedicare approfondimenti contro la guerra e le sue implicazioni; per questo facciamo appello a tutti/e, affinché il NO alla guerra sia portato sule territorio denunciando ed ostacolando gli interessi di chi appoggia, finanzia e trae vantaggio dalle guerre.


ASSEMBLEA AUTOCONVOCATA
verso la Rete Universitaria contro la guerra - Perugia

Hanno aderito al momento:
Collettivi in Movimento – L’Altra Sinistra
Laboratorio Saperi Critici Mafalda
Sinistra Universitaria

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Per adesioni all'APPELLO
by cam Monday, Mar. 17, 2003 at 4:10 PM mail:

Dall'università alla città: BLOCCHIAMO TUTTO!

L'appello lanciato sulla rete è indirizzato a tutte quelle realtà che si oppongono alla guerra senza se e senza ma e per questo chiediamo alla città di Perugia di aderire! Questo come molti altri documenti circolati non vuole essere esaustivo della moltitudide in movimento, ma speriamo nella massima convergenza sui 4 NO alla guerra dai quali è nata la mobilitazione all'università:
NO all'aggressione all'Iraq
NO all'uso bellico del territorio
NO alla militarizzazione e alla svendita dei saperi
NO alla guerra economica e sociale

Rete Universitaria contro la guerra

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Appello da MILANO
by cam Tuesday, Mar. 18, 2003 at 12:17 PM mail:

Incollo l'appello della Rete Universitaria contro la guerra di MILANO.


Noi, studenti, docenti, ricercatori, lavoratori e precari delle università di Milano diciamo no alla guerra globale e all'intervento in Iraq, senza se e senza ma, con o senza la legittimazione dell'Onu.

Crediamo che questa guerra sarà una catastrofe per i popoli dell'Iraq che già patiscono le conseguenze di un embargo decennale, dei continui bombardamenti angloamericani e del regime di Saddam Hussein, nonchè per i popoli di tutto il Medio Oriente.
Ci opponiamo a questa, come a tutte le altre guerre, perche’ subordina la vita, i bisogni e i diritti dei molti all'interesse dei pochi.
D'altra parte le mire strategiche non si limitano al controllo del petrolio e dell'area centro-asiatica, ma a ridefinire le relazioni di politica internazionale unicamente su rapporti di forza.
Ci schieriamo contro la guerra perchè rifiutiamo di essere complici a partire dal nostro quotidiano, perchè sappiamo che le impronte sparse sulla scena del delitto di un bombardamento in Iraq o in Afghanistan conducono alla banca di cui siamo clienti, alla macchina con cui andiamo tutti i giorni al lavoro, ai giornali che leggiamo, ma anche all'università in cui studiamo o lavoriamo.
Oggi lo scenario di guerra si estende di scala e di intensità, pervade la ricerca, i flussi economici e le reti di informazione. Opporsi alla guerra significa quindi riconoscere che nessun sapere "neutrale", se mai questa espressione abbia avuto senso-è ora possibile.
Anche le nostre aule, le nostre biblioteche, i nostri laboratori, i nostri libri di testo, sono campi di battaglia di un conflitto strategico, quello per la produzione e l'uso delle conoscenze.
Per questo è necessario fare un passo oltre la pura presa di posizione di carattere etico: il rifiuto di questo stato di cose passa attraverso la scelta di non cooperare con la macchina da guerra e di sottrarsi alla schiera dei suoi cinici cantori, ma anche attraverso la condivisione di saperi, culture e forme di vita che escludano la guerra dal nostro orizzonte.
Se la guerra diventa quotidiana, il nostro rifiuto è inevitabilmente la rottura di un'ormai falsa quotidianità, di una simulata "normalità"; i tempi e gli spazi dell'università come della metropoli non possono rimanere immutati, ma devono diventare teatro di una presa di parola e di coscienza collettiva.
Del resto il dissenso acquista proporzioni di giorno in giorno più consistenti e diffuse a livello globale.
L’escalation della guerra preventiva è già in corso da tempo; l'inizio dei bombardamenti ne sancirà solo l'aspetto "spettacolare".
La nostra risposta immediata sarà una mobilitazione permanente: intendiamo contribuire a trasformare la nostra università, da luogo cieco e sordo qual è ora, in un laboratorio della pace aperto a tutte le realtà cittadine.
Firmiamo questo appello per promuovere iniziative in ateneo, sui temi e i problemi aperti dallo scoppio della guerra, a partire dal giorno stesso dell'eventuale attacco militare e in vista dello sciopero generale contro la guerra:

- appuntamento alle ore 8.00 del mattino, successivo al primo attacco militare, presso il cortile del "Filarete" per organizzare la partecipazione alla manifestazione cittadina;
- assemblea d'ateneo nel pomeriggio (ore 14.30 - atrio ascensori - Via F. del Perdono 7);
- ritrovo nella pausa mensa (ore 12.30 - 13.30) di ogni mercoledi' della settimana (atrio ascensori - Via F. del Perdono 7).

Non in nostro nome, non con il nostro cervello, non con le nostre braccia, non con con le nostre parole.

Studenti delle RETI UNIVERSITARIE CONTRO LA GUERRA . CGIL e CISL d'Ateneo. RdB d'Ateneo.



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Leggere modifiche all'APPELLO
by Rete Universitaria contro la guerra Tuesday, Mar. 18, 2003 at 10:03 PM mail:

Le modifiche sono dovute al ruole dell'ONU sulla guerra, mutato ieri.

APPELLO CONTRO LA GUERRA

NO ALLA GUERRA SENZA SE E SENZA MA

BLOCCHIAMO L’UNIVERSITA’ E LA CITTA’


Giovedì 13 dopo l’assemblea a Lettere si è creata una nuova soggettività studentesca costituente una rete universitaria contro la guerra che ha come obiettivo la massima generalizzazione della mobilitazione. Si è sviluppata la consapevolezza che scendere in piazza non basti più, ma che si anecessario contrastare il sistema neo-liberista in ogni sua espressione a partire dalla macchina bellica.

Il Senato Accedemico ha approvato una mozione che prevede il blocco didattico per il giorno seguente all’inizio della guerra. Questo può essere interpretato come un segnale di crescente attenzione ed opposizione ad un conflitto bellico; non riteniamo che esso sia un punto di arrivo, ma di partenza.

La guerra all’Iraq non è altro che l’ennesima tappa della guerra globale permanente, metodo per imporre e sostenere un sistema di sviluppo e di potere subordinato all’Impero economco statunitense e non solo. Una guerra fatta per il petrolio che vede la Esso sponsor principale e che come ogni altra risorsa naturale diventa strategico nel governo della globalizzazione soprattutto in una fase di recessione economica. Una guerra che viola non solo le norme, ma ogni principio del diritto internazionale che vuole riscrivere unilateralmente le regole del mondo: nei giorni passati abbiamo assistito ad un incredibile uso strumentale dell’ONU come mezzo di legittimazione dell’ordine mondiale ed oggi stiamo assistendo ad una politica di aggressione che vede sempre più gli USA in un atteggiamento ostinatamente guerrafondaio. L’ONU comunque non avrebbe mai potuto approvare una risoluzione che porti ad un ridefinizione del Medio Oriente attraverso un’aggressione militare; anzi in caso di attacco ogni paese ha diritto alla legittima difesa.

Illegale è la guerra, non chi vi si oppone: infatti ad essere violata è anche la Costituzione che per l’ennessima volta viene sacrificata sull’altare delle alleanze politiche. Le norme sancite dall’Art.11 (già violate anche dal Governo D’Alema) sono il frutto del “mai più guerre” pronunciato da chi la guerra l’ha vissuta sulla propria pelle, ma oggi treni e navi attraversano il territorio con i loro carichi di morte ed addirittura il Governo italiana sta mettendo a disposizione anche personale dell’esercito. Con le azioni “stopping the train” abbiamo smascherato l’uso bellico del territorio, ma ne esiste un più silnezioso che vede contrapposti imperialismi spartirsi fette di patrimonio pubblico per i propri interessi come in Argentina: è il caso – per esempio – dell’ex-tabacchificio di Via Cortonese che tramite le cartolarizzazioni di Tremonti è stato acquistato da Bush padre. Per questo riteniamo che il NO alla guerra vada portato anche sul terreno dell’azione concreta, per liberare uno spazio che lo stato ha svenduta agli interessi delle multinazionali.

Infatti la guerra non è solo quella guerreggiata alla quale ci si può anche opporre eticamente, ma si sviluppa su più livelli: il più violento è quello dell’azione bellica vera e propria le cui vittime saranno i civili iracheni, che – già colpiti da 12 anni di embargo che ha causato un milione e mezzo di morti ed oppressi da un regime che viola elementari diritti civili e politici – sarà sottoposto all’ennesimo drammatico bombardamento con i suoi “effetti collaterali”.

L’altro è il livello sociale ed economico che si sviluppa attraverso un conflitto a bassa intensità. Una guerra portata avanti tramite il dominio delle multinazionali, dall’imposizione di politiche scelte da antidemocratici organismi sovranazionali (G8, WTO, FMI, BM) che battono la strada delle privatizzazioni delle risorse primarie come l’acqua, dei servizi e dell’annientamento delle tutele dei/delle lavoratori/trici, imponendo precarietà e insicurezza come modello di lavoro e di vita. Gli accordi multilaterali che al prossimo Round del WTO saranno siglati vedranno i saperi al centro della scena, perché i potenti hanno capito quanto i sistemi di riproduzione intellettuale del sistema capitalista siano importanti per mantenere un grado di consenso tale da consentire il governo della globalizzazione neoliberista. Le ricadute sul mondo della scuole e dell’università saranno drammatiche, in quanto si prevede la liberalizzazione dei servizi pubblici dagli asili nido alla ricerca universitaria specialistica: in poche parole lo stato dovrà con apposite leggi prevedere (e finanziare) la partecipazione di privati nella gestione e nella programmazione didattica (come sta accadendo per imprese che speculano sulla guerra).

Per questo il nostro NO alla guerra non si ferma alla denuncia di un’aggressione illegale e terribile, ma va oltre, per questo richiediamo ai professori e alle professoresse di interrompere subito le lezioni ordinarie per dedicare approfondimenti contro la guerra e le sue implicazioni; per questo facciamo appello a tutti/e, affinché il NO alla guerra sia portato sule territorio denunciando ed ostacolando gli interessi di chi appoggia, finanzia e trae vantaggio dalle guerre.


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