[cronologie di guerra] 23.03.03 quarto giorno
si ringrazia in particolare il manifesto e tutti le persone che vi collaborano per il prezioso aiuto.
23 marzo 2003 : quarto giorno [fonti : quotidiani del 24 marzo 2003]
E' la giornata della resa dei conti sui media americani. Trapelano le immagini dei prigionieri angloamericani, che fanno infuriare la macchina della propaganda americana, rovinando la loro immaginie invincibile. Seguono censure, intimidazioni e un nuovo investimento nella macchina mediatica dell'esercito a stelle e striscie.
"Prigionieri e morti L'America si insabbia Quarto giorno di guerra. Il peggiore, per gli americani. Numeri confusi («12 dispersi in azione»), ma di certo ci sono i 4 marines morti e i 5 catturati e mostrati da al-Jazeera. Un caccia inglese abbattuto dai Patriot Usa. E la sorpresa: gli iracheni resistono M.M. Il quarto giorno della guerra, quello di ieri, è stato il peggiore. Per gli americani almeno. «Almeno» sei marines (ma forse qualcuno di più) morti sotto il fuoco nemico; un certo numero di altri marines «dispersi» in azione (12 secondo il comando militare Usa) o catturati di cui cinque (fra cui una afro-americana) mostrati dalla Tv irachena e i cui volti spaventati sono stati poi rilanciati in ogni angolo del mondo dalla presentissima al-Jazeera; l'ormai quotidiano e imbarazzante incidente fra gli alleati americani e inglesi - il terzo in quattro giorni: prima lo scontro fra elicotteri, ieri addirittura un caccia Tornado della Royal Air Force intercettato e abbattuto in Kuwait dai missili Usa Patriot al ritorno da una missione di bombardamento; l'attacco che un solitario marine Usa musulmano ha sferrato contro il comando della base militare americana nel Kuwait uccidendo un suo commilitone e ferendone un'altra quindicina; la sempre più probabile conferma della morte del giornalista inglese Terry Lloyd e degli altri due cameramen della troupe del network Itn, colpiti dal «fuoco amico» venerdì mentre i marines attaccavano Bassora e poi scomparsi (un «friendly fire» che si sta rivelando quasi più micidiale di quello degli iracheni). Ma soprattutto ieri è stato il giorno in cui gli americani, con inglesi e australiani al seguito, hanno avuto la spiacevole sorpresa che gli iracheni resistono e contrattaccano con efficacia. Gli (e ci) era stato detto e ripetuto che i militari di Saddam e non solo la popolazione civile, li avrebbero accolti a braccia aperte come si conviene a dei liberatori, che si sarebbero arresi in massa senza neppure sparare un colpo; era stata raccontata un'infinità di volte la storia di quel generale che si era arreso con tutta la sua divisione senza colpo ferire e che invece ieri è apparso sugli schermi della Tv irachena a dire che lui e i suoi uomini erano ancora lì, intorno a Bassora, a contrastare il passo ai «mercenari» anglo-americani; ci era anche stato detto che nel colpo a sorpresa dell'alba di giovedì con decine di missili Tomahawak piovuti su uno dei bunker di Baghdad dove si trovava riunito il vertice del regime, lo stesso Saddam era morto (e poi forse solo ferito, affermava ieri il sottosegretario agli esteri inglesi Mike O'Brien) - e invece da allora è apparso più volte in tv - o, quantomeno, erano morti due o tre dei suoi vice, fra cui Taha Yassin Ramadan - che invece è apparso ieri vivo e vegeto a Baghdad ad annunciare con tono di trionfo e di sfida che i prigionieri di guerra erano 35 e che le operazioni militari vanno avanti «in modo eccellente».
Insomma per la coalizione dei liberatori-aggressori la strada per Baghdad non sarà una passeggiata, anche se è fuor di dubbio che arriveranno presto alle sue porte (forse nel giro di un paio di giorni: l'enorme «colonna d'acciaio» è ormai a poco più di un centinaio di km)) ed è fuor di dubbio l'esito della guerra. Ma dovranno probabilmente rivedere i loro calcoli e mettere a punto anche le loro strategie di comunicazione ora che le agenzie e le televisioni - la preziosa al-Jazeera in testa - hanno già cominciato a mostrare il vero volto dell'operazione «Iraqui Freedom»: vittime civili irachene sfracellate, cadaveri di marines e via di seguito.
Le migliaia di missili sparati in questi quattro giorni - ieri per la prima volta anche di giorno - su Baghdad, pur con l'attenzione a centrare obiettivi «selezionati», non faranno neanche di questa nuova guerra americana una guerra «pulita», senza vittime civili, né una guerra facile-facile.
Ieri deve essere stato un brutto risveglio per gli americani quando al-Jazeera ha rilanciato le immagini della tv irachena con le facce e le parole dei 5 marines catturati, nonche è corpi crivllati di almeno 4 marines uccisi. A Baghdad erano le 18.30, le 10.30 a Washington e le 16.30 a Roma. I grandi capi americani lo sapevano già, sia al Pentagono sia al Comando centrale del Qatar. Alle 9 e 5 del mattino di Washington il segretario alla difesa Donald Rumsfeld aveva comunicato di credere che «alcuni» soldati Usa fossero da considerare «missing in action», morti o prigionieri. Subito dopo il capo degli stati maggiori riuniti, il generale Richard Myers, aveva quantificato con una faccia plumbea: «meno di 10». Meno di mezz'ora più tardi il Comando centrale dal Qatar aveva confermato: nei combattimenti intorno a Nasiriya, nel sud, che sembrava già conquistata il giorno prima, la resistenza irachena era invece ancora «forte» e i marines avevano subito perdite «significative»: 4 morti e 50 feriti, in più di otto ore di scontri cruenti. Solo tre ore prima, dal Qatar, il generale Tommy Franks, aveva negato le affermazioni irachene di avere prigionieri di guerra e di avere abbattuto un aereo anglo-americano su Baghdad (i piloti si sarebbero gettati nelle acque del Tigri col paracadute, ma le successive battute non hanno dato esito).
Peggio ancora dei morti, come effetto psicologico, l'apparizione, un'ora dopo, dei 5 marines presi prigionieri: «Edgar,from Texas», «James Reilly, 31 anni, dal New Jersey», «Joseph Hasan, da El Paso», «Private Miller, dal Kansas» e, la più patetica, «Shauna», una afro-americana «dal Texas». Rumsfeld, dimentico di Guantanamo, gridava subito alla violazione della Convenzione di Ginevra.
Altra brutta sorpresa per gli americani, ieri mattina, la inaspettata resistenza irachena. In tutti i posti che pensavano di avere già conquistato e essersi lasciati alle spalle nella corsa verso Baghdad: il porto di Um Qasr,la grande città di Bassora, Nasiriya sull'Eufrate. Sacche di resistenza, probabilmente ad opera di distaccamenti della Guardia repubblicana e delle milizie del partito Baath al potere, che adottano spesso la tattica che sperano di usare massicciamemente una volta che gli aggressori avranno raggiunto Baghdad: attacchi mordi-e-fuggi, incursioni guerrigliere sui fianchi e nelle retrovie. A Nasiriya più o meno 500 combattenti iracheni hanno fatto penare 5000 marines. Idem a Bassora, dove i pesanti bombardamenti nella notte precedente sembravano avere spazzato via ogni opposizione (oltre che provocare almeno 77 morti civili). Anche per entrare nella citta santà sciita di Najaf, sulla strada per Baghdad (da cui dista 160 km), gli americani hanno dovuto sputare sangue. Ieri, ci sono volute 7 ore di aspri combattimenti e 70 iracheni uccisi. «Non era uno scontro equo. Non capisco perché non si sono arresi», ha detto poi uno sportivo colonnello dei marines. Già perché?
Alle 13 e 25, ora di Baghdad, le 5 e 25 a Washington, le 10 e 25 a Londra, il capo del corpo di spedizione inglese nel Golfo, maresciallo dell'aria Brian Burridge, confermava che il Tornado della Raf era stato abbattuto dai Patriot americani. Non è proprio quel che un'ora e 20 prima avevano sparato al ministero della difesa di Baghdad- abbattuti 5 aerei e 2 elicotteri degli «aggressori», 25 «mercenari» uccisi -, ma era una (altra) brutta botta di un bruttissimo giorno.
Le cose sembrano andare più lisce nel Kurdistan iracheno, al nord, nonostante la mina vagante turca. Dopo avere martellato coi missili (e un centinaio di morti) le enclaves montagnose delle milizie radicali islamiche di Ansar al-Islam, ieri ancora missili e i peshmerga dell'Upk di Talabani hanno attaccato via terra col supporto di truppe Usa. In serata si segnalavano violenti scontri intorno a Arbil. " [MAN]
"Fumo e fiamme, le difese del Rais Bagdad si difende dagli aerei anglo-americani dando fuoco a tricee riempite di petrolio: «Impediscono al nemico di distinguere gli obietivi da colpire». Ma la popolazione non ha nulla per difendersi dai bombardamenti e non potendo rinunciare a vivere gira per le strade scrutando il cielo"[MAN]
" Ma l'esercito iracheno sostiene di aver abbattuto - dall'inizio dell'attacco angloamericano giovedì scorso - cinque aerei e due elicotteri nemici. Quello che certamente è stato abbattuto, ma dal cosiddetto «fuoco amico», è un tornado dell'aeronautica militare britannica (Raf) che ieri mattina è stato colpito da un missile anti-missile Patriot made in Usa. Il Tornado Gr4 - un caccia bombardiere supersonico da attacco al suolo - è stato abbattuto mentre era in volo in prossimità della frontiera del Kuwait e i due piloti che erano a bordo sono le prime vittime del fuoco amico di cui si abbia notizia certa."[MAN]
------------- VIDEO SCOMODO -------------
"AL JAZEERA Un filmato da cancellare L'iniziativa della tv araba non piace ai vertici Usa I volti della sconfitta. Scossi e feriti, i 5 prigionieri americani mostrano la guerra vera, che Bush non vuole far vedere. Ma la battaglia dell'informazione è appena iniziata A. PA. Soldati morti, soldati prigionieri. Il combinato disposto dagli iracheni è un pugno nello stomaco degli Stati uniti. Imprime un segno indelebile alla guerra e riporta brutalmente sulla terra chi sperava di restare nell'orbita dei satelliti che inquadrano a distanza l'avanzata militare e i bombardamenti a fuoco d'artificio. Ma più ancora dei corpi distesi su un pavimento lordo di sangue e sporcizia, lasciano oggi il segno le facce terrorizzate dei cinque giovani prigionieri americani, quattro uomini e una donna, storiditi, feriti e quasi increduli di essere passati in poche ore dal campo di battaglia alle mani del nemico. «Il popolo iracheno ti ha accolto con fiori o coi fucili?» chiede lentamente in un inglese rozzo la voce fuori campo di un soldato iracheno. «Non capisco» risponde Joseph, militare poco più che ventenne, dagli occhi scuri un po' meno impauriti di quelli dei suoi compagni, che gli eventi hanno sbalzato in Iraq da El Paso, Texas. Shawna, 30 anni, nera, di un reparto addetto alla manutenzione, viene dal New Jersey. Risponde con voce spezzata dalla paura, quasi soffocando nelle parole e guardandosi intorno a cercare rassicurazioni. James trema in modo irrefrenabile nella maglietta militare che amplifica la sua fragilità. Edgar è steso su una barella, ferito. A Miller, originario del Kansas, chiedono perché è venuto in Iraq ad uccidere. «Così mi hanno ordinato di fare» risponde la faccia di ragazzo con occhialetti da collegiale. «Io non voglio uccidere nessuno».
I loro compagni sono morti e loro sono stati catturati nella battaglia che ha avuto come teatro la città di Souq al-Shuyukh, poco lontana da Nassirya, nell'Iraq meridionale. Le immagini scioccanti sono state diffuse nel pomeriggio da Al Jazeera, che le ha ricevute dalla televisione irachena, e hanno scatenato un putiferio, confermando il ruolo centrale della rete del Qatar nella guerra in corso sull'informazione, parte integrante dell'altra, e che Washington non può permettersi di perdere.
La Cbs ha mandato in onda il filmato proprio quando Donald Rumsfeld si trovava nei suoi studi ospite del programma «Face the Nation». Il segretario alla difesa all'inizio ha dichiarato di non sapere se quelli ripresi fossero davvero militari americani. Poi si è appellato alla Convenzione di Ginevra, che non consente di mostrare i prigionieri umiliati. Una protesta in questo senso è venuta anche dalla Croce Rossa Internazionale. (ma va detto che nessuno ha protestato nei giorni scorsi quando le immagini di iracheni che si sono arresi e sono stati fatti prigionieri dalle truppe Usa, sono state ampiamente riprese e diffuse, soprattutto dai media americani). Infine Rumsfeld si è infuriato con la Cbs per aver trasmesso il filmato, che da quel momento è sparito da tutte le catene televisive Usa, Cnn in testa. Una decisa richiesta a ignorare le immagini è stata rivolta a tutti i media mondiali. Particolarmente esplicito il generale John Abizaid che dal Golfo ha attaccato Al Jazeera e ha definito «disgustoso» il filmato nel corso di una conferenza stampa. Anche se «queste immagini non danneggeranno il morale dei nostri soldati». «Siamo gente piuttosto dura» ha aggiunto il generale. Dopo queste bordate, anche collegarsi al sito di Al Jazeera si è trasformata in un'impresa votata al fallimento.
L'ultima parola l'ha detta un George Bush scuro in volto che, rientrando dal week end a Camp David, ha avvertito gli iracheni che saranno puniti come «criminali di guerra» se maltratteranno i prigionieri Usa e ha dichiarato che «un duro combattimento» è appena cominciato. " [MAN]
------------ PRIMO SANGUE ------------
"La guerra diventa sporca Con le immagini delle vittime civili a Bassora, poi dei marines uccisi, il sangue è arrivato sullo schermo. E la guerra irachena ha perso l'aura di spettacolo irreale" [MAN]
"Il bilancio delle vittime
Così, i bollettini acquistano un volto. Riepiloghiamo.
Vittime civili: secondo le autorità irachene il primo bombardamento sulla capitale aveva fatto una vittima, un tassista giordano; e poi altre tre morti (fino a ieri sera) e 250 feriti. Funzionari della Croce Rossa Internazionale, che visitano ogni giorni gli ospedali di Baghdad, parlano di circa 200 feriti per i bombardamenti. Ieri erano riassunti nella faccia di un bambino di pochi anni con la testa fasciata che piange su un letto d'ospedale, una selva di fotografi attorno.
Sempre secondo le autorità irachene, le vittime civili a Bassora sono 77 (il corrispondente di Al Jazeera aveva parlato di una cinquantina) e i feriti 366, tutti colpiti per lo più da cluster bombs, bombe a grappolo. La tv satellitare irachena riferisce anche che 4 persone sono morte e 13 ferite nei bombardamenti di sabato su Tikrit, la città a nord di Baghdad luogo di origine del clan di Saddam Hussein. Nessuna di queste cifre ha conferme indipendenti.
Poi ci sono i militari caduti in combattimento. Nei primi due giorni di offensiva (il 20 e 21 marzo) il comando Usa annunciava la morte di due marines. Fonti militari americane affermano che circa 70 soldati iracheni sono morti nei combattimenti presso Najaf nella notte tra sabato e domenica (Baghdad non conferma né smentisce). Il governo iracheno ieri ha invece affermato che 25 soldati angloamericani («mercenari») sono morti nei combattimenti presso Nasiriya e 35 sono stati presi prigionieri. «Ve li mostreremo alla televisione», aveva promesso in mattinata il ministro iracheno dell'informazione. Le immagini date a Al Jazeera mostrano 5 cadaveri, e 4 prigionieri. Il comando Usa ha ammesso 12 «missing», includendo caduti e prigionieri.
Fuoco amico sulla stampa
Altri militari della coalizione anglo-americana sono morti, ma in «incidenti», compresi episodi di «fuoco amico»: un elicottero Usa precipitato il 21 marzo (12 morti), due elicotteri britannici scontrati il 22 (sette morti). Un militare americano lancia una granata nel suo accampamento, sabato in Kuweit: un morto. Un aereo britannico Tornado colpito da un missile americano Patriot, ieri mattina.
Infine, i giornalisti. Un cameraman australiano è stato ucciso da un'auto-bomba sabato nel territorio kurdo. Tre giornalisti della tv britannica Itn sono «missing» da venerdì, quando la loro auto è stata presa di mira vicino a Bassora (sembra da truppe americane, ovviamente per errore). Ieri ormai erano dati per morti. Vittima di «fuoco amico» sarebbe anche un giornalista russo, sempre vicino a Bassora.
Altre immagini che hanno cambiato la faccia alla guerra sono foto circolate in questi giorni: come i due soldati iracheni in trincea, la bandiera pianca in mano, senza testa: decapitati. Si sono arresi troppo tardi. " [MAN]
--------- ITALIETTA ---------
"COMMENTO Vergogna nazionale L'Italia è il secondo paese al mondo (il primo è stato l'Australia, paese direttamente belligerante) che si è preoccupato di ubbidire senza discussioni alla più arrogante richiesta del governo degli Stati uniti - espellere dal proprio territorio il personale diplomatico iracheno e chiudere, dove ci sia, l'ambasciata di Baghdad. Dopo il nostro governo, anche quello giordano ha adottato lo stesso provvedimento: e così siamo in tre, anche se il ministro Frattini si è trincerato ieri dietro quel che han fatto altri paesi europei, dalla Svezia all'Austria - paesi che hanno sì espulso qualche diplomatico iracheno, ma l'hano fatto nell'arco di diverse settimane e con diverse motivazioni, prima della richiesta-ordine venuta da Washington. Perché gli Usa chiedono quello che chiedono? Non è affatto normale che un paese non belligerante (cioè tutti i paesi del mondo, meno Usa, Australia e Gran Bretagna) tronchi i rapporti diplomatici con un paese coinvolto in una guerra; al contrario, mantenere aperto un canale formale di comunicazione è di norma una garanzia per poter esercitare opera di mediazione e pace. Dunque la richiesta di Washington mira a impedire ogni mediazione, e l'Italia con questo è d'accordo - tanto, non è certo in grado di mediare alcunché, nè lo vuole. Ma la richiesta mira anche più in là: a impedire (è stato detto apertamente) che la futura amministrazione Usa dell'Iraq possa aver problemi nel subentrare al regime di Saddam a livello diplomatico, nonché nell'entrare in possesso dei beni e dei patrimoni posseduti da questo all'estero (e infatti tra le richieste americane c'è anche il congelamento e il sequestro di tali beni, dove ci sono).
Giuridicamente le richieste americane sono prive di qualsiasi valore e fondamento, una pura prova di sottomissione: non per niente tutti i maggiori governi europei (compreso quello inglese!) hanno risposto con un tranquillo «no, sono affari nostri» alle pressioni Usa. Ma quello italiano non è uno dei maggiori governi europei. E' un governucolo che rifiuta sistematicamente ogni responsabilità, come testimonia drammaticamente l'ignobile polemica scoppiata ieri fra Lega e centristi sui profughi iracheni: accoglierli o respingerli perché «qui non li vogliamo, vadano in Turchia»? Qui l'amico americano non dà ordini cui ubbidire, bisogna cavarsela da soli: ma la vergogna che si prova è la stessa." [MAN]
|