dal manifesto di oggi
Le bombe di Camp Darby
Partono da Talamone gli ordigni destinati a Baghdad. E da Roma decollano tre aerei al giorno ALESSANDRO MANTOVANI ANGELO MASTRANDREA
Il comando statunitense di Camp Darby (Pisa) potrebbe cominciare già domani a imbarcare circa duecento container, carichi di bombe, su una nave da guerra al largo del porto di Talamone (Grosseto). Si tratterebbe di armamenti destinati agli aerei che stanno bombardando l'Iraq, forse «forniture» supplementari legati cambiamenti nei piani d'attacco anglo-americani. Alcune fonti, rigorosamente anonime, segnalano che i container verrebbero trasferiti dalla base Usa di Camp Darby al porticciolo dell'Argentario a bordo di tir e di camion, che non viaggerebbero incolonnati ma ben separati l'uno dall'altro. In genere gli americani spostano i materiali da imbarcare su navette marittimo-fluviali, lungo il canale dei Navicelli e fino alla rada di Talamone, ma stavolta cambierebbero sistema per ragioni di sicurezza. Poi, come è già accaduto a Talamone, le operazioni di carico sulla nave avverrebbero al largo, dove i container arriverebbero su piccole imbarcazioni e chiatte. Secondo le segnalazioni raccolte, cominceranno già fin da domenica notte e nelle notti seguenti. I container sarebbero 184. Da Talamone arriva anche una conferma piuttosto attendibile, ma purtroppo parziale. Proprio una settimana fa il comando di Camp Darby aveva chiesto alla locale compagnia portuale l'uso di una banchina in cui poter stoccare «circa duecento container», il cui carico è rimasto avvolto nel mistero perché non è mai arrivato. I lavoratori del porto, a quanto pare, hanno rifiutato di lavorare per i militari Usa, come era già successo ai cantieri navali di Livorno dove una nave militare americana ha ripreso il mare giorni fa senza aver ottenuto le riparazioni richieste.
Conferme ufficiali non ce ne sono. Di certo a Camp Darby sono arrivati armi e mezzi militari in gran quantità, a fine febbraio, a bordo dei famigerati treni che facevano zig-zag tra i blocchi pacifisti, ma gli ufficiali della base pisana non diranno mai che fine hanno fatto o faranno. E del resto a Vicenza, nel giorno in cui i suoi uomini partivano per l'Iraq, il comandante dei parà Usa dichiarava a un gruppo di «deputati-ispettori» che quei soldati si preparavano ad «esercitazioni»: 48 ore dopo quel contingente decollato da Aviano (Pordenone) veniva scaricato nei cieli del Kurdistan iracheno, per aprire il nuovo fronte. Anche in queste ore in tutta Italia i movimenti di uomini e mezzi destinati alla guerra prosegue in gran segreto, «protetto» in larga parte dalla decisione del governo di concedere lo spazio aereo, l'uso delle basi Usa e Nato con il solo limite dell'esclusione di missioni dirette d'attacco (basta insomma che facciano scalo altrove) e la disponibilità dell'infrastruttura di trasporti.
A Vicenza la caserma dei parà sembra quasi svuotata e fonti americane confermano che tutti gli uomini sono partiti, però in città non tutti ci credono e anche ieri alcuni giornali davano notizia di contingenti che non avrebbero ancora lasciato la caserma Ederle ma lo faranno presto. E all'aeroporto di Roma Fiumicino si ripetono quotidianamente arrivi e decolli di aerei privi di insegne o delle compagnie Delta Airlines, World, Usair, diretti quasi sempre nel Kuwait dove portano, a seconda dei casi, militari oppure armamenti e materiali. DC10, qualche volta jumbo.
Alcuni arrivano in Italia dagli Stati Uniti, altri raggiungono il Golfo Persico, dopo lo scalo a Roma, direttamente dai campi di battaglia delle ultime imprese, dall'Afghanistan. A Fiumicino basta sistemarsi in via Coccia di Morto, poco oltre l'intersezione con via Lago di Traiano che segna la punta sudorientale dell'aeroporto Leonardo Da Vinci, per vedere nell'area merci la sagoma bianca dei misteriosi Dc10, con il timone azzurro e la scritta World. Decollano, in questi giorni, la mattina tra le 11 e le 13. E quei voli sono iniziati a gennaio, come ha riconosciuto giorni fa in parlamento il ministro Carlo Giovanardi, dunque ben prima del 21 febbraio quando il collega della difesa Antonio Martino ha informato le camere della concessione del via libera agli Usa per la rete infrastrutturale civile. Fiumicino è un aeroporto militarizzato, nel quale le denunce dei sindacati Filt-Cgil e Sulta non hanno ottenuto alcuna risposta. Nemmeno sulla natura dei carichi trasportati.
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