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[cronologie di guerra] 25.03.03 sesto giorno
by blicero Friday, Mar. 28, 2003 at 12:28 PM mail:

[cronologie di guerra] 25.03.03 sesto giorno si ringrazia in particolare il manifesto e tutti le persone che vi collaborano per il prezioso aiuto.

25 marzo 2003 : sesto giorno
[fonti : quotidiani del 25omarzo 2003]

"Un muro di sabbia frena l'avanzata Usa verso Baghdad La città sotto i
bombardamenti seppellisce i suoi morti Centinaia di cadaveri a
Nassiriya, Karbala e Najaf Bassora sotto assedio. Gli inglesi: rivolta
anti regime Tagliata l'acqua, la Croce rossa: emergenza umanitaria I
capi religiosi sciiti: «Combattere contro l'invasore» Rumsfeld: «E' solo
l'inizio». E Bush chiede soldi" [MAN]

La rivolta si rivelera' una bufala mediatica pompata dagli
angloamericani per finalmente poter dare visibilita' alla "resistenza
contro saddam" che tanto cercano per giustificare l'attacco.


"La battaglia di Bassora
Ancora forte la resistenza nella seconda città irachena, dichiarata
«obiettivo militare legittimo». Voci e smentite su una rivolta anti
Saddam. Una tempesta di sabbia ferma l'avanzata verso Baghdad. I
marines: autorizzati a sparare sui civili
M.M.
Una tempesta del deserto con venti a 160 km l'ora e vortici di sabbia
che riducevano la visibilità a cinque metri hanno rallentato, ma non
fermato, la marcia delle truppe anglo-americane verso Baghdad. Il
generale Tommy Franks, dal Comando centrale di Doha, nel Qatar, ha detto
che l'avanzata per arrivare alla capitale ne ha risentito, ma il capo
degli stati maggiori riuniti, il generale Richard Myers, dal Pentagono
di Washington, ha precisato che si va avanti, «indipendentemente dalle
condizioni atmosferiche» e che le super-armi high-tech made in Usa non
temono le avverse condizioni del tempo. Le avanguardie americane sono
ormai in vista di Baghdad, a un'ottantina di km, sembra, dopo aver
superato Najaf e Kerbala, e avere aperto un corridoio per le colonne
corazzate una volta conquistati i ponti sull'Eufrate a Nasiriya. Gli
ascari inglesi, forti anche della loro esperienza acquisita in decenni
di lotta anti-Ira nelle strade delle città dell'Irlanda del nord, sono
stati lasciati indietro a fare il lavoro sporco di ripulitura delle
città del sud e dell'estremo sud iracheno, date subito per «conquistate»
e che invece, a sei giorni dall'inizio dell'aggressione, del tutto
conquistate non sono.

I comandi militari anglo-americani accusano, con un linguaggio
prontamente fatto proprio dalla stampa embedded, «le tempeste di sabbia,
i cecchini e il cinismo» della resistenza irachena per il rallentamento
sulla tabella di marcia. Loro non usano la parola ritardo ma gli
analisti militari dicono ora che la campagna potrebbe andare avanti per
altre due settimane e anche un mese, mentre i tempi per la
«pacificazione» del paese restano «un interrogativo aperto».

Fra loro e Baghdad, le colonne corazzate Usa si trovano ora davanti la
famosa e temuta Guardia repubblicana di Saddam - e in particolare la
«formidabile» (parole della Bbc) divisione Medina - battuta dalle bombe
dei B-52 e dai missili di crociera ma pronta per «l'ultima battaglia».
Dietro, dalla penisola di Fao a Umm Qasr, (soprattutto) a Bassora, a
Nassiriya e Karbala, gli inglesi hanno il loro da fare per eliminare le
«sacche di resistenza». Rivelatrici le parole usate dai generali
anglo-americani e prontamente rilanciate dai media in divisa: quelli che
resistono sono definiti via via «gunmen» (banditi). «irregolari»,
«terroristi».

Cominciamo dal fondo. La penisola di Fao, «pacificata». Ma prima
dell'alba un kamikaze si è fatto esplodere accanto a un tank britannico
oltre le linee nemiche, secondo quanto ha riferito un portavoce
dell'aviazione di Baghdad: «il primo attacco suicida».

Poi Umm Kasr, l'unico porto iracheno di acqua profonda sul golfo
Persico. Poco dopo l'una di ieri pomeriggio il brigadiere Jim Dutton dei
British Royal Marines, ha comunicato che la ripulitura era completa e la
città «sicura e aperta». Così sicura e aperta che «entro le prossime 48
ore» avrebbero potuto attraccare le navi cariche di «aiuti umanitari» di
cui, prima ancora che la popolazione irachena, hanno un gran bisogno le
truppe di occupazione.

Risalendo verso nord, Bassora. Lì, nella grande città portuale sciita,
le cose sono ancora complicate, sia per la notizia, per ora confermata
solo dal ministero della difesa britannica, che le forze britanniche e
americane avrebbero distrutto «tre mortai iracheni che sparavano sulla
popolazione». Londra, dopo aver smentito per molto tempo la notizia, a
fine serata l'ha confermata con questa formula: «Sulla base di un certo
numero di informazioni...». Una notizia da verificare alla luce di due
fatti: i proclami degli oppositori sciiti di Saddam che incitano alla
resistenza (ma contro gli invasori anglo-americani) in tutto il sud, la
rilevante resistenza dei militari iracheni alle truppe angloamericane.
Sia con le truppe regolari - la famosa 51ma divisione che doveva essersi
arresa, secondo le informazioni ufficiali, già al primo o secondo giorno
di guerra con il suo generale comandante in testa - sia con le milizie
paramilitari - i fedayn di Saddam - che, parole del generale americano
Victor Renuart, usano tattiche «terroristiche». Per cui con un secco
cambio di strategia, dopo gli intensi combattimenti di lunedì e
l'umiliante ritirata dei dragoni scozzesi, il comando anglo-americano ha
deciso di proclamare Bassora, alla cui popolazione civile di 1.5-2
milioni è già stata tagliata l'acqua e la luce da svariati giorni (... e
la Convenzione di Ginevra?), l'ha dichiarata ieri «obiettivo militare
legittimo». Naturalmente sempre a scopo umanitario, perché anche nel suo
porto dovranno attraccare gli «aiuti». Il che significa che mentre prima
i marines americani e inglesi avevano deciso di non entrare, adesso
hanno stabilito che andranno a stanare quelli che resistono casa per
casa. Guerriglia urbana (l'unica tattica possibile per Saddam, a Bassora
come a Baghdad). Un'operazione «difficile e ad alto rischio», ha detto
il portavoce militare inglese: «Sarebbe stato ideale che Bassora si
fosse arresa»... Ma non si è arresa. Forse anche perché, notizia di ieri
sera, un aereo americano ha lanciato bombe da 500 kg «su bersagli
militari situati dentro immobili civili» della città. Sempre ieri,
intorno a Bassora, sono morti 3 soldati inglesi, uno ucciso da«gunmen» e
due dal «fuoco amico» (sfigatissimi i britons: 20 soldati su 22 uccisi
dal «friendly fire»)

Ancora più a nord, a Nasiriya, i militari Usa che fronteggiano da due
giorni i miliziani di Saddam, hanno avuto ieri l'autorizzazione a
colpire i veicoli civili - rivela un reportage della Cnn: il servizio tv
ha mostrato un camionista ucciso e molti civili con le mani dietro la
schiena legate da fascette di plastica (stile Sharon). Eppure gli
americani dichiaravano di avere già vinto a Nasirya. Tutte le operazioni
nel sud, secondo un portavoce in Qatar, sono costate agli iracheni
«circa 500» morti. E ora, a Baghdad." [MAN]

"LE ORE DELLA GUERRA
6.25 (ora italiana) Violente tempeste di sabbia nel deserto. Rallenta
l'avanzata dei marines verso Baghdad

6.50 Il ministero della difesa britannico rende noto il nome del primo
soldato inglese ucciso in combattimento

7.20 Un numero consistente di truppe americane attraversa Nasiriya

7.35 I comandi militari britrannici dicono che è cambiato lo status di
Bassora. La città è diventata un obiettivo militare

8.30 Il parlamento sud-coreano rimanda al mese prossimo un voto
sull'eventuale invio di truppe non combattenti in Iraq

8.40 Un soldato britannico viene ucciso in combattimento vicino al
Zubayr nel sud dell'Iraq

9.25 Un gruppo di marines americani attraversa l'Eufrate a Nasiriya per
avanzare verso nord, dopo aver incontrato resistenza.

9.45 I funzionari iracheni dicono che hanno distribuito cibo e
medicinali per sei mesi in tutto l'Iraq, ma accusano Usa e il Regno
unito di impedire l'arrivo di merci già pagate nell'ambito del programma
«petrolio in cambio di cibo».

11.00 Il vice-presidente iracheno Taha Yassin Ramadan critica i paesi
arabi che forniscono petrolio agli Stati uniti e al Regno unito.

11.10 Il brigadiere Jim Dutton dei British Marines dice che la città
meridionale di Umm Qasr è «sicura e aperta».

11.50 Il ministro dell'informazione iracheno Mohammed Saeed al Sahaf
afferma che sono stati uccisi «numerosi invasori» diretti verso Nasiriya
ma non dà cifre precise. Usa e Regno unito non confermano. Sahaf afferma
che nelle ultime 24 ore sono stati uccisi 16 iracheni e feriti 95.

12.25 I corpi di almeno 30 iracheni sono segnalati sulla strada che
porta a Nasiriya

13.15 Il primo ministro britannico Tony Blair dice che «molti risultati»
sono già stati raggiunti, ma agginge che la campagna richiederà tempo.

13.35 La televisione irachena trasmette un video in cui Saddam esorta i
capi tribali a «intensificare» la lotta contro gli aggressori.

13.40 Il capo del comando militare congiunto dell'aviazione generale
Richard Myers dichiara che ritiene che la fase più difficile della
guerra deve ancora arrivare.

13.55 Continuano i bombardamenti sulla periferia meridionale di Baghdad

14.19 Il generale Myers afferma che le tempeste di sabbia ritarderanno
l'avanzata verso Baghdad.

14.20 Il sergente-maggiore Kenneth Preston, capo della terza divisione
di fanteria americana, dichiara che circa 5000 iracheni sono stati
uccisi negli ultimi due giorni dalle forze Usa

14.50 La quinta flotta americana nel Golfo decide di incrementare le
misure di sicurezza per timore di attacchi suicidi, dopo che giunge la
notizia del primo attacco kamikaze iracheno nella penisona di Faw

14.52 il Kuwait annuncia che un missile iracheno è stato abbattuto nel
suo spazio aereo

15.14 Il maggiore-generale Victor Renuart del comando centrale
statunitense dichiara che le forze Usa sono «in marcia» nonostante le
cattive condizioni atmosferiche e le tempeste nel di sabbia. Afferma che
per tutta la giornata sono previste 1400 incursioni aeree contro la
Guardia repubblicana irachena

15.33 Il generale Renuart dice che la resistenza di Bassora contro le
truppe della coalizione è guidata da «cellule terroristiche»

16.13 Il ministro degli esteri saudita Saud al-Faisal afferma che il suo
paese ha presentato un piano di pace agli Stati uniti, ma non ha ancora
ricevuto risposta

16.33 Il presidente statunitense George W. Bush conferma di aver
richiesto al Congresso un extra-budget di 74,7 miliardi di dollari per
la guerra

16.58 Ufficiali militari dicono che un aereo da combattimento F 16 ha
colpito con «fuoco amico» una batteria di missili Patriot vicino a Najaf

18.18: Ufficiali britannici parlano di una rivolta anti-Saddam a Bassora

18.35 Il portavoce del dipartimento di stato Usa, Richard Boucher dice
di non essere al corrente dell'iniziativa di pace di Riyadh, ma aggiunge
che è «ormai superato il tempo delle soluzioni concordate con questo
regime iracheno»

19.34 Il segretario alla difesa Usa Donald Rumsfeld dice che la campagna
militare si intensificherà e diventerà più pericolosa. Aggiunge che sono
già stati catturati 3.500 militari iracheni

20.30 Il ministro dell'informazione iracheno Mohammed Saeed Sahaf
smentisce le voci di una rivolta a Bassora

20.44 Il presidente di turno del Consiglio di sicurezza dell'Onu, il
guineano Mamady Traore, annuncia che il giorno seguente (oggi) si
riunirà il consiglio in seduta d'emergenza

20.46 Il principale gruppo di opposizione sciita, il Consiglio della
rivoluzione islamica in Iraq, basato a Tehran, afferma di poter
confermare le voci su una rivolta popolare tra gli sciiti

21.20 Inizia una nuova serie di bombardamenti su Baghdad. Anrdanno
avanti per buona parte della notte

22.00 Due soldati inglesi uccisi da «fuoco amico» nei pressi di Bassora
"[MAN]


"Senz'acqua, «target militare»
La città di Bassora ora è un obiettivo militare per le truppe
britanniche. Ma ieri sera era ancora senz'acqua, così come Umm Qasr. La
Croce Rossa internazionale descrive una crisi umanitaria" [MAN]



"GUERRA
Strage a Nassiriya e Karbala
Centinaia i morti: militari e civili iracheni, soldati angloamericani e
giornalisti


Il bollettino di guerra L'impossibile conta dei cadaveri. Fonti
americane e inglesi: uccisi almeno cinquecento iracheni. Scontri
violentissimi anche a Najaf
MA.FO.
I dispacci d'agenzia sono impietosi. Scrive il corrispondente della
Reuter da vicino Nasiriya: «Due autobus di cadaveri piagati giacciono
sulla sytrada a nord di Nasiriya Martedì, a quanto pare iracheni uccisi
in bombardamenti aerei americani che miravano a fermare i combattenti
che sbarravano un attraversamento fluviale chiave per i Marines». Il
corrispondente dell'agenzia britannica ha contato almeno 30 corpi in
quei bus, poi altri in veicoli una ventina di chilometri a nord della
città, dove i Marines ieri hanno avuto ragione della resistenza delle
milizie «fedayyin». Ha visto anche 25 o 30 prigionieri - molti vestivano
gli abiti neri delle milizie, che i comandi anglo-americani chiamano
«forze irregolari» (ieri hanno avvertito che li considereranno semplici
terroristi). Così il bollettino delle vittime si allunga. Caduti in
combattimenti: 7 marines Usa presso Nasiriya, secondo un portavoce
militare americano, fanno salire a 18 il numero delle vittime Usa.

Due militari britannici sono rimasti uccisi da uno scambio accidentale
tra due dei loro carrarmati vicino a Bassora - «fuoco amico».

Almeno 30 iracheni caduti a Nasiriya (quelli contati dalla Reuter: non
ci sono conferme da parte di Baghdad). Ma nel pomeriggio il Comando
centrale anglo-americano ha affermato che circa 500 iracheni sono stati
uccisi nelle offensive degli ultimi due giorni nell'Iraq meridionale.
Una cifra che appare tragicamente in difetto se solo si pensa che in
tardissima serata sono arrivate, dal Pentagono, le cifre dei morti delle
sole due battaglie di Najaf e Karbala, considerate le più dure finora di
tutta la guerra: da 300 a 500 militari iracheni ucci.

Vittime civili: almeno due iracheni sono stati uccisi a Nasiriya (visti
sempre dal corrispondente della Reuter). Le fonti del governo di Baghdad
affermano che 16 civili iracheni sono stati uccisi nelle ventiquattr'ore
tra lunedi e martedì sera, e 95 feriti. Si aggiungono a 77 civili uccisi
a Bassora e 4 a Tikrit sabato, e altre 62 domenica tra Bassora e
Baghdad.Il Comitato internazionale per la Croce Rossa ieri ha comunicato
di aver avviato colloqui con entrambe le parti per avere accesso ai
progionieri di guerra. «C'è un dialogo costruttivo», ha detto la
portavoce del Icrc da Kuweit City, «non abbiamo motivo di credere che
non avremo accesso ai progionieri».

Ieri a Baghdad il personale del Icrc ha anche controllato la situazione
in diversi ospedali, che riferiscono di aver ricevuto 60 feriti (tra
lunedì e martedì). La Croce Rossa internazionale sta continuando a
rifornire gli ospedali della capitale di acqua e ambulatori, l'ospedale
Al Yarmouk e il Al Kindi: acqua in cisterne e taniche, per attrezzarle a
possibili interruzioni del servizio idrico - come a Bassora. E
generatori d'elettricità. Poi ha rifornito d'acqua anche le zone
settentrionali della città, Rusafa, dove l'approvvigionamento idrico è
normalmente scarso, e altri cinque centri sanitari d'emergenza. Per
prepararsi al peggio. Resta alto il numero dei giornalisti caduti o
missing. Ieri è scomparso un giornalista iraniano nella penisola di Fao,
forse preso prigioniero. Lavora per la televisione satellitare iraniana
Lbc. Due giornalisti della rete britannica Itn restano missing mentre il
terzo del gruppo, Terry Lloyd, è ormai confermato, è stato ucciso il 22
marzo presso Bassora - il suo corpo sarebbe nell'ospedale della città.
Il corpo del giornalista australiano uccisi da un attentato nel
territorio kurdo del nord è stato rimpatriato lunedì, via Iran." [MAN]

--

-------
TURCHIA
-------

"Via libera all'esercito turco
Da Usa e Nato ok all'occupazione «umanitaria» di una fascia di 20 km in
Iraq
O. C.
La Nato ha dato ieri il via libera al piano della Turchia per uscire
dall'impasse Iraq. Ankara aveva chiesto di poter creare e gestire una
striscia profonda venti chilometri all'interno del nord Iraq. La Nato,
per bocca del suo segretario generale George Robertson, ha detto che la
cosa si può fare. Naturalmente, assicura Robertson, la zona cuscinetto
dovrà essere utilizzata «solo per ragioni umanitarie». Dovrebbe cioè
servire ad accogliere eventuali profughi iracheni in fuga dalle zone del
conflitto. Robertson ha aggiunto che «la Turchia ci ha detto che l'unica
zona dove può accogliere i profughi è una striscia di venti chilometri
da ritagliare all'interno del nord Iraq. Il versante turco della
frontiera - ha aggiunto - è estremamente inospitale e pericoloso per i
profughi». Tanto è bastato all'Alleanza Atlantica per dare il via libera
ad un piano che è, nei fatti, la legalizzazione di quegli
«sconfinamenti» illegali che la Turchia da anni opera per dare la caccia
ai guerriglieri kurdi del Pkk, e far restare sempre col fiato sul collo
i kurdi iracheni. Robertson ha aggiunto che il piano «è stato accettato
come una necessità geografica» dagli Stati uniti. E a quanto pare anche
dagli altri membri dell'Alleanza, «d'accordo - ha precisato il
segretario della Nato - purché non si vada oltre la creazione di questa
fascia umanitaria». A Robertson è bastata l'assicurazione di Ankara che
«non ha intenzione di invadere il nord dell'Iraq, ma la necessità di
gestire i problemi umanitari che sorgerebbero se i profughi
oltrepassassero i confini».

Alla domanda su chi vigilerà sui turchi e sulle loro operazioni nella
zona cuscinetto, Robertson risponde che questo compito spetterà alla
Nato. Sembra comunque abbastanza singolare che gli Stati uniti abbiano
accettato questo piano praticamente senza batter ciglio dopo il braccio
di ferro durato oltre un mese e conclusosi con un serio raffreddamento
dei rapporti tra Ankara e Washington, una volta solidissimi. Anche la Ue
che pure aveva minacciato la Turchia di serie ripercussioni se avesse
deciso di entrare nel nord Iraq, ieri si è detta soddisfatta
dell'accordo. Il presidente della commissione, Romano Prodi, ha detto
che «se i comportamenti sono quelli annunciati dal governo turco non ci
saranno problemi. Ma è davvero la prova del fuoco per la Turchia»."
[MAN]


-----------------
FINANZE DI GUERRA
-----------------

"George W. batte cassa per la guerra
Bush chiede al Congresso americano 74 miliardi e 700 milioni di dollari
per proseguire l'attacco contro l'Iraq, mentre oggi incontrerà il
premier inglese Tony Blair per discutere sull'andamento del conflitto
La guerra costa Il presidente Usa (nella foto) vuole soldi per il
conflitto e per gli aiuti umanitari. Ma anche per comprare la Turchia
FRANCO PANTARELLI
NEW YORK
George Bush vuole dal Congresso lo stanziamento di 74 miliardi e 700
milioni di dollari per «spese d'emergenza», cioè per finanziare
l'attacco militare contro l'Iraq. Quella somma, ha spiegato Bush, serve
a coprire i costi dell'operazione per i prossimi sei mesi, ma è bene che
il Congresso dia prova di «flessibilità» perché «non possiamo sapere
quanto questa guerra durerà». In compenso «sappiamo come andrà a finire:
vinceremo. Il regime iracheno sarà disarmato, il regime iracheno sarà
cancellato, il popolo iracheno sarà libero e il nostro mondo sarà più
sicuro e pacifico». La solita favoletta destinata al pubblico che
avrebbe ascoltato il discorso in tv. Ma siccome stavolta Bush la stava
raccontando in una sala del Pentagono, bardata di bandiere e piena di
alti ufficiali delle forze armate che gli avevano appena presentato il
rapporto non proprio lusinghiero di come anche ieri stavano andando le
cose, perfino lui ha mostrato un certo imbarazzo. Che comunque non gli
ha impedito di andare avanti sulla stessa linea astratta e ripetitiva
che ormai costituisce il suo stile. Mentre il Paese è percorso dalle
immagini delle facce terrorizzate dei soldati catturati dagli iracheni e
dei loro parenti in lacrime, lui ha detto che «la gente delle nostre
forze armate e le loro famiglie stanno mostrando grande coraggio, e
alcune hanno perfino subito gravi perdite. L'America è grata a tutti
coloro che si sono sacrificati per la nostra causa». Della somma
chiesta, hanno poi spiegato i collaboratori di Bush, 62 miliardi
serviranno al costo vivo delle operazioni militari e gli altri 12
saranno destinati agli aiuti umanitari all'Iraq, a quelli accordati ad
altre nazioni e a incrementare le misure di sicurezza interne perché
evidentemente a quel «mondo più sicuro e pacifico» destinato a
realizzarsi d'incanto dopo la caduta del regime iracheno non crede
neanche lui. Uno di quei 12 miliardi è destinato anche alla Turchia e
molti erano incerti ieri se si trattasse di un atto di «generosità» da
parte di Bush nonostante il «tradimento» di Ankara che non ha permesso
l'uso del suo territorio per attaccare l'Iraq dal Nord o se si è
trattato di una «punizione», visto che i miliardi inizialmente promessi
erano 15, più vari altri aiuti attraverso il Fondo monetario
internazionale e la Banca Mondiale.

Di quei soldi non fanno parte quelli necessari a ricostruire l'Iraq.
Bush ha già varato l'intero organico del governo che deve sostituire
quello di Saddam Hussein ma di soldi non ne vuole ancora parlare ed ha
le sue buone ragioni che si riassumono in una domanda: con quale
autorità «amministreranno» l'Iraq? Le Nazioni unite fanno sapere che
loro per intervenire nella ricostruzione hanno bisogno
dell'autorizazione del Consiglio di Sicurezza (che oggi torna a riunirsi
per discutere della guerra in Iraq) non basta «un appalto da parte degli
Stati uniti», come dice Mark Malloch Brown, direttore del programma di
sviluppo del Palazzo di Vetro. Francia e Russia, da parte loro, hanno
fatto già presente che non permetteranno nessun voto che in qualche modo
legittimi la «guerra illegale» condotta da Stati Uniti e Gran Bretagna,
riconoscendo loro appunto il ruolo di «amministratori». Il nodo non sarà
facile da sciogliere e questo sarà l'argomento più spinoso che Bush
discuterà con Tony Blair, atteso domani per fare il punto della
situazione. Se ne andranno insieme a Camp David e ci resteranno anche
venerdì per discutere a fondo e trovare una soluzione. Schematizzando,
da quanto si è sentito dire Blair è «pro Onu» perché vede il suo
coinvolgimnento anche come un modo per riavviare una qualche ricucitura
con la «vecchia Europa»; Bush invece vuole partire con il «suo» governo
e a quanto pare ne fa anche un problema di efficienza del tipo «noi
sappiamo come fare, l'Onu no». Chi prevarrà e in che termini si saprà
solo domani, quando i due alleati di questa avventura irachena
parleranno pubblicamente. L'idea di andare a Camp David, infatti, è
venuta proprio per evitare indiscrezioni sui loro colloqui.

Il termine che Bush ha dato al Congresso perché la legge che stanzia i
74 miliardi di dollari arrivi sul suo tavolo è l'11 aprile. I
parlamentari - anche quelli che sostengono la guerra - non sono molto
contenti perché non hanno avuto nessuna spiegazione dettagliata. In
tutti c'è il sospetto che la "flessibilità" invocata da Bush nasconda
altre richieste di soldi e rivendicano il diritto di vederci più
chiaro"[MAN]

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