[cronologie di guerra] 05.04.03 diciassettesimio giorno
si ringrazia in particolare il manifesto e tutti le persone che vi collaborano per il prezioso aiuto.
05 aprile 2003 : diciassettesimo giorno [fonti : quotidiani del 6 aprile 2003]
"Due colonne di mezzi blindati americani entrano sparando nella capitale irachena Lasciano una scia di veicoli bruciati «e almeno mille soldati iracheni morti» Saddam incita i resti delle sue truppe: «La città è nostra, attaccate l'invasore» Ma la Guardia repubblicana è sparita e migliaia di civili sono già in fuga E' cominciata la battaglia di Baghdad" [MAN]
"L'ora dell'ultimo assalto L'annuncio dell'arrivo dei primi mezzi blindati americani segna l'inizio della giornata. E' l'assaggio della battaglia finale, alla quale Baghdad si prepara da giorni. Le strade si svuotano, la tensione sale mentre agli incroci e sui ponti si vedono spuntare soldati e carri armati pronti a difendere la città GIULIANA SGRENA INVIATA A BAGHDAD Questa volta il missile è arrivato vicino, a meno di cento metri dall'hotel Palestine in cui ci troviamo ed è caduto nel fiume Tigri. Un rumore assordante ha rotto il silenzio che, dopo tante esplosioni, dominava sulla città. La cannonate sparate nella zona dell'aeroporto sono rimbalzate tutta la mattina fino a noi, nel centro della città, poi il silenzio. Inquietante. Tanto più che le notizie sono frammentarie, contrastanti, difficili da verificare. Ci proviamo. In mattinata ci avevano detto che erano stati visti carri armati Abrams schierati in una piazza poco lontana dall'ospedale Yarmuk, sulla strada dell'aeroporto, dove la mattina presto sarebbero stati depositati decine di cadaveri, risultato della sanguinosa battaglia in corso per il controllo dell'aeroporto. Nell'ospedale sono invece ricoverati i numerosi militari feriti, gli altri sono stati portati in un altro, quello di al-Kindy. Successivamente arrivava la notizia che i ponti che attraversano il Tigri collegando le due parti della città erano stati chiusi, dagli iracheni che stavano preparando la difesa di Baghdad al-Rusafa, la città vecchia, con i carri armati. Intanto camion pieni di soldati con al rimorchio dei pezzi di artiglieria passavano inneggiando a Saddam sul lungo Tigri. Ci siamo, pensavamo. Forse la battaglia finale sta per scatenarsi. Devono averlo pensato anche molti degli autisti e delle guide che seguono i giornalisti che ieri non si sono fatti vedere. E i proprietari di piccoli alberghi e ristoranti che hanno murato porte e finestre. Avranno paura più degli invasori o dei saccheggi? Comunque, con a pretesto una botta di consumismo dell'ultima ora prima del diluvio, proviamo ad attraversare il Tigri sul ponte Rashid, nessuno ci ferma, proseguiamo verso il quartiere al Mansour, dove venerdì Saddam aveva fatto la sua uscita spettacolare, il supermarket che ci ha fornito l'alibi è quasi completamente «saccheggiato» dagli ultimi costosi acquisti degli occidentali, tutti devono preparare le scorte. Si teme sempre il peggio - forse anche il proprietario del supermarket che ha una pistola infilata nella cintola - dopo che è saltata l'elettricità e di conseguenza l'acqua. Le casse di acqua minerale vanno a ruba, ma bisogna dotarsi anche di candele e torce, e poi scatolette in caso di mancanza di cibo.
La strada è quasi deserta, le poche macchine corrono veloci, la tensione è palpabile anche negli autisti, gli incidenti si moltiplicano. In uno veniamo coinvolti anche noi, non ci voleva proprio. Per fortuna la fretta fa risolvere presto anche i contenziosi stradali. Accanto alla Saddam tower, rimasta miracolosamente in piedi mentre il centro di comunicazione contiguo è stato completamente sventrato lasciando cadere pezzi anche sulla strada, sono appostati quattro carri armati, e sui lati ci sono altri militari che bivaccano sotto gli alberi un po' ovunque, più o meno discretamente. Qualche camion con montato sopra un cannoncino, una specie di «tecnica» che andava e va ancora di moda in Somalia, per ora si tiene in disparte. La militarizzazione della città ora è sempre più evidente, anche se non tanto quanto farebbe presupporre una difesa di fronte ad una imminente invasione. Passiamo vicino all'ospedale Yarmuk, tutto normale, diverse macchine parcheggiate, ma non ci sono segni di cadaveri, deve essere stato tutto ripulito. Non si vedono carri armati americani sulla piazza indicataci, solo una postazione più nutrita di contraerea nelle aiuole supportata da numerosi militari, mentre un veicolo sventrato è abbandonato al centro di uno spartitraffico. Se i carri armati dall'aeroporto erano arrivati fino qui, evidentemente si devono essere ritirati. La situazione è estremamente fluida. Nel cielo due scie bianche indicano il percorso di un cacciabombardiere che si dirige verso la zona dell'aeroporto, evidentemente va in «soccorso» ai rambo. Le poche macchine che ancora circolano accelerano ulteriormente.
Mentre ripercorriamo la strada all'inverso, ritornando verso la città vecchia, la situazione è già cambiata, i militari si sono improvvisamente moltiplicati, soprattutto in prossimità dei ponti. Sotto il Rashid ora sono molti e anche tutto intorno. Anche l'hotel Rashid, ormai deserto, ha chiuso tutti i cancelli. Sullo spiazzo di fronte è parcheggiata un'autoambulanza della Mezzaluna rossa. Un triste presagio.
Nell'albergo che ospita il press center fa la sua apparizione un miliziano del partito Baath, insieme ad un altro in jellaba «mimetica» (lo stesso color verde delle divise), che mostra una giacca di un sottufficiale americano, «conquistata» sulla strada per l'aeroporto, si legge anche il nome: Diaz, un ispanico evidentemente. Non deve aver fatto una bella fine. La battaglia deve essere stata ed è ancora dura per il controllo dell'aeroporto Saddam. Secondo il ministro dell'informazione Mohammed Said al-Sahaf, è di nuovo sotto controllo iracheno. «Li abbiamo divisi, tagliato loro ogni collegamento, li abbiamo schiacciati, alcuni sono riusciti a fuggire verso Abu Gharib, ma sono circondati. Sono stati colpiti con artiglieria leggera e pesante. Sul terreno sono rimasti molti loro corpi», ha spiegato il ministro. Ma di corpi e mezzi ne deve avere lasciati molti anche la Guardia repubblicana guidata da Qusay, figlio di Saddam, anche perché ieri non hanno voluto portarci a vedere l'aeroporto, anche se ce l'avevano promesso. Forse sarà per oggi, se la situazione lo permetterà. Intanto, dopo il tramonto, i colpi di cannone hanno ricominciato a rimbombare pesantemente nell'aria. Poi di nuovo il silenzio, ancor più inquietante con il buio pesto che rende invisibile tutta la città.
Se all'aeroporto la battaglia si combatte soprattutto con i cannoni, i caccia continuano a sganciare bombe anche su altre parti della città. Al-Baladiat è il quartiere orientale di Baghdad abitato da 30.000 palestinesi, sono profughi del 1948, molti vengono da Haifa. Diciotto edifici di tre piani, in mattoni, tutti uguali, con un piccolo cortiletto davanti, collegati da strade sterrate che si diramano dai viali asfaltati. Sui lati mucchi di immondizia.
Le donne ci guardano dalle finestre, gli uomini sono per strada e ci mostrano le bombe cadute nella notte tra venerdì e sabato: sono cluster bomb, ancora lì per terra.
«E' cominciato ieri sera (venerdì sera, ndr) verso le otto, abbiamo sentito gli aerei volare bassi, poi abbiamo visto le bombe che si dividevano in due poi in tanti pezzi, hanno fatto buchi dappertutto sulle pareti - e ce li mostrano - molte persone sono rimaste ferite, sette più gravemente», racconta Mahmud, 16 anni. Interviene anche Amir Younis, trent'anni, «quando sono cominciati i bombardamenti, tutti si sono spaventati, i bambini piangevano, gli adulti gridavano, allora abbiamo raccolto tutte le famiglie nelle stanze centrali dei piani di mezzo delle case, perché i frammenti delle bombe - ci mostrano anche le schegge raccolte - colpivano ad altezza d'uomo, ma avevamo anche paura che i missili entrassero dal tetto. Il terrore è durato tutta la notte, sono state lanciate tredici bombe. Eravamo preoccupati soprattutto per chi ha problemi cardiaci». Vi aspettavate di essere bombardati? «Sì, ce lo aspettavamo. Gli americani non sono nuovi a queste cose, raccontate quanto sta succedendo qui», ci supplica Amir Younis con le lacrime agli occhi. Racconteremo, promettiamo, ma non per questo ci sentiamo meno impotenti di fronte a quello che sta succedendo sotto i nostri occhi. Ci allontaniamo chiedendoci come questi palestinesi potranno mai difendersi dall'invasione, qui non ci sono soldati o milizie per strada, anche se poco lontano ci sono diversi campi ben protetti che ospitano comandi militari e della sicurezza. Incontriamo solo un gruppetto di ragazzi, molto giovani, senza divisa, con kalashnikov, uno ha anche un pugnale infilato nel petto. Si allontanano disperdendosi in un grande campo sterrato dove tra mucchi di sabbia sono nascoste alcune autobotti. " [MAN]
"La battaglia dell'aeroporto Scontri durissimi per la conquista dell'aeroporto di Baghdad. La capitale è sempre sotto le bombe. Altri sette civili uccisi dai soldati Usa a un posto di blocco. I marines fanno un blitz in un quartiere a sud della capitale. Saddam riappare in televisione MI. CO. Nel diciassettesimo giorno dell'attacco angloamericano all'Iraq, le truppe Usa fanno una prima, rapida incursione all'interno della capitale Baghdad. Una colonna di circa venti carri armati Abrams e una dozzina di Bradley - secondo la ricostruzione del Comando centrale americano - è entrata ieri mattina nel sobborgo di Dawra, una decina di chilometri a sud del centro di Baghdad, e poi ha fatto rotta verso l'aeroporto internazionale, dove tra venerdì notte e ieri mattina c'è stata una durissima battaglia con i militari iracheni. Durante la loro avanzata i tank americani si sono trovati sotto il fuoco dell'artiglieria nemica. Secondo fonti militari statunitensi, un marine è rimasto ucciso e quattro feriti, mentre i morti iracheni sarebbero centinaia. Gli Usa hanno lasciato a Baghdad anche due carri armati, uno colpito dalle granate irachene, l'altro bloccato da un guasto tecnico. La televisione americana Fox ha mostrato le immagini della colonna di tank che avanzava a forte velocità e sparava all'impazzata non solo contro carri armati, ma anche contro camion e auto irachene armate che viaggiavano in senso opposto.
Sette civili uccisi ad un ceck-poin
Una conferma indiretta del blitz americano e della sua violenza viene dalla Croce rossa, che in un comunicato ha affermato che ieri negli ospedali di Baghdad sono stati ricoverate diverse centinaia di feriti. Florian Westphal, dal quartier generale della Croce rossa di Ginevra, ha detto che «la situazione a Baghdad sta diventando sempre più difficile, ora che ci sono i combattimenti nella città». «Prima - continua Westphal - veniva ricoverato un centinaio di persone al giorno, solo ieri ne sono stati accolti diverse centinaia».
E sette civili sono stati uccisi ieri notte, in un altro «incidente» a un posto di blocco a sud di Baghdad. Secondo quanto riferito dalla televisione americana Abc, i militari Usa hanno aperto il fuoco prima su un'auto e, immediatamente dopo, su un camion e altre macchine che non si erano fermati all'alt, uccidendo sette persone e ferendone numerose altre.
Il ministro dell'informazione iracheno, Saeed al-Sahaf ha negato l'ingresso delle truppe Usa nella capitale e ha sostenuto che gli iracheni sarebbero riusciti anche a cacciare gli americani dall'aeroporto, infliggendogli pesanti perdite. Nella guerra di propaganda che si combatte parallelamente a quella guerreggiata, ieri si c'è stata un'altra apparizione del rais di Baghdad. Saddam Hussein, con un messaggio letto in tv dal ministro dell'informazione, ha detto: «I criminali (gli angloamericani) saranno umiliati. Alzate il livello dei vostri attacchi per infliggere maggiori perdite al nemico». In serata Saddam è stato mostrato dalla tv irakena, assieme ai figli Uday e Qusay.
La propaganda americana sull'azione di ieri è stata invece affidata al generale Victor Renuart che, durante una conferenza stampa nel comando centrale Usa nel Qatar, ha definito l'incursione «una chiara dimostrazione della capacità delle forze della coalizione di muoversi all'interno di Baghdad come e quando vogliono». Renuart ha tuttavia ammesso che «questa battaglia è tutt'altro che finita».
La battaglia dell'aeroporto internazionale «Saddam Hussein» è stata una delle più feroci dall'inizio del conflitto. Tra venerdì notte e ieri mattina i militari Usa si sono scontrati incessantemente con le truppe irachene che hanno opposto una forte resistenza: almeno quattro soldati Usa sono rimasti uccisi durante gli scontri all'aeroporto; uno in combattimento e altri tre in quello che gli americani hanno descritto genericamente un «incidente occorso al loro veicolo blindato» all'interno dello scalo. Anche sull'aeroporto si combatte una battaglia di propaganda. Gli iracheni affermano che è saldamente nelle loro mani e dicono che «le forze nemiche sono state costrette a ritirarsi con centinaia di morti e feriti e l'aeroporto internazionale Saddam è diventato il cimitero degli invasori». Il comando centrale Usa invece fa sapere che l'aeroporto di Baghdad è completamente sotto il controllo statunitense e che una pista «sarà operativa in poco tempo».
Uccisi 600 volontari arabi?
La televisione araba al-Jazeera ha riferito che le bombe alleate hanno fatto strage di volontari arabi accorsi in sostegno dell'Iraq. Un attacco aereo Usa avrebbe ucciso 600 persone in un accampamento nei pressi di Kut, a 180 chilometri da Baghdad.
Oltre che a Baghdad ieri si è combattuto duramente a Karbala, città santa per gli sciiti, un centinaio di chilometri a sud della capitale. Gli americani hanno attaccato la città sia con le truppe di terra sia con l'aviazione e sarebbero stati impegnati anche in combattimenti casa per casa, incontrando una dura resistenza da parte delle truppe irachene. Secondo quanto riferito dall'agenzia Reuters, i militari iracheni, appostati sui tetti delle case, hanno reagito al fuoco delle truppe Usa con lancia-granate e kalashnikov, impedendo agli americani di entrare in città. Tra le tante vittime dell'avanzata Usa verso Baghdad c'è però anche un comandante dei marine americani che è stato «rimosso». La notizia è stata confermata dal comando centrale americano, che non ha però spiegato il motivo del «licenziamento». Il colonnello Joe Dowdy, comandante del primo reggimento dei marine, era alla guida di un'unità di circa 5.000 soldati che era arrivata a un centinaio di chilometri dalla capitale irachena. Intanto gli americani si preparano all'assalto di Baghdad con una mobilitazione «totale» dei propri mezzi militari. Il generale dell'aviazione Usa Michael Mosley ha parlato ieri di «operazioni in supporto aereo dei combattimenti urbani»: per questo motivo sono stati posti in stato di massima allerta decine di caccia, aerei senza pilota e aerei radar che dovrebbero servire da supporto a quella che potrebbe essere una sanguinosa guerriglia urbana. " [MAN] "Noi di Baghdad, sotto le bombe La madre di un bimbo colpito all'ospedale, l'ex prigioniero in Iran, la studentessa, il medico, il cameriere, l'addetta all'acquedotto, l'impiegato dell'hotel... Vite della capitale bersagliata dai missili: «Pensa, il mio pappagallo ha imparato a imitare il suono della sirena» MARINELLA CORREGGIA BAGHDAD Mentre la distruzione cade dal cielo e aspettano un lungo assedio, gli abitanti di Baghdad vivono in modo assurdamente normale. Finché un missile (sahrur) o una bomba (qunbula) non centrano sulle loro case o i loro passi al mercato. Sulal Jassim, ospedale Yarmuk
La notte scorsa la nostra casa nel quartiere El Shueb è stata centrata da un missile ed è crollata. Quando ci siamo ripresi, non trovavamo più nostra figlia Adara che ha 6 anni. Nessuno dei vicini poteva chiamare l'ambulanza perché i telefoni non funzionano, qualcuno aveva la macchina ed è corso all'ospedale. Dopo tre ore, abbiamo trovato Adara sotto un divano distrutto e aveva una parte del volto e la schiena bruciati, non sappiamo se la stoffa del divano ha preso fuoco o che altro. Un cugino di Adara, Mohamed di 6 anni, è morto. So che in una casa sono morte dodici persone e solo un ragazzino di tredici anni è sopravvissuto ma gli hanno amputato tutte e due le mani.
Muna, ospedale Al Hunam
Mio figlio Ali ha tre anni, era per strada con suo padre a Shab City quando un missile, così dicono, è caduto vicino. Mio marito ha ferite alla testa e alla gamba, Ali alla testa. Erano le undici del mattino: adesso ho paura sia quando stiamo in casa che quando usciamo. E anche qui all'ospedale.
Farus, ex prigioniero in Iran
Non ho paura di bombe e missili, ho fatto la guerra con l'Iran e nove anni di prigionia laggiù prima di essere liberato. La Croce Rossa ci visitò solo due anni dopo la cattura, quando le nostre famiglie ci credevano omai morti. Mi hanno fatto tornare a casa a Baghdad alla fine del 1990, giusto in tempo per un'altra guerra! Fu un periodo molto duro. Le bombe del primo Bush distrussero tutti gli impianti civili della città, rimanemmo senza acqua e senza luce per più di tre mesi. Andavamo al fiume con le taniche, poi facevamo bollire l'acqua, sabbia e polvere rimanevano al fondo. Ma non c'era mai abbastanza acqua per lavarsi, per la casa, e mi sembrava di essere tornato militare in guerra, là non ci si lavava per settimane. Per bollire e cucinare dovevamo andare a cercare sterpaglie perché anche il kerosene scarseggiava, le raffinerie erano tutte distrutte. Adesso non so cosa succederà, ma per gli americani non sarà facile mangiare questo paese. Gli iracheni stanno qua, e perfino quelli che erano andati via da tanto tempo tornano. Abbiamo riserve di cibo per quattro mesi in città. E non abbiamo bisogno del cibo di Bush.
Zubeida, 22 anni, studentessa
Qui ci sarà un cambiamento, pensavo che sarebbe bastata una settimana invece ce ne vorranno alcune. Parlo di cambiamento perché sono nata in guerra e cresciuta in guerra e non ne posso più. Voglio andarmene da qua e non tornare, né in Iraq né in nessun paese arabo. Sto aspettando un borsa di studio per la Germania o l'Australia, ho fatto domanda. Qui non si può nemmeno studiare quel che si vuole: volevo fare medicina, anche mio padre voleva, ma l'università che è gratuita è riservata a studenti di vari paesi arabi e poi ai figli «del governo». Però anche chi non è contento e aspetta da tempo un cambiamento detesta il fatto che ciò avvenga con una guerra, e non è affatto consenziente con le forze americane che hanno invaso il paese e che distruggono case e persone. Non mi posso immaginare Baghdad occupata...
Abu Ussam, cameriere
Amrika, Inglatera, Ispania, Italìa, together against us...
Leila, responsabile della depurazione all'impianto di potabilizzazione Al Uasba
L'acqua del Tigri che esce purificata da queste vasche serve tutto il quartiere e l'ospedale Al Mansour ed è buona, la controlliamo continuamente, di cloro ne usiamo anche troppo, io ho la respirazione danneggiata. Mio marito mi aveva potato dalla Giordania un inalatore ma ora è finito e qui non si trova più; la settimana scorsa quando c'è stata la tempesta di sabbia non riuscivo più a respirare. Veramente adesso, all'ospedale laggiù, di acqua ne usano poca: nel 1991 fu bombardato e per paura da qualche giorno i genitori hanno portato a casa tutti i bambini, salvo due che sono in pericolo di vita. Non si fidano, preferiscono morire nelle loro case. Qui dentro l'impianto il custode Karim viveva con la sua famiglia, adesso l'ha mandata a Saddam City dai parenti, perché ora adesso sembra tutto calmo ma chissà se non diventeremo un obiettivo. Secondo te quanto durerà? Secondo me tanto, è una guerra grande, questa. E nessuno fa nulla, è una guerra per il petrolio e i paesi musulmani che ce l'hanno non fanno nulla.
Un medico siriano, ospedale Yarmuk
Ecco Rusel, 10 anni. Era in casa ma un missile ha colpito la strada, ha visto il fuoco e hanno chiuso la porta ma troppo tardi, la bambina e altri membri della famiglia sono rimasti feriti, lei ha schegge nel torace e una mano bucata. Ecco Oma Ahmed, 7 anni, di Al Yusfia nei dintorni di Baghdad, una bomba è caduta vicino alla loro casa, che era debole e il tetto è crollato; il bambino ha varie ferite allo stomaco, alla testa e al piede, sua madre Hana è morta. Ed ecco un altro nemico di Bush da colpire: Mouin Atta Jassin, otto anni, abita ad Al Dra, non lontano dalla raffineria, suo padre era agricoltore ed è morto quando un missile li ha centrati. Il bambino ha ferite multiple, gli abbiamo tirato via un pezzo di intestino. Suo fratello è ferito leggermente, la madre è illesa.
Abdul, operatore umanitario
Andatevene subito, finché potete, ci sarà un lungo assedio per piegare Baghdad, i bombardamenti, fra un po' toglieranno acqua e luce, finirà il cibo, combatteranno nelle strade. Non sentitevi dei privilegiati se partire: non siete iracheni, usate questa vostra fortuna. Giorni fa hanno colpito una casa vicino alla mia, ci sono stati dei feriti. Io stesso ho mandato in un paesino ai confini con l'Iran la mia famiglia Non importa che il mondo sia contro questa guerra, bombardarono Hiroshima e non successe niente. Gli americani sono molto arrabbiati per i morti e i feriti che hanno già avuto e secondo me sono disposti a tutto. Il gioco è grosso.
Mohamed, receptionist, hotel Al Fanar
Questi stranieri dell'Iraq Peace Team sono una distrazione per me. Di notte quando l'hotel si scuote troppo per le bombe che cadono di là dal fiume alcuni vengono giù a pianterreno e prendiamo un the insieme nella notte. Poi mi distraggo anche accudendo alla scimmietta Coffee che il padrone ha portato non so da dove. In gabbia sta malissimo, anche se siamo tutti in gabbia; posso solo accarezzarla, e l'ho portata dietro, in cucina, così sente di meno il rumore delle bombe. I pappagalli, pensa, hanno imparato a imitare la sirena!" [MAN]
"Bassora, la strategia delle incursioni Raid a caccia dei dirigenti del regime nella città assediata. Ma i cannoneggiamenti fanno 17 morti e 5 feriti Fronte nord L'avanzata su Mosul e Kirkuk accelera. Insieme ai peshmerga, oltre alle forze speciali, c'è ormai anche l'esercito regolare Usa MARINA FORTI Le fonti militari britanniche affermano che la situazione è stabile attorno a Bassora, le truppe assedianti ieri si sono limitate a condurre delle incursioni senza però spingersi fin nel centro della seconda città irachena, circondata ormai da una decina di giorni. La tv satellitare araba Al Jazeera, unico media straniero ancora presente a Bassora, vede la notizia da un altro punto di vista: diciassette persone, tra cui 15 membri di una stessa famiglia, sono morte nei cannoneggiamenti di ieri, e 5 sono rimaste ferite. Il cannoneggiamento ha colpito una zona abitata dove non sono evidenti obiettivi militari, dice Al Jazeera.
Il Comitato internazionale per la croce Rossa non è in grado di precisare notizie di vittime o feriti. I delegati del Icrc ieri erano impegnati a distribuire nei quattro ospedali cittadini il materiale medico arrivato venerdì con il primo convoglio umanitario giunto in città, venerdì: materiale necessario a far fronte al grande afflusso di feriti.
Le truppe britanniche controllano i lati nord, ovest e sud della città, e tre giorni fa hanno preso postazione avanzata all'uscita del centro abitato, a sud, appena oltre il corso d'acqua chiamato Shatt-e-Basra che ora sorvegliano. Non intendono spingeri dentro la città ma continuano quello che a volte chiamano «pattugliamento aggressivo», a volte incursioni - nella notte tra venerdì e sabato avrebbero perquisito case di sospetti membri del partito Baath e arrestato parecchie persone. I carri Challenger e i blindati da combattimento Warrior entrano per 2 o 3 chilometri oltre la «linea del fronte», ha detto alla Afp il luogotenente Dan O'Connell, delle Guardie Irlandesi (che insieme ai Ratti del Deserto formano la 7a brigata britannica). «L'idea è localizzare dove si trova il nemico e costringerlo ad affrontarci e venire allo scoperto», in modo da «isolare le sacche nemiche e risparmiare i civili». Fonti militari citate dalla Bbc aggiungono che uomini delle forze speciali britanniche sono all'interno di Bassora, sotto copertura, e danno indicazioni su dove si trovano gli uomini del Baath, le milizie fedeli al regime, in modo da dirigere su di loro gli attacchi aerei.
Poi ci sono i bombardamenti di propaganda. Venerdì e ieri i britannici hanno lasciato cadere migliaia di volantini sul lato orientale della città: dicono che le truppe della coalizione «sono qui per difendervi». Sembra tanto un'operazione di propaganda anche la notizia pubblicata da un giornale mediorientale: afferma che i dirigenti del partito Baath a Bassora vorrebbero arrendersi alle forze assedianti e starebbero trattando attraverso un religioso sciita, Mohammed al-Bosslimi. Avrebbero paura di subìre la rabbia della popolazione e per questo negoziano una resa che li protegga. La fonte però è considerata poco obiettiva: Asharq al-Awsat è un quotidiano internazionale (ha edizioni in tutto il Medioriente e in Europa) di proprietà saudita, controllato dalla casa reale.
Un bombardamento reale, ma ad alto contenuto pubblicitario, è quello della villa di Ali Hassan al-Majid, nominato da Saddam Hussein comandante della regione meridionale proprio alla vigilia della guerra. E' soprannominato «chemical Ali», il chimico, perché era al comando dell'operazione contro Halabja e altri villaggi kurdi del nord con i gas chimici, nel 1988. Gli inviati al seguito delle truppe britanniche descrivono con scalpore una residenza lussuosa con tanto di piscina (vuota).
Avanzata su Mosul
Un altro fronte di guerra si sta scaldando. Nell'Iraq settentrionale è accelerata l'avanzata dei guerriglieri kurdi (e delle truppe americane) dal territorio autonomo verso le città petrolifere di Mosul e di Kirkuk, sotto la giurisdizione di Baghdad e ancora in mano all'esercito iracheno. Ieri sera il Partito Democratico Kurdo (che controlla la zona occidentale del Kurdistan) ha affermato che i suoi peshmerga (guerriglieri) hanno preso la città-guarnigione militare di Domiz, sulla strada che da Dohuk a Nord porta a Mosul. La guarnigione l'avrebbe abbandonata dopo pesanti bombardamenti americani.
Soprattutto continua l'avanzata verso Mosul dalla strada che scende da Arbil: ieri per la prima volta sono state viste truppe regolari americane, oltre agli uomini delle forze speciali che già da tempo dirigono le operazioni dei peshmerga nella zona. Un inviato dell'agenzia reuter ieri ha visto un convoglio di venti veicoli, con un centinaio di soldati americani, presso Kalak, il villaggio preso due giorni fa, punto strategico sulla strada per Mosul. La nuova «linea del fronte» tra il territorio kurdo e Mosul ora è poco più a valle, su un altro ponte strategico.
L'offensiva sulle città petrolifere irachene si è intensificata. Le forze kurde infine si stanno ammassando sul limite meridionale del loro territorio autonomo, per puntare su Kirkuk. " [MAN]
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