dear all,
a bologna stiamo lanciando il progetto di un canale tv ad accesso
pubblico simile agli open channel nord-europei. in queste settimane
abbiamo discusso con diverse realta' cittadine coinvolgendo
soprattutto quelle che fino ad ora non erano entrate in contatto con
il mediattivismo di nostra conoscenza, con il progetto telestreet,
etc.
ho scritto questo manifesto per mettere per la prima volta nero su bianco le idee nell'aria. come e' emerso dalla plenaria di nowartv di domenica scorso a bologna, pur mantenendo gli impegni nel network delle tv di strada e nei progetti satellitari e' tempo di cominciare a pensare ad un livello intermedio che coinvolga le citta' nella loro interezza (processo questo piu' facile a bologna che ovviamente a milano o roma). giro questa bozza di manifesto alle liste rekombinant, megachip e nowartv per aprire un dibattito e proporre modifiche ed ampliamenti al manifesto. in questa versione ha gia' ricevuto l'adesione di diverse realta', grandi e piccole, come per esempio Radio Citta' del Capo, Radio Fujiko, Link, Xing, Associazione Orlando, Poplab, Macchine Celibi, Home Movie, Zimmer Frei e altri. a tutti chiediamo di discuterlo e sottoscriverlo a livello nazionale (non solo bolognese). nelle prossime settimane il lancio del manifesto e del progetto con ulteriori firme. per maggiori info e per l'adesione inviate una email a mat@rekombinant.org (specificando se adesione collettiva o individuale)
buona lettura /m
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MANIFESTO DELLE TELEVISIONI URBANE
Per una democrazia partecipativa dei media di massa e la realizzazione del primo canale televisivo italiano ad accesso pubblico
MANIFESTO
1. Lo scenario: comunicazione indipendente e monopolio 2. Nuovi diritti: il diritto all'autogestione della comunicazione 3. Nuovi spazi: il Dominio Pubblico dei media 4. Nuove politiche: la cultura dei nuovi media 5. Nuovi media: la televisione incontra la rete 6. Nuova televisione: i canali ad accesso pubblico 7. Nuovi contenuti: dal palinsesto nazionale al palinsento urbano 8. La città: la televisione innestata nel tessuto sociale 9. Il modello economico: media non profit e cooperativi 10. Il modello politico: l'autonomia della società
1. Lo scenario: comunicazione indipendente e monopolio
A livello mondiale si sta diffondendo una nuova cultura dei media: ai tradizionali mezzi della comunicazione indipendente come radio e internet si affiancano oggi centinaia di sperimentazioni di TV indipendenti, televisioni di strada e satellitari, web TV, canali tematici. Questo movimento di "video attivismo" prende corpo come alternativa al monopolio statale e commerciale della televisione.
Riteniamo che oggi la società abbia la maturità democratica e il bagaglio culturale e tecnico per organizzare autonomamente i propri media nella forma di Televisioni Urbane, ovvero di canali televisivi ad accesso pubblico su scala metropolitana.
Il ritardo italiano nei media ad accesso pubblico si deve confrontare con le esperienze europee che dimostrano come sia possibile costruire televisioni gestite dalla società in modo aperto e partecipativo.
2. Nuovi diritti: il Diritto all'Autogestione della comunicazione
E' cresciuta negli ultimi decenni nella società la consapevolezza dei diritti della comunicazione, che oggi sono rivendicati insieme a tutti gli altri diritti universali e di cittadinanza. Si vedano esempi come People's Communication Charter (http://www.pccharter.net).
Questa consapevolezza deve spingersi oltre e riconoscere non solo il semplice diritto passivo alla comunicazione ma anche il diritto attivo all'autogestione della comunicazione all'interno di una nuova visione del dominio pubblico dei media.
3. Nuovi spazi: il Dominio Pubblico dei media
La cultura della comunicazione sociale in tutte le sue anime (dal video attivismo alle radio libere al Free Software) ha aperto uno nuovo spazio tra le maglie dei media e delle tecnologie comuni che ora deve vedere riconosciuta la sua "cittadinanza" e il suo status culturale e politico.
La griglia culturale, politica, legale entro cui si cala questo movimento è uno spazio che definiamo dominio pubblico della comunicazione. Per Dominio Pubblico intendiamo una sfera che non appartiene né allo stato né al mercato ma alla società tutta e dalla società è gestito e controllato (da non confondersi con il "servizio pubblico" erogato dallo stato).
Gli attori che più hanno contribuito all'allargamento del dominio pubblico devono lavorare ora alla sua riconoscibilità esterna e alla usa autorganizzazione interna. Si prenda ad esempio la campagna olandese Public Domain 2.0 (http://www.waag.org).
Il nuovo dominio autonomo della comunicazione deve essere riconosciuto e sostenuto dalle istituzioni in quanto alveo portante di una democrazia partecipativa e di un municipalismo nuovi. Le istituzioni devono finalmente coniare gli strumenti e le soluzioni per la transizione della società fordista in una società post-fordista basata sull'autonomia del sociale.
4. Nuove politiche: la cultura dei nuovi media
Le politiche istituzionali sui nuovi media contemplano solo la questione dell'accesso (spesso in un'ottica di sostegno al mercato o alle infrastrutture amministrative) e non ne colgono il valore come mezzi di partecipazione democratica e volano di cultura e innovazione (si veda la sorte delle reti civiche italiane).
Le politiche culturali italiane investono solo sulla conservazione del patrimonio e non sull'innovazione come accade nel nord Europa. Questo deficit intellettuale considera i nuovi media solo come nuovi contenitori per vecchi contenuti. Occorre invece riconoscerli come autonome forme di cultura e incentivarne la sperimentazione sociale.
Una cultura dei media innovativa si è sviluppata in questi anni solo grazie a pratiche spontanee provenienti dalla società. Proprio il ritardo delle istituzioni e della sensibilità collettiva ha permesso che il movimento della comunicazione indipendente raggiungesse la massa critica per autorganizzarsi in soggettività autonome.
5. Nuovi media: la televisione incontra la rete
La rete ha rappresentato il periodo di scoperta e formazione ai media partecipativi. Ma è ancora il medium televisivo a mantenere la centralità sociale, culturale, politica. Per questo urge pensare a come renderlo democratico e a come far incontrare il medium rete con il medium televisione. La televisione va considerata una nuova protesi ed estensione della rete: ma per evitare nuovamente la ghettizzazione dei media alternativi, l'orizzontalità della rete deve unirsi al potere "socializzante" della televisione.
Strategie della comunicazione indipendente sono: diffusione dell'accesso ai canali e alle tecnologie, proliferazione delle emittenti, produzione di contenuti alternativi. Per le Televisioni Urbane invece il punto nodale non è il semplice controllo dei canali o dei contenuti ma la riconquista dell'enunciazione collettiva del messaggio, ovvero del ruolo pubblico e collettivo del palinsesto.
Il medium televisione è interessante solo ai fini di una sua destrutturazione in un nuovo medium partecipativo, trasparente, etico, in modo che la sua potenza sia indirizzata allo sviluppo culturale ed economico della cittadinanza e non ai fini del mercato o del consenso politico.
6. Nuova televisione: i canali ad accesso pubblico
Per questo occorre ideare la nascita di Televisioni Urbane nella forma di canali televisivi ad accesso pubblico e promuovere la partecipazione sociale e comunitaria a questi canali.
Per accesso pubblico intendiamo un canale tv non solo accessibile ma gestito dalle comunità che compongono la vita sociale della città. L'accesso pubblico ha senso se viene usato per un palinsesto collettivo e non per un palinsesto gestito dall'alto.
Per televisione comunitaria intendiamo una televisione che non si limiti al semplice accesso pubblico e ad un retorico esercizio di libertà di espressione (open publishing) ma che sappia fare società e costruire legame sociale (community access e non semplice open access).
Le Televisioni Urbane si basano su una partecipazione sociale diffusa, non coinvolgono solo mediattivisti e professionisti della comunicazione (come accade in molte sperimentazioni).
Le Televisioni Urbane hanno uno statuto e una missione sociale salvaguardati da una Carta Etica, che riconosce tutti i diritti, i doveri e i piaceri di una comunicazione partecipativa.
7. Nuovi contenuti: dal palinsesto nazionale al palinsento urbano
Le Televisioni Urbane sono televisioni a tutti gli effetti che fanno informazione, intrattenimento, cultura e che sanno costruire una narrazione quotidiana in cui una intera società si riconosce e si confronta. Le televisioni urbane riconquistano il palinsesto in quanto genere di narrazione collettiva. Al palinsesto nazionale, spina dorsale del consenso e dei ritmi del corpo sociale, viene sostituito un palinsesto urbano costruito dal basso.
Cuore delle Televisioni Urbane è il Palinsesto Comunitario che rispecchia tutta la compagine sociale lasciando i suoi spazi all'autogestione diretta delle comunità e dei singoli soggetti. Il Palinsesto Comunitario organizza anche gli spazi di confronto e incontro fra le diverse realtà per creare nuovo tessuto democratico e rispetta gli stili e i linguaggi più anticonformisti e radicali.
8. La città: la televisione innestata nel tessuto sociale
La città è la dimensione nuova con la quale si deve confrontare la comunicazione indipendente: non per la scala ridotta ma perché la città è il livello primo e immediato del fare società. La televisione cittadina ad accesso pubblico può innestarsi facilmente in ogni settore della vita civile, culturale, economica. La Televisione Urbana si rivela così prezioso strumento e modello del municipalismo partecipativo.
Si deve smettere di considerare il movimento come enunciatore primo della comunicazione libera e prepararsi a fare società e a conquistare gli spazi del quotidiano. Il fine del Manifesto delle Televisioni Urbane è trasformare un fermento internazionale di innovazione in un moto che costruisca società reale.
9. Il modello economico: media non profit e cooperativi
Nuove modelli di comunicazione sociale sono credibili e alternativi al monopolio solo se si dotano di autonomia economica. Il mediattivismo deve evitare gli errori del passato: nella sua storia ha creato rotture e inventato media e consumi che poi è stato incapace di gestire e abbiamo visto recuperati dal mercato (ad esempio le radio libere degli anni '70 che in Italia aprono la strada alle radio commerciali).
Le Televisioni Urbane seguono uno statuto non profit e di cooperazione sociale, dove gli utili vengono reinvestiti per nuove produzioni e progetti ai fini della collettività. "Editore" è la cittadinanza stessa e non i privati o le istituzioni pubbliche.
Le Televisioni Urbane funzionano come meta-medium dell'economica locale in una prospettiva post-fordista: innescano un volano per l'economia del multimediale, valorizzano le produzioni locali, realizzano una economia dei contenuti a vocazione sociale.
10. Il modello politico: l'autonomia della società
Le Televisioni Urbane nascono per iniziativa della società e non delle istituzioni o del mercato. Le politiche istituzionali devono riconoscere l'autorganizzazione nel campo della cultura e dei media e guardarsi dalle simulazioni di "società civile" e "comunicazione sociale" ad uso politico o commerciale.
Le Televisioni Urbane inaugurano un nuovo rapporto della società con i soggetti economici e istituzionali che fa saltare le vecchie strutture verticali di mediazione e rappresentanza per far posto a nuove reti orizzontali e autonome, più adatte a vivere la società contemporanea post-fordista. Privati e istituzioni sostengono l'autonomia del sociale. ___________________________________________
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