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[cronologie di guerra] 05.04.03 diciassettesimio giorno
by blicero Monday April 07, 2003 at 10:16 PM mail:  

[cronologie di guerra] 05.04.03 diciassettesimio giorno si ringrazia in particolare il manifesto e tutti le persone che vi collaborano per il prezioso aiuto.

05 aprile 2003 : diciassettesimo giorno
[fonti : quotidiani del 6 aprile 2003]

"Due colonne di mezzi blindati americani entrano sparando nella capitale
irachena Lasciano una scia di veicoli bruciati «e almeno mille soldati
iracheni morti» Saddam incita i resti delle sue truppe: «La città è
nostra, attaccate l'invasore» Ma la Guardia repubblicana è sparita e
migliaia di civili sono già in fuga E' cominciata la battaglia di
Baghdad" [MAN]

"L'ora dell'ultimo assalto
L'annuncio dell'arrivo dei primi mezzi blindati americani segna l'inizio
della giornata. E' l'assaggio della battaglia finale, alla quale Baghdad
si prepara da giorni. Le strade si svuotano, la tensione sale mentre
agli incroci e sui ponti si vedono spuntare soldati e carri armati
pronti a difendere la città
GIULIANA SGRENA
INVIATA A BAGHDAD
Questa volta il missile è arrivato vicino, a meno di cento metri
dall'hotel Palestine in cui ci troviamo ed è caduto nel fiume Tigri. Un
rumore assordante ha rotto il silenzio che, dopo tante esplosioni,
dominava sulla città. La cannonate sparate nella zona dell'aeroporto
sono rimbalzate tutta la mattina fino a noi, nel centro della città, poi
il silenzio. Inquietante. Tanto più che le notizie sono frammentarie,
contrastanti, difficili da verificare. Ci proviamo. In mattinata ci
avevano detto che erano stati visti carri armati Abrams schierati in una
piazza poco lontana dall'ospedale Yarmuk, sulla strada dell'aeroporto,
dove la mattina presto sarebbero stati depositati decine di cadaveri,
risultato della sanguinosa battaglia in corso per il controllo
dell'aeroporto. Nell'ospedale sono invece ricoverati i numerosi militari
feriti, gli altri sono stati portati in un altro, quello di al-Kindy.
Successivamente arrivava la notizia che i ponti che attraversano il
Tigri collegando le due parti della città erano stati chiusi, dagli
iracheni che stavano preparando la difesa di Baghdad al-Rusafa, la città
vecchia, con i carri armati. Intanto camion pieni di soldati con al
rimorchio dei pezzi di artiglieria passavano inneggiando a Saddam sul
lungo Tigri. Ci siamo, pensavamo. Forse la battaglia finale sta per
scatenarsi. Devono averlo pensato anche molti degli autisti e delle
guide che seguono i giornalisti che ieri non si sono fatti vedere. E i
proprietari di piccoli alberghi e ristoranti che hanno murato porte e
finestre. Avranno paura più degli invasori o dei saccheggi? Comunque,
con a pretesto una botta di consumismo dell'ultima ora prima del
diluvio, proviamo ad attraversare il Tigri sul ponte Rashid, nessuno ci
ferma, proseguiamo verso il quartiere al Mansour, dove venerdì Saddam
aveva fatto la sua uscita spettacolare, il supermarket che ci ha fornito
l'alibi è quasi completamente «saccheggiato» dagli ultimi costosi
acquisti degli occidentali, tutti devono preparare le scorte. Si teme
sempre il peggio - forse anche il proprietario del supermarket che ha
una pistola infilata nella cintola - dopo che è saltata l'elettricità e
di conseguenza l'acqua. Le casse di acqua minerale vanno a ruba, ma
bisogna dotarsi anche di candele e torce, e poi scatolette in caso di
mancanza di cibo.

La strada è quasi deserta, le poche macchine corrono veloci, la tensione
è palpabile anche negli autisti, gli incidenti si moltiplicano. In uno
veniamo coinvolti anche noi, non ci voleva proprio. Per fortuna la
fretta fa risolvere presto anche i contenziosi stradali. Accanto alla
Saddam tower, rimasta miracolosamente in piedi mentre il centro di
comunicazione contiguo è stato completamente sventrato lasciando cadere
pezzi anche sulla strada, sono appostati quattro carri armati, e sui
lati ci sono altri militari che bivaccano sotto gli alberi un po'
ovunque, più o meno discretamente. Qualche camion con montato sopra un
cannoncino, una specie di «tecnica» che andava e va ancora di moda in
Somalia, per ora si tiene in disparte. La militarizzazione della città
ora è sempre più evidente, anche se non tanto quanto farebbe presupporre
una difesa di fronte ad una imminente invasione. Passiamo vicino
all'ospedale Yarmuk, tutto normale, diverse macchine parcheggiate, ma
non ci sono segni di cadaveri, deve essere stato tutto ripulito. Non si
vedono carri armati americani sulla piazza indicataci, solo una
postazione più nutrita di contraerea nelle aiuole supportata da numerosi
militari, mentre un veicolo sventrato è abbandonato al centro di uno
spartitraffico. Se i carri armati dall'aeroporto erano arrivati fino
qui, evidentemente si devono essere ritirati. La situazione è
estremamente fluida. Nel cielo due scie bianche indicano il percorso di
un cacciabombardiere che si dirige verso la zona dell'aeroporto,
evidentemente va in «soccorso» ai rambo. Le poche macchine che ancora
circolano accelerano ulteriormente.

Mentre ripercorriamo la strada all'inverso, ritornando verso la città
vecchia, la situazione è già cambiata, i militari si sono
improvvisamente moltiplicati, soprattutto in prossimità dei ponti. Sotto
il Rashid ora sono molti e anche tutto intorno. Anche l'hotel Rashid,
ormai deserto, ha chiuso tutti i cancelli. Sullo spiazzo di fronte è
parcheggiata un'autoambulanza della Mezzaluna rossa. Un triste presagio.

Nell'albergo che ospita il press center fa la sua apparizione un
miliziano del partito Baath, insieme ad un altro in jellaba «mimetica»
(lo stesso color verde delle divise), che mostra una giacca di un
sottufficiale americano, «conquistata» sulla strada per l'aeroporto, si
legge anche il nome: Diaz, un ispanico evidentemente. Non deve aver
fatto una bella fine. La battaglia deve essere stata ed è ancora dura
per il controllo dell'aeroporto Saddam. Secondo il ministro
dell'informazione Mohammed Said al-Sahaf, è di nuovo sotto controllo
iracheno. «Li abbiamo divisi, tagliato loro ogni collegamento, li
abbiamo schiacciati, alcuni sono riusciti a fuggire verso Abu Gharib, ma
sono circondati. Sono stati colpiti con artiglieria leggera e pesante.
Sul terreno sono rimasti molti loro corpi», ha spiegato il ministro. Ma
di corpi e mezzi ne deve avere lasciati molti anche la Guardia
repubblicana guidata da Qusay, figlio di Saddam, anche perché ieri non
hanno voluto portarci a vedere l'aeroporto, anche se ce l'avevano
promesso. Forse sarà per oggi, se la situazione lo permetterà. Intanto,
dopo il tramonto, i colpi di cannone hanno ricominciato a rimbombare
pesantemente nell'aria. Poi di nuovo il silenzio, ancor più inquietante
con il buio pesto che rende invisibile tutta la città.

Se all'aeroporto la battaglia si combatte soprattutto con i cannoni, i
caccia continuano a sganciare bombe anche su altre parti della città.
Al-Baladiat è il quartiere orientale di Baghdad abitato da 30.000
palestinesi, sono profughi del 1948, molti vengono da Haifa. Diciotto
edifici di tre piani, in mattoni, tutti uguali, con un piccolo
cortiletto davanti, collegati da strade sterrate che si diramano dai
viali asfaltati. Sui lati mucchi di immondizia.

Le donne ci guardano dalle finestre, gli uomini sono per strada e ci
mostrano le bombe cadute nella notte tra venerdì e sabato: sono cluster
bomb, ancora lì per terra.

«E' cominciato ieri sera (venerdì sera, ndr) verso le otto, abbiamo
sentito gli aerei volare bassi, poi abbiamo visto le bombe che si
dividevano in due poi in tanti pezzi, hanno fatto buchi dappertutto
sulle pareti - e ce li mostrano - molte persone sono rimaste ferite,
sette più gravemente», racconta Mahmud, 16 anni. Interviene anche Amir
Younis, trent'anni, «quando sono cominciati i bombardamenti, tutti si
sono spaventati, i bambini piangevano, gli adulti gridavano, allora
abbiamo raccolto tutte le famiglie nelle stanze centrali dei piani di
mezzo delle case, perché i frammenti delle bombe - ci mostrano anche le
schegge raccolte - colpivano ad altezza d'uomo, ma avevamo anche paura
che i missili entrassero dal tetto. Il terrore è durato tutta la notte,
sono state lanciate tredici bombe. Eravamo preoccupati soprattutto per
chi ha problemi cardiaci». Vi aspettavate di essere bombardati? «Sì, ce
lo aspettavamo. Gli americani non sono nuovi a queste cose, raccontate
quanto sta succedendo qui», ci supplica Amir Younis con le lacrime agli
occhi. Racconteremo, promettiamo, ma non per questo ci sentiamo meno
impotenti di fronte a quello che sta succedendo sotto i nostri occhi. Ci
allontaniamo chiedendoci come questi palestinesi potranno mai difendersi
dall'invasione, qui non ci sono soldati o milizie per strada, anche se
poco lontano ci sono diversi campi ben protetti che ospitano comandi
militari e della sicurezza. Incontriamo solo un gruppetto di ragazzi,
molto giovani, senza divisa, con kalashnikov, uno ha anche un pugnale
infilato nel petto. Si allontanano disperdendosi in un grande campo
sterrato dove tra mucchi di sabbia sono nascoste alcune autobotti. "
[MAN]

"La battaglia dell'aeroporto
Scontri durissimi per la conquista dell'aeroporto di Baghdad. La
capitale è sempre sotto le bombe. Altri sette civili uccisi dai soldati
Usa a un posto di blocco. I marines fanno un blitz in un quartiere a sud
della capitale. Saddam riappare in televisione
MI. CO.
Nel diciassettesimo giorno dell'attacco angloamericano all'Iraq, le
truppe Usa fanno una prima, rapida incursione all'interno della capitale
Baghdad. Una colonna di circa venti carri armati Abrams e una dozzina di
Bradley - secondo la ricostruzione del Comando centrale americano - è
entrata ieri mattina nel sobborgo di Dawra, una decina di chilometri a
sud del centro di Baghdad, e poi ha fatto rotta verso l'aeroporto
internazionale, dove tra venerdì notte e ieri mattina c'è stata una
durissima battaglia con i militari iracheni. Durante la loro avanzata i
tank americani si sono trovati sotto il fuoco dell'artiglieria nemica.
Secondo fonti militari statunitensi, un marine è rimasto ucciso e
quattro feriti, mentre i morti iracheni sarebbero centinaia. Gli Usa
hanno lasciato a Baghdad anche due carri armati, uno colpito dalle
granate irachene, l'altro bloccato da un guasto tecnico. La televisione
americana Fox ha mostrato le immagini della colonna di tank che avanzava
a forte velocità e sparava all'impazzata non solo contro carri armati,
ma anche contro camion e auto irachene armate che viaggiavano in senso
opposto.

Sette civili uccisi ad un ceck-poin

Una conferma indiretta del blitz americano e della sua violenza viene
dalla Croce rossa, che in un comunicato ha affermato che ieri negli
ospedali di Baghdad sono stati ricoverate diverse centinaia di feriti.
Florian Westphal, dal quartier generale della Croce rossa di Ginevra, ha
detto che «la situazione a Baghdad sta diventando sempre più difficile,
ora che ci sono i combattimenti nella città». «Prima - continua Westphal
- veniva ricoverato un centinaio di persone al giorno, solo ieri ne sono
stati accolti diverse centinaia».

E sette civili sono stati uccisi ieri notte, in un altro «incidente» a
un posto di blocco a sud di Baghdad. Secondo quanto riferito dalla
televisione americana Abc, i militari Usa hanno aperto il fuoco prima
su un'auto e, immediatamente dopo, su un camion e altre macchine che
non si erano fermati all'alt, uccidendo sette persone e ferendone
numerose altre.

Il ministro dell'informazione iracheno, Saeed al-Sahaf ha negato
l'ingresso delle truppe Usa nella capitale e ha sostenuto che gli
iracheni sarebbero riusciti anche a cacciare gli americani
dall'aeroporto, infliggendogli pesanti perdite. Nella guerra di
propaganda che si combatte parallelamente a quella guerreggiata, ieri
si c'è stata un'altra apparizione del rais di Baghdad. Saddam Hussein,
con un messaggio letto in tv dal ministro dell'informazione, ha detto:
«I criminali (gli angloamericani) saranno umiliati. Alzate il livello
dei vostri attacchi per infliggere maggiori perdite al nemico». In
serata Saddam è stato mostrato dalla tv irakena, assieme ai figli Uday
e Qusay.

La propaganda americana sull'azione di ieri è stata invece affidata al
generale Victor Renuart che, durante una conferenza stampa nel comando
centrale Usa nel Qatar, ha definito l'incursione «una chiara
dimostrazione della capacità delle forze della coalizione di muoversi
all'interno di Baghdad come e quando vogliono». Renuart ha tuttavia
ammesso che «questa battaglia è tutt'altro che finita».

La battaglia dell'aeroporto internazionale «Saddam Hussein» è stata
una delle più feroci dall'inizio del conflitto. Tra venerdì notte e
ieri mattina i militari Usa si sono scontrati incessantemente con le
truppe irachene che hanno opposto una forte resistenza: almeno quattro
soldati Usa sono rimasti uccisi durante gli scontri all'aeroporto; uno
in combattimento e altri tre in quello che gli americani hanno
descritto genericamente un «incidente occorso al loro veicolo
blindato» all'interno dello scalo. Anche sull'aeroporto si combatte
una battaglia di propaganda. Gli iracheni affermano che è saldamente
nelle loro mani e dicono che «le forze nemiche sono state costrette a
ritirarsi con centinaia di morti e feriti e l'aeroporto internazionale
Saddam è diventato il cimitero degli invasori». Il comando centrale
Usa invece fa sapere che l'aeroporto di Baghdad è completamente sotto
il controllo statunitense e che una pista «sarà operativa in poco
tempo».

Uccisi 600 volontari arabi?

La televisione araba al-Jazeera ha riferito che le bombe alleate hanno
fatto strage di volontari arabi accorsi in sostegno dell'Iraq. Un
attacco aereo Usa avrebbe ucciso 600 persone in un accampamento nei
pressi di Kut, a 180 chilometri da Baghdad.

Oltre che a Baghdad ieri si è combattuto duramente a Karbala, città
santa per gli sciiti, un centinaio di chilometri a sud della capitale.
Gli americani hanno attaccato la città sia con le truppe di terra sia
con l'aviazione e sarebbero stati impegnati anche in combattimenti
casa per casa, incontrando una dura resistenza da parte delle truppe
irachene. Secondo quanto riferito dall'agenzia Reuters, i militari
iracheni, appostati sui tetti delle case, hanno reagito al fuoco delle
truppe Usa con lancia-granate e kalashnikov, impedendo agli americani
di entrare in città.

Tra le tante vittime dell'avanzata Usa verso Baghdad c'è però anche un
comandante dei marine americani che è stato «rimosso». La notizia è
stata confermata dal comando centrale americano, che non ha però
spiegato il motivo del «licenziamento». Il colonnello Joe Dowdy,
comandante del primo reggimento dei marine, era alla guida di un'unità
di circa 5.000 soldati che era arrivata a un centinaio di chilometri
dalla capitale irachena.

Intanto gli americani si preparano all'assalto di Baghdad con una
mobilitazione «totale» dei propri mezzi militari. Il generale
dell'aviazione Usa Michael Mosley ha parlato ieri di «operazioni in
supporto aereo dei combattimenti urbani»: per questo motivo sono stati
posti in stato di massima allerta decine di caccia, aerei senza pilota
e aerei radar che dovrebbero servire da supporto a quella che potrebbe
essere una sanguinosa guerriglia urbana.
" [MAN]


"Noi di Baghdad, sotto le bombe
La madre di un bimbo colpito all'ospedale, l'ex prigioniero in Iran, la
studentessa, il medico, il cameriere, l'addetta all'acquedotto,
l'impiegato dell'hotel... Vite della capitale bersagliata dai missili:
«Pensa, il mio pappagallo ha imparato a imitare il suono della sirena»
MARINELLA CORREGGIA
BAGHDAD
Mentre la distruzione cade dal cielo e aspettano un lungo assedio, gli
abitanti di Baghdad vivono in modo assurdamente normale. Finché un
missile (sahrur) o una bomba (qunbula) non centrano sulle loro case o i
loro passi al mercato. Sulal Jassim, ospedale Yarmuk

La notte scorsa la nostra casa nel quartiere El Shueb è stata centrata
da un missile ed è crollata. Quando ci siamo ripresi, non trovavamo più
nostra figlia Adara che ha 6 anni. Nessuno dei vicini poteva chiamare
l'ambulanza perché i telefoni non funzionano, qualcuno aveva la macchina
ed è corso all'ospedale. Dopo tre ore, abbiamo trovato Adara sotto un
divano distrutto e aveva una parte del volto e la schiena bruciati, non
sappiamo se la stoffa del divano ha preso fuoco o che altro. Un cugino
di Adara, Mohamed di 6 anni, è morto. So che in una casa sono morte
dodici persone e solo un ragazzino di tredici anni è sopravvissuto ma
gli hanno amputato tutte e due le mani.

Muna, ospedale Al Hunam

Mio figlio Ali ha tre anni, era per strada con suo padre a Shab City
quando un missile, così dicono, è caduto vicino. Mio marito ha ferite
alla testa e alla gamba, Ali alla testa. Erano le undici del mattino:
adesso ho paura sia quando stiamo in casa che quando usciamo. E anche
qui all'ospedale.

Farus, ex prigioniero in Iran

Non ho paura di bombe e missili, ho fatto la guerra con l'Iran e nove
anni di prigionia laggiù prima di essere liberato. La Croce Rossa ci
visitò solo due anni dopo la cattura, quando le nostre famiglie ci
credevano omai morti. Mi hanno fatto tornare a casa a Baghdad alla fine
del 1990, giusto in tempo per un'altra guerra! Fu un periodo molto duro.
Le bombe del primo Bush distrussero tutti gli impianti civili della
città, rimanemmo senza acqua e senza luce per più di tre mesi. Andavamo
al fiume con le taniche, poi facevamo bollire l'acqua, sabbia e polvere
rimanevano al fondo. Ma non c'era mai abbastanza acqua per lavarsi, per
la casa, e mi sembrava di essere tornato militare in guerra, là non ci
si lavava per settimane. Per bollire e cucinare dovevamo andare a
cercare sterpaglie perché anche il kerosene scarseggiava, le raffinerie
erano tutte distrutte. Adesso non so cosa succederà, ma per gli
americani non sarà facile mangiare questo paese. Gli iracheni stanno
qua, e perfino quelli che erano andati via da tanto tempo tornano.
Abbiamo riserve di cibo per quattro mesi in città. E non abbiamo bisogno
del cibo di Bush.

Zubeida, 22 anni, studentessa

Qui ci sarà un cambiamento, pensavo che sarebbe bastata una settimana
invece ce ne vorranno alcune. Parlo di cambiamento perché sono nata in
guerra e cresciuta in guerra e non ne posso più. Voglio andarmene da qua
e non tornare, né in Iraq né in nessun paese arabo. Sto aspettando un
borsa di studio per la Germania o l'Australia, ho fatto domanda. Qui non
si può nemmeno studiare quel che si vuole: volevo fare medicina, anche
mio padre voleva, ma l'università che è gratuita è riservata a studenti
di vari paesi arabi e poi ai figli «del governo». Però anche chi non è
contento e aspetta da tempo un cambiamento detesta il fatto che ciò
avvenga con una guerra, e non è affatto consenziente con le forze
americane che hanno invaso il paese e che distruggono case e persone.
Non mi posso immaginare Baghdad occupata...

Abu Ussam, cameriere

Amrika, Inglatera, Ispania, Italìa, together against us...

Leila, responsabile della depurazione all'impianto di potabilizzazione
Al Uasba

L'acqua del Tigri che esce purificata da queste vasche serve tutto il
quartiere e l'ospedale Al Mansour ed è buona, la controlliamo
continuamente, di cloro ne usiamo anche troppo, io ho la respirazione
danneggiata. Mio marito mi aveva potato dalla Giordania un inalatore ma
ora è finito e qui non si trova più; la settimana scorsa quando c'è
stata la tempesta di sabbia non riuscivo più a respirare. Veramente
adesso, all'ospedale laggiù, di acqua ne usano poca: nel 1991 fu
bombardato e per paura da qualche giorno i genitori hanno portato a casa
tutti i bambini, salvo due che sono in pericolo di vita. Non si fidano,
preferiscono morire nelle loro case. Qui dentro l'impianto il custode
Karim viveva con la sua famiglia, adesso l'ha mandata a Saddam City dai
parenti, perché ora adesso sembra tutto calmo ma chissà se non
diventeremo un obiettivo. Secondo te quanto durerà? Secondo me tanto, è
una guerra grande, questa. E nessuno fa nulla, è una guerra per il
petrolio e i paesi musulmani che ce l'hanno non fanno nulla.

Un medico siriano, ospedale Yarmuk

Ecco Rusel, 10 anni. Era in casa ma un missile ha colpito la strada, ha
visto il fuoco e hanno chiuso la porta ma troppo tardi, la bambina e
altri membri della famiglia sono rimasti feriti, lei ha schegge nel
torace e una mano bucata. Ecco Oma Ahmed, 7 anni, di Al Yusfia nei
dintorni di Baghdad, una bomba è caduta vicino alla loro casa, che era
debole e il tetto è crollato; il bambino ha varie ferite allo stomaco,
alla testa e al piede, sua madre Hana è morta. Ed ecco un altro nemico
di Bush da colpire: Mouin Atta Jassin, otto anni, abita ad Al Dra, non
lontano dalla raffineria, suo padre era agricoltore ed è morto quando un
missile li ha centrati. Il bambino ha ferite multiple, gli abbiamo
tirato via un pezzo di intestino. Suo fratello è ferito leggermente, la
madre è illesa.

Abdul, operatore umanitario

Andatevene subito, finché potete, ci sarà un lungo assedio per piegare
Baghdad, i bombardamenti, fra un po' toglieranno acqua e luce, finirà il
cibo, combatteranno nelle strade. Non sentitevi dei privilegiati se
partire: non siete iracheni, usate questa vostra fortuna. Giorni fa
hanno colpito una casa vicino alla mia, ci sono stati dei feriti. Io
stesso ho mandato in un paesino ai confini con l'Iran la mia famiglia
Non importa che il mondo sia contro questa guerra, bombardarono
Hiroshima e non successe niente. Gli americani sono molto arrabbiati per
i morti e i feriti che hanno già avuto e secondo me sono disposti a
tutto. Il gioco è grosso.

Mohamed, receptionist, hotel Al Fanar

Questi stranieri dell'Iraq Peace Team sono una distrazione per me. Di
notte quando l'hotel si scuote troppo per le bombe che cadono di là dal
fiume alcuni vengono giù a pianterreno e prendiamo un the insieme nella
notte. Poi mi distraggo anche accudendo alla scimmietta Coffee che il
padrone ha portato non so da dove. In gabbia sta malissimo, anche se
siamo tutti in gabbia; posso solo accarezzarla, e l'ho portata dietro,
in cucina, così sente di meno il rumore delle bombe. I pappagalli,
pensa, hanno imparato a imitare la sirena!" [MAN]

"Bassora, la strategia delle incursioni
Raid a caccia dei dirigenti del regime nella città assediata. Ma i
cannoneggiamenti fanno 17 morti e 5 feriti
Fronte nord L'avanzata su Mosul e Kirkuk accelera. Insieme ai peshmerga,
oltre alle forze speciali, c'è ormai anche l'esercito regolare Usa
MARINA FORTI
Le fonti militari britanniche affermano che la situazione è stabile
attorno a Bassora, le truppe assedianti ieri si sono limitate a condurre
delle incursioni senza però spingersi fin nel centro della seconda città
irachena, circondata ormai da una decina di giorni. La tv satellitare
araba Al Jazeera, unico media straniero ancora presente a Bassora, vede
la notizia da un altro punto di vista: diciassette persone, tra cui 15
membri di una stessa famiglia, sono morte nei cannoneggiamenti di ieri,
e 5 sono rimaste ferite. Il cannoneggiamento ha colpito una zona abitata
dove non sono evidenti obiettivi militari, dice Al Jazeera.

Il Comitato internazionale per la croce Rossa non è in grado di
precisare notizie di vittime o feriti. I delegati del Icrc ieri erano
impegnati a distribuire nei quattro ospedali cittadini il materiale
medico arrivato venerdì con il primo convoglio umanitario giunto in
città, venerdì: materiale necessario a far fronte al grande afflusso di
feriti.

Le truppe britanniche controllano i lati nord, ovest e sud della città,
e tre giorni fa hanno preso postazione avanzata all'uscita del centro
abitato, a sud, appena oltre il corso d'acqua chiamato Shatt-e-Basra che
ora sorvegliano. Non intendono spingeri dentro la città ma continuano
quello che a volte chiamano «pattugliamento aggressivo», a volte
incursioni - nella notte tra venerdì e sabato avrebbero perquisito case
di sospetti membri del partito Baath e arrestato parecchie persone. I
carri Challenger e i blindati da combattimento Warrior entrano per 2 o 3
chilometri oltre la «linea del fronte», ha detto alla Afp il
luogotenente Dan O'Connell, delle Guardie Irlandesi (che insieme ai
Ratti del Deserto formano la 7a brigata britannica). «L'idea è
localizzare dove si trova il nemico e costringerlo ad affrontarci e
venire allo scoperto», in modo da «isolare le sacche nemiche e
risparmiare i civili». Fonti militari citate dalla Bbc aggiungono che
uomini delle forze speciali britanniche sono all'interno di Bassora,
sotto copertura, e danno indicazioni su dove si trovano gli uomini del
Baath, le milizie fedeli al regime, in modo da dirigere su di loro gli
attacchi aerei.

Poi ci sono i bombardamenti di propaganda. Venerdì e ieri i britannici
hanno lasciato cadere migliaia di volantini sul lato orientale della
città: dicono che le truppe della coalizione «sono qui per difendervi».
Sembra tanto un'operazione di propaganda anche la notizia pubblicata da
un giornale mediorientale: afferma che i dirigenti del partito Baath a
Bassora vorrebbero arrendersi alle forze assedianti e starebbero
trattando attraverso un religioso sciita, Mohammed al-Bosslimi.
Avrebbero paura di subìre la rabbia della popolazione e per questo
negoziano una resa che li protegga. La fonte però è considerata poco
obiettiva: Asharq al-Awsat è un quotidiano internazionale (ha edizioni
in tutto il Medioriente e in Europa) di proprietà saudita, controllato
dalla casa reale.

Un bombardamento reale, ma ad alto contenuto pubblicitario, è quello
della villa di Ali Hassan al-Majid, nominato da Saddam Hussein
comandante della regione meridionale proprio alla vigilia della guerra.
E' soprannominato «chemical Ali», il chimico, perché era al comando
dell'operazione contro Halabja e altri villaggi kurdi del nord con i gas
chimici, nel 1988. Gli inviati al seguito delle truppe britanniche
descrivono con scalpore una residenza lussuosa con tanto di piscina
(vuota).

Avanzata su Mosul

Un altro fronte di guerra si sta scaldando. Nell'Iraq settentrionale è
accelerata l'avanzata dei guerriglieri kurdi (e delle truppe americane)
dal territorio autonomo verso le città petrolifere di Mosul e di Kirkuk,
sotto la giurisdizione di Baghdad e ancora in mano all'esercito
iracheno. Ieri sera il Partito Democratico Kurdo (che controlla la zona
occidentale del Kurdistan) ha affermato che i suoi peshmerga
(guerriglieri) hanno preso la città-guarnigione militare di Domiz, sulla
strada che da Dohuk a Nord porta a Mosul. La guarnigione l'avrebbe
abbandonata dopo pesanti bombardamenti americani.

Soprattutto continua l'avanzata verso Mosul dalla strada che scende da
Arbil: ieri per la prima volta sono state viste truppe regolari
americane, oltre agli uomini delle forze speciali che già da tempo
dirigono le operazioni dei peshmerga nella zona. Un inviato dell'agenzia
reuter ieri ha visto un convoglio di venti veicoli, con un centinaio di
soldati americani, presso Kalak, il villaggio preso due giorni fa, punto
strategico sulla strada per Mosul. La nuova «linea del fronte» tra il
territorio kurdo e Mosul ora è poco più a valle, su un altro ponte
strategico.

L'offensiva sulle città petrolifere irachene si è intensificata. Le
forze kurde infine si stanno ammassando sul limite meridionale del loro
territorio autonomo, per puntare su Kirkuk. " [MAN]


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