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Manifestazione ultras: rassegna stampa 1
by xxx Friday April 04, 2003 at 02:41 PM mail:  

Oggi a Roma il corteo degli ultras contro la manifestazione. Qui di seguito i due articoli pubblicati dal manifesto e quello di Liberazione

Il manifesto dedica un'intera pagina alla manifestazione degli ultras di calcio che si tiene oggi a Roma, nel primo articolo c'è un'analisi di quanto sta avvenendo nelle curve e nel secondo la cronaca sulle divisioni di questi giorni. Liberazione fa parlare l'associazione "Noi ultras" di Venezia (in parte legata ai Disobbedienti del nord est) che non partecipa. E' disponibile su Indy il comunicato del Movimento ultras che non prenderà parte alla manifestazione: http://www.italy.indymedia.org/news/2003/04/244248.php
Su http://www.tifonet.it altre notizie, su http://www.irriducibili.com e http://www.ultrasinside.it la voce di chi organizza la manifestazione.

Dal manifesto, 4 aprile 2003:

Il popolo della curva si mette in cammino

Ultras, oggi a Roma la manifestazione contro la repressione
Per dire no gli arresti facili, alle troppe diffide e ai danni del neocalcio, sfilano nella capitale diversi gruppi ultrà. Un corteo pacifico e privo di segni politici, ma non del tutto rappresentativo. All'orizzonte, un movimento antagonista

GUIDO LIGUORI
ANTONIO SMARGIASSE
«Il 4 aprile, a suo modo, rappresenterà una data importante nella storia del calcio italiano. Il tifo ultras infatti vive oggi una tappa significativa nel processo di costituzione di sé come movimento antagonista. Per le strade di Roma sfileranno oggi fianco a fianco migliaia di tifosi in rappresentanza di gruppi cresciuti finora in contrapposizione tra loro»: questo l'inizio che avevamo pensato per questo articolo. Le cose però sono andate diversamente e la manifestazione sarà meno grande e rappresentativa di quanto non fosse legittimo sperare. Non è chiaro - nessuno ha voluto fare veramente chiarezza - quali siano i motivi che hanno impedito di raggiungere un livello unitario più elevato. Eppure, questi primi tentativi di passaggio, ancora tutto da realizzare, dalla «logica del beduino» (gli amici dei miei nemici sono miei nemici, ecc.) - così la sociologia definiva le relazioni tra le curve - alla nascita di un Movimento Ultras d'Italia segnano un salto di qualità di grande importanza. Quella odierna è soltanto una pausa, una parentesi, breve per di più, in un percorso ricco ancora di identità sedimentate, di connotazioni ideologiche e culturali (e spesso politiche) ben definite e spesso contrapposte. Il cammino tuttavia sembra iniziato, vedremo in futuro se si saprà far fruttare questa spinta a pensarsi come parte di un tutto, a riconoscere e a confrontarsi con gli altri. Che cosa ha spinto tanti ultras a tentare di organizzarsi in movimento nazionale? Più fattori, tutti riconducibili però a un'unica questione. I processi reali che anche in Italia stanno trasformando il calcio tradizionale in neocalcio sono visti (o meglio vissuti), non del tutto a torto, come elementi che erodono le ragioni stesse del tifo tradizionale e del tifo ultras in particolare. Una frase di Galliani che riassume con grande efficacia ciò che sta accadendo nel nostro calcio: «Le squadre sono aziende. La cosa più vicina al calcio è una major che produce film. La partita è una pellicola che dura novanta minuti. Lo stadio è la sala cinematografica. Lo sfruttamento tivù è pressoché analogo a quello di un film. Attorno al film vanno poi create attività collaterali: i miei modelli di sviluppo sono la Warner e la Walt Disney. In quel senso io sviluppo il Milan. Quando acquistammo la società nell'86, la biglietteria rappresentava il 90% del fatturato. Oggi il mix è 60% diritti tivù, 25% sponsorizzazioni e attività commerciali, 15% biglietteria. L'85% va conquistato come in una qualunque altra azienda». Ecco, nel passaggio per lo stadio dal 90% di ieri al 15% di oggi c'è esattamente la ragione della lotta degli ultras. Perché se il calcio moderno, sempre più orientato al business, sposta dagli spalti alla televisione il luogo della sua rappresentazione, lo stadio (la curva in particolare) rimane invece il momento centrale nella formazione di ogni identità ultras.

Il comunicato di convocazione della manifestazione elenca le principali problematiche intorno alle quali si è promossa la mobilitazione: la repressione, anzitutto (contro i recenti provvedimenti legislativi e l'introduzione della flagranza differita, e contro l'utilizzo delle diffide in maniera indiscriminata); l'abolizione dei treni speciali, che finisce tra l'altro per scaricare sui semplici cittadini i disagi di trasferte sempre disagevoli; il caro prezzi, che contribuisce pesantemente a svuotare gli stadi; le misure tese a rendere più difficili le trasferte, come ad esempio il divieto di vendita dei biglietti del settore ospiti nelle ore che precedono l'incontro; il calcio spezzatino, funzionale unicamente alle tv; la richiesta infine che forze dell'ordine esibiscano il numero di matricola bene in vista sulle uniformi, al pari di altri paesi europei.

Un movimento dunque con una fisionomia fortemente riformista, che si muove su rivendicazioni ragionevoli e per lo più assolutamente condivisibili. Ma che ha il suo nucleo centrale, inutile negarlo, nella lotta alla repressione. Il governo del calcio e, a suo modo, anche il governo del paese (una qualche parvenza di efficienza sul tema dell'ordine pubblico deve pur darlo), attribuiscono un ruolo significativo al processo di normalizzazione degli stadi. Il calcio è una vetrina importante del sistema Italia ed è ora, lo hanno detto chiaramente, che questa vetrina torni a luccicare. Sottrarre le curve al controllo del tifo organizzato diventa così indispensabile per sviluppare con successo questo processo. Da parte loro gli ultras non hanno nessuna intenzione, pena il rischio di un loro possibile smembramento, di cedere il territorio conquistato in anni di militanza. I fatti recenti, seguiti nient'affatto casualmente all'approvazione delle recenti misure legislative relative alla repressione, indicano chiaramente fin dove lo Stato intende portare il livello dello scontro: l'arresto di decine di tifosi della Lazio, a mesi di distanza dai fatti incriminati, fondato su prove e testimonianze di cui non è dato sapere, ma che lascia più che perplessi per la forma e i tempi in cui è stato realizzato, è un segnale forte lanciato a tutto il movimento. Colpiamo loro - perché la società è debole e impegnata in ben altre faccende, perché la loro immagine per i media e per l'opinione pubblica è carne da macello ormai da anni e nessuno avrà poi tanto da ridire se l'habeas corpus diventa carta straccia davanti ai cancelli della curva nord - ma domani può toccare ad ognuno di voi. Giù la testa dunque, la ricreazione è finita.

Due punti ancora del comunicato di preparazione della manifestazione è forse necessario sottolineare, proprio in relazione alla necessità di elaborare strategie capaci di contrastare questi processi di normalizzazione. «Riguardo alle modalità pratiche della manifestazione», così leggiamo, «si è deciso che non dovranno essere esposti simboli politici di alcun tipo, per non creare problemi e divisioni». Una manifestazione essenzialmente politica quindi priva di simboli politici; come dire, la politica ci unisce, i simboli ci dividono, possiamo stare insieme solo se c'è posto e legittimità per tutti. Più avanti, l'altro tema: «Continuiamo infine a ribadire con forza quella che è probabilmente la condizione più importante: la manifestazione è pacifica quindi non ci dovranno essere problemi ed incidenti di nessun tipo, né tra gruppi rivali, né con le forze dell'ordine». No alla violenza dunque, perché quello è il terreno che consente all'avversario di colpire meglio e con più forza.

Perché non chiedersi, allora, al di là della pur importante parentesi odierna, se il rifiuto di ogni verniciatura politica e il rifiuto della violenza non possano diventare le fondamenta della crescita di domani. Se non siano queste le colonne d'Ercole da passare per una nuova stagione degli ultras, evitando il rischio di avvitamenti suicidi su se stessi, sempre più duri, sempre più puri, sempre più soli.

sempre dal manifesto, 4 aprile 2003:
Tifosi divisi alla prima prova «politica»

Cuore della protesta gli Irriducibili Lazio, le curve «rosse» restano a casa. Ma destra e sinistra non spiegano tutto
ALESSANDRO MANTOVANI
ROMA
Ogni mattina, prima del caffè, Diabolik alza il telefono e chiama gli amici per assicurarsi che stiano tutti bene, cioè che nessun altro sia finito in galera. Perché Diabolik, al secolo Fabrizio Piscitelli, 36 anni, è il capo indiscusso degli Irriducibili, maggiore gruppo ultrà della Lazio e florida catena di merchandising con tredici punti vendita a Roma: si definiscono «apolitici» ma non hanno mai smesso di coinvolgere la curva nord in cori come «romanista ebreo» e «questa Roma qua sembra l'Africa». Diabolik è preoccupato perché gli Irriducibili (e la Banda noantri) sono stati travolti da una pesante stretta repressiva che, in un mese, ha portato dietro le sbarre ben venticinque di loro per episodi di violenza risalenti al periodo tra la fine del 2002 e il febbraio di quest'anno. Per questo i laziali saranno i principali protagonisti al corteo che sfilerà oggi alle 16 a Roma dalla cittadella giudiziaria di piazzale Clodio allo stadio Olimpico. Niente simboli politici, consegna tassativa. Solo striscioni dei gruppi e sciarpe e cappellini con i colori della squadra del cuore. E ovviamente striscioni «contro la repressione». La manifestazione nazionale degli ultras contro gli arresti e le diffide (divieti di frequentare gli stadi), ma anche contro il calcio «moderno» delle pay tv, è in discussione da un paio di mesi. Da quando cioè il governo ha varato il decreto che consente l'arresto in flagranza degli ultrà anche a 36 ore dai fatti, in base ai filmati visionati dalla polizia. «A voi i soldi a noi la repressione» è la scritta che campeggia da settimane sugli spalti di tutta Italia. Per questa iniziativa, fin dall'inizio, si è dato un gran da fare il 38enne Fabrizio Toffolo, alter ego di Diabolik, star della trasmissione che gli Irriducibili gestiscono su una radio romana e portavoce del gruppo. Anche Toffolo, però, è finito a Regina Coeli: il 24 marzo la procura di Roma l'ha fatto arrestare con l'accusa di aver preso parte all'aggressione a poliziotti e ferrovieri del 15 dicembre 2002 alla stazione Tiburtina, dove gli ultrà biancazzurri hanno travolto il servizio d'ordine per salire sull'Intercity diretto a Torino per Juve-Lazio (1-2).

La trattativa per un corteo unitario è fallita solo qualche giorno fa. Oggi in piazza ci saranno i laziali, in buona compagnia con i romanisti più vicini a loro (Tradizione e distinzione, Boys, forse gli Ultras romani ma non i Fedayn), gli interisti dei Boys San e i Fighters juventini, veronesi e padovani, leccesi e tarantini. Non ci saranno, invece, i gruppi salernitani, bergamaschi, bresciani, milanisti e di altre squadre, che pure avevano partecipato alla prima parte del percorso unitario; né ci sarà Progetto ultrà, l'osservatorio sulle (e delle) curve finanziato da Ue e Regione Emilia Romagna e impegnato da anni contro il dilagare di violenza e razzismo negli stadi. A quanto pare non si sono accordati sulla gestione del dopo-corteo perché i «gruppi ospitanti», cioè i romani, volevano aprire i microfoni a tutte le realtà presenti, gli altri invece preferivano un intervento unitario che si è rivelato impossibile da concordare. Nel comunicato in cui si dissocia, firmato Movimento ultras, si legge che «non è stata posso possi possibile raggiungere una condivisione di valori e principi, non è stato possibile gestire unitariamente l'evento» ma anche «auspichiamo comunque una buona riuscita della protesta, il lavoro intrapreso non andrà sprecato, verranno proposte nuove iniziative». Ieri, sul portale tifonet.it, si leggevano prese di distanze dal corteo da Brescia, Bergamo, Napoli (Fedayn), Parma, Modena, Cava dei Tirreni. Meno concilianti i romani: «Su di noi giudizi menzogneri, in malafede. Chiedevamo solo di poter parlare, non ci rappresenta nessuno».

La politica spiega troppo e troppo poco, non foss'altro perché la piazza romana sarà disertata anche da gruppi con il cuore a destra (torinisti e udinesi, ad esempio). Ma è pur vero che le tifoserie più marcatamente di sinistra -livornesi, ternani, perugini, cosentini e quanti si riconoscono in «Resistenza ultras» - nemmeno per un attimo hanno pensato di sfilare con gli Irriducibili. Gli ultrà laziali, per dirne una, difendono a spada tratta anche i cinque arrestati a novembre e rinviati a giudizio per l'aggressione a un marocchino nei pressi della sede degli Irriducibili, che secondo la procura fu tentato omicidio aggravato dai motivi razziali. E domenica scorsa, a manifestare con Diabolik davanti Regina Coeli, c'erano molte facce note della destra radicale romana, che forse ci saranno anche oggi sia pure senza volantini né bandiere.



Da Liberazione, 4 aprile 2003

La "politica di curva" chiede più spazio - E' importante promuovere la cultura ultras senza cadere in strumentalizzazioni

Niccolò Carratelli

Doveva essere una manifestazione unitaria, nata dal lavoro e dalle idee di tutti i gruppi ultras italiani, ma il corteo che muoverà oggi pomeriggio da Piazzale Clodio allo stadio Olimpico rischia invece di essere egemonizzato dai gruppi romani, in particolare da quelli laziali. Gli "Irridicibili" sono stati un po' i protagonisti di questa spaccatura, accusati dai gruppi appartenenti al "Movimento Ultras" di voler strumentalizzare la manifestazione per propri interessi specifici. Nell'ultima riunione organizzativa non si è trovato un accordo sui messaggi da lanciare e le regole da rispettare, che avrebbero dovuto essere comuni a tutti i gruppi partecipanti. Si sono creati due opposti schieramenti: da un lato i gruppi aderenti a "Movimento Ultras", dall'altra quelli che appoggiano gli "Irriducibili", quasi tutti legati ad una cultura politica di destra.
Nonostante i numerosi tentativi di allontanare dalla manifestazione qualsiasi etichetta politica, le divisioni ideologiche alla fine hanno prevalso, tagliando le gambe alle buone intenzioni di molti organizzatori della manifestazione.

Franz, portavoce dell'associazione "Noi Ultras" di Venezia, prova a spiegare le ragioni di chi, come lui, non verrà a Roma: «C'era il rischio che alcune dichiarazioni non concordate dalla maggioranza dei gruppi acquisissero una rilevanza eccessiva rispetto ai reali motivi della nostra protesta.» Un peccato sia finita così, visto il lavoro fatto per coordinare le azioni di molti gruppi, anche di matrici politiche e culturali molto distanti. «Il nostro è un movimento variegato - prosegue Franz - ma è possibile trovare un punto di vista comune per reagire a questa legge repressiva». Per quanto riguarda gli "Irriducibili", non usa mezze parole: «Mi sembra evidente che cercano di costruirsi una leadership a livello nazionale, estromettendo "Movimento Ultras"; ma noi rifiutiamo di farci ingabbiare da certe logiche politiche, specie se di estrema destra e vicine a "Forza Nuova"».

Il pericolo che la manifestazione si svolgesse a beneficio di una sola piazza ha convinto molti gruppi a disertare l'evento; accanto agli ultras laziali dovrebbero esserci anche i "Boys" dell'Inter, quelli della Roma e rappresentanze da Varese e Verona. Tutti gruppi con un preciso orientamento politico; ma Franz precisa: «Ci sono anche gruppi di destra che hanno preferito non partecipare, come quelli dell'Udinese, a dimostrazione che in "Movimento Ultras" convergono molte realtà diverse, accomunate da medesimi obiettivi». La necessità di questo movimento è quella di promuovere la cultura ultras, intesa come aggregazione sociale, condivisione di valori, unione di intenti, evitando però di autorappresentarsi, con azioni e prese di posizione irresponsabili, come progetto debole e privo di credibilità. Il passaggio fondamentale da una "politica in curva" ad una "politica di curva", realizzato quanto più possibile su larga scala, è certo il percorso migliore per raggiungere la tanto auspicata unità.


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